MARCO TRAVAGLIO

Articoli e video dal 03/06/2008

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Cortina di ferro per i delinquenti



    "Buongiorno a tutti. Mi dispiace, ma dobbiamo ricominciare a parlare di intercettazioni, perché questo è quello che offre il convento e quello che chiedono anche gran parte dei frequentatori del blog di Beppe e del blog nostro – voglioscendere – e di tanti altri che si stanno sintonizzando con noi, il lunedì alle due. Ne parliamo, anche se presto dovremo occuparci anche di altre leggi vergogna, che sono quelle, per esempio, del ritorno all’impunità per le alte cariche (soprattutto di quella bassa) lodo Schifani bis, ma questa – ogni giorno ha la sua pena – la vediamo un’altra volta.
    È interessante, ora che finalmente abbiamo un testo che sembrerebbe definitivo per quanto riguarda il cosiddetto disegno di legge Berlusconi-Alfano-Ghedini sulle intercettazioni, capire che cosa succede esattamente. Capire quelli che i telegiornali non solo non ci dicono, ma che addirittura cercano di nasconderci. Mentendo anche sulle parole. Questa non è una legge sulle intercettazioni. È anche una legge sulle intercettazioni. Ma questa è una legge che abolisce di fatto la cronaca giudiziaria per tutta la lunga fase delle indagini, fino all’inizio del processo. Cioè da quando viene commesso un fatto, a quando viene scoperto, a quando viene processata la persona sospettata di averlo commesso, i cittadini non potranno più sapere nulla.
    Cominciamo però a vedere il primo versante, cioè quello delle intercettazioni, laddove non saranno più possibili e con quali conseguenze tutto ciò avverrà. Ce l’hanno condita e intortata dicendoci che negli altri paesi ce ne sono meno. Ho sentito ancora ieri qualche demente in televisione, naturalmente ministro, dire che negli Stati Uniti vanno avanti a reprimere i reati con 1.500 intercettazioni all’anno, in un paese che ha il quintuplo della nostra popolazione. Com’è possibile invece che noi abbiamo 125.000 intercettazioni all’anno e ancora non siamo contenti? In realtà, l’abbiamo già visto, noi non abbiamo 125.000 intercettazioni. Noi abbiamo 75.000 decreti per intercettare che riguardano spesso i vari telefoni di una stessa persona. Quindi le persone intercettate, l’altra volta abbiamo detto essendo molto ottimisti 80.000, i magistrati calcolano che siano circa 20-30.000 all’anno. Negli Stati Uniti non sono affatto 1.500. Sono milioni le persone intercettate, soltanto che la non risulta nelle statistiche perché là a intercettare sono l’FBI, la CIA, i vari servizi di sicurezza e le varie polizie locali e federali. Pensate, Giancarlo Caselli soltanto nella procura di Torino ha calcolato che lo 0,2% dei processi che si fanno contiene intercettazioni. Lo 0,2% dei processi. Altro che “tutto intercettato, tutti intercettati”. Comunque. Il fatto che non si possa più intercettare per reati puniti con pene inferiori ai dieci anni o quelli contro la pubblica amministrazione, significa che non potremo più scoprire con le intercettazioni reati di: usura, truffe – anche le truffe scoperte da De Magistris, le ruberie sui fondi Europei, sui fondi regionali; l’Europa sarà contenta di noi – sequestri di persona. Se fosse vera la leggenda secondo cui gli zingari rubano i bambini, ebbene se uno zingaro ruba un bambino quello è un sequestro semplice perché non è a scopo di estorsione e non può più essere scoperto con intercettazioni. Il contrabbando, altra specialità delle mafie come l’usura. Lo sfruttamento della prostituzione. La rapina. Il furto in appartamento...

    Quante piccole gang o grandi gang di ladri vengono sgominate intercettando? Non si può più. Associazione per delinquere; persino l’associazione per delinquere. Lo scippo. L’incendio. La ricettazione: i ricettatori sono quelli che smaltiscono e diffondono la refurtiva. Bene, nemmeno quello. La calunnia. I reati ambientali: tutti i reati sull’ambiente, discariche, ecc. Salute e sicurezza sul lavoro, per nulla più si potrà intercettare. Reati ovviamente – quelli li sappiamo – reati economico finanziari. Pensate a tutte le turbative di borsa, le frodi fiscali, le frodi sull’IVA che scoperte con le intercettazioni portano lo Stato a recuperare un sacco di evasione. Nulla di nulla. Ricerca dei latitanti, nemmeno. Quando uno mette sotto intercettazione tutti gli amici e i parenti e i possibili favoreggiatori di un latitante e poi sta lì ad aspettare che qualcuno compia un passo falso, non si potrà più fare. Perché? Perché c’è un’altra clausola che dice che l’intercettazione può durare al massimo tre mesi. Dopodichè si staccano gli apparecchi e si va a casa. Quindi se il latitante si fa beccare entro tre mesi, bene, se invece rimane uccel di bosco più di tre mesi, pazienza. Tempo scaduto. Lo Stato si da la scadenza. Mentre il latitante no, ovviamente. Questo vale anche per i sequestri di persona. Voi sapete che quando viene sequestrata una persona, tipo un bambino, si mettono sono osservazione i telefoni della famiglia nella speranza di risalire ai telefoni dei sequestratori e di localizzarli. Bene, anche qui dopo i tre mesi si stacca tutto. Quindi, o l’anonima sequestri ci fa il favore di restituirci gli ostaggi entro e non oltre i novanta giorni, oppure sennò pazienza. Chi si è visto, si è visto. Altra genialata: ci vorranno tre giudici, non più un GIP, tre giudici per decidere su un’intercettazione. Pensate che in Italia il GIP monocratico, cioè lui da solo, può condannare addirittura per omicidio, ti può dare trent’anni per omicidio con rito abbreviato. Bene, da solo potrà condannarti per omicidio, ma non potrà più autorizzare l’intercettazione di un telefonino. Pensate l’assurdità. Ci sono tribunali che hanno dieci giudici in tutto, i quali dovranno fare: in tre il collegio per autorizzare le intercettazioni, poi un quarto dovrà fare il GIP, poi un altro dovrà occuparsi del processo e alla fine non si troveranno più i giudici che potranno occuparsi tutti dello stesso processo e quindi si bloccherà la giustizia nei posti medio-piccoli. Perché? Perché i giudici diventano incompatibili quando hanno deciso una volta su un caso.
    I giudici non potranno più parlare. Le due magistrato che hanno fatto arrestare gli scannatori della clinica Santa Rita di Milano hanno fatto una conferenza stampa assieme alla polizia giudiziaria per spiegare ai cittadini che cosa era successo, per metterli in guardia da quello che era successo. D’ora in poi, quando entrerà in vigore questa legge porcata, il fatto che hanno parlato della loro inchiesta nella conferenza stampa fa sì che debbano lasciare l’inchiesta. Non possono proseguirla loro, la devono lasciare a qualcun altro. Se un magistrato parla male di Provenzano, non potrà più indagare su Provenzano. Perché si è già pronunciato. Non sto parlando del giudice che dovrà giudicarlo, sto parlando del pubblico ministero che spiega quali indizi ha raccolto a carico di Provenzano oppure degli scannatori della clinica.
    Quindi, non solo i giornalisti non possono più raccontare le inchieste, ma non le possono più raccontare neppure i magistrati, sennò perdono l’inchiesta all’istante. Ma non solo. Se anche il magistrato sta zitto, per conservare la sua inchiesta, c’è modo di farlo fuori lo stesso. Decide l’imputato. Se l’imputato denuncia il suo pubblico ministero, o meglio, se l’indagato denuncia il suo pubblico ministero accusandolo di una fuga di notizie che magari non ha fatto – tipo De Magistris, adesso sta venendo fuori che le fughe di notizie le facevano i suoi superiori per farle ricadere su di lui – facciamo il caso che uno viene denunciato nella procura vicina per avere fatto una fuga di notizie – non si sa se è vero o non è vero – bene, il fatto stesso che sia stato denunciato consente al suo capo di levargli l’inchiesta. Anche se lui non ha fatto niente. Quindi è l’imputato che decide in qualche modo di scegliersi il suo pubblico ministero. Se gli piace perché è morbido, se lo tiene, sennò lo denuncia e il capo gli toglie l’inchiesta.
    C’è una "normina", l’avrete forse letta, la “salva-preti”. Dopo la “salva-Previti” adesso abbiamo la “salva-preti” per cui se uno è un cittadino normale, niente, legge normale. Se invece è un sacerdote, per indagare bisogna avvertire il suo vescovo. Dopodichè, se viene indagato un vescovo – ed è capitato anche recentemente – allora bisogna avvertire la Segreteria di Stato vaticana, cioè un ministero estero per processare un cittadino italiano. Un gentile omaggio al Vaticano. Uno dei tanti.
    I giornalisti. E veniamo alla parte che non riguarda più i limiti alle intercettazioni, ma riguarda l’abolizione della cronaca giudiziaria e una pesante limitazione alla libertà di stampa e alla libertà dei cittadini di essere informati, al diritto dei cittadini di essere informati. Dunque, dico subito che con questa legge non si potrà più scrivere nulla degli atti giudiziari, quindi non solo delle inchieste, ma anche degli interrogatori, dei verbali, di quello che dice la difesa, di quello che dice l’accusa, dei decreti di perquisizione, degli avvisi di garanzia, dei decreti di custodia cautelare, dei decreti di sequestro, ecc. Niente. Tutti gli atti giudiziari dell’indagine sono non pubblicabili. Attenzione: non sono segreti, sono non pubblicabili. La nostra legge stabilisce che quando il magistrato li consegna all’avvocato e all’indagato, in quel momento cessano di essere segreti e quindi oggi, giustamente se non sono più segreti, i giornalisti li possono pubblicare. Qui non stanno vietandoci di pubblicare roba segreta, perché pubblicare roba segreta è già vietato. Ci stanno vietando di pubblicare roba pubblica. Che è un’altra cosa. Infatti nella legge c’è scritto che non si può più nemmeno parlare, nemmeno nel contenuto e nemmeno per riassunto, degli atti, anche se non sono più coperti da segreto; perché se sono coperti da segreto è già vietato pubblicarli. Quindi stiamo parlando di roba pubblica, roba legittimamente conosciuta dai giornalisti, e quindi dai cittadini. Se uno li pubblica, se un giornalista li pubblica, sono da uno a tre anni di galera. Più un’ammenda che va a mille e rotti euro. “Va beh – uno dirà – ti pigli la multa: mille euro, li avrai?! Sì, certo, non per tutti gli articoli che scrivi, ma non è un danno drammatico essere condannati a pagare una multa fino a mille euro”. Il problema è che qui la pena pecuniaria e la pena detentiva sono associate: te le danno tutte e due assieme. Il minimo della pena detentiva è un anno. Che significa? Significa che con le attenuanti ecc. la prima volta che ti condannano, ti condannano a un minimo di nove mesi e non vai in carcere, perché sapete che in Italia fino a due anni c’è la condizionale, la sospensione condizionale, e fino a tre anni di può chiedere l’affidamento al servizio sociale, come Previti. Viceversa, se uno scrive tre articoli contenenti tre notizie non più segrete, ma che diventano non più pubblicabili, - fate il calcolo – nove per tre, ventisette: sono 27 mesi, il che significa due anni e tre mesi, si va fuori dalla sospensione condizionale e si finisce in carcere o all’affidamento al servizio sociale. E alla quarta condanna si superano i tre anni e si va direttamente in galera. Quindi bastano quattro articoli, a un giornalista capita di scriverne anche uno o due al giorno, oppure basta un libro contenente quattro notizie pubbliche, ma non più pubblicabili, per finire in galera. La galera! In un paese in cui in galera non ci va più nessuno, salvo i poveracci. Bene i giornalisti concretamente rischieranno di andarci per quel meccanismo del minimo di pena, che è molto alto – un anno – e l’associazione obbligatoria con la multa, che non è sostitutiva, ma associata. Allora che cosa succederà? Succederà che nessuno scriverà più niente, a meno che non sia un masochista e voi non saprete più niente. Di tutta la lunga fase delle indagini finché non inizia il processo… Ma se voi mettete insieme i limiti alle intercettazioni – quello che i giudici non potranno più scoprire – e i limiti alla pubblicazione – quello che i cittadini non potranno più sapere – voi avete il quadro di una filosofia che individua esattamente nei due poteri di controllo democratici rispetto al potere politico, i nemici da abbattere, i nemici politici numero uno, i veri criminali del nostro paese, la vera emergenza sicurezza è rappresentata dalla presenza di giornalisti che informano e magistrati che indagano e quindi dagli al giornalista e dagli al magistrato. È una legge liberticida che ha almeno il pregio della chiarezza: individua nei poteri di controllo i nemici del potere e li abbatte.
    Il risultato qual è? È che non si potrà più scoprire uno scandalo come quello del SISMI, delle deviazioni dei dossieraggi di Pollari e Pompa. Pensate che hanno trovato a Pompa centinaia di migliaia di dossier su giornalisti, politici, magistrati, ritenuti pericolosi, non per la sicurezza dello stato, mica è Al Qaida, pericolosi per Berlusconi. Questo scandalo non si potrà più scoprire. Un sequestro come quello di Abu Omar non si potrà più scoprire, perché non è stato un sequestro a scopo di estorsione, era un sequestro semplice e quindi punito con pene inferiori ai dieci anni. Non si potrà più scoprire calciopoli, ovviamente. Calciopoli inizia da una ipotesi di frode. Solo dopo si arriva a scoprire l’associazione a delinquere. Quindi, non sarebbero state autorizzate le intercettazioni, quindi non si sarebbe scoperta l’associazione a delinquere. In ogni caso, anche se si fosse scoperta, per assurdo, noi non avremmo potuto scrivere niente e non sapremmo ancora niente ora, perché il processo non è ancora iniziato – il processo di Napoli su calciopoli. Non avremmo scoperto lo scandalo delle scalate bancarie e al Corriere della Sera dei furbetti del quartierino. Perché? Perché i reati finanziari non sono più compresi, quindi i magistrati non avrebbero potuto intercettare, non avrebbero potuto scoprire che Fazio avvertiva segretamente Fiorani di notte e che Fiorani gli mandava i bacetti e che turbavano completamente il mercato perché l’arbitro tifava per una squadra anzi ne faceva parte, era il capitano non giocatore, anzi capitano giocatore. In ogni caso i giornali non avrebbero pubblicato ancora adesso visto che il processo per Antonveneta, Fiorani, per Unipol, BNL e per Ricucci, Rizzoli Corriere della Sera, non è ancora iniziato. Siamo alla fine delle indagini.
    La clinica degli orrori. Abbiamo sentito questo – mi dispiace dirlo, ma tecnicamente si chiama così – ignorante, uomo che ignora la materia di cui dovrebbe occuparsi. Questo ignorantissimo ministro “ad personam” Angelino Alfano ridacchiare in televisione e dire: “Ma figuriamoci, un processo di omicidio nella clinica degli orrori, sarebbe possibile anche oggi perché noi l’omicidio l’abbiamo compreso nei reati per cui si può intercettare”. Già. Peccato che l’indagine nella clinica Santa Rita sia partita da intercettazioni disposte per truffa e falso. Due reati puniti con pene sotto i dieci anni, quindi oggi non più “intercettabili”, quindi da lì non si sarebbe più potuto scoprire che questi non solo facevano i falsi delle cartelle cliniche, ma ammazzavano o scannavano la gente. Non si potrebbe più scoprire niente. E in ogni caso, facendo finta che si potesse ancora scoprire, noi non potremmo più raccontarlo e voi non potreste più saperlo.
    Pensate che bellezza per i risparmiatori dell’Antonveneta non sapere ancora adesso che quello che li vuole comprare, cioè Fiorani, è uno che mette le mani nei conti dei correnti della Popolare di Lodi. E pensate che bellezza per i correntisti della Popolare di Lodi non sapere che fine fanno i soldi che loro pensano di avere messo al sicuro nella Banca di Lodi. E non potrebbero organizzarsi per denunciare Fiorani. E Fiorani sarebbe ancora lì. Anzi, avrebbe comprato l’Antonveneta se non fosse stato bloccato dalla pubblicazione delle intercettazioni e fatto fuori giustamente dagli organi di vertice della sua banca.
    E Fazio sarebbe ancora lì. E Moggi sarebbe ancora lì a truccare i campionati con tutta la sua banda. Perché? Perché non si saprebbe niente e quindi, in base a cosa puoi mandare via uno se non è stato ancora processato e non si sa nemmeno che cosa ha fatto?
    Pensate ai malati della clinica che si ritrovano senza uno o due organi, oppure con l’organo al posto sbagliato, il fegato al posto del cervello, la milza al posto del tendine, ecc. che si stanno organizzando in una class action per chiedere i danni a quegli scannatori che li hanno ridotti così, o a i parenti di quelli che sono già morti, che si stanno organizzando per chiedere i danni. Bene non saprebbero nemmeno quello che è successo. Non verrebbe loro nemmeno in mente di chiedere i danni, perché non saprebbero di aver subito i danni e ci sarebbero persone che pensano che i loro congiunti sono morti per una tragica fatalità, perché era giunta la loro ora, mentre invece sono stati massacrati dall’ospedale e poi sono stati pure falsificati i referti nelle loro cartelle cliniche.
    Scalfari ieri su Repubblica ricordava che se la mafia è stata condannata la prima volta nella sua storia al maxi processo, è stato perché i giornali hanno raccontato che cosa faceva la prima sezione della Cassazione presieduta da Carnevale che annullava regolarmente le condanne di mafia, per cui per fortuna, su input di Giovanni Falcone, il ministro Martelli chiese al presidente della Cassazione di fare un turno nelle presidenze dei processi di mafia, in modo che non presiedesse solo Carnevale ma anche qualcun altro. Appena Carnevale fu sostituito da un altro, la mafia fu condannata per la prima volta e fu lo scatenamento della vendetta mafiosa, ma intanto abbiamo messo dentro centinaia di mafiosi.
    Perché è successo tutto questo? Perché la stampa ha potuto esercitare un controllo su quelle zone d’ombra della magistratura, perché mica i magistrati sono tutti buoni.
    Il caso di Rignano Flaminio, cioè un’indagine probabilmente farlocca dove era state accusate ingiustamente delle persone, almeno questo è quello che è emerso finora, lo dobbiamo al fatto che giornali, giornalisti come Bonini, per esempio, di Repubblica, ma anche del Corriere della Sera, hanno svelato la debolezza dell’impianto accusatorio e quindi quando l’informazione fa il suo dovere, esercita un controllo democratico sui magistrati.
    Non possiamo lasciare i magistrati indagare per anni senza sapere cosa stanno facendo, magari sbagliano e noi li aiutiamo anche a non sbagliare. Oppure smascheriamo i loro errori, se sono dolosi, e loro sono costretti a fermarsi. Chi lo garantisce questo controllo se adesso non si scrive più niente sulle indagini? Anche le indagini sbagliate partiranno sbagliate e finiranno sbagliate. Avremo più errori giudiziari. Come faremo a sapere come si difende una persona se non potremo pubblicare il suo interrogatorio. Quindi magari, chi si difende ha ragione e chi lo accusa ha torto, ma noi non lo potremo sapere.
    Pensate a livello democratico che cosa vuol dire tutto ciò. Gli editori saranno sempre più frenati dal consentire ai giornalisti di pubblicare cose a rischio, perché? Perché a loro volta rischiano una multa fino a 400.000 euro – ogni articolo, fino a 400.000 euro - di e rischiano soprattutto di essere portati a processo non solo come singoli editori, ma anche come società, in base alla legge 231 sulla responsabilità giuridica delle società. Per evitare alla società di finire in tribunale con ripercussioni sulla Borsa, che cosa devono dimostrare gli editori? Di aver adottato tutte le precauzioni all’interno della loro azienda, cioè all’interno del giornale, della televisione o della radio, per impedire la commissione di questo reato di pubblicazione indebita di atti. Che cosa faranno per dimostrare che loro si sono premuniti e non sono responsabili di eventuali violazioni che commettano i loro giornalisti e i loro direttori? Licenzieranno i giornalisti e direttori che non voglio obbedire a questa legge.
    In più, ogni volta che un giornalista verrà indagato per pubblicazione indebita di atti, la procura dovrà per leggere mandare la notifica all’Ordine dei Giornalisti che potrà sospendere il giornalista fino a tre mesi. Quindi ogni articolo che scrivi ti sospendono per tre mesi e tu per tre mesi non lavori. Fai quattro articoli e non lavori per un anno. Se l’Ordine ottempererà, ma bisogna vedere se avrà la possibilità di non ottemperare a questa sanzione disciplinare, perché l’ordine è tenuto a rispettare le leggi esistenti.
    Voi capite che cosa è stato messo in piedi? È stato messo in piedi un meccanismo di regime – l’altra volta abbiamo parlato di prove tecniche di fascismo – qui siamo stati minimalisti. Qui non stanno facendo prove, lo stanno attuando. Un regime moderno. E per chi fosse nostalgico dei regimi passati, mandano anche l’esercito per le strade, perché si capisca cosa sta succedendo.
    Io vi posso dire quello che ho scritto sull’Unità e cioè che io farò disobbedienza civile rispetto a questa legge. Farò obiezione di coscienza. Quindi tutti gli atti che mi capiteranno o che riuscirò a procurarmi – e che farò di tutto per procurarmi come sempre – li pubblicherò. E integrali, e nel contenuto e nel riassunto o come mi gira in quel momento, perché penso che questo sia il mio dovere, altrimenti dovrei cambiare mestiere.
    Spero naturalmente che altri, ma sta ricevendo questo appello che abbiamo lanciato dall’Unità e dal blog voglioscendere, moltissime adesioni di moltissimi cronisti giudiziari, penso che bisognerà prepararsi a fare da cavie per essere anche eventualmente arrestati e poter impugnare davanti alla Corte Costituzionale, davanti alla Corte Europea di Giustizia, questa legge veramente infame.
    Dopodichè speriamo di riuscire anche per via referendaria a cancellarla. Da questo punto di vista tutte le iniziative che si fanno in questo settore sono le benvenute. Segnalo, per esempio, quella del sito micromega.net, dove Furio Colombo, Giulietti, Pardi e altri invitano i leader dell’opposizione a manifestare.
    Se i leader dell’opposizione non vorranno manifestare, cosa abbastanza probabile, bisognerà organizzarsi e quindi, Beppe preparati!
    Voi sappiate che questa non è una legge contro i giornalisti, non è un legge sulle intercettazioni, è una legge contro di voi per impedirvi di sapere.
    Al cittadino non far sapere quali sono i delitti del potere. Questo è lo slogan di questa legge infame. Passate parola. A lunedì."
     
    .
  2. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Giustizia differenziata
    l'Unità, 17 giugno 2008


    A questo punto, con un piccolo emendamento, si potrebbe invertire l’ordine dei fattori. Le prostitute vanno a pattugliare le strade e le discariche, almeno di notte, per la gioia dei clienti e di qualche parlamentare e dirigente televisivo. I militari, più utilmente, vanno a presidiare i tribunali di Milano, di Napoli e tutti gli altri che stanno processando o potrebbero processare Berlusconi e la sua band, pronti a irrompere in aula armi in pugno per deportare i giudici a Guantanamo o in un carcere egiziano, sulla scia di Abu Omar. Oppure per espellerli con foglio di via e accompagnamento alla frontiera in quanto togati clandestini. O magari per smaltirli in appositi inceneritori come magistrati tossico-nocivi, nell’ambito della nuova Giustizia differenziata: i suoi reati sono meno reati degli altri, i suoi processi sono meno processi degli altri.

    Se invece si volesse salvare il dialogo con il Pd, si potrebbe optare per una soluzione lievemente più soft: anziché cacciare dall’ordine giudiziario il giudice Eddy Pinatto, quello che impiega 8 anni per scrivere una sentenza, è meglio nominarlo superprocuratore e supergiudice unico per i processi a Berlusconi, affinchè le sue indagini e le sue sentenze arrivino quando saremo tutti morti. Così almeno si riuscirà ancora a processare qualcuno. La soluzione escogitata dagli on. Carlo Vizzini e Filippo Berselli, infatti, è un po’ troppo ampia: come se il chirurgo usasse il machete o la scimitarra al posto del bisturi; come sparare alle quaglie col bazooka. I loro emendamenti al decreto sicurezza prevedono le seguenti cose.

    1) Si celebrano subito i processi per reati di particolare urgenza, che poi sono quelli che Berlusconi - che si sappia, almeno - non ha ancora commesso. Poi, se resta tempo, si passerà agli altri. E’ la giustizia modello Alitalia, con tanto di liste d’attesa. Ogni tanto la hostess chiama un cliente perché s’è liberato un posto, semprechè l’azienda non fallisca prima.

    2) Si sospendono per un anno i processi relativi a fatti commessi fino al 30 giugno 2002 “in uno stato compreso tra la fissazione dell'udienza preliminare e la chiusura del dibattimento di primo grado”, per dar modo all’imputato di riflettere sulla possibilità di patteggiare. Un imputato a caso: il Cainano, che nel processo Mills (e forse anche in quello Mediaset, ma lì le date sono più incerte) deve rispondere appunto in dibattimento di fatti commessi fino al 2002.

    Poi, è vero, deve pure rispondere a Napoli di corruzione insieme a Saccà e a Roma di istigazione alla corruzione nei confronti di senatori voltagabbana. Qui i fatti sono di un anno fa, ma siamo ancora in udienza preliminare, dunque c’è tutto il tempo di varare il lodo Schifani-bis, cioè lo scudo spaziale per le alte cariche dello Stato, soprattutto quella bassa, prima che arrivi la sentenza. C’era pure il rischio che uscissero le altre intercettate sulla chat line Silvio-Agostino, che potrebbero essere lievemente incompatibili con i baciamano del premier al Papa. Ma a bloccarne la pubblicazione fino al processo provvede la legge-bavaglio Alfano-Ghedini. “Fino al processo” poi si fa per dire, perché con lo scudo spaziale il processo non si farà più. Segreto tombale. Un incastro niente male, complimenti vivissimi.

    Il Cainano non delude mai: quando ti aspetti che faccia una porcata, la fa. Oltretutto ha la fortuna di agire in un paese di smemorati e finti tonti, quelli che non si accorgono mai di nulla. Pierluigi Battista domanda sul Corriere: “quale disegno criminoso è venuto alla luce dai brogliacci delle conversazioni private di Deborah Bergamini?” (ma l’ex dirigente Rai non parlava dei fatti suoi, parlava dei fatti nostri, pubblici: come nascondere sulle reti Rai la sconfitta elettorale di Berlusconi alle regionali del 2005); e “qual è la nefandezza penale commessa dal premier Berlusconi (che non era premier, ndr) che al telefono intercettato (non era lui l’intercettato, era Saccà, ndr) sollecitava il direttore generale della Rai (non era direttore generale, ma direttore di Raifiction, ndr) a inserire nel casting alcune attrici (non erano attrici, ma amiche sue e di un senatore dell’Unione, ndr)?”.

    Ecco: con un’informazione così, lui può dire e fare ciò che vuole. Tanto, tutt’intorno a lui, fanno finta di niente. Quelli che “Berlusconi è cambiato”. Quelli che “stavolta non farà come le altre perché ha risolto i suoi problemi”. Quelli che “ora si può dialogare”.Quelli che “ora studia da statista”. Quelli che "il conflitto d'interessi non interessa". Quelli che “figuriamoci se fa altre leggi ad personam”. Quelli che,“se ne fa un’altra, basta dialogo”. Quelli che, come diceva Totò, “mica so’ Pasquale, io”.
     
    .
  3. AdamClayton
     
    .

    User deleted




    Scodinzolini
    l'Unità, 19 giugno 2008


    C’era una volta Licio Gelli, venerabile maestro del minimalismo. E, soprattutto, dell’ingenuità. Nel Piano di rinascita democratica della P2 scrisse che, per controllare i giornali, bisogna corrompere i giornalisti, «almeno due a testata». Poveretto. Non aveva capito che molti giornalisti obbediscono anche gratis, e prima di ricevere ordini. Lasciamo stare gli house organ tipo Il Giornale che, mentre il padrone abolisce i suoi processi e ricusa il suo giudice, titola: «Ci risiamo: guerra a Berlusconi». Lasciamo stare il semprelucido Paolo Guzzanti che, con l’esercito per le strade e i poteri legislativo ed esecutivo che soffocano il giudiziario e l’informazione, denuncia «la tentazione autoritaria della sinistra». Lasciamo stare la voce bianca Mario Giordano che, poveretto, attribuisce il lodo Schifani agli «altri paesi civili, come la Francia o gli Usa» (così civili che in Francia l’immunità provvisoria è solo per il capo dello Stato, non per il premier; e negli Usa s’è processato un certo Clinton, il presidente, l’uomo più potente del pianeta terra).

    Ecco, lasciamo stare Tiramolla e passiamo al Corriere. Nella staffetta dei vedovi inconsolabili del Dialogo, ieri era il turno di Piero Ostellino. Il quale, come già Franchi, Franco e Panebianco, stigmatizzava la svolta del Pd, a suo dire ridotto a «forza di pura agitazione» (magari). Non una riga su quel che sta facendo il governo Berlusconi, che poi è la causa della svolta del Pd. Interessa solo l’effetto. Sul berlusconismo eversivo che calpesta la Costituzione, la divisione dei poteri, il principio di eguaglianza e, pur di liberarsi del processo Mills, sospende sine die tutti quelli per rapine, furti, scippi, violenze al G8 (ma solo quelle degli agenti), crac Cirio, affare Oil For Food, non una parola. Anzi, Ostellino prende per buone tutte le balle di regime, ribaltando totalmente la realtà: «L’emendamento rinvia i processi minori» (la corruzione giudiziaria è «minore»?!) e il Lodo «mette al riparo le cariche istituzionali dalle incursioni della magistratura» (regolari processi avviati da anni sarebbero «incursioni»!?). Per lui il vero pericolo è un Pd che «rischia di (ri)precipitare nel rivoluzionarismo verbale» (magari) anzichè far il suo dovere di opposizione: cioè digerire pure il Lodo, invitando però «Berlusconi ad assumersi la responsabilità delle misure» e - questa è strepitosa - «a impegnarsi a non sottrarsi» ai processi «una volta assolto il mandato». Se no il Pd dimostrerebbe di «voler sconfiggere il centrodestra per via giudiziaria». Ecco: affermare l’art. 3 della Costituzione e lasciar celebrare i processi secondo le leggi vigenti è la prova che si vuol abbattere il Cainano. Dunque, per dissipare il sospetto, bisogna dargliele tutte vinte, invitandolo però a «prendersi le sue responsabilità» (cosa che peraltro lui ha già fatto con la sfrontata lettera al fido e scodinzolante Schifani). È il solito ritornello della «guerra tra politica e magistratura», come la chiamano i giornali paraculi, anche se qui a fare la guerra è uno solo, il solito.

    Esemplare la «cronaca» su La Stampa di Augusto Minzolini, valoroso inviato embedded nelle fioriere di Palazzo Grazioli e sotto le scrivanie di Palazzo Chigi. Origliando origliando, non riesce più a distinguere quel che accade nella realtà da quel che gli soffiano le sue fonti. E allora «i magistrati di Milano sono in rivolta, assecondati da Csm e Anm» e soprattutto «sobillati da Di Pietro» (gliel’ha confidato un MochoVileda abbandonato dalla colf del Cainano). Per cui «Berlusconi, fiutata la trappola, tira dritto come un carrarmato», incurante delle bavose «lagnanze del Capo dello Stato». Ed ecco la prova che la giudice Gandus ce l’ha con lui: «Ho un testimone - dice il premier secondo Minzo - che ha ascoltato una conversazione tra la Gandus e un altro magistrato. Gandus ha detto: “A questo str. di Berlusconi gli facciamo un c. così. Gli diamo 6 anni e poi lo voglio vedere a fare il presidente del Consiglio”». È la pistola fumante: un cronista dice di aver saputo da un altro che il premier ha detto a non si sa chi di aver saputo da un Mister X che aveva sentito una giudice dire una cosa. E tanto basta per provare che la giudice è prevenuta. Il tutto mentre si vorrebbero cestinare le intercettazioni in cui il Cainano, con la sua voce, mercanteggia con Saccà: ecco, quelle non provano nulla, non valgono. Resta da capire chi sia Mister X. Igor Marini? Scaramella? O magari David Mills, che come supertestimone ha sempre dato ottima prova, specie dopo aver incassato 600 mila dollari da Milano2.

    image
     
    .
  4. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    La mantide Berluscosa



    "Buongiorno a tutti, c’è una parola molto usurata, molto abusata, che ormai semina noi attorno a sé quando qualcuno ne parla. È l’espressione “conflitto di interessi”. Dico subito che bisognerebbe cambiarne il nome. Bisognerebbe chiamarla Pippo, Giuseppe o Giovanni, come ci viene in mente. L’importante è riaccendere l’attenzione delle persone su questo concetto che è diventato noiosissimo e impronunciabile. Chi è di sinistra non ne può più sentir parlare, perché i suoi rappresentanti tradendo il mandato popolare, non lo hanno mai risolto per legge, anzi, lo hanno moltiplicato creando i propri conflitti di interessi. Vedi caso Unipol. Nel centro-destra, appena uno sente parlare del conflitto di interessi dice: “ecco, è arrivato un comunista che ce l’ha con Berlusconi”. Come se il confitto di interessi fosse solo quello delle televisioni di Silvio Berlusconi. Che è il più grosso, ma non è l’unico. E quindi anche il conflitto di interessi che riguarda le dimensioni del campo dove poi destra e sinistra devono giocare la partita, cioè riguarda le regole, è diventato una sorta di guerra politica. Una guerra tra bande per cui è un po’ come quando uno parla di giustizia. Si dice: “ecco, questo è uno di sinistra!”. In realtà parlare di giustizia non è né di destra, né di sinistra. Sono questioni pre-politiche che attengono alle regole. Quindi cambiarne il nome per ridargli sostanza, per ridargli senso. Se ci fosse opposizione politica in Italia, purtroppo non ce la abbiamo, salvo Di Pietro e pochissimi altri, avrebbe un’autostrada di fronte a sé. Perché tutto quello che ha iniziato a fare il governo Berlusconi rientra sotto il capitolo del conflitto di interessi e la gente lo capirebbe benissimo, spiegandole alcune cose. Perché tutti i provvedimenti che vengono presi in materia di sicurezza, legalità e giustizia sono frenati dal fatto che Berlusconi non può far funzionare la giustizia. Quindi non può dare sicurezza ai cittadini, perché, come è noto, se la giustizia funzionasse lui sarebbe rovinato. Quindi continua a far finta di far funzionare la giustizia. In realtà non lo può fare, quindi continua a sfasciarla. Se l’opposizione esistesse e fosse capace di parlare ai cittadini, soprattutto ai cittadini che hanno votato per Berlusconi, potrebbe far loro capire. “Ecco vedete, volevate sicurezza? Avete scelto le persone sbagliate.” Poi magari erano sbagliate anche le altre. Comunque, più sbagliate di queste, era difficile.
    Si potrebbe fare un piccolo riassunto per incominciare a raccontare questo conflitto di interessi, o meglio, chiamiamolo Pippo.
    C’era una volta un signore che nel 1994 aveva le sue aziende sotto inchiesta, come tutte le grandi aziende italiane. Soltanto che le altre aziende italiane, rassegnate al fatto che avendo pagato tangenti dovevano comunque renderne conto, andavano dal magistrato, confessavano, patteggiavano, restituivano. Cercavano di sistemare le loro cose, senza strappi. Una di queste aziende aveva un proprietario il quale non ci voleva stare a fare una confessione. Perché non ci voleva stare? Perché avrebbe dovuto confessare troppo, più delle altre. Non solo le tangenti ai partiti. Avrebbe dovuto confessare anche rapporti con la mafia e corruzione di giudici.

    Corruzione di giudici per comprare sentenze che dessero ragione a lui che aveva torto e torto alle controparti che avevano ragione. Stiamo parlando di reati talmente gravi che era impossibile confessare e rimanere nel mercato. Persino in un mercato bacato come quello del capitalismo italiano. Quindi optò per la seconda soluzione. Salvarsi dai processi entrando in politica. Infatti disse a Montanelli, a Biagi, entro in politica per non finire in galera e non fallire per debiti. Devo dire che ha mantenuto entrambe le promesse. Questo è il vero contratto con gli italiani. Questo è stato rigorosamente mantenuto. Infatti, 15 anni dopo non è ancora andato in galera e non è ancora fallito per debiti. Anzi, i debiti li ha scaricati sul mercato, cosiddetto, quotando in borsa le sue aziende e nel frattempo ha fatto un sacco di soldi grazie a una serie di leggi innumerevoli. Ma il conflitto di interessi era appunto quello che all’inizio era chiaro. Può una persona che ha le aziende sotto inchiesta andare in politica e sfasciare la giustizia per evitare che le sue aziende, oltre che sotto inchiesta, finiscano anche condannate? Nel ’94 sembrava impossibile, oggi è cronaca quotidiana. Oggi si da per scontato: “certo, sta lì! Di che cosa dovrebbe occuparsi se non delle sue aziende e degli affari suoi. Mica dei nostri, no?”. Ci sono molte persone che lo danno per scontato, senza rendersi conto che loro non fanno parte di quelle aziende quindi apparterrebbero a quelli che hanno interessi opposti. È appunto il conflitto di interessi. O Pippo.
    Nel ’94 capitò subito un incidente. C’erano un paio di indagini su suo fratello. Glielo arrestarono, il fratello Paolo, quello che va sempre in carcere al posto suo. E il fratello confessò dicendo che aveva fatto tutto lui per certe tangenti della Cariplo. Poi Berlusconi vinse le elezioni e venne fuori un maggiore della Guardia di Finanza che raccontò che il suo capo pattuglia gli aveva offerto un pezzo di una tangente che aveva appena incassato da una società del Gruppo Fininvest. E lui, giovane integerrimo, o forse solo inesperto, rifiutò quel pezzo di tangente e andò a denunciare il suo capo ai suoi superiori e a Di Pietro. Nacque l’indagine sulla corruzione della GdF e si scoprì che molte verifiche fiscali erano addomesticate da tangenti. Furono arrestati un centinaio di ufficiali e sottoufficiali della GdF e coinvolti 500 piccole e grandi aziende soltanto nella zona di Milano. Una di queste 500, anzi tre di queste 500 erano tre società della Fininvest. Le altre confessarono e patteggiarono, le tre della Fininvest non poterono perché il loro proprietario era presidente del Consiglio. E allora il presidente del Consiglio cominciò a lavorare, dato che gli stavano per arrestare il solito fratello e il pagatore, dirigente pagatore della Fininvest Salvatore Sciascia, lui decise di fare un decreto, il decreto Biondi, per impedire ai giudici di arrestare le persone per reati di corruzione e di tangentopoli. Il pool di Milano si dimise pubblicamente dalle indagini su tangentopoli perché disse: “potremo arrestare ancora i ladri di polli, ma non più i ladri di stato. È ingiusto. È una cosa che ripugna alla nostra coscienza e al nostro senso di equità”. Fortunatamente la Lega e AN, non ridotte ancora a protesi, a badanti del Cavaliere, lo costrinsero a tornare indietro rispetto a quel decreto, che fu ritirato. Infatti, suo fratello finì in galera, finì in galera anche Sciascia. Confessarono anche colpe che non erano loro, tanto poi che il fratello fu prosciolto perché si disse che l’autorizzazione non l’aveva data lui a pagare la GdF, ma l’aveva data il fratello maggiore.
    Cadde il primo governo. Arrivò il centro-sinistra, che per cinque anni fece tutto ciò che Berlusconi chiedeva in materia di giustizia. Prodi aveva un ottimo programma elettorale scritto dal ministro Flick. Giustizia più efficiente. Leggi anti corruzione, anti mafia, ecc. Non gliene fecero passare una. In Parlamento i PDS e popolari, D’Alema e Marini, si misero d’accordo con Berlusconi e approvarono tutte le leggi che erano previste nel programma di Previti, che aveva perso le elezioni. Pazienza. Leggi che mandavano in prescrizione i processi, che buttavano via le prove, che costringevano i giudici a rifare i processi daccapo cambiando le regole nel corso della partita. Leggi contro i pentiti, leggi contro i testimoni, leggi contro i poteri dei magistrati. Leggi che hanno sfasciato per cinque anni la giustizia rallentandola ulteriormente e producendo migliaia di nuove prescrizioni. Erano le famose “leggi ad personas” nel senso che all’epoca ce n’erano a centinaia di “personas” da salvare. Erano tutti gli indagati di tangentopoli che stavano per essere condannati.
    Nel frattempo si fece la Bicamerale, idea geniale di Massimo D’Alema, per mettere proprio nella Costituzione che i giudici devono essere meno indipendenti e meno autonomi dalla politica. E aggiunse tutta una serie, grazie alle bozze Boato, di interferenze del potere politico dentro la magistratura. Poi alla fine della legislatura Berlusconi gli fece pure saltare la bicamerale, perché dargli pure la soddisfazione di firmare una legge costituzionale quando ormai aveva ottenuto in Parlamento tutto quello che voleva, non gli avevano nemmeno fatto la legge contro il conflitto di interessi, nemmeno la legge antitrust sulle televisioni. Quindi all’ultimo momento fece saltare il banco e lasciò D’Alema con il cerino.
    Perché lui è così. I capi dell’opposizione li attira. Come la mantide religiosa. Li attira, ci fa un scopatine e poi se li mangia. Ha fatto così con D’Alema negli anni ’90, adesso sta facendo la stessa cosa con Veltroni, che praticamente è già stato mangiato e digerito.
    Dopo quei cinque anni di disastro del centro-sinistra sui temi della giustizia, perché poi Prodi sull’economia aveva fatto bene, aveva anche portato l’Italia in Europa, infatti l’hanno subito mandato via per sostituirlo con D’Alema, poi con Amato. Berlusconi aveva già la vittoria in pugno e fu la legislatura dei cinque anni famosi durante i quali non ha avuto tempo di fare altro, se non leggi in materia di suoi processi. È il trionfo del conflitto di interessi esattamente come la legislatura precedente. Solo che nella legislatura precedente era il centro-sinistra che gli faceva i favori, stavolta era lui che se li faceva da solo.
    Fu una legislatura che, a parte la legge antifumo e la legge sulla patente a punti, credo che il grosso delle leggi riguardassero i processi e le televisioni del Cavaliere. Ma era difficile far capire alla gente che quelle leggi erano un danno per tutti i cittadini. Perché erano talmente ritagliate sul suo caso, che soltanto alcune andavano a danno di altri. Quindi, in quel periodo era più difficile far capire il conflitto di interessi. Passò la legge sul falso in bilancio, di fatto depenalizzato, la legge sulle rogatorie – che dovevano essere cestinate tutte quante, perché mancava il timbro, il numero, la cosa – poi, per fortuna, era scritta coi piedi quella legge, contravveniva tutte le prassi e i trattati internazionali quindi fu di fatto disapplicata dai tribunali. Nessun tribunale l’ha mai applicata. Quindi non funzionò. Passò la legge che doveva facilitare lo spostamento dei processi, la legge Cirami. Ma anche quella non bastò, perché bisognava dimostrare che tutto il tribunale di Milano, 300 giudici, era infestato di toghe rosse. Dato che lì Berlusconi l’hanno sempre prescritto o in qualche piccolo caso assolto per insufficienza di prove, proprio tutto si poteva dire tranne che i giudici milanesi fossero prevenuti. Anzi, forse sono prevenuti al contrario, a suo favore. E quindi il processo rimase a Milano e non andò a Brescia. E quindi lui si inventò il Lodo Meccanico Schifani, che ovviamente essendo opera materiale di Schifani era anche quello scritto coi piedi – era di Schifani – e quindi fu immediatamente fulminato dalla Corte Costituzionale. Quindi il processo restò sospeso sei mesi, poi riprese. Fu lì che venne varata una legge devastante, non solo per i processi a Berlusconi, che uno potrebbe dire: “non me ne importa perché tanto sono amico suo!”. No, anche per i processi a carico degli altri delinquenti. Furono di fatto dimezzati i tempi della prescrizione. Quindi, mentre il Parlamento continuava ad allungare i tempi dei processi, la prescrizione – che di solito deve essere commisurata ai tempi dei processi, perché sennò scatta prima che arrivi la sentenza – bene, la prescrizione fu immediatamente dimezzata. Processi lunghi, prescrizione dimezzata. Risultato: tutte le sentenze di condanna si convertono in sentenze di prescrizione. E abbiamo pure gente impunita che se ne va in giro a dire: “mi hanno assolto perché sono innocente, sono una vittima di errori giudiziari, voglio il risarcimento!”. In realtà erano dei prescritti sfottuti, cioè degli impuniti, della gente che l’ha fatta franca. È la legge ex-Cirielli, talmente indecente, che Cirielli, che era un senatore di AN, quando ha visto come gliela avevano snaturata con gli emendamenti salva Berlusconi e salva Previti, rifiutò di prestarle il nome. Per cui ritirò la firma e non si trovò più nessuno che volesse chiamarla col suo nome e la dovettero chiamare ex-Cirielli. Alla memoria. Quella, disse il ministro Castelli, avrebbe prodotto decine di migliaia di prescrizioni in più rispetto all’anno prima. E infatti, da allora si prescrive quasi tutto. I tribunali sono ormai uffici dove entrano vagonate di carta ed escono vagonate di carta senza che succeda niente, un po’ come la macchina per tritare l’acqua.
    Quella legge passò. Berlusconi e Previti ottennero ovviamente dei benefici, anche perché in quella legge era scritto che chi ha più di settant’anni non finisce più in carcere. A parte Provenzano e i mafiosi. E infatti Previti fu di lì a poco condannato e avendo compiuto settant’anni beneficiò di questa specie di regalo di compleanno che gli avevano fatto e non entrò più in galera, andò agli arresti domiciliari. E poi gli fecero un altro regalo, che arriva fra un minuto. Ma intanto la legislatura si concluse con la legge Pecorella. Perché a Berlusconi era rimasto soltanto il processo in appello dello SME-Ariosto. E allora, dato che era preoccupato, aveva lì l’avvocato in parlamento, Pecorella, che non faceva niente, gli ha fatto una legge, che proponeva da tempo, per abolire i processi d’appello. Non tutti però. Soltanto quando uno viene assolto o prescritto in primo grado, il pubblico ministero non può più fare appello. Se invece uno viene condannato in primo grado, l’appello lo può fare. Ad libitum. “Non hai vinto. Ritenta. Sarai più fortunato la prossima volta”. Perché la giustizia serve ovviamente per garantire assoluzione e prescrizioni, non per garantire la condanna dei colpevoli. Nella loro ottica: conflitto di interessi. Pippo.
    Anche quella legge faceva schifo. Loro la rifecero uguale. Non ebbero il tempo materiale, perché stava finendo la legislatura. Prorogarono di un mese la legislatura per fare la legge che aboliva il processo d’appello a Berlusconi dopodichè la Corte Costituzionale ha fatto giustizia e ha cestinato anche la legge Pecorella.
    Finita la legislatura Berlusconi ha naturalmente perso le elezioni perché si era fatto i cazzi suoi per cinque anni. E qualcuno che non aveva proprio gli occhi foderati lo si è trovato alle urne. E quindi ha perso le elezioni, seppure di poco.
    Dopodichè è arrivato il centro-sinistra e ha continuato a fare esattamente ciò che faceva nel passato. A dargliele tutte vinte e ad occuparsi degli affari suoi, del capo dell’opposizione, invece di occuparsi degli affari dei cittadini. E quindi c’era subito un problema: Previti condannato a sette anni e mezzo, ne aveva già scontato uno e qualcosa. Con la legge ex-Cirielli lo presero dal carcere, lo mandarono ai domiciliari. Doveva rimanere lì almeno tre anni su sei rimasti. Che cosa hanno fatto? I tre anni di domiciliari glieli hanno abbonati con l’indulto. Potevano fare un indulto di un anno? Sarebbe stato giusto. Alleviava un po’ il sovraffollamento delle carceri, liberava dieci, quindicimila detenuti, teneva dentro i criminali grossi. E soprattutto era un piccolo sconto di pena. Un anno. Bene, l’hanno fatto di tre anni mandando fuori quaranta, forse cinquantamila criminali in pochi mesi, compresi quelli che erano in custodia cautelare, perché ne dovevano salvare uno: Previti.
    Naturalmente in quel momento il centro-sinistra ha cominciato a colare a picco e non si è più rialzato. E io ricordo quando io sull’Unità, Beppe Grillo sul blog, Flores D’Arcais, l’Unità di Furio Colombo e di Padellaro che continuavano a dire “non fatelo, non fatelo. Questo indulto è un disastro. Fatelo più leggero. Non salvato Previti. Guardate che gli effetti saranno devastanti”. Ci siamo presi insulti: forcaioli, giustizialisti, mascalzoni. Risultato finale: chi ha fatto quell’indulto seguito poi dalla legge Mastella liberticida per la libertà di informazione, per fortuna passata solo alla Camera, è stato punito alle urne. Ed è ritornato Berlusconi. Che, naturalmente, cosa doveva fare? Le riforme istituzionali? Il dialogo per un nuovo stato, per una nuova repubblica? Questo se lo può raccontare la sera andando a dormire Veltroni, da solo o assieme alla Finocchiaro e a quei pochi gonzi che avevano creduto al dialogo col Cavaliere ormai trasformato in uno statista.
    Naturalmente il Cavaliere che problemi aveva? Aveva i soliti problemi. L’Europa e la Corte Costituzionale italiana e forse anche i Consiglio di Stato che gli dicono di cedere le frequenze a chi ne ha diritto e mandare Rete4 sul satellite o venderla. E quindi, primo provvedimento: salva Rete4. secondo problema. Un processo che sta arrivando a sentenza entro l’estate: il processo Mills. Guardate, non è un processo che nasce dalla perfidia delle toghe rosse. Quello è un processo che nasce dal fatto che un giorno l’avvocato Mills, già consulente della Fininvest per la finanza estera, inglese, scrive una lettera al suo commercialista, Bob Drennan. Gli dice: “guarda che mister B. – che sarebbe il nostro presidente del Consiglio – mi ha fatto avere in Svizzera, tramite un suo dirigente, Bernasconi che poi è morto – seicentomila dollari. Me li ha fatti avere in nero, perché quelli sono un regalo in cambio delle mie testimonianze reticenti davanti al tribunale di Milano. Quando sono stato chiamato a testimoniare contro di lui, su di lui, nel processo delle mazzette alla GdF e nel processo dei fondi neri di All Iberian, io non è che proprio ho mentito. Ho fatto lo slalom, ho fatto lo zig zag. Non ho detto tutto quello che sapevo, e l’ho tenuto fuori – dice testualmente Milss al suo commercialista – da un mare di guai”. Questo, in Italia, ma anche in Italia e anche in Inghilterra, si chiama falsa testimonianza perché ha giurato di dire tutta la verità. E se uno in cambio di una falsa testimonianza poi prende dei soldi questa si chiama corruzione giudiziaria del testimone. Perché se corrompi un testimone che deve parlare di te, o lo ricompensi dopo che non ha parlato di te, vuol dire che tu ti sei comprato il processo. Cioè hai fatto in modo che un colpevole venisse assolto mentre era colpevole e meritava un condanna. Quindi, perché noi sappiamo di questa lettera? In fondo è una lettera privata di un cliente a un suo commercialista, direbbe un italiano nella sua mentalità italiana. Attenzione. Qui siamo a Londra. A Londra, il commercialista Drennan, tenuto a regole di comportamento etico strettissime, con un codice deontologico severissimo, letta quella lettera dice: “qui c’è puzza di mazzette. Qui c’è puzza di evasione fiscale”. Che cosa fa? Copre il suo cliente? Ma manco per sogno. Lo denuncia al fisco inglese. Pensate, il commercialista di Mills, pagato da Mills, denuncia Mills al fisco inglese. Parte l’indagine e le carte vengono trasmesse al tribunale di Milano per i reati commessi da quello che gli ha dato i soldi. Secondo Mills, e cioè mister B. Abbiamo quindi la confessione di un ex-consulente della Fininvest. È questo che innesca il processo. Non le toghe rosse… Naturalmente poi Mills, quando scopre che gli hanno trovato la lettera si precipita a Milano, prima dice che è vera, poi smentisce, poi ritratta, poi ritratta la ritrattazione. Ma insomma, fa fede quello che hai scritto quando pensavi che nessuno ti leggesse. A parte il tuo commercialista. Su questo si basa il processo Mills. E alla vigilia della sentenza, Berlusconi teme, sapendo ovviamente di avere fatto quello che ha fatto, una condanna non perché il giudice è rosso, ma perché c’è la lettera di Mills che lo incastra. Oltre al versamento. E quindi cosa fa? Ancora una volta è costretto a difendersi per legge. Anziché nel processo, cioè in aula, lui si difende dal processo stando in un’altra aula, quella del Parlamento, dove ha scritto una lettera al suo riportino Schifani, per farsi benedire e soprattutto per ottenere corsie di emergenza per una legge che è spettacolare. È una legge blocca-processi. Pensate che cosa si sono inventati. Dice: “noi blocchiamo tutti quei processi per fatti commessi fino a giugno del 2002 che si trovino nella fase o dell’udienza preliminare o del dibattimento di primo grado. Naturalmente il processo Mills riguarda fatti commessi entro e non oltre giugno 2002 e nella fase del dibattimento di primo grado. E li blocchiamo per un anno. Pensate che generosità. Ellekappa ha fatto vignetta bellissima, dice: “Berlusconi è altruista. Rinuncia volentieri ai suoi processi, a vantaggio di quelli altrui”. È un samaritano, praticamente. Quelli altrui andranno avanti, i suoi resteranno bloccati. Ma assieme ai suoi, resteranno bloccati tutti quelli come i suoi. E adesso qualcuno dirà: “va beh, saranno le solite quattro o cinque questioni finanziarie di cui siete fissati voi giustizialisti”. No. Vengono sospesi obbligatoriamente i processi per: sequestro di persona, estorsione, rapina, furto in appartamento, furto con strappo, associazione per delinquere, stupro e violenza sessuale, aborto clandestino, bancarotta fraudolenta, sfruttamento della prostituzione, frodi fiscali, usura, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, detenzione di documenti falsi per l’espatrio, corruzione, corruzione giudiziaria – è quella di Mills – abuso d’ufficio, peculato, rivelazioni di segreti d’ufficio, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti, detenzione di materiale pedo-pornografico, porto e detenzione di armi anche clandestine, immigrazione clandestina – pensate, dopo tutte le menate che fanno con la storia dell’immigrazione clandestina, adesso sospendono i processi – calunnia, omicidio colposo per colpa medica – tutti gli errori dei medici – omicidio colposo per norme sulla circolazione stradale vietata – tutti quelli che stendono la gente per la strada ubriachi, bene quelli non li si processa – truffa alla Comunità Europea, maltrattamenti in famiglia, incendio e incendio boschivo, molestie, traffico di rifiuti, adulterazione di sostanze alimentari, somministrazione di reati pericolosi, circonvenzione di incapace. Tutti questi, essendo puniti con pene inferiori ai dieci anni, vengono sospesi. Per sospenderne uno, l’Associazione Magistrati ha calcolato che ne sospende circa centomila.
    Esempio, perché poi c’è anche un aspetto psichiatrico in questa legge. Uno straniero violenta una studentessa alla fermata del tram. Secondo esempio, uno studente cede una canna di hashish a un coetaneo. Quale processo viene sospeso e quale invece si fa subito? Si fa subito quello allo studente che ha ceduto la canna. Mentre quello dello straniero irregolare che ha violentato la studentessa viene rinviato a data da destinarsi.
    Due zingarelle rapiscono un bambino. Oppure, due zingarelle rubano un pezzo di formaggio in un supermercato e uscendo la guardia giurata. Quale processo si fa per primo? Naturalmente quello alle due zingarelle che rubano il formaggio. Non a quelle che rapiscono il bambino.
    Risposta numero tre. Un chirurgo in un intervento fa un grave errore e provoca la morte di un bimbo. Un giovane ruba il telefono cellulare a un coetaneo e lo minaccia con un coltellino. Quale processo si fa prima? Si fa prima quello del furto del cellulare, non quello dell’errore medico.
    Esempio numero quattro. Un assessore becca una tangente per truccare appalti. Suo figlio compra un motorino rubato e poi ci cambia la targa. Indovinate quale processo viene sospeso? Naturalmente quello per la tangente. Invece quello per il motorino si fa subito.
    Infine, uno straniero ubriaco a bordo di un’auto rubata investe tre pedoni sulle strisce. Oppure due parcheggiatori abusivi chiedono un euro a un automobilista e minacciano di rigargli la macchina se non glielo da. Quale processo si fa per prima? Quello al posteggiatore abusivo. Quello allo straniero ubriaco che ha steso le tre persone sulle strisce, no.
    Questi sono tutti esempi che ha fatto l’Associazione Magistrati in uno studio sugli effetti di questa legge. Una legge che oltretutto non sospende i processi solo per un anno. Dice di sospenderli per un anno, poi in realtà bisognerà rimetterli a ruolo. La prescrizione si blocca per un anno. Dopodichè tutti i tempi morti, anni e anni, che richiederanno ai tribunali per rimetterli nel ruolo, farà sì che tutti quei processi sospesi per un anno riposeranno in pace e finiranno tutti in prescrizione. Compreso quello a Berlusconi.
    È quello che vi dicevo prima. È facilissimo con questi esempi far vedere come, per bloccare il processo Mills, si bloccano un terzo dei processi che poi realmente si fanno – un quarto, un quinto, stiamo parlando comunque di una quota enorme – che tutte le vittime che aspettavano di avere giustizia da quei processi si dirà loro: “chi si è visto, si è visto. Perché Berlusconi esce, e quindi escono anche tutti quelli come lui”. Il conflitto di interessi è immediatamente chiaro. Lo si capisce benissimo. Il nostro interesse è che quei processi si facciano. Il suo è, ovviamente, che quei processi non si facciano perché così non si fa nemmeno il suo, che non arriva a sentenza. E lui lo sa, come sarà la sentenza. Prossima settimana vedremo, tanto la stanno scrivendo, quali conseguenze comporterà e quali balle ci stanno raccontando a proposito del Lodo Schifani Bis. Il Lodo Schifani bis stanno preparandolo, stanno decidendo quali alte cariche inserire. Perché cinque sembravano poche, quindi pare che adesso ne vogliano mettere diciannove, forse anche il presidente dell’ArciCaccia, chi lo sa, l’Esercito della Salvezza… ci sono varie istituzioni da immunizzare. E probabilmente, da quando si è messo il panama in testa, come Al Capone, e ha chiesto a un vescovo di fargli fare la comunione anche se è divorziato, è molto probabile che nel Lodo Schifani bis ci sia anche il diritto di fare la comunione almeno per i divorziati che hanno il nome che comincia per “S”, il cognome che inizia per “B” e la testa bitumata.
    Grazie e passate parola."
     
    .
  5. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Berlusconi, 15 anni di guerra ai giudici
    dall'Unità, 22 giugno 2008

    Stupisce lo stupore. Ma come: Berlusconi rinuncia a diventare uno statista per sistemare le sue tv e i suoi processi? Ma non era cambiato? In realtà, in questi 15 anni, tutto è cambiato tranne lui. Lui non ha mai fatto mistero di quel che è. Fin da quando, alla vigilia dell’ingresso in politica,confidò a Montanelli e Biagi: “Se non entro in politica, finisco in galera”. Infatti da 15 anni, che governi lui o gli “altri”, il Parlamento italiano è mobilitato per salvarlo dai processi.

    Miracolo
    Il 1994 si apre con la “discesa in campo per un nuovo miracolo italiano”. Quale miracolo,lo si capisce poche settimane dopo quando, al termine di un anno di indagini, la Procura di Milano chiede l’arresto di Paolo Berlusconi per le tangenti al fondo pensioni Cariplo in cambio dell’acquisto di immobili Edilnord invenduti, e di Marcello Dell’Utri per i fondi neri di Publitalia. Una fuga di notizie del Tg5 salva Dell’Utri dalle manette, mentre Paolo finisce dentro e confessa. Intanto il Cavaliere, che sui giudici dice il contrario di ciò che pensa per non urtare gli elettori, tutti schierati col pool Mani Pulite, vince le elezioni e forma il suo primo governo. Tenta, invano, di avere come ministri i due uomini simbolo del Pool, Di Pietro e Davigo, rispettivamente all’Interno e alla Giustizia. Scalfaro gli impedisce di nominare Guardasigilli Cesare Previti, che slitta alla Difesa. In via Arenula arriva Alfredo Biondi. Poi un sottufficiale della Guardia di Finanza denuncia il suo capo: gli ha offerto una quota di una mazzetta appena pagata dalla Fininvest per ammorbidire una verifica fiscale.

    Decreto Biondi
    E’ lo scandalo delle mazzette alle Fiamme Gialle: coinvolti un centinaio di militari e 500 aziende, tre delle quali appartengono al nuovo premier. L‘ufficiale pagatore del Biscione è il dirigente Salvatore Sciascia, che sta per essere arrestato insieme a colui che, a suo dire, gli ha dato i soldi e l’autorizzazione a pagare: Paolo Berlusconi. Per i due è pronta la richiesta di cattura. E c’è il rischio che, in carcere, confessino la verità. Silvio, da Palazzo Chigi, commissiona in fretta e furia a Biondi un decreto per vietare la custodia cautelare in carcere per vari reati, compresi quelli contro la pubblica amministrazione. Corruzione compresa. E’ il primo Salvaladri, che fa uscire circa 3 mila detenuti in tre giorni. E soprattutto non fa entrare Paolo e Sciascia. Poi, a furor di popolo, Bossi e Fini non ancora ridotti a maggiordomi impongono il ritiro della porcata. Paolo e Sciascia finiscono in manette e confessano.Poi si scopre che il consulente Fininvest Massimo Maria Berruti ha depistato le indagini subito dopo un incontro a Palazzo Chigi col premier. Che, il 21 novembre, riceve il suo primo invito a comparire. Lui si adopera con ispezioni ministeriali e ricatti per propiziare le dimissioni di Di Pietro e il 6 dicembre le ottiene. Due settimane dopo, Bossi rovescia in polemica con la riforma delle pensioni.

    L’inciucio
    Il Cavaliere passa all’opposizione del governo Dini, anche se è pappa e ciccia col nuovo Guardasigilli Filippo Mancuso, che perseguita con attacchi e ispezioni le Procure di Milano e Palermo (qui si indaga su Berlusconi e Dell’Utri per mafia e riciclaggio). E ottiene la prima controriforma bipartisan della giustizia:quella che rende più difficile la custodia cautelare per i colletti bianchi. Nel marzo ‘96, scandalo “toghe sporche”: indagati e/o arrestati alcuni magistrati romani, corrotti dagli avvocati Fininvest Previti e Pacifico, in seguito alle rivelazioni di Stefania Ariosto al pm Ilda Boccassini. Berlusconi è indagato come uno dei mandanti. Un mese dopo Prodi vince le elezioni e inaugura il quinquennio dell’Ulivo.Ma sulla giustizia Berlusconi continua a vincere anche se ha perso, grazie all’Ulivo che gliele dà tutte vinte. Essendo indagato a Milano per corruzione dei giudici e della Finanza, per le tangenti a Craxi tramite All Iberian, per i fondi neri nell’acquisto del calciatore Lentini e dei terreni di Macherio, oltrechè indagato per mafia e riciclaggio a Palermo, attacca quotidianamente le Procure e anche Di Pietro, fino a quel momento risparmiato nella speranza che aderisse a Forza Italia. L’ex pm viene denunciato e indagato più volte a Brescia, dove anche gli altri pm milanesi devono difendersi dalle accuse del Cavaliere, che li fa incriminare addirittura per “attentato a organo costituzionale”. Una specie di colpo di Stato.

    Leggi ad personas
    Intanto in Parlamento le leggi “ad personas” ammazza-toghe e salva-imputati si susseguono a getto continuo, sempre votate da maggioranze bulgare quanto trasversali, in parallelo alla Bicamerale, dove il lottatore continuo Marco Boato prepara bozze su bozze che mettono la magistratura al guinzaglio del potere politico. La bozza finale viene votata da tutti i partiti, eccetto Rifondazione. Poi, sul più bello, il Caimano fa saltare il banco perché ormai ha ottenuto tutto quel che voleva: nel frattempo, infatti, sono passate coi voti anche dell’Ulivo quasi tutte le leggi contenute nel programma della Giustizia del Polo, scritto da Previti nel ’96 e bocciato dagli elettori. Il nuovo articolo 513 Cpp cambia le regole dei processi a partita in corso e costringe i giudici a ripartire daccapo: prescrizione garantita a centinaia d’imputati di Tangentopoli. La Consulta lo dichiara incostituzionale e destra e sinistra, a tempo di record, lo conficcano nella Costituzione (articolo 111, il cosiddetto “giusto processo”). Seguono la depenalizzazione dell’ abuso d’ufficio non patrimoniale, la legge imbavaglia-pentiti, il patteggiamento in Cassazione e la depenalizzazione dell’uso di false fatture (per risparmiare il carcere a Dell’Utri, condannato in appello a 3 anni e 2 mesi per false fatture), il no delle Camere all’arresto di Previti e Dell’Utri e così via. Incassato tutto l’incassabile, nel 2001 Berlusconi stravince e torna al potere.

    Leggi ad personam
    Ormai,da salvare dai processi, sono rimasti solo il premier e il fido Previti: per loro la giustizia-lumaca all’italiana è ancora troppo efficiente e spedita. Dunque, per tutta la legislatura, si lavora per paralizzarla definitivamente. Appena rientrato a Palazzo Chigi, Berlusconi scatena subito i suoi onorevoli avvocati,Pecorella e Ghedini, e i suoi giannizzeri, Dell’Utri e Guzzanti, con una legge che si propone di cestinare tutte le prove trasmesse per rogatoria dalle magistrature straniere. Per esempio, le carte che dimostrano i passaggi di denaro estero su estero dalle sue aziende ai conti di Previti a quelli di alcuni giudici romani. Recitando un copione stilato da Pio Pompa, lo spione preferito dal comandante del Sismi Niccolò Pollari, che raccoglie schedature su magistrati, politici e giornalisti “rossi”, il Cavaliere denuncia un complotto planetario dell’”Internazionale delle toghe rosse”. La Svizzera, per protesta, blocca la ratifica del trattato sulle rogatorie con l’Italia. I giudici di tutta Europa insorgono. Per fortuna la legge è scritta coi piedi e non verrà mai applicata da nessun tribunale: contrasta con le prassi e con una mezza dozzina di convenzioni internazionali, che prevalgono sulle norme ordinarie. Intanto Tremonti escogita lo “scudo fiscale” per il rientro anonimo dei capitali illegalmente accumulati ed esportati all’estero. Nel gennaio 2002, il ministro Castelli tenta di trasferire il giudice Brambilla per far saltare il processo Sme. Il governo leva la scorta a vari magistrati, tra cui Greco e la Boccassini. E abolisce di fatto il reato di falso in bilancio, per cui il premier è imputato in 5 processi: saranno tutti chiusi con la prescrizione o con la formula “il fatto non è più reato”. In marzo chiede il trasferimento dei processi a Brescia: il Tribunale di Milano è infestato di toghe rosse e condizionato dai girotondi. Per propiziare il grande trasloco, vara a tappe forzate la legge Cirami che reintroduce il “legittimo sospetto”. Ma nel gennaio 2003 la Cassazione lascia i processi dove sono: i giudici milanesi sono imparziali. Allora il premier che sta per diventare per 6 mesi presidente di turno dell’Ue, impone il lodo Maccanico-Schifani: uno scudo spaziale che rende le 5 alte cariche dello Stato invulnerabili da ogni processo per ogni reato, anche comune, anche commesso prima di assumere l’incarico. C’è anche la norma Boato, che vieta ai giudici di usare le intercettazioni in cui compare anche indirettamente la voce di un parlamentare senza il permesso del Parlamento.

    Toghe matte
    Per evitare che la sentenza Sme-Ariosto arrivi prima del Lodo, il premier fa saltare le udienze inventando svariati “impedimenti istituzionali” e ricusando continuamente i suoi giudici (14 volte in tutto, tra lui e Previti). Ad abundantiam, spiega che i magistrati sono “antropologicamente diversi dal resto della razza umana”,perché “se fai quel mestiere devi essere matto”. Nel gennaio 2004 la Consulta dichiara incostituzionale anche il Lodo e il processo Sme al Cavaliere ricomincia.Allora passa la legge per accorciare la prescrizione dei suoi reati e, per estensione, anche per quelli degli altri: si chiama ex-Cirielli perché il promotore Edmondo Cirielli di An, visto come gliel’ hanno stravolta, la sconfessa e non si trova nessuno che voglia darle il proprio nome. Prescritto in primo grado per la tangente al giudice Squillante, Silvio teme la condanna in appello: l’apposito Pecorella abolisce l’appello per le sentenze di proscioglimento.Le condanne invece restano appellabili. Ciampi respinge la legge: incostituzionale. Il premier la rifà uguale e la Consulta la cancella.

    Coa(li)zione a ripetere
    Nel 2006, come sempre dopo aver governato, Berlusconi perde le elezioni. Ma sulla Giustizia rivince anche se ha perso. L’Unione gli regala subito un indulto extra-large di 3 anni per salvare Previti dagli arresti domiciliari. E gli attacchi ai giudici diventano pane quotidiano anche della sinistra, che crocifigge Clementina Forleo e Luigi de Magistris, rei di aver messo il naso in troppi malaffari trasversali. Così, nel 2008, Lazzaro risorge e torna a Palazzo Chigi per la terza volta. E per la terza volta si occupa dei suoi processi. Taglia le intercettazioni. Abolisce la cronaca giudiziaria.Sospende almeno 100 mila processi per sospendere il processo Mills, in attesa di varare il Lodo Schifani-bis e rendersi di nuovo invulnerabile. Chi l’avrebbe mai detto.
     
    .
  6. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Al Tappone
    l'Unità, 24 giugno 2008


    Si era pure messo un Panama bianco, modello Al Capone, sul capino bitumato, per impressionare il vescovo e farsi dare la santa comunione anche se è un massone divorziato. “Fate in fretta a cambiare queste regola”, gli ha intimato, non bastandogli quelle che cambia ogni giorno lui per salvarsi dai processi. Ma il vescovo di Tempio-Ampurias, Sebastiano Sanguinetti, che in confessionale ne ha visti sfilare di peggiori, non s’è lasciato intimidire: “Per queste deroghe, lei che può, si rivolga a chi è più in alto di me”. Non si sa se alludesse semplicemente al Papa, che Al Tappone considera comprensibilmente un suo parigrado, o direttamente al Padreterno, col quale potrebbero sorgere alcune incomprensioni.

    Soprattutto a proposito di certe usanze dell’illustre Padre della Chiesa di scuola arcoriana: tipo allungare mazzette per comprare politici (Craxi) o giudici (Mondadori), accumulare fondi neri in paradisi fiscali, magnificare l’evasione fiscale alle feste della Guardia di Finanza, frequentare mafiosi travestiti da stallieri. Usanze non troppo compatibili col VII comandamento, “Non rubare”, che pare non sia ancora depenalizzato. Ieri, su Repubblica, Edmondo Berselli suggeriva opportunamente all’aspirante comunicando di chiedere, “prima della comunione, la confessione”. Ma non vorremmo essere nei panni del confessore (a parte il superlavoro che gli capiterebbe tra capo e collo, nel giro di due minuti il sant’uomo diventerebbe una “tonaca rossa”, verrebbe accusato di fare un “uso politico della confessione” e poi ricusato a vantaggio di qualche collega di Brescia).

    Immediatamente le tv e i giornali al seguito, cioè quasi tutti, han cominciato a interpellare altri divorziati e peccatori famosi, ma anche qualche confessore di vip, per lanciare una gara di solidarietà in favore del Cavaliere in astinenza da ostie. Il pover’uomo soffre così tanto che bisogna far qualcosa, profittando delle norme ora in discussione in Parlamento. Si potrebbe sospendere per un anno il divieto di partecipare all’eucarestia a tutti i battezzati nel 1939, sotto il metro e 60 e col cranio asfaltato, che abbiano divorziato nel 1985, risposandosi nel 1990 con donne chiamate Veronica nel corso di cerimonie civili officiate da Paolo Pillitteri, avendo come testimoni Bettino e Anna Craxi, Confalonieri e Letta. Così si darebbe il tempo al Parlamento e al Vaticano di concordare un Lodo Schifani-Bagnasco che modifichi contemporaneamente la Costituzione della Repubblica Italiana e il Codice di Diritto Canonico, con una deroga all’indissolubilità del matrimonio per tutte le alte cariche dello Stato e della Chiesa, divorziate e non, che consenta loro di accostarsi alla santa comunione per tutta la durata del mandato. Il che, si badi bene, non significa una licenza di divorziare sine die: il divieto ricomparirebbe alla scadenza dell’incarico, in ossequio al principio di eguaglianza.

    Del resto, già nella legge sulle intercettazioni è previsto qualcosa di simile: per arrestare o indagare un sacerdote, il magistrato è tenuto ad avvertire il suo vescovo; per indagare o arrestare un vescovo, deve avvisare il Segretario di Stato vaticano. Il che lascia supporre che, per indagare eventualmente sul Segretario di Stato, si debba chiedere il permesso al Papa; e per indagare - Dio non voglia - sul Papa, rivolgersi direttamente al Padreterno. Ecco, basterebbe estendere il Lodo a preti, vescovi, segretario di Stato e Papa per risparmiare fatica. Si dirà: ma il Segretario di Stato, il Papa e la stragrande maggioranza dei preti e dei vescovi non commettono reati. Embè? Nemmeno i presidenti delle Camere, della Repubblica e della Consulta hanno processi. Ma li si immunizza lo stesso, perché non si noti troppo che l’unico autoimmune è Al Tappone. Altrimenti, come per la legge bloccaprocessi, lo si costringe al triplo salvo mortale carpiato con avvitamento: farsi le leggi per sé e poi a dichiarare che chiederà di non beneficiarne (ben sapendo, peraltro, che le leggi valgono per tutti, anche per lui).

    E dire che negli anni 80, liquidata la prima moglie, il Cainano aveva accarezzato una soluzione che tagliava la testa al toro: come rivela il suo confessore, don Antonio Zuliani da Conegliano Veneto, aveva pensato di “chiedere l’abolizione delle prime nozze alla Sacra Rota. Ma poi non ha voluto”. Si sa com’è questa Sacra Rota: infestata di toghe rosse. Peccato, perché all’epoca era ancora in piena attività l’avvocato Previti, che per vincere le cause perse aveva un sistema infallibile. Senza bisogno di cambiare le leggi.
     
    .
  7. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Angelino Jolie & Nosferatu
    l'Unità, 26 giugno 2008


    Il ministro Raffaele Fitto, imputato di corruzione e per giunta scampato all’arresto grazie all’immunità parlamentare (che per le manette esiste ancora), può capire Al Tappone meglio di chiunque altro. Tra imputati ci s’intende. Ieri dichiarava alla Stampa: «I magistrati ti rispettano solo se fai il lupo e non l’agnello». Ecco: se sei imputato devi aggredire, minacciare, sbranare il tuo giudice. Così si spaventa e magari ti assolve anche se sei colpevole. O trova il modo di salvarti (attenuanti, prescrizione, insufficienza di prove) per salvare se stesso. In termine tecnico, si chiama estorsione. Nel Sud la praticano le mafie. Ma di nascosto, con lettere o telefonate anonime: «Ma che bei bambini, signor giudice, che bella moglie…».

    Il Cainano e la sua fairy band stan facendo la stessa cosa, ma non si devono nascondere. Né ricorrere agli avvertimenti anonimi. Al Tappone minaccia ogni giorno i giudici a reti unificate, con la bandana o col panama o col bitume in testa, in Europa o alla Fao o in chiesa o alla Confindustria o alla Confesercenti (a proposito: anche i commercianti si sono già rotti di sentirgli parlare dei fatti suoi e l’hanno fischiato). Negli Usa, dove non c’è immunità né per le alte cariche né per le basse, l’avrebbero arrestato già per oltraggio alla Corte. Perché lì attaccare il proprio giudice è reato grave. In Italia è la linea difensiva della classe politica. Gl’insulti di certi Ds a Clementina Forleo e quelli italoforzuti a Nicoletta Gandus sarebbero puniti in ogni democrazia del mondo. In Italia vengono punite Forleo e Gandus: l’estorsione come linea difensiva paga.

    Funziona così. Al Tappone ha 4 processi e vuol farli sparire. Allora fa una legge che toglie ai magistrati il primo arnese del mestiere: le intercettazioni. Come vietare il bisturi ai chirurghi. La morte delle indagini. Poi ne fa un’altra per ammazzare i processi: quelli in corso per reati commessi fino al 2002 e puniti sotto i 10 anni (100 mila, a occhio e croce) si sospendono; ma non per sempre: solo per un anno. Così si impiega più tempo a rinviarli e poi e a rimetterli in ruolo, con relative notifiche, che a celebrarli subito. Risultato: paralisi dei tribunali. Le toghe, con la pistola puntata alla tempia, il coltello alla gola e il cappio al collo, implorano pietà. A quel punto si presentano i riscossori del pizzo, che offrono adeguata protezione con tariffe modiche. In Sicilia, Calabria e Campania si chiamano estorsori. In politica, «dialoganti».

    Il sottosegretario Castelli propone «una tregua»: Lodo Schifani in cambio del ritiro del blocca-processi. La stessa cosa fa dire il giornalista-estintore D’Avanzo al presidente dell’Anm Cascini: sì al Lodo salva-Silvio se ci lasciano processare almeno gli altri. Tanto Al Tappone dei processi degli altri se ne infischia: si accontenta di bloccare i suoi. E infatti s’avanza il duo Disgrazia & Ingiustizia: il ministro ad personam Angelino Jolie, nei panni del poliziotto buono, e il suo badante personale Nosferatu Ghedini,il poliziotto cattivo. Hanno pronto il nuovo Lodo cotto e mangiato: «Sarà breve, razionale, inattaccabile, in linea con le norme europee», annuncia Angelino Jolie senza sapere quel che dice, tanto poi qualcuno glielo spiega. Non sa che non esiste «norma europea» che garantisca l’immunità a un premier.

    Ma anche la signora Finocchiaro abbocca, farfugliando di imprecisati «altri paesi europei». Poteva mancare una buona parola del pompiere-capo Antonio Maccanico? Sul Corriere le dà tutte vinte al Cainano («per superare questa crisi»), ma con l’aria di imporgli condizioni giugulatorie. Queste: 1) «immunità rinunciabile»; 2) «sospensione della prescrizione»; 3) «divieto di ripresentarsi alle elezioni finchè non s’è celebrato il processo». Condizioni ridicole. 1) L’immunità sarà pure rinunciabile, ma Al Tappone non è mica scemo e non rinuncia. 2) La prescrizione è sospesa, ma se nel 2013 Al Tappone salta da Palazzo Chigi al Quirinale, il processo non si farà mai più, anche perché quando lui scenderà dal Colle avrà 84 anni e intanto i suoi giudici saranno defunti o in pensione. 3) Il divieto di ricandidarsi non serve a nulla, perché si può fare il presidente del Consiglio o della Repubblica (con scudo spaziale incorporato) anche se non si è parlamentari. Anzichè arzigogolare, tanto varrebbe ammetterlo: «Signori, ce la facciamo sotto. Quello mena». Almeno qualcuno capirebbe.
     
    .
  8. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    La Costituzione? Top secret
    l'Unità, 27 giugno 2008


    In attesa di abrogare il Codice penale per tutti, onde evitare che lo applichino a lui, Al Tappone ha, nell’indifferenza generale, abolito la logica. È la sua unica, vera riforma istituzionale in 30 anni di tv commerciale e in 15 anni di politica. Con buona pace di Aristotele, se A è uguale a B e B è uguale a C, tutto è possibile: anche che A sia diversa da C perchè C è comunista e fa un uso politico dell’alfabeto. Decide lui, di volta in volta. E tutti gli altri dietro. «Se ne può discutere. Pacatamente. Siamo disposti a rinunciare ad A, o a C, in nome del dialogo. A può essere uguale a C, ma anche no».

    Fa un pacchetto sicurezza per punire furti, scippi, rapine, sfruttamenti della prostituzione, immigrazioni clandestine e altri delitti che definisce, a capriccio, «di grave allarme sociale». Poi, nello stesso pacchetto, blocca i processi già in corso (anche alla vigilia della sentenza) per gli stessi delitti di «grave allarme sociale» commessi entro il giugno 2002 (la data l’ha decisa lui). Intanto per gli stessi delitti abolisce pure le intercettazioni, rendendo molto difficile scoprirli e/o punirli. Come fare un «pacchetto anti-incendi» e inserirci l’abrogazione degli estintori o un «pacchetto chirurgia» con il divieto di bisturi. La destra e la sinistra, lo «scontro fra politica e giustizia», il «dialogo sulle riforme» non c’entrano nulla.

    Ma di tutto questo, a parte il Csm, l’Anm e Di Pietro, nessuno parla. Se i magistrati fanno notare che nel 1999 lo stesso Al Tappone, in compagnia dell’Ulivo, infilò nella Costituzione l’articolo 111 sul «giusto processo» che ne impone la «ragionevole durata», e ora ne allunga di anni la già irragionevole durata, dunque la legge è incostituzionale, apriti cielo. Nessuno va a vedere se è vero che la Costituzione dice una cosa e la legge dice il contrario. Se il Csm dà un parere sgradito al governo, allora è un «attacco al governo». E se qualche consigliere anticipa alla stampa che la blocca-processi va contro l’art. 111, si scatena il finimondo: «fuga di notizie», ovviamente «per fini di lotta politica». Come se la Costituzione fosse coperta dal segreto istruttorio, o di Stato. Dal Colle il solito disco rotto invita al «riserbo» e al «dialogo», mentre il governo chiede la testa del vicepresidente Mancino, reo di non aver bloccato la «fuga di notizie», e Mancino se la prende coi consiglieri che «parlano con la stampa», come se qualche legge vietasse di discutere di un tema pubblico, e pure un po’ vecchiotto, come la Costituzione.

    Il punto è che tutti sanno che la legge è incostituzionale: tant’è che persino alcuni membri del governo, come il sottosegretario Castelli, ne offrono il ritiro in cambio del lodo Schifani-Alfano, cioè Schifano. Ma Berlusconi non ne vuol sapere: «Ritirarla significa ammettere che è una legge ad personam». Cosa che sanno tutti, ma non si deve dire. Intanto i picciotti di Al Tappone si scatenano a caccia di precedenti al bloccaprocessi, per dimostrare che il padrone non c’entra. Credevano di averne trovato uno nella circolare del procuratore di Torino Maddalena che, dopo l’indulto, aveva indicato ai suoi pm un criterio: trattare prima i reati commessi dopo il giugno 2006, quelli non indultati. Niente di automatico: prima si fa una cosa, poi se ne fa un’altra. Nulla di paragonabile alla legge in questione, che obbliga tutti i tribunali, anche se disoccupati, a sospendere per un anno i processi per reati fino al 2002, anche se manca un’ora alla sentenza. E poi a riprenderli tra un anno. Una follia tale che Maddalena ne prende subito le distanze.

    Ma subito Il Giornale spara un’altra balla: «Il salvaprocessi? L’inventò Prodi. Nel 1998 approvò una norma uguale. I magistrati non aprirono bocca». Di che si tratta? Di una norma che invitava le procure a comunicare al Csm «i criteri di priorità ai quali si atterranno per la trattazione dei procedimenti. Per assicurare la rapida definizione dei processi pendenti si tiene conto della gravità e offensività del reato». Se devi scegliere se processare prima il tizio beccato a timbrare due volte il biglietto della metro o quell’altro che sulla metro ha scannato una ragazza, parti dal secondo. Niente a che vedere con una legge che impone a un giudice già chiuso in camera di consiglio di lasciar perdere la sentenza e ripartire daccapo un anno dopo. La legge Prodi puntava ad accorciare i processi, la legge Al Tappone ad allungarli. Forse, chissà, magari perché Prodi non commette reati.
     
    .
  9. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Il Dolo Berlusconi
    l'Unità, 28 giugno 2008


    Quando il Lodo Schifani-bis, anzi il Lodo Alfano, anzi il Dolo Berlusconi sarà sulla Gazzetta Ufficiale, l’Italia sarà l’unica democrazia al mondo in cui quattro cittadini sono “più uguali degli altri” di fronte alla legge. Un privilegio che George Orwell, nella “Fattoria degli animali”, riservava non a caso ai maiali. E che, nell’Italia del 2008, diventa appannaggio dei presidenti della Repubblica, del Senato (lo stesso Schifani), della Camera e soprattutto del Consiglio. I massimi rappresentanti delle istituzioni, che nelle altre democrazie devono dare il buon esempio e dunque mostrarsi più trasparenti degli altri, in Italia diventano immuni da qualunque processo penale durante tutto il mandato, qualunque reato commettano dopo averlo assunto o abbiano commesso prima di assumerlo. Compresi i reati comuni, “extrafunzionali”, cioè svincolati dalla carica e persino dall’attività politica. Anche strangolare la moglie, anche arrotare con l’auto un pedone sulle strisce, anche stuprare la colf o molestare una segretaria. O magari corrompere un testimone perché menta sotto giuramento in tribunale facendo assolvere un colpevole. Che poi è proprio il caso nostro, anzi Suo. Come scrisse il grande Claudio Rinaldi sull'Espresso a proposito del primo Lodo, "un'autorizzazione a delinquere".

    La suprema porcata cancella, con legge ordinaria - votata in un paio di minuti dal collegio difensivo allargato del premier imputato, che ha nome “Consiglio dei ministri” - l’articolo 3 della Costituzione repubblicana. Che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…”. La questione è tutta qui. Le chiacchiere, come si dice a Roma, stanno a zero. Se tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, non ne possono esistere quattro che non rispondono in nessun caso alla legge per un certo numero di anni in base alle loro “condizioni personali e sociali”, cioè alle cariche che occupano. Se la Costituzione dice una cosa e una legge ordinaria dice il contrario, la legge ordinaria è incostituzionale. A meno, si capisce, di sostenere che è incostituzionale la Costituzione (magari prima o poi si arriverà anche a questo).

    Ora, quando in una democrazia governo e parlamento varano una legge incostituzionale, a parte farsi un’idea della qualità del governo e del parlamento che hanno eletto, i cittadini non si preoccupano. Sanno, infatti, che le leggi incostituzionali sono come le bugie: hanno le gambe corte. Il capo dello Stato non le firma, il governo e il parlamento le ritirano oppure, se non accade nessuna delle due cose, la Corte costituzionale le spazza via. Ma purtroppo siamo in Italia, dove le leggi incostituzionali, come le bugie, hanno gambe lunghissime. Non è affatto scontato che il presidente della Repubblica o la Consulta se la sentano di bocciare la suprema porcata. A furia di strappi, minacce, ricatti, vere e proprie estorsioni politiche, il terrore serpeggia nelle alte sfere (che preferiscono chiamarlo “dialogo”). E anche la Costituzione è divenuta flessibile, anzi trattabile.

    Un mese fa è passata con tutte le firme e le controfirme una legge razziale (per solennizzare il 70° anniversario di quelle mussoliniane) denominata “decreto sicurezza”: quella che istituisce un’aggravante speciale per gli immigrati irregolari. Se fai una rapina e sei di razza ariana e di cittadinanza italiana, ti becchi X anni; se fai una rapina e sei extracomunitario, ti becchi X+Y anni. Vuoi mettere, infatti, la soddisfazione di essere rapinato da un italiano anziché da uno straniero. E il principio di uguaglianza? Caduto in prescrizione. Stavolta è ancora peggio, perchè non è in ballo il destino di qualche vuccumpra’, ma l’incolumità giudiziaria del noto tangentaro (vedi ultima sentenza della Cassazione sul caso Sme-Ariosto) che siede a Palazzo Chigi. Infatti è già tutto un distinguo, a destra come nella cosiddetta opposizione, sulle differenze che farebbero del Lodo-bis una versione “migliore” del Lodo primigenio. Il ministro ad personam Angelino Jolie assicura che, bontà sua, “la sospensione dei processi non impedisce al giudice l'assunzione delle prove non rinviabili, la prescrizione è sospesa, l'imputato vi può rinunciare. La sospensione non è reiterabile e la parte civile può trasferire in sede civile la propria pretesa”. Il che, ad avviso suo e di tutti i turiferari arcoriani sparsi nei palazzi, nelle tv e nei giornali, basterebbe a rendere costituzionale la porcata.

    Noi, che non siamo costituzionalisti, preferiamo affidarci a chi lo è davvero (con tutto il rispetto per Angelino e il suo gemellino Ostellino), e cioè all’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida. Il quale, interpellato il 18 giugno da Liana Milella su la Repubblica, ha spiegato come e qualmente chi cita la sentenza della Consulta che nel 2004 bocciò il primo Lodo e sostiene che questo secondo la recepisce, non ha capito nulla: “La prerogativa di rendere temporaneamente improcedibili i giudizi per i reati commessi al di fuori dalle funzioni istituzionali dai titolari delle più alte cariche potrebbe eventualmente essere introdotta solo con una legge costituzionale, proprio come quelle che riguardano parlamentari e ministri… La bocciatura del vecchio lodo nel 2004 da parte della Consulta è motivata dalla violazione del principio di uguaglianza dei cittadini quanto alla sottoposizione alla giurisdizione penale”. L’unica soluzione per derogare all’articolo 3 è modificare eventualmente la Costituzione (con doppia lettura alla Camera e doppia lettura al Senato, e referendum confermativo in mancanza di una maggioranza dei due terzi). E non con una legge che sospenda automaticamente i processi alle alte cariche: sarebbe troppo. Ma, al massimo, con una norma che - spiega Onida - “introduca una forma di autorizzazione a procedere che consentirebbe di valutare la concretezza dei singoli casi. Ragiono su ipotesi, perché gli ‘scudi’ sono da guardare sempre con molta prudenza… La sospensione non dovrebbe essere automatica, ma conseguire al diniego di una autorizzazione a procedere. E comunque la legge costituzionale resta imprescindibile”.

    Insomma, quando Angelino Jolie sbandiera la “piena coincidenza del Lodo con le indicazioni della Consulta”, non sa quel che dice. La rinunciabilità del Lodo non significa nulla (comunque Berlusconi, l’unico ad averne bisogno, non vi rinuncerà mai: altrimenti non l’avrebbe fatto). E la possibilità della vittima di ricorrere subito in sede civile contro l’alta carica che le ha causato il danno, se non fosse tragica, sarebbe ridicola: uno dei quattro presidenti si mette a violentare ragazze o a sparare all’impazzata, ma i giudici non lo possono arrestare (nemmeno in flagranza di reato), nè destituire dall’incarico fino al termine della legislatura; in compenso le vittime, se sopravvivono, possono andare dal giudice civile a chiedere qualche euro di risarcimento… Che cos’è: uno scherzo? L’unica differenza sostanziale tra il vecchio e il nuovo Lodo è che stavolta vale per una sola legislatura: non per un premier che viene rieletto, nè per un premier (uno a caso) che passa da Palazzo Chigi al Quirinale. Ma ciò vale fino al termine di questa legislatura. Dopodichè Berlusconi, una volta rieletto o asceso al Colle, potrà agevolmente far emendare il Lodo, sempre per legge ordinaria, e concedersi un’altra proroga di 5 o di 7 anni.

    A questo punto si spera che il capo dello Stato non voglia cacciarsi nell’imbarazzante situazione in cui si trovò nel 2004 Carlo Azeglio Ciampi: il quale firmò (e secondo alcuni addirittura ispirò tramite l’amico Antonio Maccanico) il Lodo, e sei mesi dopo fu platealmente smentito dalla Corte costituzionale. Uno smacco che, se si dovesse ripetere, danneggerebbe la credibilità di una delle pochissime istituzioni ancora riconosciute dai cittadini: quella del Garante della Costituzione. Quando una legge è manifestamente, ictu oculi, illegittima, il capo dello Stato ha non solo la possibilità, ma il dovere di rinviarla al mittente prima che lo faccia la Consulta.

    In ogni caso, oltre al doppio filtro del Quirinale e della Consulta, c’è anche quello dei cittadini. Che, tanto per cominciare, scenderanno in piazza a Roma l’8 luglio contro questa e le altre leggi-canaglia. Dopodichè potranno raderle al suolo con un referendum, già preannunciato da Grillo e Di Pietro. Si spera che anche il Pd - se non gli eletti, almeno gli elettori - vi aderirà. Si attendono smentite al commento più scombiccherato della drammatica giornata di ieri: quello della signora Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, secondo la quale “il Lodo deve valere dalla prossima legislatura”. Così il Caimano si porta dietro lo scudo spaziale anche al Quirinale. Non sarebbe meraviglioso?
     
    .
  10. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Sua impunità

    VIDEO: http://www.beppegrillo.it/2008/06/passapar...lun_4.html#more

    Pubblico il testo dell'intervento di Marco Travaglio.

    Buongiorno a tutti. Oggi siamo in trasferta a Milano, perché stiamo finendo un libro sulle leggi vergogna e sul regime che ci si sta apparecchiando davanti. E quindi vi invito tutti quanti a seguire sul blog di Beppe, sul blog di Micromega, sul blog Voglioscendere gli aggiornamenti e le novità sulla grande manifestazione che si terrà a Roma. Le adesioni sono talmente tante che è stata spostata da piazza del Pantheon a piazza Navona. 8 luglio, ore 18.00, tutti a Roma.
    Detto questo, parliamo di una delle ragioni fondamentali per le quali non è solo opportuno, ma giusto e doveroso scendere in piazza per far sentire la propria voce. Ed è il cosiddetto lodo Alfano, o lodo Schifani bis, o comunque lodo Berlusconi – non si sbaglia mai.
    È un lodo che potrebbe essere chiamato lodo Orwell; lodo “Fattoria degli animali”. Ricordate forse che nella “Fattoria degli animali” c’era una specie di animali più uguali degli altri. Erano i maiali. Noi avremo, quando e se sarà sulla Gazzetta Ufficiale il lodo Alfano/Berlusconi/Schifani bis, quattro cittadini italiani che saranno più uguali degli altri. E saranno il presidente della Repubblica – che non l’ha mai chiesto - , il presidente della Camera – che peraltro non l’ha mai chiesto -, il presidente del Senato – che non si sa bene se l’abbia chiesto, ma è lo stesso che aveva dato il nome al lodo numero uno, Schifani – e poi soprattutto abbiamo quello che lo chiede da secoli e cioè il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il quale ha tanti processi quanti ne bastano per tutte le alte cariche dello Stato, cioè quattro. Non vuole essere processato. Sono fatti suoi. Ci doveva pensare prima, quando si è candidato da imputato. Se uno si candida da imputato, è ovvio che quando viene eletto rischia anche che arrivi una sentenza. E una volta su due può essere una condanna. Dice: “ma mi hanno votato”. “Sappiamo che ti hanno votato. Ma ti hanno votato pensando che ti saresti fatto processare”. Altrimenti bisogna dire in campagna elettorale: “votatemi, perché così non mi processerà più nessuno. Votatemi perché, io la intenderò come una assoluzione”. In realtà votare uno vuol dire “vai a governare e occupati dei nostri problemi”, non vuol dire “vai a governare e occupati dei cazzi tuoi”. Così invece lui la interpreta, all’insaputa dei suoi elettori e anche dei suoi [colleghi]. Il lodo, dunque, è la riedizione – riveduta e corretta, o corrotta – del lodo Schifani del 2003. Schifani, in realtà Schifani-Maccanico, perché la sinistra aveva prestato allora un consulente al centro-destra: Antonio Meccanico, che è sempre a disposizione quando si tratta di fare favori a Berlusconi. Aveva escogitato questa formula per la quale le cinque alte cariche dello Stato, all’epoca c’era anche il presidente della Corte Costituzionale, che non ne aveva bisogno, non rispondono dei loro delitti. Né quelli legati alla funzione, né quelli estranei alla funzione, né quelli commessi durante il mandato, né quelli commessi prima del mandato, fino al termine del mandato. Diceva il lodo Maccanico/Schifani che se uno poi cambia funzione passando dall’una all’altra di quelle cinque poltrone senza mettere mai i piedi per terra, praticamente rimane invulnerabile, finché non mette piede a terra. E quindi, se uno passa dalla Presidenza del Consiglio alla Presidenza della Camera, dalla Presidenza della Camera alla Presidenza del Senato, dalla Presidenza del Senato alla Presidenza della Corte Costituzionale, dalla Presidenza della Corte Costituzionale alla Presidenza della Repubblica, praticamente ha una trentina d’anni di immunità. E se ne ha già settanta, diciamo che arriva oltre i cento.
    Quel lodo durò sei mesi, serviva a Berlusconi a sospendere i suoi processi durante i sei mesi della presidenza italiana dell’Unione Europea. Ricordate quel meraviglioso semestre aperto da Berlusconi con in discorso del kapò, dove esordì al Parlamento Europeo presentando il suo biglietto da visita dando del nazista a un socialdemocratico tedesco. Che è notoriamente antifascista, a differenza di Berlusconi che è invece alleato con i fascisti e i nazisti che ci sono per le strade.
    Passati i sei mesi intervenne la Corte Costituzionale che fulminò il lodo Maccanico Schifani in quanto violava una serie di articoli della Costituzione. Ciampi non se ne era accorto. Infatti lo aveva firmato e fece una brutta figura. Ed espose a una brutta figura anche l’istituzione che rappresentava, la Presidenza della Repubblica, che dovrebbe essere garante della Nazione.
    Ora, la situazione rischia di ripetersi tale e quale con Napolitano, se Napolitano firmerà questo lodo. Che secondo tutti i giuristi e costituzionalisti è incostituzionale e quindi è ad alto rischio di una bocciatura della Consulta. Se il Capo dello Stato lo firma e la Consulta lo smentisce, non è una bella figura per il Capo dello Stato. Speriamo che cominci a non firmare qualcosa.
    Perché non è legittimo questo lodo? Intanto perché c’è un problema sul quale non c’è tanto da discutere. O è così, o è così. È l’articolo tre della Costituzione della Repubblica Italiana. Che recita: “Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, razza, religione … condizione di vita personale e sociale”. Cioè non importa quello che fai, il mestiere che fai, la carica che ricopri. Davanti alla legge sei uguale a tutti gli altri. Questo dice l’articolo tre della Costituzione. Il lodo cosa fa? Non tocca l’articolo tre. Anzi, non tocca nemmeno la Costituzione. È una legge ordinaria. Scritta dal Consiglio dei Ministri. Cioè scritta da Berlusconi e dai suoi avvocati, ovviamente. Fatta firmare dal ministro Alfano, che firma tutto e che ci mette anche la faccia. Tanto l’avete vista la faccia che ha. Una legge ordinaria che pretende di derogare a principi della Costituzione. Per giunta ispirata a una legge già bocciata anche quella dalla Corte Costituzionale. Voi vi rendete conto che siamo completamente fuori da qualunque ambito. Se vuoi modificare la Costituzione, segui la Costituzione che ti insegna ciò che devi fare per modificare la Costituzione. L’art. 138 dice che ci vuole la maggioranza dei due terzi del Parlamento, altrimenti i cittadini, prima che vada in vigore la riforma costituzionale, devono essere chiamati al referendum confermativo. Non c’è il quorum. Quindi anche se andiamo a votare in tre e due votano no, la legge costituzionale che non ha avuto i due terzi del Parlamento non passa. A meno che, appunto, non si abbia una maggioranza talmente ampia, di due terzi del Parlamento, nel qual caso i cittadini non vengono chiamati ad approvarla. È quello che è successo con la legge sul federalismo, la devolution di Bossi, che abbiamo bocciato due anni fa nel referendum confermativo e quindi non è entrata in vigore. Se non c’è questa ampia maggioranza, il Parlamento deve fare comunque doppia lettura – Camera/Senato, Camera/Senato – ma si va al referendum confermativo. Questi non lo vogliono fare. Forse nemmeno il Partito Democratico, pur ridotto come lo vediamo, sarebbe disposto a dare i suoi voti al lodo. Magari avrebbero molta voglia di farla, alcuni, una porcata del genere, ma hanno paura dei loro elettori. Almeno di quelli che gli sono rimasti temendo che vadano tutti con Di Pietro, cosa che sta avvenendo almeno in parte.

    Quindi i due terzi in Parlamento non li ottengono per il lodo, per una legge costituzionale. E allora fanno una legge ordinaria. Presentata al Consiglio dei Ministri e poi approvata probabilmente entro luglio/agosto oppure ai primi di settembre, tanto non c’è fretta perché il processo più prossimo alla conclusione, cioè il processo Mills lo hanno sospeso con la legge blocca processi. Quindi per un anno non si parlerà della sentenza. E intanto loro fanno il lodo, con legge ordinaria, per modificare i principi della Costituzione. Questa è la principale ragione per cui questo lodo è incostituzionale. Quattro persone dichiarata più uguali degli altri con una legge ordinaria. A maggioranza semplice. Ma poi non c’è solo questo, perché questi analfabeti dicono: “ah ma noi questa volta il lodo lo abbiamo fatto rispettando ciò che la Corte Costituzionale ha detto bocciando l’altro”. Non l’hanno letta forse la sentenza della Corte Costituzionale del 2004, perché dice esattamente il contrario di ciò che dicono loro nel nuovo lodo. Quali sono le differenze tra il lodo Alfano di oggi e il lodo Schifani del 2003? Pochissime. La prima è che sospende tutti i processi e le indagini a carico di quattro alte cariche, anziché cinque: Capo dello Stato, capo del Governo, presidenti di Camera e Senato. Secondo, e questa è la differenza più importante. Non è reiterabile per due legislature. Vale solo per una legislatura. All’interno di una legislatura, se cade il governo e tu rifai il presidente del Consiglio, mantieni l’immunità anche due volte, ma sempre all’interno della legislatura. Se nella legislatura muore il presidente della Repubblica, o sta male, o si dimette, o succede qualcosa e il presidente del Consiglio diventa presidente della Repubblica, mantiene, si porta dietro l’immunità, anche se la carica è diversa, perché tutto avviene nella legislatura. Nella prossima, se Berlusconi dovesse pensare di diventare presidente della Repubblica nella prossima legislatura, lì, secondo questo lodo, non potrebbe essere impunito. Ma naturalmente cosa farebbe? Se diventa presidente della Repubblica è perché la maggioranza del Parlamento è sempre la sua. Ma se la maggioranza del Parlamento è sempre la sua, fa un emendamento al lodo e gli proroga l’immunità per tutta la durata della carica. Cambiano le regole in corso d’opera. Sarebbe mica la prima volta. In ogni caso, ora come ora non lo potrebbe fare. È questo è l’unico aspetto positivo. Per il resto non vengono rispettate nessuna delle condizioni che aveva posto la Corte Costituzionale. Perché aveva detto intanto che non si può fare un fritto misto delle cariche mettendole tutte nell’impunità. Il presidente della Repubblica è una carica monocratica che rappresenta tutta la Nazione, i presidenti delle camere sono cariche collegiali, nel senso che rappresentano un’assemblea. Il presidente del Consiglio rappresenta un consiglio dei Ministri. Che differenza c’è tra il presidente del Consiglio e gli altri ministri? Che differenza c’è tra il presidente della Camera e gli altri deputati? Che differenza c’è tra il presidente del Senato e gli altri senatori? Allora tanto varrebbe avere il coraggio, ma non ce l’hanno perché hanno paura della furia popolare contro la casta, di ripristinare l’autorizzazione a procedere per tutto il Parlamento. Si prendano la responsabilità di dire: “noi prendiamo mille persone, le mettiamo lì dentro. Possono fare quello che vogliono e anche se ammazzano la suocera non gli succede niente”. Non hanno il coraggio di farlo, perché? Perché Berlusconi la vuole per sé l’immunità e ci mette altre tre cariche per confondere un po’ le idee.
    Sarebbe molto meno incostituzionale ripristinare l’articolo 68 come pensato dai padri costituenti. Naturalmente, i padri costituenti, l’articolo 68 che concedeva l’immunità parlamentare non l’avevano concepito per proteggere i potenti dalle conseguenze dei loro reati penali, dei loro delitti comuni. L’avevano concepito per proteggere eventuali politici di opposizione che facessero scioperi, occupazione delle terre, blocchi stradali, interruzioni di treni per fare delle manifestazioni protesta, manifestazioni sindacali, contadine, picchettaggi, manifestazioni operaie. In quei casi a uno può scappare una parola o un gesto di troppo, metti che trovi un giudice troppo legato al potere o al governo che usa queste accuse per reati politici, di opinione, per colpire un esponente dell’opposizione ecco che i Costituenti, temendo una magistratura, come ai tempi del fascismo, molto collegata con il potere, hanno dato questa tutela ai politici delle minoranze per poter esercitare al massimo l’opposizione al potere costituito. Questo era lo spirito dell’autorizzazione a procedere. L’avevano trasformato, nel corso degli anni, in un salvacondotto, in un’autorizzazione a delinquere non in un’autorizzazione a procedere. Per cui chi stava in Parlamento poteva rubare, mafiare, truffare, violentare, fare quello che voleva e il Parlamento lo copriva. Per questo fu abolito nel ’93: gli stessi politici, sputtanati dallo scandalo di Tangentopoli, tentavano di recuperare un minimo di credibilità spogliandosi di uno dei più vergognosi privilegi che si erano assunti abusando di quell’autorizzazione a procedere diventata una automatica immunità, mentre non era così. Nella Costituzione c’era scritto che solo in caso di una dimostrata persecuzione politica si poteva dire di no. E’ ovvio che la persecuzione politica poteva riguardare solo reati politici, di opinione, ideali non certamente uno che ha messo le mani in tasca a un altro. Quello con la politica non c’entra niente. Non hanno il coraggio di ripristinare l’articolo 68 perché salverebbe tutta la casta. Vogliono salvare solo Berlusconi, quindi fanno una legge ordinaria che proprio perché ordinaria non è costituzionale. Diventa incostituzionale perché dice il contrario della Costituzione, a meno di non stabilire che fra il lodo Alfano-Schifani-Maccanico-Berlusconi e la Costituzione quella incostituzionale è proprio la Costituzione. Prima o poi ce lo racconteranno, ne stanno dicendo di tutti i colori. L’unica differenza rispetto al lodo già bocciato è che questa volta vale per una sola legislatura ed è rinunciabile, nel senso che se io, Capo dello Stato, vengo accusato da Berlusconi di essere un molestatore sessuale, ne ha dette di tutti i colori e potrebbe aggiungere pure quella, parte un’indagine e viene bloccata in base al lodo per tutta la durata del Presidente della Repubblica, quello potrebbe dire: “dato che io non sono un molestatore voglio immediatamente essere giudicato e assolto, perché quello se l’è inventato!”. Invece, prima te la dovevi prendere per sette anni la sospensione del processo, anche se non volevi. Adesso, invece, è rinunciabile tanto Berlusconi non rinuncia. Che costa mettere “è rinunciabile”? Per il resto non ci sono differenze e ci sono tutte le ragioni per le quali la Corte ha già bocciato una volta il lodo. Per esempio: diceva che il lodo non può essere generale nel senso che non può sospendere i processi per tutti i reati. Vediamo. La Corte diceva “non si possono sospendere i processi per i reati commessi in qualunque epoca sia extra funzionali – cioè estranee alle attività politiche e istituzionali – sia funzionali – cioè collegati”. Se io ho fatto una legge, assunto una persona, assegnato un appalto e mi viene contestato, quello è un possibile delitto funzionale legato alla mia attività politica. Può avere un senso che mentre io ricopro la mia funzione politica, per i miei atti politici non venga chiamato a rispondere finché non ho finito la carica. Ma se io in passato ho rapinato una banca e lo si viene a sapere quando sono Presidente del Consiglio… beh quello non è funzionale perché non c’entra niente con l’attività politica rapinare le banche, pare. Se io addirittura ho un processo per avere rapinato una banca e, dopo il mio rinvio a giudizio per rapina in banca, mi candido alla presidenza del Consiglio divento Presidente del Consiglio, questo è ancora più assurdo. Poi non mi posso meravigliare, quando lo sono diventato, che il processo vada avanti e che alla fine mi possano condannare per la rapina in banca! Sono fatti miei privati che per giunta conoscevo prima. Che c’entra la politica, la funzione, l’Istituzione? Questo diceva la Corte e su questo non si fa nessun riferimento. Perché? Perché Berlusconi è stato rinviato a giudizio per corruzione del teste Mills e si è chiesto il suo rinvio a giudizio per corruzione di Saccà prima che diventasse Presidente del Consiglio, non dopo! Non è un agguato che gli capita perché è diventato capo del governo, è lui che è diventato capo del governo dopo essere stato imputato. Secondo, sono due fatti suoi privati: le ragazzine di Rai Fiction, a tutti piacciono le ragazzine ovviamente, saranno fatti suoi purchè non le faccia pagare dalla Rai cioè da noi con il Canone, ma non c’entrano niente con la posizione di Presidente del Consiglio o capo dell’opposizione. Sono fatti privati, esattamente come sono fatti privati gli impicci di Mediaset con il suo consulente Mills, le false testimonianze, i soldi che sono stati dati a Mills. Sono fatti privati precedenti alla carica. E su questo non si fa distinzione. C’è un costituzionalista, bravissimo, Michele Ainis, che dice: “ma qui se il Capo dello Stato impazzisce e ammazza la suocera o la moglie, noi non lo possiamo più schiodare di lì per sette anni, perché il processo non si fa e nello stesso tempo non c’è nessun modo per mandarlo via di lì, se non se ne va lui spontaneamente”. Metti che un presidente della Camera o del Senato con la macchina arrota un pedone sulle strisce. I familiari avranno pure diritto ad avere giustizia, devono aspettare che finisca la carica? Che legame c’è fra il fatto che uno è presidente del Senato o della Camera e il fatto che ha steso una persona con la macchina perché è un pirata della strada o perché si era distratto o aveva bevuto? Dice: ma le vittime si potranno rivalere in sede civile. Certo, ti ammazzano un parente e tu vai da un giudice civile a chiedere qualche euro di danni. E il penale non si fa o si farà? E quando si farà? L’altro è l’automatismo: non c’è qualcuno che vaglia le accuse, che dice “per questo caso lo rendiamo immune, per quest’altro no perché non c’entra niente con la politica”. E’ tutto automatico. E questo automatismo non prevede filtri dell’ammissibilità o meno della richiesta di sospendere, anzi non prevede nemmeno la richiesta di sospendere perché sospende i processi senza che tu lo chieda a meno che non rinunci. E questo la Corte Costituzionale lo chiedeva. Ecco un’altra ragione per cui questa norma è incostituzionale. E poi c’è comunque, alla fine, il diritto delle vittime ad avere giustizia subito, come tutte le altre. Non tu sei vittima di serie B perché hai avuto la sfortuna di subire un reato da un’altra carica o da uno che poi è diventato un’altra carica. Il principio di ragionevole durata del processo è stato messo nella Costituzione all’articolo 111, poi questi già durano un’eternità e tu li allunghi ancora di cinque anni per il capo del governo e i presidenti delle camere, per sette per il Presidente della Repubblica e quando li fai? Dov’è la ragionevole durata, se li rinvii di cinque o sette anni? E se la vittima nel frattempo muore? Non le avrai dato giustizia. E’ ragionevole durata? Infine, l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge anche in qualità di imputati. Se io sono imputato voglio essere giudicato esattamente come l’imputato Presidente del Consiglio. Anzi, per la verità io pretenderei che il Presidente del Consiglio fosse più controllato e che ci fossero degli strumenti più severi e stringenti nei suoi confronti perché lui deve dare il buon esempio, è lui che fa le leggi. Non io privato cittadino. Invece, paradossalmente, Di Pietro gli ha dato del “magnaccia”, termine tra l’altro tecnicamente ineccepibile: quando uno gestisce ragazze facendole pagare, dalla Rai tra l’altro cioè dagli italiani… vogliamo chiamarlo “prosseneta”, “pappone”, “lenone”? Quando Di Pietro, tecnicamente corretto anche se con un termine un po’ demodé della Roma anni Sessanta, ha definito le attività, con quelle che il Cavaliere chiama elegantemente “le mie fanciulle” per distinguerle dalle “mie bambine” che sono invece le ministre, da “magnaccia” succede il finimondo. L’avvocato Ghedini annuncia che Berlusconi querela Di Pietro. Se, però, Di Pietro vuole querelare Berlusconi lo può fare ma il processo no si fa perché Berlusconi è immune. C’è addirittura un signore che usa i tribunali per trascinarci gli altri e quando gli altri vogliono trascinarci lui non si può! A me ha fatto causa civile Schifani, se io volessi denunciare Schifani non potrò, perché c’è uno che è immune con uno scudo spaziale che lo avvolge per la durata del suo incarico che se la prende con me, privato cittadino, che non ho più gli stessi diritti che ha lui nei miei confronti, quindi non lo posso in tribunale penale a rispondere delle infamie che dice in questo atto di citazione nei miei confronti. Questo è il punto fondamentale. Naturalmente ci stanno raccontando che in tutto il mondo c’è già il lodo Schifani, il lodo Alfano, il lodo Berlusconi. Non esiste Paese al mondo dove il Presidente del Consiglio, primo ministro o premier, chiamiamolo come vogliamo, abbia l’immunità. L’immunità è prevista per i sovrani, la Regina d’Inghilterra e il re di Spagna, per il Capo dello Stato in Francia e non per legge ma per interpretazione. E riguarda Chirac che era accusato di fare assunzioni fittizie al comune di Parigi quando era sindaco ed è stato raggiunto da questo processo quando già era Presidente della Repubblica. Si è sospeso e adesso lo processano, ché è uscito dall’Eliseo. Reato funzionale, collegato alla carica che esercitava di sindaco di Parigi, processo nato dopo l’elezione. Se fosse nato prima non l’avrebbero certamente candidato alla presidenza della Repubblica ben sapendo che dopo avrebbe potuto essere processato e condannato. Stiamo parlando di situazioni completamente diverse. In ogni caso Chirac è il Capo dello Stato e non il primo ministro. Il primo ministro non è immune in nessuna parte del mondo, anzi in Francia il primo ministro e gli altri ministri non possono essere parlamentari, quindi possono essere pure arrestati perché non hanno nemmeno l’immunità dall’arresto che hanno i parlamentari. Pensate le balle che vi raccontano. Ci sono Capi di Stato che vengono processati e stanno pure zitti, tipo Clinton che ha subito sette indagini e tre processi. Tipo Nixon, che ha subito un’indagine e si è dimesso, tipo Reagan, che ha subito tre indagini. Il presidente della repubblica di Israele, Katzav, presidente di una repubblica che è in guerra da quando è nata, si è dimesso l’anno scorso perché indagato per molestie sessuali ai danni di alcune dipendenti del suo ufficio, di alcune segretarie. E oggi si sta parlando anche delle possibili dimissioni, che forse avverranno dopo l’estate, del primo ministro Olmert, di un paese in guerra come Israele, coinvolto in un caso di fondi illeciti al partito. Ecco, lì, per evitare processi e condanne di un’alta carica dello Stato, risolvono il problema alla radice: se sei imputato non ti candidi; se vieni imputato dopo che sei stato eletto, ti dimetti. Da noi, invece, se sei stato imputato prima di venire eletto, ti candidi lo stesso, se vieni imputato dopo che sei stato eletto, abolisci i tuoi processi e poi dici anche che è colpa dei giudici.
    Come dice sempre quel vecchio detto catalano: ci pisciano addosso e ci raccontano che sta piovendo.
    Passate parola. Ci vediamo l’otto luglio in piazza Navona, a Roma alle ore 18.00, contro il regime delle leggi vergogna.
     
    .
  11. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Lo stesso video precedente, ma su youtube...

     
    .
  12. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Democrazia in America

    Dunque ci siamo. Mentre in parlamento si va a passi veloci verso l'approvazione del decreto che bloccherà 100.000 processi pur di sospendere quello in corso a Milano contro Silvio Berlusconi e l'avvocato inglese David Mills, il governo ne sta per presentare un secondo. Questa volta la scure colpisce sia la stampa che la magistratura: non si potrà più pubblicare, nemmeno per riassunto, nessun atto giudiziario e gli investigatori, in decine e decine di casi, non potranno più raccogliere prove con le intercettazioni.

    Anche questo decreto legge ha un unico scopo: evitare che i cittadini conoscano i comportamenti del premier e di una parte della classe dirigente che siede in parlamento. Ai sedicenti liberali che occupano la Camera, il Senato e i vertici di molte Istituzioni, vale la pena di ricordare che cosa accadde negli Stati Uniti quasi mezzo secolo fa.

    Nel 1967 il ministro della Difesa, Robert S. McNamara, ordinò un'indagine passata alla Storia come i "Pentagon Papers". Lo studio, coperto da segreto di Stato, doveva stabilire in che modo e perché gli Usa si erano impegnati nella disastrosa guerra del Vietnam. La ricostruzione dimostrò, tra l'altro, che il celebre incidente del Golfo del Tonchino in seguito al quale il presidente Lyndon Johnson si appellò al Congresso e fu di fatto autorizzato ad entrare in guerra, era un falso.

    Quattro anni dopo un analista della Cia, sconvolto da quanto scoperto, consegnò a due giornali i Pentagon Papers. Il 13 giugno 1971 il New York Times, iniziò la pubblicazione di una serie di articoli basati su quei documenti. Dopo le prime tre puntate, il ministero della giustizia riuscì a far sospendere le pubblicazioni da una sentenza della Corte federale di New York a cui il governo si era rivolto sostenendo che «gli interessi degli Stati Uniti e la sicurezza nazionale avrebbero subito un danno irreparabile dalla diffusione del dossier».

    Il 30 giugno 1971, la Corte Suprema degli Stati Uniti autorizzò però i giornali (al New York Times si era affiancato il Washington Post) a riprendere la pubblicazione. Sulla base del primo emendamento della costituzione americana i giudici stabilirono che la libertà di stampa doveva prevalere «su qualsiasi considerazione accessoria intesa a bloccare la pubblicazione delle notizie».

    La sentenza fu scritta da un vecchissimo e celebre costituzionalista, il giudice Hugo Black, morto a 85 anni pochi mesi dopo. Black scrive: «Oggi per la prima volta nei 192 anni trascorsi dalla fondazione della repubblica viene chiesto ai tribunali federali di affermare che il Primo emendamento significa che il governo può impedire la pubblicazione di notizie di vitale importanza per il popolo di questo Paese. La stampa (dal punto di vista dei Padri fondatori) deve servire ai governati non ai governanti. Il potere del governo di censurare la stampa è stato abolito perché la stampa rimanesse per sempre libera di censurare il governo».

    Oggi anche nel nostro paese la libertà è in pericolo. Ciascuno di noi ha il dovere di difenderla. In attesa che un Hugo Black, se esiste, ricordi a tutti come stanno le cose.
     
    .
  13. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    L’invasione delle ultragnocche
    l'Unità, 3 luglio 2008


    C’è un discreto scarto fra gli editoriali pensosi alla Pigi Battista sul malaugurato “scontro fra politica e giustizia” e sul “dialogo costituente” che forse ritorna grazie agli estintori quirinaleschi, e i resoconti dei “retroscenisti” alla Scodinzolini, sempre appostati nella pochette di questo e quello. Da giorni sono mobilitate a colpi di codici e pandette, precedenti giurisprudenziali e citazioni dotte il Capo dello Stato, il Csm, la Corte Costituzionale, il Parlamento, il Governo, l’Associazione Nazionale Magistrati, le Camere Penali, l’Associazione Costituzionalisti Italiani, l’Autorità Garante della Privacy, presto fors’anche la Commissione Europea, l’Alta Corte di Giustizia di Lussemburgo e la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Il tutto perché un ometto, un certo Al Pappone, ha un problema molto più prosaico e urgente, che Vittorio Feltri ha voluto sintetizzare su “Libero” con un titolo in chiaroscuro: “Il guaio è la gnocca”.

    In sintesi: l’han beccato a parlare al telefono di e con certe ragazze che lui chiama “le mie fanciulle” (per distinguerle dalle “mie bambine”, che sarebbero le ministre Carfagna, Brambilla e Gelmini) e che, non sapendo recitare, devono lavorare per Raifiction dell’amico Agostino Saccà. Il quale s’incarica poi di “migliorare” prima dell’uso quelle dall’aria “un po’ strappona” (“strappona che a Roma vuol dire bona, bonacciona, capito? Diciamo non anglosassone”, precisava l’insigne linguista). Ricapitolando: le “fanciulle” le paghiamo noi col canone; le “bambine” le paghiamo pure noi con la diaria parlamentare e lo stipendio ministeriale. Poi ci sono quelle brave: ecco, quelle le prende Mediaset.

    Ma si sa com’è fatta la gnocca: inizialmente si presenta bene, col volto suadente e seducente che fa impazzire i maschi latini e non, compreso l’attempato latrin lover brianzolo. Poi però la gnocca s’incattivisce, comincia a chiedere, presenta il conto. Se non l’accontenti, va in giro a raccontare cose poco carine. Non ci sono più le gnocche di una volta, che si tacitavano con una boutique. Oggi c’è la gnocca presidenziale, molto più pretenziosa. Quando va bene, vuole “la parte” a Raifiction, ma mica un “ruolino”: protagonista. Altre più sofisticate puntano a un ministero. E i ministeri, specie dopo la malaugurata riforma Bassanini, sono pochini. Mentre le gnocche sono tante, troppe. E il dicastero lo vogliono col portafoglio, mica senza. Antonella, per esempio, è insoddisfatta: “Sta diventando pericolosa, è pazza, s’è messa in testa che io la odio, che ho bloccato la sua carriera artistica. È andata a dire delle cose pazzesche in giro. Agostino, falle una telefonata e dille che continuo a dirti: io devo far lavorare la Troise. Sottolinea un mio ruolo attivo...”. Si potrebbe fare ministro anche lei, o almeno sottosegretario. Ma con quale delega? Al senatore italo-australiano Nino Randazzo, in cambio del ribaltone, Al Pappone aveva offerto quella all’Oceania. Ma ad Antonella? Viceministro alle Autoreggenti? Ai Wonderbra? All’Intimissimo? Ecco: a un certo punto la gnocca ha una mutazione genetica, diventa perfida, ti si rivolta contro. E che si fa contro l’invasione delle ultragnocche? Superman aveva la Kriptonite. Al Pappone ha il Decreto. E,se qualcuno obietta che non c’è necessità né urgenza, gliele spiega lui, la necessità e l’urgenza: o esce il decreto o escono le telefonate.

    E’ vero che il direttore di “Europa”, dalla clandestinità, ha invitato i giornalisti veri a “censurarle”. Perché, come dice Al Pappone, “si fa un uso politico delle intercettazioni”. Ma se denunciare l’uso politico dei pentiti, dei testimoni e delle toghe rosse è facile, dimostrare che pure le microspie si mettono d’accordo per incastrare gli avversari politici è decisamente più arduo. Qui non è la parola di un altro contro la tua: è la tua parola contro la tua. E lui le sue le conosce bene, perché le ha pronunciate lui. Veronica, intanto, ha smesso di scrivere ai giornali e prende appunti. Su tutto. Anche su quella graziosa signorina dal cognome giacobino, Virginia Saint-Just, che avrebbe avuto l’appoggio di Silvio nel divorzio dal marito agente segreto, più un alloggio gratis a Campo de’ Fiori, mentre l’ex consorte veniva licenziato dal Sisde. Ecco, non sia mai che anche Veronica facesse un uso politico della vicenda, magari per portargli via tutto con una bella separazione con buonuscita. Se qualche membro del Csm ci è rimasto male nell’apprendere dal Colle che è vietato definire incostituzionale una legge incostituzionale, sappia che è per una causa di forza maggiore: la gnocca. “Costituzione” non si può più dire. Gnocca invece sì.
     
    .
  14. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    Il pizzo di Berlusconi



    "Buongiorno a tutti. Oggi sono in un aeroporto: è tempo di viaggiare. Domani bisogna essere tutti a Roma, alle ore 18 in piazza Navona, per manifestare contro le vergogne che stanno succedendo. Vorrei partire dall’ultima.

    In Sicilia, quando un cittadino non si piega, gli tagliano le gomme della macchina. Se capisce, bene. Se non capisce, gli fanno saltare la macchina. Se capisce, bene. Se non capisce gli mettono anche una bomba carta alla serranda del negozio. Se poi il tipo non vuole saltare assieme al negozio con tutta la sua famiglia, deve accettare il dialogo. Solo che in Sicilia si chiama “pizzo”, si chiama racket, si chiama estorsione. Arrivano uomini del dialogo e gli fanno una proposta. Gli dicono di aver saputo degli attentati, di essere molto dispiaciuti e gli offrono protezione. Da chi? Da loro stessi. Sono loro che mettono le bombe e loro che offrono protezione, da sé stessi. Il dialogo ha un prezzo. È una tangente, un pizzo. Il commerciante dovrà pagare un tot al mese agli estorsori per evitare ulteriori guai.
    Alla fine, se paga, che cosa ha vinto? Ha vinto la mafia, non ha vinto lui. Non ha vinto il dialogo. Ha vinto la violenza.

    Trasferite questo sistema di operare a Roma. A Roma succedono le stesse cose, soltanto che cambiano le parole. C’è un signore che arriva al potere e immediatamente comincia a rovinare la giustizia, a sfasciare tutto. Presenta una legge per far saltare 100.000 processi, perché ne ha uno anche lui. Poi ne fa un’altra che impedisce ai magistrati di fare le intercettazioni e di scoprire i reati, e di scoprire le prove per incastrare i colpevoli di quei reati. Poi va in televisione dice che se non si scoprono i colpevoli dei reati è colpa della magistratura che è una metastasi, che è politicizzata, che è un cancro. È colpa dei giudici che sono dei fannulloni. È colpa dei giudici che si occupano solo di lui. È colpa dei giudici che sono antropologicamente diversi dalla razza umana che sono dei matti, che sono psicolabili, che sono golpisti, che sono fascisti, che sono terroristi. E che non a caso, nei sondaggi, la loro credibilità diminuisce. I magistrati a questo punto alzano le braccia. Ma ciò non basta. Lui a questo punto fa una legge, ma questa la fa presentare da Tremonti, che taglia i fondi per la giustizia, fino al 40%. 10% il primo anno, 20% il secondo, e poi taglia anche gli stipendi ai magistrati, che già sono pagati un terzo, un quarto, un quinto di quanto è pagato un piccolo manager di una piccola azienda. A questo punto, dopo averli prostrati e ridotti alla rovina, si manifesta qualcuno che offre il dialogo. E dice: “eh, abbiamo saputo che vi stanno impedendo di fare il vostro lavoro, di fare i vostri processi, di fare le intercettazioni, vi stanno impedendo di scoprire i reati; vi insultano. Volete il dialogo? Cifra modica: si chiama Lodo Alfano. Se voi vi dimenticate i processi al Presidente del Consiglio, se vi dimenticate – o le lasciate evaporare, o le mangiate o le bruciate, o le cestinate – le intercettazioni del Presidente del Consiglio (intercettazioni indirette, non è lui che viene intercettato, sono di solito dei mascalzoni con i quali lui è solito parlare, perché sono tutti amici suoi). Bene, se accettate di pagare questa modica cifra, questa sommetta, allora arriva il dialogo: gli altri processi ve li facciamo fare, le intercettazioni ve le lasciamo fare, magari non vi tagliamo nemmeno gli stipendi e non vi tagliamo nemmeno i fondi. Magari assumiamo anche qualche cancelliere. Magari paghiamo anche la benzina per le volanti che devono andare a fare le indagini, con sopra i poliziotti. Dipende da voi. Dialogate, o volete lo scontro?” Ecco, una tecnica estorsiva che a Palermo si chiama racket, a Roma si chiama dialogo. Alla fine, se i magistrati cedono, chi ha vinto? Hanno vinto loro, ha vinto il dialogo? Ha vinto la distensione? Ha vinto la pace? Ha vinto l’estorsore, che politicamente parlando, in questo caso, è il nostro Presidente del Consiglio. Il nostro Presidente del Consiglio che ne sta combinando una al giorno, quando non ne combina due, e che ha bisogno di nascondere questa realtà agghiacciante che sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vede – anche perché molti giornalisti e molti commentatori fanno finta di non vederla. Esattamente come molti intellettuali facevano finta di non vedere il fascismo alle sue origini. E sono stati ricordati nei libri di storia perché era quelli che parlavano d’altro, erano quelli che dicevano di non esagerare. Quelli che dicevano che bisognava dialogare con Mussolini. Erano quelli che dicevano: “ma insomma, anche lui farà delle cose buone. Ma insomma, certo è un po’ rude, però ha anche il suo consenso. Ha preso i voti.” Ecco, sono questi che verranno ricordati nei libri di storia per non aver fatto nulla e per non aver fatto nulla in una fase come questa. Sono loro i principali alleati del regime.

    Sono anche alcuni sedicenti oppositori, quelli che ElleKappa chiama “diversamente concordi”, che non dicono mai una parola definitiva. Che non riescono a dire “no!”, ma: “trattiamo, mettiamoci d’accordo, dialoghiamo. Togliete la legge blocca processi e noi ve ne facciamo una che blocca solo quel processo, in fondo a voi interessa solo quel processo, mica gli altri.” Non si rendono conto nemmeno del fatto che a settant’anni dalle leggi razziali, stanno passando delle leggi razziali. Nell’Italia del 2008 sono già passate un paio di leggi razziali e altre sono in preparazione. Sono quelle leggi che trattano in maniera diversa i cittadini o le persone umane, a seconda della loro provenienza, della loro razza, o del colore della loro pelle. Una l'ha approvata il Capo dello Stato senza colpo ferire, senza battere ciglio: si chiama "aggravante speciale per gli extracomunitari clandestini". Stabilisce questo: se io, italiano bianco di razza ariana, rapino un milione di euro una banca e do un ceffone a una guardia giurata becco, poniamo, dieci anni. Se lo stesso reato, la stessa rapina, per lo stesso importo di un milione di euro, dando lo stesso ceffone alla guardia giurata, lo commette un immigrato irregolare senza i documenti prende dieci anni più x. X è l'aggravante razziale. Abbiamo fatto lo stesso danno, commesso lo stesso reato ma alla stessa azione non segue la stessa reazione dello Stato, ne segue una diversa. Perchè? Perchè lui viene da fuori e io sono indigeno. Infatti vuoi mettere la soddisfazione? "A te chi ti ha rapinato?" "A me un italiano" "Ah che culo, invece a me un extracomunitario!" Come se il danno che può fare un extracomunitario compiendo la stessa azione fosse maggiore. Questa non è una legge per la sicurezza, è una legge razziale che non da ne più ne meno sicurezza rispetto a quella che avevamo prima perchè la sicurezza passa attraverso la certezza dei cittadini che chiunque abbia commesso un reato viene punito con una pena proporzionata. Non c'entra la qualità di chi ha commesso quel reato: tutti devono essere uguali di fronte alla legge. Questo stabilisce la nostra Costituzione e la Corte Costituzionale ha stabilito che questo diritto spetta anche ai cittadini che non sono ancora cittadini, e forse non lo saranno mai, ma li processiamo noi. Nei nostri tribunali tutti devono essere trattati nello stesso modo. L'articolo 3 della costituzione dice che nessuno può essere diverso da altri davanti alla legge per questioni di razza, religione, provenienza, status sociale, condizione sociale.

    Nessuno può essere diverso per la carica che occupa, per la religione che professa, per il colore della sua pelle. Nessuno può essere diverso per l'etnia da cui proviene. Bene, con un'ordinanza amministrativa di ordine pubblico, così è stata presentata, il ministro Maroni che peraltro è una persona di solito sensata, normale, moderata e con la quale si può parlare, ha fatto una cosa di cui forse nemmeno lui si rende conto perchè nessuno, intorno a lui, o quasi nessuno, gliene fa rendere conto. Io ho contato due o tre commenti negativi: Barbara Spinelli sulla Stampa di ieri, Furio Colombo sulla Stampa di ieri e molte associazioni di volontariato. Addirittura la Chiesa, addirittura Famiglia Cristiana. E' la norma che prevede la schedatura dei rom, compresi i bambini. Dopo le aggressioni ai rom nei campi, dopo i raid punitivi - le squadracce fasciste o di qualunque colore siano, contro i rom cioè contro un'etnia non contro una persona che ha fatto qualcosa e per la quale voglio reagire. Contro un'intera comunità, solo per la sua provenienza, etnia, religione, solo per il suo essere nomade io colpisco indiscriminatamente nel mucchio. I raid.

    Ma i raid li fanno i delinquenti, vengono puniti! Questo stesso modo di procedere l'ha fatto il governo, prima istituendo in alcune grandi città un commissario straordinario per i rom. Come se si dovesse fare un commissario straordinario per gli australiani, per quelli che vengono dalla Groenlandia, un commissariato straordinario per quelli che vengono dall'India. No: il commissario straordinario per i rom.

    Altra legge razziale. L'ultima legge razziale è quella che prende le impronte. Non a tutti: io non sono contrario a prenderle a tutti.

    Abbiamo un quadrettino sulla nostra carta d'identità che prevede il prelievo delle impronte per essere certi di associare a un'impronta, cioè un segno di riconoscimento chiaro, l'identità che uno dichiara nel suo documento. Può essere molto utile per combattere la criminalità di importazione che italiani e immigrati debbano dare allo Stato italiano la loro impronta per associarla a un nome.C’è il problema che molto spesso chi viene in Italia per delinquere fornisce false generalità e falsa nazionalità. Perché? Perché ogni volta che viene preso risulta sempre la prima volta, e beneficia della sospensione condizionale della pena. Non ha aggravanti, nel caso sia recidivo. Bene, si prendessero le impronte di tutti, dopodichè, “non mi vuoi dare la tua identità reale? Te la do io: ti chiami Pippo!”. Da quel momento Pippo ha quell’impronta e ogni volta che verrà fermato risulterà che è già stato fermato per i suoi precedenti e quindi verrà trattato anche lui come gli italiani che hanno dei precedenti. Con le loro aggravanti e, a un certo punto, senza la sospensione condizionale della pena. Questo è un modo corretto, in uno Stato serio, di comportarsi nei confronti di chi non può permettersi di calpestare il territorio di un Paese, senza un nome e senza una identità. Questo è un modo per dargliela. Naturalmente se si investono molti soldi , non se si tagliano i fondi. Se si investono molti soldi nella sicurezza per creare una grande banca dati delle impronte, come quella dell’FBI, affinché chiunque, italiano o straniero, viene sorpreso, si verifica che stia dando le generalità giusto o che non stia usando un documento falso, o che non stia dando un nome falso. Per investire alla fine si riesce a ottenere il risultato che l’impronta appoggiata sul monitor del computer portatile del poliziotto aiuta a risalire immediatamente all’identità e agli eventuali precedenti. Si fa per tutti. Non si fa per i rom e basta. Se si fa per i rom e basta non è una misura di sicurezza, ma una misura razzista. Il fatto che non si riesca più a distinguere le due cose e che non si capisca che la nostra sicurezza non migliorerà di un millimetro, non migliorerà di nulla nel caso in cui abbiamo prelevato le impronte di tanti bambini rom facendogli anche dichiarare la loro etnia e la loro religione – perché questo sta avvenendo in alcune città italiane – questo è molto grave, anche perché noi siamo un Paese che settant’anni fa ha fatto le Leggi Razziali. E le Leggi Razziali erano una importazione dalla Germania di un razzismo di Stato che ha provocato lo sterminio di due comunità: la comunità ebraica e la comunità rom. Diversi per etnia erano, per i nazisti e per i loro servi italiani, i rom e gli ebrei. Schedare i rom, oltre a essere un vergogna, è anche un bruttissimo ricordo per quello che è accaduto settant’anni fa e al quale nessuno, nemmeno i fascisti risciacquati a Fiuggi e ridipinti da Fini, dovrebbe mai ritornare.
    Ecco, questo è quello per cui si deve manifestare domani. Una serie di provvedimenti spot, alcuni razzisti, altri che devastano la legge, altri che devastano la Costituzione, tutti a danno dei cittadini, tutti a danno dell’immagine dell’Italia. Tutti a danno della nostra dignità, tutti a danno della nostra Costituzione, che vengono presi in sequenza: una legge incostituzionale al giorno perché così il Capo dello Stato non potrà mica bocciarle tutte. Qualcuna, in nome del dialogo, ce la dovrà pur concedere. È contro questo che bisogna manifestare. È a favore dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, è a favore della verità e del dire la verità ai cittadini. È a favore della sicurezza vera, e non quella finta fatta con provvedimenti molto gravi, e allo stesso tempo dall’efficacia assolutamente nulla.

    Se poi proprio si vuole cominciare da uno piccolo per prendergli le impronte, cominciamo a prenderle al Presidente del Consiglio e a tutti coloro che gli stanno attorno e che stanno lavorando contro la nostra sicurezza.

    Ci vediamo domani. Passate parola.”
     
    .
  15. AdamClayton
     
    .

    User deleted


    “Caro Silvio, tuo Giorgio”
    Signornò da l'Espresso in edicola


    Ecco la lettera che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha inviato al premier, Silvio Berlusconi.

    “Caro Silvio, scusa se ti distolgo dai provini di Raifiction, ma come capo dello Stato, presidente del Csm e garante supremo della Costituzione, alcuni dubbi mi assalgono. La lettera al presidente del Senato in cui ti assolvi da solo mi aveva quasi convinto della tua innocenza. Poi ho letto la lettera dell’avvocato Mills al suo commercialista a proposito di quei 600 mila dollari come ”regalo” per le sue false testimonianze in tuo favore, e le tue telefonate con Agostino Saccà. E son tornato al punto di partenza. Meglio lasciarlo stabilire dai giudici, se sei colpevole o innocente: li paghiamo per questo. Tu dici che sono prevenuti: lo penso anch’io, infatti finora han sempre trovato il modo di salvarti, fra prescrizioni, attenuanti generiche e insufficienze di prove. Tu dici che non hai tempo per governare e preparare le udienze, ma ti sottovaluti: alla peggio, puoi sempre rubare un po’ di tempo ad Apicella e alle “fanciulle” di Raifiction. Vedrai che ce la fai. E poi dovevi pensarci prima: quando un imputato si candida a premier, il rischio di essere condannato una volta eletto lo mette in conto. Tu dici che gli italiani ti hanno votato: appunto, pensavano che il processo andasse avanti. Anche perché ti eri dimenticato di avvertirli che avresti usato i loro voti come un giudizio di Dio sostitutivo a quello dei giudici, per giunta con un Lodo Barabba imposto da te medesimo. Tu dici che l’immagine dell’Italia all’estero verrebbe guastata da una tua condanna per corruzione. Ma se la dai per scontata, qualcuno penserà che sei colpevole. E poi mettiti nei miei panni: sarebbe molto peggio, per l’Italia che io rappresento, tenersi per 5 anni un premier che non si sa se sia un perseguitato o un corruttore. Tu ricordi che fino al ‘93 c’era l’immunità parlamentare, ma ricordi male: la Costituzione consentiva alle Camere di negare l’autorizzazione a procedere in caso di “fumus persecutionis”, cioè di qualche parlamentare perseguitato da toghe politicizzate senza uno straccio di prova. Ma qui le prove non vengono da toghe più o meno politicizzate, bensì dal tuo consulente Mills e dalla tua voce registrata al telefono con l’amico Saccà. E poi l’immunità era stata pensata dai padri costituenti per difendere le opposizioni da eventuali agguati di giudici legati al governo con accuse per reati politici, non per proteggere il capo del governo da accuse per reati comuni. Tu dici che “nelle altre democrazie” il Lodo Schifani-Alfano esiste già. Ho chiesto in giro e - a parte che nessuno conosce Schifani né Alfano - mi han detto che i premier non hanno immunità in nessuna democrazia del mondo. Sono immuni solo i re e il presidente della Repubblica francese. Quindi non firmo. Se ne riparla se e quando prenderai il mio posto. O quando ti sarai incoronato Re d’Italia. Tuo Giorgio.
     
    .
214 replies since 2/6/2008, 21:42   2138 views
  Share  
.