In un documentario i «brogli» del Polo alle ultime elezioni

Deaglio e Cremagnani: anomalie sulle schede bianche

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    Il miglior supergossard degli ultimi 150 anni

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    CITAZIONE (hail, hail @ 24/11/2006, 17:14)
    il film è stato bloccato

    ma come bloccato
    dice che va a ruba
     
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  2. hail, hail
     
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    CITAZIONE (supergossard @ 24/11/2006, 17:17)
    CITAZIONE (hail, hail @ 24/11/2006, 17:14)
    il film è stato bloccato

    ma come bloccato
    dice che va a ruba

    cazzo ne so. l'ha detto totigno
     
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    Il miglior supergossard degli ultimi 150 anni

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    Roma, 24 novembre 2006 - Cresce la polemica sui presunti brogli alle elezioni politiche della scorsa primavera denunciati dal film di Enrico Deaglio, 'Uccidete la democrazià. E mentre la procura di Roma apre un'inchiesta per acquisire i verbali dei seggi per contare le schede bianche e confrontare i dati con quelli arrivati al Viminale, il mondo politico si schiera.

    I controlli da parte degli organismi parlamentari competenti sono rigorosi, la «legittimità» delle elezioni «è garantita», dice il presidente della Camera, Fausto Bertinotti.«I risultati sono acquisiti - sottolinea Bertinotti da Firenze - la legittimità è pienamente garantita. Il lavoro fatto dagli uffici è di estrema garanzia, un lavoro meticolosissimo, serissimo e anche le cose che vengono sollevate escludo possano avere una qualche influenza sul risultato elettorale».

    «Certo è che deve essere fugato ogni dubbio per la serenità della vita democratica del Paese, che non ha bisogno di essere insidiata dal dubbio che qualcuno abbia potuto manomettere la volontà elettorale dei cittadini», aggiunge il segretario dei Ds, Piero Fassino.
    «Certamente è una denuncia su cui bisogna interrogarsi e alla quale è necessario dare risposte - sottolinea il segretario della Quercia - credo che ci siano sedi politiche e istituzionali che lo possano fare, a partire dagli organi parlamentari deputati a certificare la regolarità degli eletti».

    «Qualche interrogativo me lo sono posto anche io - Silvio Sircana, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce del premier, Romano Prodi - il crollo delle schede bianche è sorprendente. Quando però si passa dagli interrogativi alle risposte - aggiunge Sircana intervistato da un quotidiano - sono molto cauto».
    Per Massimo Donadi, capogruppo di Idv alla Camera, è giusto che «l'ultima parola spetti alla magistratura», solo dopo «la politica potrà fare la sua parte, avviando anche una commissione di inchiesta parlamentare».Il centrodestra però non ci sta e parla di «illazioni strumentali».

    «È grave che il Presidente della Camera si presti a questo ribaltamento della realtà», afferma il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi. «Quelle fornite da Deaglio - aggiunge Bondi - non sono prove di alcunchè, ma mistificazioni e falsificazioni chiaramente destituite di ogni fondamento, giacchè gli unici dati che fanno testo nei processi elettorali sono quelli forniti dalla Cassazione e non quelli del Viminale.

    Per Donato Bruno, presidente della Giunta per le elezioni, »è una bufala. I dati del ministero dell'Interno non servono a nulla - sostiene l'esponente di FI - Hanno solo un effetto informativo per la collettività. I dati ufficiali sono presso la Corte d'Appello e la Cassazione, che procede alla proclamazione dei deputati«.

    Gregorio Fontana, capogruppo di Forza Italia nella Giunta delle Elezioni della Camera polemizza con Bertinotti e ricorda che »da sette mesi la maggioranza sta facendo ostruzionismo per rallentare ed impedire alla Giunta di verificare«

    Lorenzo Cesa, segretario nazionale dell'Udc, giudica »folle parlare di un politico che organizza brogli e poi perde le elezioni. Ora - dice - vengano riaperte tutte le schede, dalla prima all'ultima, e si faccia chiarezza«.


    ---

    difficile ammetterlo, ma sono d'accordo con Bondi...
    non c'è alcuna prova nel dvd... solo illazioni in base a forse qualche testimonianza...
    e Bertinotti e Fassino che gli danno corda, ben sapendo che il governo verrà sciolto qualora fosse tutto vero...
     
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  5. AdamClayton
     
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    Deaglio, i sospetti

    Vari lettori mi chiedono di prendere posizione sul colossale presunto broglio elettorale denunciato da Enrico Deaglio, con la sua rivista «Diario», più precisamente con un video promozionale allegato alla rivista in cui è contenuta la rivelazione.
    Berlusconi e Pisanu, grazie ad un software, avrebbero trasformato le schede bianche in valide.
    Sono soprattutto lettori berlusconiani, addolorati, a chiedermi: cosa ne pensa?
    Impossibile pensarne qualcosa.
    Più che risposte, ho delle domande.
    Anzitutto questa.
    Nella settimana in cui Enrico Deaglio annuncia il suo scoop allegato alla sua rivista, Mario Deaglio - suo fratello, già direttore di 24 Ore ed ora editorialiste economico per La Stampa - tiene la seguitissima rubrica mattutina della rassegna-stampa su RAI3.
    E’ una coincidenza?
    O - visto che il Deaglio (Enrico) ha cominciato per primo a legittimare ogni sospetto, è lecito sospettare una copertura strategica, e familiare, del suo scoop?
    Venerdì mattina, nella rubrica di RAI3, Mario Deaglio rende conto diffusamente dello «scoop» del fratello, e poi dice: «Per comprensibili motivi, non intendo rispondere a domande degli ascoltatori sulla questione».
    Così, su RAI3 si sente solo una campana.
    E’ un caso?
    La gestione delle «firme» chiamate a tenere la rassegna stampa su RAI3 è casuale?
    I giornalisti vengono tirati a sorte?
    A me sembrano scelti con criteri assai sagaci.
    Per un giornalista che ha, diciamo, come referente il Polo, ne invitano nove che hanno come referenti l’Ulivo.
    Se invitano qualcuno «di destra», è in genere Massimo Teodori.

    Il video, leggo da un sito anti-berlusconiano, «è un docu-thriller girato in Italia e negli USA, con ricostruzioni, interviste e notizie mai sentite prima».
    «Docu-thriller», appunto.
    Le interviste ad «esperti americani di software» e brogli non sono tutte vere e dirette.
    In qualche caso c’è un attore italiano che impersona l’esperto americano.
    Perché?
    Che bisogno c’era, avendo a disposizione video-interviste con americani, di fare questo trucco?
    Non bastava riprendere l’intervista originale, con sottotitoli?
    Quanto di ciò che ha detto l’esperto americano è rimasto nella versione recitata della sua intervista? E cosa è stato tagliato?
    Inoltre: perché Deaglio ha voluto dare alla sua denuncia la forma di una «docu-fiction» anziché di autentica, reale inchiesta giornalistica?
    Per lasciarsi una via d’uscita in caso di indagine e querele?
    Quanto c’è di «documentato» e quanto di «fiction»?
    A tal proposito, leggo che nel video «L’americano Curtis sostiene che quel genere di broglio è come il delitto perfetto. Si sa molto bene che è pressoché impossibile ricontare tutte le schede, anche se si volesse».
    In chiaro: non si riuscirà mai a provare se c’è stato il broglio, o se è tutta una panzana.
    Domanda: è un mettere le mani avanti?
    Finirà tutto in una bolla di sapone?
    E invece no: come cittadini, a questo punto vogliamo che la cosa si chiarisca.
    E che finisca come deve finire, ossia: o vanno in galera Berlusconi e Pisanu, o va in galera Enrico Deaglio.
    Tertium non datur.
    L’inchiesta intrapresa dalla magistratura non può concludersi con remissioni di querele e patteggiamenti.
    Perché se i colpevoli sono Berlusconi e Pisanu, hanno commesso qualcosa di più di un broglio, qualcosa al limite, o forse oltre il limite, dell’altro tradimento.
    Ma se è Deaglio ad essersi inventato la «docu-fiction», allora ha compiuto un gravissimo falso calunnioso, a scopo eversivo.

    Si legge che l’ispiratore del video-denuncia sarebbe Marco Minniti, pezzo grosso dei DS, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio.
    Altri dicono che la «gola profonda» di Deaglio sarebbe tale Roberta Lisi, responsabile di struttura dell’ufficio elettorale… dei DS.
    Possono chiarire costoro?
    Saranno chiamati a testimoniare, questi personaggi così palesemente super partes?
    Non dimentichiamo la domanda più ovvia: se Berlusconi ha attuato un simile complesso e brillante delitto perfetto, perché poi ha perso le elezioni per meno di 23 mila voti?
    Aveva fatto trenta, perché non ha fatto 31?
    Il che porta a considerare una terza ipotesi, che illustro semplicemente come ipotesi.
    Forse il risultato voluto era proprio quello di un pareggio, che avrebbe reso necessaria una «grande coalizione»?
    Un’Italia «spaccata in due» (come dice Vespa), «ingovernabile», richiede appunto che le ali cosiddette «moderate» della sedicente «destra» e della cosiddetta «sinistra» si uniscano per governare.
    Perché?
    Per condividere la responsabilità e l’impopolarità delle «necessarie ma dolorose riforme» che dovranno renderci, noi italiani privati, più competitivi nel mondo globalizzato.
    Ossia tagli decisivi ai «costi previdenziali», allungamento dell’età pensionabile a 67 anni, flessibilità del lavoro, e così via.
    Provate a chiedervi chi esige queste «riforme»: Confindustria, Il Corriere, i cosiddetti poteri forti internazionali e liberalizzatori, europei ed anglo-americani.
    Domanda: non sono proprio questi poteri quelli che hanno fatto fare carriera ai fratelli Deaglio?

    Come sapranno i lettori di Effedieffe, Enrico Deaglio ha cercato di sbugiardare la teoria del complotto dell’11 settembre pubblicando, con un anno di ritardo, una indagine-smentita di Popular Mechanics.
    Autore della smentita un giovanotto di nome Ben Chertoff.
    Che è il nipote del ministro americo-israeliano Michael Chertoff, messo da Bush a capo
    del nuovissimo Dipartimento Homeland Security, ossia al ministero di Sicurezza Interna, la Gestapo del Reich neocon. (1)
    Un altro testimone super partes, non c’è che dire.
    Per i particolari, rimandiamo al nostro articolo.
    Ma invece, riprendiamo estesamente l’articolo di Domenico Savino su Deaglio e sulla sua strepitosa carriera, tanto sostenuta ed aiutata dai poteri forti torinesi. (2)

    -------------------------------------------
    Prima di diventare direttore di «Diario della settimana», direttore del quotidiano «Reporter» collaboratore per La Stampa, Il Manifesto, Epoca, Panorama, giornalista televisivo per Mixer, conduttore della terza e ultima edizione di «Milano, Italia» per RAI3, conduttore, sempre per RAI3, di «Ragazzi del ‘99» e negli anni successivi di «Così va il mondo», «Vento del Nord», «L’Elmo di Scipio», tutti programmi di inchiesta giornalistica di attualità, Enrico Deaglio, nato a Torino l’11 aprile 1947, ha lavorato come medico presso l’ospedale Mauriziano Umberto I.
    Fu solo alla metà degli anni ‘70, che egli cominciò a fare il giornalista a Roma, presso il quotidiano Lotta Continua, di cui è stato direttore dal 1977 al 1982.
    Lotta Continua: un quotidiano sicuramente di sinistra, direte voi.
    Ma no, ma no.
    Quell’avventura fu il centro d’addestramento di una serie di giornalisti oggi dominanti e in carriera; carriere anch’esse molto promosse e aiutate.
    Come scrive Savino: «La ‘covata di Lotta Continua’ annovera oggi alcuni tra i giornalisti e politici più noti del panorama nostrano: oltre a Deaglio, Adriano Sofri, Marco Boato, Toni Capuozzo, Paolo Cento, Erri De Luca [che scrive su Manifesto e su Avvenire contemporaneamente], Fulvio Grimaldi, Paolo Hutter, Gad Lerner, Paolo Liguori, Luigi Manconi, Andrea Marcenaro, Giampiero Mughini, Carlo Panella, Carlo Rossella (per citarne alcuni) sono tutti equamente distribuiti tra destra e sinistra, tutti disposti a litigare su Berlusconi o su Prodi, ma tutti inequivocabilmente concordi nel lodare gli immortali principi dell’ottantanove, la democrazia americana, i valori liberal, l’Occidente.
    E non sembra affatto un caso».



    «La storia di Lotta Continua è contaminata dall’inizio.
    Il settimanale Il Borghese del 1-10-97, a pagina 32, ha scritto chiaro e tondo che tale giornale veniva ‘(...) stampato da un rappresentante della CIA a Roma’.
    Nessuno smentì e non si ebbero notizie di querele.
    La notizia in realtà era stata ben documentata.
    Su Il Giorno del 31 luglio 1988, il giornalista Marco Nozza pubblicava un articolo denso di particolari in cui si racconta che la tipografia che stampava Lotta Continua, la
    ‘Tipografia Art-Press’, si trovava nei locali della stessa redazione in via Dandolo al numero 10. ‘La storia - scriveva Il Giorno - nasconde aspetti davvero molto strani […] perché, al medesimo indirizzo, esisteva la Dapco. E la Dapco era l’editrice del Daily American, il giornale degli americani di Roma’.
    Il Daily risultava di proprietà di una società il cui amministratore unico era un cittadino degli Stati Uniti, tale Robert Hugh Cunningham, un collaboratore eminente di Richard Helm, quando Richard Helm era capo della CIA.
    Questo signor Cunningham aveva come socio un vecchio americano ultrasettuagenario, tale Samuel Meek, che aveva amministrato il Daily American dal 1964 e agiva, anche lui, per la CIA.
    Certo un conto è la Dapco e un conto è la Art-Press, la tipografia che stampava Lotta Continua.
    Giuridicamente in effetti è così: la società Dapco, i cui soci erano dunque Robert Hugh Cunningham e Samuel Meek, si costituì a Roma, il giorno 1 dicembre 1971, con atto a rogito presso il notaio Domenico Zecca.
    I soci della Art-Press risultano invece tre: Cunningham padre, madre e figlio.
    Amministratore della Dapco era Cunningham senior, amministratore della Art-Press era il figlio Robert Hugh Cunningham. Junior.
    Intanto nel ‘71, stesso anno di fondazione della Dapco, presso la Cancelleria delle società commerciali, esistente nel Tribunale civile e penale di Roma, due signori presentano un documento dal quale risulta che accettano di diventare ‘amministratori della Spa Rome Daily American con deliberazione dell’assemblea ordinaria del 27 settembre 1971’.
    Sono Matteo Macciocco, nato a Olbia (Sassari) il 1 aprile 1929, domiciliato a Milano in via Turati 29 e Michele Sindona, avvocato, nato a Patti (Messina) l’8 maggio 1920, domiciliato a Milano in via Visconti di Modrone 30.
    Sì, Michele Sindona, proprio lui!

    ‘Nel ‘71, dunque, Sindona - scrive Il Giorno - succede a Cunningham senior, nella gestione del Daily American’.
    Ma con il fallimento di Sindona, fallisce anche il Daily American, subito sostituito dal Daily News.
    I suoi proprietari sono Robert Hugh Cunningham senior e Robert Hugh Cunningham junior.
    Mentre fallisce il Daily American, anche Lotta Continua cambia tipografia.
    Insomma sia la Dapco che stampava il giornale americano, sia la ‘Tipografia Art-Press’ che stampava Lotta Continua, perdono i loro clienti e la sede di in via Dandolo 10 resta vuota: ‘è nata infatti una nuova società, che si è fissata la durata fino al 31 dicembre 2010’.
    Nome: ‘Tipografia 15 giugno’; soci: Angelo Brambilla Pisoni, Pio Baldelli, Marco Boato, Lionello Massobrio…
    Tutti quelli che si presentano davanti al notaio di Roma, che stavolta è Franco Galiani, si dichiarano cittadini italiani.
    L’ultimo della fila, no; questo è un cittadino statunitense.
    Come si chiama? Robert Hugh Cunningham junior, sempre lui.
    Il figlio, ormai ha preso il posto del padre.
    E si muove meglio del padre, perché non soltanto si dà da fare (molto bene) con quelli di Lotta Continua, ma tiene sotto controllo (sotto controllo?) anche le frange accalorate di Autonomia, di cui divulga (su giornali e riviste) le idee più eversive, più deleterie.
    Verso gli anni Ottanta, prende a languire lo slancio di Lotta Continua e il giornale si spegne proprio mentre, negli Stati Uniti, appare la stella nuova, quella di Reagan.
    A questo punto, da parte di Cunningham junior non c’è nemmeno più la preoccupazione di nascondere quello che, effettivamente, rappresenta.
    E Reagan, appena eletto presidente degli Stati Uniti, lo nomina responsabile del partito repubblicano in Europa. Per che cosa? Per l’informazione; Robert Hugh Cunningham diventa l’uomo più reazionario dell’équipe di Washington.

    Robert Hugh Cunningham junior nel giugno del 1988 - è scritto in un altro articolo di Marco Nozza - mentre ha un ufficio a Washington ed uno a Roma in via Barberini dove pubblica il Daily News, rilascia all’Espresso un’intervista in cui precisa la nuova dottrina Reagan: ‘Con Carter forse potevamo anche pensare che convenisse non avere molto a che fare con gli Stati Uniti; ora basta! L’amministrazione Reagan avrà un atteggiamento duro con gli avversari e pienamente disponibile con gli amici’. Un altro episodio è significativo: dopo il fallimento del Daily News, Robert Hugh Cunningham Junior tornò in possesso del Daily American: qui entrò in rotta di collisione con la redazione, arrivando a sospendere gli stipendi e a chiudere fisicamente a chiave l’ufficio della redazione. Spiegava Christofer Winner, il caporedattore: ‘La verità è che noi siamo sempre stati equidistanti. Cunningham ci vorrebbe più reaganiani’.
    Niente male per un ex-militante di Lotta Continua!



    Che c’entra tutto questo con Deaglio?
    Questo decidetelo voi: io mi limito a ricordare che - secondo la biografia che compare sul sito della RAI - Deaglio è stato proprio in quegli anni (per ben 5 anni dal 1977 al 1982!) il direttore di Lotta Continua.
    Oggi Deaglio è il direttore di ‘Diario della settimana’: giornale di sinistra, secondo quanto ne dice Monica Ricci Segantini su Il Corriere della Sera.
    Ma di chi è la proprietà di ‘Diario della settimana’?
    Della Editoriale Diario SPA di Milano, che è posseduta da Persia SRL con un capitale di € 1.999.999 e da Gulli Marco per € 1.
    E di chi è la proprietà di Persia SRL?
    In quote eguali di € 516.456 cadauna di Mondadori Formenton Cristina, Formenton Luca e Formenton Macula Mattia.
    Chi sono questi signori?

    Citiamo, per stare sul sicuro, dal sito di Magistratura Democratica: ‘Il 21 dicembre 1988 Cristina Formenton Mondadori (figlia di Arnoldo Mondadori e vedova di Mario Formenton) e i suoi figli Luca, Pietro, Silvia e Mattia, si impegnano a vendere alla CIR di Carlo De Benedetti, entro il 30 gennaio 1991, 13.700.000 azioni dell’Amef (finanziaria della Mondadori) contro 6.350.000 azioni ordinarie Mondatori. Poco dopo, però, i Formenton si alleano con Berlusconi e lo mettono a presiedere la casa editrice. I Formenton a questo punto non vogliono dar corso all’accordo del 1988, sicché tre arbitri (Pietro Rescigno, Natalino Irti e Carlo Maria Pratis, rispettivamente designati da CIR, dai Formenton Mondadori e dal primo presidente della Suprema Corte di Cassazione) vengono incaricati di dirimere la controversia. Si giunge così al lodo arbitrale che dà ragione alla CIR. De Benedetti ottiene il controllo della maggioranza assoluta (50,3 % del capitale ordinario) di Mondadori. I Formenton, però, non si arrendono e decidono di impugnare il lodo davanti alla Corte d’Appello di Roma, facendosi assistere da tre insigni avvocati: Agostino Gambino, Romano Vaccarella e Carlo Mezzanotte (per inciso: Gambino sarà designato quale saggio per il blind trust nel primo governo Berlusconi e poi diverrà ministro delle Telecomunicazioni nel governo Dini; Vaccarella e Mezzanotte sono ora giudici costituzionali).
    La Corte d’Appello decide con un collegio formato dal presidente Valente, dal relatore Vittorio Metta e dal terzo giudice, Giovanni Paolini.
    Se la sentenza non arrivasse entro il 30 gennaio 1991, il patto di vendita delle azioni dai Formenton a De Benedetti dovrebbe essere eseguito. I giudici tuttavia sono assai tempestivi: la camera di consiglio si conclude il 14 gennaio 1991 e Vittorio Metta già il giorno seguente, il 15, sottopone al presidente la sentenza di centosessantotto pagine, che il 24 gennaio 1991 viene infine pubblicata. La Corte d’Appello, con essa, dichiara che parte degli accordi tra CIR e i Formenton è in contrasto con la disciplina delle società per azioni. Il lodo arbitrale viene pertanto annullato e la Mondadori torna sotto il controllo di Berlusconi’.

    Ecco qui i volti che si celano dietro la ‘sinistra’ barba di Enrico Deaglio, dietro la copertina semipatinata di ‘Diario della settimana’…
    Eccoli qua i campioni dell’editoria alternativa, quelli che promettono di vendere a De Benedetti e poi vendono a Berlusconi, gli esponenti brillanti del bel mondo dell’editoria, quelli che ci regalano le verità ‘vere’ sull’11 settembre, quelli che bollano come boiate pazzesche le teorie complottiste […]
    Eccola qui la borghesia progressista, la sinistra al caviale che normalizzerà gli antagonisti anti-americani tra le spire delle proprie pagine di Diario, quando tornerà l’America buona, oppiacea e progressista che tanto piace in quegli ambienti».
    --------------------------------



    Eh sì, ha ragione Savino.
    Ci sono «teorie del complotto» non ammesse da lorsignori, che vanno screditate, e Deaglio le scredita.
    E ci sono teorie del complotto che quei signori approvano, e allora Deaglio diventa il più ferreo dei complottisti, e le diffonde, le promuove, le confeziona in video e in «docu-fiction».
    Ultima domanda: chi paga?

    Maurizio Blondet




    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1) «Deaglio sbugiardato senza saperlo», Effedieffe, 30 settembre 2006.
    2) Domenico Savino, «Strano Diario…», Effedieffe, 24 ottobre 2006.
     
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  6. AdamClayton
     
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    Ci sono brogli e "brogli"?

    Sta succedendo qualcosa di molto particolare in seguito all'uscita del filmato di Enrico Deaglio sui presunti brogli elettorali: per la prima volta nella storia del nostro paese una denuncia giornalistica si trasforma automaticamente in una procedura d'ufficio avviata direttamente dalle competenti autorità statali.

    Fino a ieri, a quel che sembra di ricordare, per far partire un'indagine di qualunque tipo era necessario seguire un preciso e completo iter burocratico di natura strettamente legale, che doveva adeguarsi di volta in volta al tipo di indagine che si chiedeva di mettere in moto. Ora invece basta che un giornale "qualunque" produca un documentario "qualunque" - non si vuole sminuire nessuno, sia chiaro, ma in linea di principio Deaglio vale Caio che vale Tizio che vale Sempronio - e senza nessun bisogno di un riscontro, né di indagini preliminari, parte d'ufficio addirittura il riconteggio delle schede votate?

    Quale oscura potenza permette di far aprire il 48 ore un'indagine che nessun singolo cittadino in un miliardo di generazioni potrebbe mai sognarsi di fare aprire da solo, nemmeno di fronte al più eclatante caso di frode elettorale?

    Perché mai le nostre autorità dovrebbero improvvisamente preoccuparsi di una denuncia che esiste soltanto su un supporto mediatico chiamato "documentario", che con le procedure legali non ha mai avuto nulla a che fare?

    Quando Bellocchio fece il suo film sui manicomi, qualcuno si sentì forse in dovere di indagare sullo stato del nostri ospedali psichiatrici? Quando Elio Petri fece "Indagine su un cittadino di sopra di ogni sospetto", qualcuno aprì forse un'indagine per verificare se davvero certi personaggi ai vertici del potere potessero permettersi piccoli lussi che al normale cittadino non sono concessi? Quando Francesco Rosi fece "Il caso Mattei", qualcuno si sentì forse in dovere di riaprire le indagini sulla "morte accidentale" dell'ex-direttore dell'ENI?

    Se è vero - e lo dice la nostra Costituzione - che in questo paese la libertà d'espressione è sacrosanta, tutti i deaglio di questo mondo dovrebbero essere teoricamente in grado di dire tutto quello che vogliono, lasciando poi a loro l'onere di sostanziare le proprie accuse, nel caso l'accusato se ne risentisse, e decidesse magari di denunciarli per diffamazione.

    Perché invece nessuno querela Diario, mentre si sentono tutti subito in dovere di correre a ricontare i voti?

    Se dovessimo per caso scoprire che le schede bianche sono state contate male, dovremo concludere che "se non ci fosse stato un diario qualunque" nessuno lo avrebbe mai saputo? E se invece dovesse risultare che sono state contate bene, come giustificare questa enorme spesa per qualche cosa che era già stato fatto regolarmente, solo perchè un documentario ha deciso di lanciare l'accusa?

    Vorrei essere chiaro: non mi interessa minimamente sapere se Deaglio abbia ragione o torto, non mi interessa minimamente sapere se le schede bianche siano state rubate oppure no, non mi interessa minimamente sapere se destra e sinistra abbiano fatto i pasticci fra di loro e per qualche strano motivo ora si sentano in bisogno di fare i conti.

    Quello che mi interessa sapere è come, quando e in base a quale principio lo Stato è in dovere di intervenire di fronte alla denuncia di un privato cittadino che venga lanciata non tramite regolari procedure legali, ma lungo i canali molto più imprecisati e soggettivi del mondo dell'informazione.

    Dove, in quale punto esattamente, e perchè l'editoria si sostituisce alla legge?

    Altrimenti dovranno anche spiegarci perchè di fronte alla denuncia di un Deaglio qualunque prendano così seriamente la cosa, mentre di fronte a denunce contenute in film come Loose Change, Inganno Globale, o Confronting the Evidence (tutti passati su TV nazionale), che postulano già nella loro premessa la connivenza delle stesse persone che sarebbero state coinvolte nel brogli elettorali in un broglio molto più ampio e criminale, di portata mondiale, si possa fare tranquillamente finta di nulla, come se questi altri "documentari" non esistessero affatto.

    Dobbiamo forse dedurre che lo Stato ha "diritto di accorgersi" di una accusa lanciata in forma non ortodossa soltanto se gli torna comodo in qualche modo risolverla al proprio interno, mentre può tranquillamente ignorare tutte quelle che lo riguardano nel suo insieme, in quanto tale?

    Massimo Mazzucco
     
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  7. AdamClayton
     
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    FELICITA': A CIASCUNO IL SUO RISULTATO ELETTORALE!
    “Quale errore disvia i nostri occhi e i nostri orecchi? Finché non abbia fatto luce su questa sicura incertezza, voglio prestarmi all'illusione che mi si offre”.
    William Shakespeare – La commedia degli errori


    Che tristezza – ad ogni appuntamento elettorale – osservare gli sconfitti! Facce truci o di circostanza: “Salvare il salvabile!” sembra l’imperativo, cosicché il gran mestiere dei politici (soprattutto i nostrani) è quello d’azzeccare qualche garbuglio nelle vagonate di numeri che i TG sciorinano per riuscire a dimostrare che in fondo non si è proprio perso…che si tratta di un “aggiustamento”, di una “riconversione” di voti…insomma…gli altri non possono proprio cantare vittoria.

    L’altra parte, invece, gongola e distribuisce battute al vetriolo: più che di democrazia, verrebbe quasi la voglia di mandarli tutti allo stadio con i loro striscioni a rilanciarsi i coretti di sfottò l’un l’altro. Non è quello che fanno usualmente dal Vespone o da Hulk-Ferrara?

    La storia delle elezioni italiane non si discosta molto dall’andazzo generale dello Stivale: né commedia e né tragedia, solo farsa.

    S’iniziò con il referendum monarchia/repubblica, sul quale nessuno – ancora oggi – può mettere la mano sul fuoco per il risultato: l’unico potentato internazionale che sostenne i Savoia fu la Corona Britannica, ma i grandi vittoriosi della guerra mondiale erano stati gli USA, che di re non volevano sentire parlare. Per i sovietici non faceva gran differenza: abbattere un re dispotico oppure un governo capitalista affamatore della classe operaia era la stessa cosa. Inutile stare qui a parlarne: nessuno saprà mai la verità, quella vera.

    Più interessante fu invece il risultato delle elezioni del 1948, vinte da De Gasperi contro il fronte unito delle sinistre: qui non è tanto in discussione il risultato, quanto una serie di “precauzioni” che la DC aveva preso in caso di sconfitta.

    L’ex presidente della Repubblica Cossiga ha tranquillamente affermato che trascorse la notte precedente alla proclamazione dei risultati insieme a molti “amici” nei pressi di una caserma dei Carabinieri – nella natia Sardegna – i quali custodivano un consistente arsenale da consegnare ai molti “amici” nel malaugurato caso le sinistre avessero vinto. Bel concetto di democrazia per una persona che è stata assisa per sette anni sul più alto scranno della Repubblica.

    Il “piatto forte” della democrazia italiana, però, è sempre stata la legge elettorale: veri capolavori di diritto costituzionale, alchimie raffinate scritte dalle migliori penne del diritto italiano. Se riflettiamo che l’ultima l’ha scritta Calderoli, riusciamo a comprendere quanto siamo caduti in basso.

    Per molti anni votammo con una legge scritta per il sistema proporzionale: cosa c’è di più democratico del sistema proporzionale? Tante teste, tanti voti, tanti rappresentanti.

    Sorvolando sulle varie “leggi truffa”, sui “premi di maggioranza” e sulle infinite compravendite di parlamentari che sono avvenute nei decenni – quando abitavo a Torino, Giuliano Ferrara era il segretario cittadino del PCI e Bondi il sindaco comunista di un paese della Garfagnana – sembra che tutti abbiano scordato il sistema delle “preferenze”, mediante le quali venivano eletti i nostri “dipendenti”, come li chiama Grillo. E non solo.

    Il sistema delle preferenze era così basato: ad un voto di lista potevano essere aggiunte quattro preferenze tratte dalla lista dei candidati. Cosa c’è di male? Nulla…aspettate. La preferenza poteva essere espressa sia scrivendo il cognome, sia il cognome e nome oppure il numero di lista: cosicché, “Giulio Andreotti” poteva essere indicato ,come “Andreotti”, “Andreotti Giulio”, oppure il numero 1 se quello era il suo posto nella lista.

    Potevano esserci così schede votate per la DC che riportavano – oltre alla croce sul simbolo – “Andreotti, Bibbini, Cacacci e Deretti”, oppure “Giulio Andreotti, Carlo Cacacci, Bruno Bibbini e Dario Deretti”. Ancora: Andreotti, 12, Cacacci, 23”, oppure “1, 12, Cacacci, Deretti”. Attenzione: il voto andava ai soliti quattro, ma poteva essere espresso in una miriade di combinazioni diverse.

    Questo – per decenni – fu il metodo per controllare i voti: come funzionava?

    Semplice: volevi una pensione d’invalidità? Eccola, ma alle prossime elezioni vogliamo trovare nell’urna una scheda votata “1, Bibbini, 14, Deretti”. E se non la troviamo? Eh, mio caro, sai che le visite fiscali delle commissioni mediche – talvolta – diventano minuziose…pignole…cavillose…

    Per decenni – indebitando lo Stato oltre ogni ragionevole limite (per questa ragione Francia e Germania hanno un rapporto deficit/PIL intorno al 60%, mentre l’Italia supera il 110%) – i voti furono assicurati da un minuzioso controllo del territorio, e lo Stato elargiva in cambio dei voti pensioni, prebende e posti nell’apparato.

    Mafia? Sì, forse, ma non era necessario giungere a tanto: il “proconsole” democristiano del Sannio – Remo Gaspari – fu “pizzicato” mentre eseguiva il solito tour pre-elettorale fra le poverissime popolazioni del luogo con l’elicottero dei Vigili del Fuoco. Fu “beccato” perché – dopo aver distribuito coscienziosamente posti da bidello e pensioni d’ivalidità, raccomandazioni per i concorsi e quant’altro in cambio dei soliti “pizzini” elettorali – s’era fatto condurre in elicottero alla partita di calcio. Che sfiga: “pizzicato” per il pallone.

    Si giunse così ai famosi 7,5 milioni di pensioni d’invalidità, che i democristiani dell’epoca – oggi – giustificano come una forma “primordiale” di stato sociale. Paolo Cirino Pomicino giunse ad affermare: “Qualcosa dovevamo pur dare loro, no?”. Peccato che nessuno riconosca mai cosa chiedevano in cambio.

    Cari italiani: tutte le elezioni che si sono svolte dal 1948 fino agli anni ’90 hanno seguito questo copione. Democrazia? Chi era costei?

    Quella pratica perversa fu alla base di profonde tensioni fra Nord e Sud, quando il Nord votava prevalentemente a sinistra ed il Sud era la solida ancora del potere democristiano ed anticomunista, ma non si preoccupavano troppo del problema: dividi et impera.

    L’aspetto curioso della vicenda è che tutti continuano a parlare di “democrazia”, mentre di democratico – per più di quarant’anni – l’Italia non ha avuto un bel cazzo di niente. E lo sanno tutti benissimo.
    Erano così sicuri del loro sistema che – quando qualche “smagliatura” s’evidenziava – cadevano come birilli: la giunta di sinistra che vinse le elezioni comunali a Torino nel 1976 (ricordi Ferrara?) trovò nella Mole Antonelliana un deposito di vini pregiati. Gli assessori democristiani dell’epoca la usavano come “cantinetta” personale.

    La giustificazione di tante malversazioni era sempre la stessa: proteggere l’Italia dall’Orso Sovietico, dai cosacchi che avrebbero abbeverato i loro cavalli nel Tevere. Non sia mai che la FIAT diventi la Fabbrica cooperativa Italiana Automobili Torino.

    Anche la cosiddetta “sinistra” conosceva il giochetto, ma non poteva farci nulla perché le risorse dello Stato le gestivano altri: ad ogni modo, cercò di copiare il modello nelle regioni che governava e – siccome hanno sempre avuto migliori amministratori – migliorarono ancora il modello democristiano.

    Prima delle elezioni del 1976, chiesero ad Enrico Berlinguer cosa sarebbe successo se il PCI avesse vinto le elezioni. Risposta: “L’Italia si schiererà con il Patto di Varsavia”. Poteva permettersi quella ed altre affermazioni, tanto sapeva benissimo che non sarebbe mai potuto avvenire.

    Giunsero infine gli anni ’90 ed il crollo dell’Orso Sovietico: adesso sì che possiamo permetterci una democrazia compiuta! Finora – ragazzi – abbiamo scherzato, ma da oggi in avanti…

    Con un travolgente referendum furono abolite le preferenze e si giunse al sistema bipolare: contenti? Siamo diventati anche noi come gli americani e gli inglesi.

    C’era da fidarsi di quella sinistra uscita dall’ultimo congresso del PCI alla “Bolognina”? Qualcuno sospettava che la sinistra “sdoganata” avrebbe comunque chiesto troppo. Indennità di disoccupazione? Veri assegni familiari? Ma dove credete di vivere: negli USA, in Francia od in Germania? Oh, ragazzi, siamo in Italia: siamo un paese povero, pieno di debiti, senza un sistema industriale solido…

    Il solito pianto antico. Il debito lo avevo fatto loro comprando i voti per decenni, mentre al sistema industriale pensavano personaggi come De Benedetti (informatica) e Gardini (chimica), che – difatti – ci hanno condotti all’anno zero sia per l’informatica e sia per la chimica. In cambio, hanno conservato ingenti patrimoni che oggi investono sui mercati orientali: oh, sono soldi miei, voi che cosa volete? Vorremmo sapere quanti di quei soldi “tuoi” sono stati creati dagli operai della Olivetti o da quelli della Montedison, compresi quelli che si sono beccati il cancro.

    Insomma, la “gioiosa macchina da guerra” messa insieme da un povero e maldestro Occhetto si trovò di fronte ad una spavalda, nuova formazione aziendal-televisiva che in poco tempo era stata creata da monsignor Berlusconi da Arcore, sconosciuto ai più, molto, ma molto conosciuto invece da quelli che contano.

    Giunsero al Cavaliere in quegli anni montagne di soldi – denari dei quali Berlusconi si è sempre rifiutato di parlare ai giudici – erano centinaia di miliardi che provenivano dal PSI? Dalla mafia? L’ex procuratore elvetico Carla del Ponte – stranamente assunta in cielo al Tribunale Penale Internazione dell’Aia – è ancora là che li cerca. Travaglio qualche idea ce l’ha, ma lo stanno facendo diventare un fenomeno da baraccone.

    Nel frattempo, quella sinistra massimalista e – diciamolo – troppo attenta alle istanze degli operai e troppo poco sensibile alla classe media, fu “sdoganata” da un Prode cavaliere bolognese e portata in Paradiso. Barche, stipendi da favola e mogli parlamentari comprese.

    Il resto è storia dei nostri giorni: date queste premesse, possiamo affermare che sia esistita e che esista una “democrazia” italiana?

    Se abbiamo votato inutilmente per decenni, se in seguito il consenso è stato ottenuto a suon di miliardi da una persona che controllava quasi l’intera editoria italiana, che senso hanno quei numeri?

    Forse per disperazione, ma dopo cinque anni di Finanziarie “creative” di Tremonti – che ci hanno condotto al disastro nel rapporto deficit/PIL – e di leggi pazzesche come la riforma della giustizia contro i giudici e quella della scuola contro gli insegnanti, gli italiani s’affidarono ancora una volta a Prodi. Il meno peggio.

    L’ultima trovata – sembra – sia stata quella di “rimodellare” i risultati elettorali, come Nanni Moretti lasciò capire nel film “Il portaborse”: «Ricordi quante notti abbiamo passato a ri-votare le schede bianche?» Fantasie? Fantapolitica? Perché, allora, nel terzo millennio si continua a votare con una matita? Forse perché si può cancellarla facilmente?

    La giustificazione ufficiale è puerile: poiché con altri tipi di penna l’inchiostro potrebbe trapassare il foglio e rendere visibile il voto.

    Oh: facciamo subito una colletta ed inviamo loro un mazzo di penne a biro cinesi da pochi euro, indelebili e che non “trapassano” nemmeno la carta velina. Compiamo questo sforzo economico per la nostra democrazia: se vogliamo bene al nostro paese non possiamo voltarci dall’altra parte.

    L’ultima frontiera è il voto elettronico: cosa c’è di più sicuro dell’elettronica e dei computer? Tutto, dal sigillo imperiale alla firma, è più sicuro di una qualsiasi comunicazione elettronica.

    Chi, di noi, darebbe peso ad una comunicazione via e-mail dove viene assunto, licenziato, promosso, condannato…

    Tutti sanno che ciò che un programmatore scrive può essere cambiato da un altro, al punto che Microsoft non è mai riuscita a proteggere il suo principale prodotto, il software.

    Nel caso delle elezioni italiane, un Ministro dell’Interno sparì dal Viminale la notte delle elezioni per due ore e si recò (pare) da Berlusconi, dov’era presente (pare) anche il Ministro per l’Innovazione Tecnologica Stanca (ex direttore di IBM Italia). Qui prodest?

    L’ultima baggianata che tentano di spacciarci è che non sia possibile intervenire sui flussi di dati in arrivo al Viminale: troppo poco tempo…è una cosa complicata…ci vorrebbero complicatissimi programmi… Noi, che siamo persone generose, vogliamo regalare agli italiani un piccolissimo programma mediante il quale potranno cambiare in un amen i risultati elettorali di una serie di comuni così, semplicemente con un clic, seduti comodamente in poltrona.

    Scaricatelo qui (42 K) http://www.freefilehosting.org/public/24029/elezioni.xls

    Quanto ci ho messo a farlo? Eh…è stato un lavoro gravoso…dunque: ho aperto la porta dello studio mentre suonavano le campane di mezzogiorno, poi…ah, già…quando mia moglie mi ha chiamato per dirmi che il pollo era in tavola era già finito.

    Per gli amanti degli arzigogoli informatici, ricordiamo che per chi aveva sott’occhio il flusso dei dati la cosa sarebbe stata ancora più facile: invece delle macro, potevano usare una semplice routine in linguaggio SQL, che sui database funziona velocemente e con precisione. Una bellezza.

    Divertitevi, e tanti auguri alla grande democrazia italiana!

    Carlo Bertani
    [email protected]
    www.carlobertani
     
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  8. AdamClayton
     
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    Broglio, col bene che ti voglio

    La notte delle elezioni ero a Telelombardia a commentare i dati che via via giungevano dal Viminale. Era in studio l’ex sondaggista di Berlusconi, Luigi Crespi, il quale confrontava i dati con i sondaggi e gli exit poll di tutti gli istituti di rilevamento italiani e stranieri, e rilevava che tutti avevano azzeccato al dettaglio i risultati di tutti i partiti, anche i più piccoli, tranne due: l’esito di FI (sottostimato dai sondaggisti) e la percentuale delle schede bianche (sovrastimato dai sondaggisti). E chiudeva con una sola parola: “Brogli”. Poi arrivò il ds Franco Grillini, che rivelò: “Il partito sta presidiando le prefetture, abbiamo l’impressione che stia accadendo qualcosa di grave”.

    Da allora decine di giornalisti raccontavano a mezza voce che quella notte Pisanu e Berlusconi avevano litigato furiosamente.
    Per sette mesi i giornali hanno atteso senza fiatare che il Viminale si degnasse di comunicare i dati delle schede bianche: un ritardo che nemmeno nelle isole Andamane. Per sette mesi stampa e tv hanno riferito, senza muovere un sopracciglio, le accuse di Berlusconi che dava per sicuri i “brogli della sinistra”. Per sette mesi i giornali - salvo rare eccezioni - hanno finto di non accorgersi dell’uscita di un libro, “Il broglio” di Agente Italiano, pieno di riferimenti precisi sui misteri del 9-10 aprile. Ora due giornalisti, Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani, hanno avuto il coraggio di fare quello che in Italia non fa quasi più nessuno: un’inchiesta giornalistica. Ci hanno messo la faccia e la firma. L’hanno intitolata “Uccidete la democrazia!”. Da ieri è in tutte le edicole, in dvd, con Diario.

    Finora, soltanto Lucia Annunziata ed Enrico Bertolino hanno avuto il coraggio di parlarne in tv. Comunque la si pensi, è doveroso vederla e discuterne, per evitare che anche quest’inchiesta, come tante nel recente passato, scivoli via come un’opinione più o meno fondata, dunque confutabile con altre opinioni in un bel dibattito catodico. Lo scriveva l’altroieri Michele Serra su Repubblica: ci vorrebbe un Garante dei Fatti, un’Authority dell’Oggettività per farla finita con l’opinionismo che sta uccidendo il giornalismo. Se Deaglio e Cremagnani fanno domande giuste, qualcuno dovrà fornire risposte giuste.

    Se Deaglio e Cremagnani diffamano o calunniano qualcuno, dovranno essere condannati per calunnia o diffamazione (“Se ha ragione Pisanu, mi porterà via la casa”, ha detto Deaglio). Ma se dicono cose vere, se quelle cose sono realmente accadute, in galera non ci dovranno finire loro. Ci dovrà finire chi quelle cose le ha fatte. E, finché non sapremo la verità, i giornali dovranno tener vivo l’argomento, pretendendo la verità. Che non è un diritto del centrosinistra (così poco interessato a sapere se è stato davvero scippato) e dei suoi elettori, ma di tutti i cittadini italiani, comunque abbiano votato.

    Il tema è un po’ più cruciale del velo islamico, del delitto di Cogne e della fiction di Lino Banfi. Perché, se le accuse sono vere, hanno un solo nome: colpo di Stato. Il giallo c’è tutto: le bianche (ma non le nulle) che crollano uniformemente in tutto il Paese alle politiche, per risalire prodigiosamente un mese dopo alle amministrative; il ministro dell’Interno che, anziché stare al Viminale, fa la spola con casa Berlusconi mentre il flusso dei dati s’interrompe per un lungo periodo; i sondaggi che azzeccano tutti i partiti tranne uno, il solito; l’improvviso giro di prefetti alla vigilia delle urne; il Viminale che tace per sette mesi proprio sulle schede bianche; la società informatica addetta allo scrutinio elettronico in quattro regioni, che ha come partner il figlio del ministro . E Bellachioma che, come la famosa gallina che canta per prima perché ha fatto l’uovo, tuona contro i brogli della sinistra ancor prima che le urne siano aperte, per poi proseguire dopo.

    Il dvd del Diario ha anche le sue debolezze. Per esempio, colloca i presunti brogli in sede di conteggio centrale, anziché (come faceva il libro di Agente Italiano) nei seggi, prima della compilazione dei verbali. Per esempio, trae la conclusione (non dimostrata) che tutti i misteri del 9-10 aprile si spiegano con un milione e mezzo di voti sottratti dalla destra alla sinistra, rischiando così di depotenziare i fatti provati: e cioè i buchi neri che finora il Viminale non ha spiegato. Si spera che, dopo il lungo sonno, i giornali terranno viva la faccenda finché tutti i dubbi non saranno cancellati.


    Per ora, grazie Enrico e grazie Beppe.


    Marco Travaglio

     
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    se volete vi passo il link
     
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  10. AdamClayton
     
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    Sto scaricando da emule, ma se hai il link, a me interessa.........
    Grazie.
     
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  11. Vitorbaia
     
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    l giornalista è finito nel mirino dei pm di Roma titolari dell'inchiesta
    Ha denunciato presunti brogli nel film-documentario "Uccidete La democrazia"
    Elezioni, Deaglio indagato
    per diffusione di notizie false
    Il direttore di Diario: "E' uno sbarramento al giornalismo d'inchiesta"
    Pisanu: ''Chi gli ha dato credito ora si vergogni''

    <B>Elezioni, Deaglio indagato
    per diffusione di notizie false</B>

    Enrico Deaglio
    ROMA - Enrico Deaglio è indagato dalla procura di Roma per diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico nell'ambito dell'inchiesta aperta sui presunti brogli elettorali denunciati nel film-documentario "Uccidete La democrazia". Lo ha annunciato lo stesso direttore di Diario. "Sono stato indagato - ha spiegato - sulla base del fatto che è impossibile manipolare elettronicamente i dati ufficiali". Insieme a lui, è finito sotto inchiesta l'altro autore, Beppe Cremagnani.

    L'iscrizione di Deaglio nel registro degli indagati della procura di Roma è stata disposta dai pubblici ministeri Salvatore Vitello e Francesca Aloi nel corso dell'interrogatorio del giornalista.

    Il codice. "Chiunque pubblica o diffonde notizie
    false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a 309 euro". E' quanto prevede l'articolo 656 del codice penale.

    L'accusa. I pm della procura di Roma che lo avevano convocato oggi pomeriggio per chiedergli spiegazioni circa il contenuto del 'docufilm', hanno deciso di incriminare il giornalista sostenendo che la proclamazione degli eletti è basata esclusivamente sui dati pervenuti alle Corti di Appello e alla Cassazione e non su quelli che finiscono nei computer del Viminale. "Ma il mio film non si occupava di questo - spiega Deaglio -, ma della 'notte dei misteri'".

    La trama. Il film realizzato da Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani, anche lui interrogato, sostiene questa tesi: durante la notte del 10 aprile scorso qualcuno avrebbe forzato il software del Viminale in modo da far calare, attribuendole alla Casa delle Libertà, le schede bianche. Dai primi accertamenti i pm romani hanno però ribattuto che quei dati hanno solo valore ''ufficioso''.

    Nessun sequestro. ''Non pensavo che mi avrebbero accusato, mi sembra un'ipotesi da anni Sessanta'', ha detto Deaglio, uscendo dall'ufficio del pm Salvatore Vitello. "Mi hanno comunque detto - ha aggiunto - che il film non verrà sequestrato". Ad assistere Deaglio sarò l'avvocato Caterina Malavenda. Deaglio ha continuato: "Sento quanto accaduto come uno sbarramento al giornalismo d'inchiesta. Mi si contesta di aver messo in dubbio, turbando l'ordine pubblico, la legittimità del risultato elettorale. Io mi aspettavo un intervento ma non in questo senso, bensì per ricostruire ciò che è successo".

    Il centro-destra. E le reazioni del centro-destra non si fanno attendere. "Spero che tutti coloro che hanno dato credito a questa ignobile iniziativa, compresi purtroppo alcuni avversari politici, trovino il tempo e il modo di vergognarsene", dice l'ex ministro degli Interni, Giuseppe Pisanu. ''In un Paese serio ora il signor Deaglio chiederebbe scusa al presidente Berlusconi e a Pisanu. E nello stesso momento dovrebbe chiedere scusa agli italiani Romano Prodi che ha immediatamente e scandalosamente dato credito a pure invenzioni propagandistiche, che ora giustamente sono considerate atte a turbare l'ordine pubblico''. Lo afferma Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Fi.

    "Era un film, non un documentario... E' come accusare Moretti per aver fatto 'Il Caimano'... Un conto è fare un film, un altro è la realtà". E' la battuta sarcastica di Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie della Lega nord.

    ''Chi è il mandante di Deaglio? E' questo che deve appurare la Procura di Roma", afferma Maurizio Gasparri, dell'esecutivo di An che chiede per il giornalista "una sospensione cautelativa dalla professione''. Sempre da An Ignazio La Russa, ricorda come il suo partito non aveva insistito per una verifica, ma "adesso occorre fare chiarezza ricontando tutte le schede nel giro di 40 giorni".

    "Siamo noi che continuiamo a chiedere il riconteggio delle schede. Su questo pseudo-inchiesta di Deaglio il ridicolo supera la decenza", afferma l'esponente azzurro Enrico La Loggia. ''Non poteva finire in maniera diversa, era chiaro'', aggiunge Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi.

    "I fatti parlano da soli. Mi sembra che non ci sia più nulla da aggiungere su questa vicenda". Questo il commento del leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, all'indagine aperta su Enrico Deaglio per diffusione di notizie false.

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    non ho capito... devono ancora capire se le accuse sono vere o meno e "preventivamente" accusano deaglio di calunnia e diffamazione? che fretta c'è??? :unsure:
     
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    CITAZIONE (Vitorbaia @ 28/11/2006, 18:52)
    l giornalista è finito nel mirino dei pm di Roma titolari dell'inchiesta
    Ha denunciato presunti brogli nel film-documentario "Uccidete La democrazia"
    Elezioni, Deaglio indagato
    per diffusione di notizie false
    Il direttore di Diario: "E' uno sbarramento al giornalismo d'inchiesta"
    Pisanu: ''Chi gli ha dato credito ora si vergogni''

    <B>Elezioni, Deaglio indagato
    per diffusione di notizie false</B>


    ROMA - Enrico Deaglio è indagato dalla procura di Roma per diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico

    cazzarola quindi ora verrà indagato anche silvio! :o:

    Il premier all'attacco: "60 mila sezioni da controllare, verifica anche
    sul milione di schede annullate". Ds: "A rischio stabilità dell'Italia"
    Berlusconi: "Brogli a non finire"


    Brogli. Un milione di schede che vanno ricontrollate, migliaia di sezioni da passare al setaccio, il risultato elettorale "deve cambiare". Silvio Berlusconi cambia di nuovo, si toglie i panni dell'uomo che ieri ha lanciato l'ipotesi della grande coalizione per governare un paese diviso e riveste la divisa da battaglia. Dopo un silenzio durato tutta la giornata, il Cavaliere alle 19 sale al Qurinale, tiene un colloquio di oltre un'ora con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e poi si concede ai cronisti. E va all'attacco.

    Ci sono stati, è l'esordio, "tanti brogli: sono fiducioso, il risultato deve cambiare...". Brogli "unidirezionali, assolutamente unidirezionali", aggiunge e sottolinea di "averne parlato con il capo dello Stato"

    "Il risultato deve cambiare perché ci sono brogli a non finire in diversi posti, in tutta Italia e questo emerge da cose precise", insiste. "Sono in contatto con tutti i coordinatori di Forza Italia e con quelli degli altri partiti e di ora in ora arrivano dati, sulle stesse schede, che non sono conformi. Ci sono somme sbagliate, dati riportati male sulla stessa scheda, indicazioni errate".


    12 aprile 2006
     
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  14. hail, hail
     
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    ma quelle di silvio non erano false per questo le toghe comuniste hanno lasciato correre

    e poi silvio non è un giornalista
     
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    no certo. era il presidente del consiglio ancora in carica che diceva:

    "il risultato DEVE cambiare!"


    cazzo manco in Birmania :D
     
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41 replies since 14/11/2006, 03:26   463 views
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