MARCO TRAVAGLIO

Articoli e video dal 03/06/2008

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  1. AdamClayton
     
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    Su ottima imbeccata di Supergossard, apro il topic su Marco Travaglio.
    Visto che è uno dei pochi giornalisti in questo Paese, e che presto credo proprio tornerà a sparire dalla Tv, da domani 03 Giugno 2008, raccogliamo qua tutti i suoi articoli o video, in modo da averli più a portata di mano per tutti..
     
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  2. AdamClayton
     
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    Marco Travaglio - Unici colpevoli: i cittadini

     
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  3. AdamClayton
     
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    Travaglio a Busto Arsizio

    Marco Travaglio è stato invitato dall'Associazione Liberi di Pensare al teatro di Borsano (Busto Arsizio) per due ore di rivelazioni. Non crederete alla vostre orecchie..

    VIDEO: http://movies11.arcoiris.tv/movies/users/T...toA_296_big.wmv


    Edited by AdamClayton - 4/6/2008, 01:25
     
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  4. Nathan Adler
     
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    CITAZIONE (AdamClayton @ 2/6/2008, 22:42)
    Su ottima imbeccata di Supergossard, apro il topic su Marco Travaglio.
    Visto che è uno dei pochi giornalisti in questo Paese, e che presto credo proprio tornerà a sparire dalla Tv, da domani 03 Giugno 2008, raccogliamo qua tutti i suoi articoli o video, in modo da averli più a portata di mano per tutti..

    very good
     
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  5. AdamClayton
     
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    Balle spaziali
    l'Unità, 4 giugno 2008

    Qualche anno fa, Giovanni Sartori scrisse sul Corriere che «a mentire ci provano tutti. Ma dove la tv è autenticamente libera le bugie hanno le gambe corte, mentre da noi hanno gambe lunghissime». Due esempi freschi freschi. Dando l’ennesimo addio alla politica, Giuliano Amato se l’è presa con il pool di Milano che a suo dire, nel ‘93, bloccò con un «veto riprovevole» il decreto Conso che depenalizzava l’illecito finanziamento dei partiti, inducendo il presidente Scalfaro a non firmarlo. Scalfaro ha già risposto che non firmò perché era un «colpo di spugna intollerabile». Ma non vi fu alcun «pronunciamento della Procura di Milano». Amato raccontò che il decreto era «esattamente quel che ci han chiesto i giudici di Milano, Di Pietro e Colombo».

    Purtroppo per lui, non era vero niente. Borrelli lo smentì con un comunicato: «Abbiamo appreso che la cosiddetta “soluzione politica” sarebbe giustificata sulla base delle nostre dichiarazioni. Come magistrati abbiamo il dovere inderogabile di applicare le leggi dello Stato quali che siano. Ma non consentiamo a nessuno di presentarle come da noi richieste, volute o approvate. Governo e Parlamento sono sovrani, ma ciascuno si assuma davanti al popolo italiano le responsabilità politiche delle proprie scelte, senza farsi scudo del nostro operato o delle nostre opinioni. Che sono esattamente opposte al senso dei provvedimenti adottati. Il prevedibile risultato sarà la totale paralisi delle indagini e la impossibilità di accertare fatti e responsabilità di chi li ha commessi». Amato raccontò una bugia, Borrelli la smentì. Nessun pronunciamento, nulla di riprovevole, a parte la bugia.

    Secondo esempio: sabato scorso il presidente di Mediaset Confalonieri esultava giulivo perché «Rete4 va avanti tutta: ha la sua autorizzazione a trasmettere, e la Corte di giustizia europea aveva detto semplicemente al Consiglio di Stato che tutelasse e giudicasse se Europa7 avesse diritto a un risarcimento. Lo sapevano anche quelli che han fatto una batracomiomachia in Parlamento. Rete4 non è mai stata in dubbio, la stampa non ha informato bene. Di Pietro ha cavalcato una causa che sapeva non essere nei termini che lui diceva». Balle spaziali. Rete4 è sempre stata in dubbio, visto che due volte la Consulta, nel 1994 e nel 2002, ha stabilito che non può trasmettere sull’analogico terrestre e dev’essere ceduta o passare su satellite, e nel 1999 ha perso la concessione anche se nessun governo ha mai avuto il coraggio di spegnerla, consentendole anzi di proseguire in «fase transitoria» con abilitazioni provvisorie che il 31 gennaio la Corte europea ha giudicato fuorilegge per il diritto comunitario. Quindi nulle rispetto al diritto di Europa7 di avere non solo la concessione (regolarmente vinta nel ‘99), ma anche le frequenze per esercitarla. Lo si intuiva già sabato, dalla lettura del comunicato del Consiglio di Stato. Confalonieri ha preferito cantarsela e suonarsela, per rassicurare gli azionisti. Ma lunedì, alla riapertura della Borsa, il titolo Mediaset è crollato di 1,8 punti. Si può mentire ai giornali e ai tg, ma non al mercato. E infatti ieri la pubblicazione delle sentenze del Consiglio di Stato ha tagliato la testa al toro.

    1) Il ricorso di Europa7 contro l’abilitazione transitoria di Rete4 è stato bocciato non perché Rete4 abbia ragione (anzi, è definita più volte «rete eccedente» rispetto a quelle con diritto a trasmettere), ma solo perché il ricorso di Europa7 arrivò fuori tempo massimo.
    2) Le frequenze se le accaparrarono gli attuali detentori ai tempi del Far West legislativo, e poi autorizzate ex post con leggi illegittime.
    3) Rete4 e l’Avvocatura dello Stato sua incredibile alleata per conto dei ministri Gasparri e Gentiloni, sosteneva che lo Stato non ha rilasciato alcuna concessione a Europa7: il Consiglio di Stato afferma che la concessione c’è e dev’essere accompagnata dalle relative frequenze («interesse legittimo») fin qui negate con una «illegittima determinazione dilatoria».

    Spetta al governo, cioè a Berlusconi padrone di Rete4, assegnargliele, applicando la sentenza e quelle del Consiglio di Stato. Queste diffidano il governo dal rispondere che la concessione sarebbe scaduta nel 2005: altrimenti riconoscerebbe che fino al 2005 Europa7 aveva diritti sempre calpestati. A dicembre il Consiglio di Stato vedrà che avrà fatto il governo e quantificherà i danni subiti da Europa7 in questi 9 anni. Avvertendo fin da ora che potrebbero pure superare di mezzo miliardo i 3 richiesti da Di Stefano. E chi li dovrebbe pagare? Berlusconi? No: Pantalone.

    Sentenze del Consiglio di Stato: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/1925456.html
















    Il Coniglio Superiore
    l'Unità, 6 giugno 2008


    Innocente. Capito? Innocente. Secondo la Procura di Salerno, che ha ricevuto per tre anni una raffica di denunce contro di lui da parte dei suoi superiori e di suoi indagati, Luigi de Magistris non ha fatto nulla di illecito. Dunque va archiviato su tutta la linea perché s’è comportato sempre correttamente. Mai fatto fughe di notizie, mai passato carte segrete a giornalisti, mai perseguitato né calunniato nessuno, mai abusato del suo ufficio. Semmai erano i suoi superiori a commettere contro di lui i reati che addossavano a lui. “A causa delle sue inchieste - scrivono al gip i pm salernitani Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani - il dott.De Magistris ha subito costantemente pressioni, interferenze e iniziative volte a determinarne il definitivo allontanamento dalla sede di Catanzaro e l’esautorazione dei poteri inquirenti”.

    Un complotto che coinvolge magistrati, politici, uomini delle forze dell’ordine, ispettori ministeriali e forse persino membri del Csm, tutti allarmati dalla “intensità e incisività delle sue indagini”. Un complotto andato perfettamente a segno, se si pensa che tutti i magistrati e i politici indagati da De Magistris, compresi quelli che hanno incredibilmente intercettato cronisti e agenti di polizia giudiziaria per indagare indirettamente sul pm, son rimasti al loro posto o han fatto carriera, mentre De Magistris è stato prima scippato dai suoi capi delle inchieste più scottanti (“Poseidone” e “Why Not”), poi trasferito all’unanimità dal Csm con espresso divieto di fare mai più il pm. Uno dei suoi indagati eccellenti, l’ex magistrato ed ex governatore forzista Giuseppe Chiaravalloti, aveva previsto tutto in una telefonata intercettata in cui proponeva di affidare lo scomodo pm alle cure della camorra: “De Magistris passerà gli anni suoi a difendersi”.

    Naturalmente Chiaravalloti è rimasto al suo posto di numero due della cosiddetta Authority della Privacy. De Magistris invece, se le sezioni unite della Cassazione non annulleranno la condanna emessa frettolosamente dal Csm, dovrà sloggiare da Catanzaro e smettere di fare l’inquirente. In un paese normale, ammesso e non concesso che queste vergogne potessero accadere, ci sarebbe la fila sotto casa del magistrato per chiedergli scusa. Ma, nel paese della vergogna, non arrossisce e non si scusa nessuno. Resta da vedere se finalmente, ora che le 900 pagine della Procura di Salerno sono depositate, il Consiglio, anzi il Coniglio superiore della magistratura si deciderà a fare qualcosa. Non contro De Magistris (ha già fatto abbastanza), ma contro chi “concertò una serie di interventi a suo danno”, per infangare “la correttezza formale e sostanziale della sua azione inquirente”; contro quel “contesto giudiziario connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato da interessi extragiurisdizionali, anche di illecita natura”; contro chi l’ha bersagliato con “denunce infondate, strumentali e gravi; contro quegli alti magistrati, di Catanzaro e di Potenza, che spifferavano notizie segrete delle indagini di De Magistris per far ricadere su di lui la colpa delle indiscrezioni.

    Si dirà: queste cose si scoprono soltanto ora. Eh no: il Csm le sapeva, per filo e per segno, dallo scorso ottobre, quando i pm Nuzzi e Verasani furono ascoltati a Palazzo dei Marescialli e anticiparono le prime conclusioni delle loro inchieste. Anticiparono che le accuse a De Magistris erano frutto di un’abile orchestrazione (mentre le sue indagini erano “corrette e buone, senz’alcuna fuga di notizie”), e che gli unici illeciti, gravissimi, emersi riguardavano proprio i superiori e gli indagati di De Magistris. Fecero pure i nomi dei magistrati di Catanzaro, Matera e Potenza, degli ispettori ministeriali, dei giornalisti, dai politici e dei faccendieri indagati anche a Salerno per corruzione giudiziaria, minacce, calunnie, rivelazioni di segreti ai danni di De Magistris. Denunciarono le interferenze dei suoi capi, Lombardi e Murone, nelle indagini. Rivelazioni agghiaccianti che avrebbero dovuto suggerire l’immediata sospensione dei magistrati coinvolti e l’immediato stop a ogni procedimento disciplinare a carico del pm.

    La difesa di De Magistris questo chiese: che si attendesse l’esito delle indagini di Salerno. Il Csm non volle sentire ragioni e procedette con la foga di un plotone di esecuzione. Quasi che la sentenza di condanna fosse già scritta. Per fortuna, ogni tanto, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Contrariamente alla macabra profezia di Chiaravalloti, De Magistris ha finito di difendersi, e ora si spera che qualcun altro prenda il suo posto. C’è un giudice a Berlino. Anzi, a Salerno.
     
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  6. AdamClayton
     
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    Balle spaziali 2
    l'Unità, 7 giugno 2008

    Nel paese dove il capo del governo smentisce una legge firmata da lui definendola “medievale”, poi dice che parlavo “a titolo personale” quasi fosse un passante, dunque la legge rimane anche se non ha senso ed è medievale, si può dire di tutto. E anche scriverlo. “Il Giornale” della ditta, che pare l’inserto umoristico di “Geppo” e “Tiramolla”, quando si tratta di baggianate non si tira mai indietro. Ieri per esempio quello biondo con le mèches, in un editoriale di alta politologia, se la prendeva con le “canaglie razziste” le quali sostengono che Renato Brunetta è piccolo, e per estensione con chiunque insinui che il Cainano è basso (mentre, a suo dire, sarebbe addirittura “alto come Prodi”, non si sa se coi trampoli o coi tacchi a spillo).

    Giusto. Rettifichiamo volentieri anche per conto terzi: Brunetta è un corazziere, il Cainano è un watusso coi boccoli alla Shirley Temple, e quello biondo con le mèches che scrive sul Giornale è un giornalista. Sempre sul supplemento di Tiramolla compare un’intera pagina a firma Geronimo, noto nei migliori penitenziari come Paolo Cirino Pomicino, dal titolo decisamente impegnativo: “La verità su Mani Pulite: Scalfaro si piegò ai pm”. Visto l’autore, c’era da attendersi piuttosto un titolo del tipo: “La verità su Mani Pulite: ecco come intascai 5,5 miliardi di lire dalla Montedison e ne girai una parte a Salvo Lima”. Oppure: “La verità su Mani Pulite: ecco come fui condannato per finanziamento illecito e patteggiai per corruzione sui fondi neri Eni”.

    Invece no: il noto pregiudicato ce l’ha con Scalfaro, che all’epoca osava persino non rubare. Pomicino scrive falsamente che i fondi neri del Sisde “non gli furono mai contestati” perché da Presidente aveva “assecondato la Procura di Milano”. Balle: del Sisde s’occupava la Procura di Roma, che regolarmente indagò Scalfaro per abuso d’ufficio al termine del suo mandato e poi archiviò tutto perché non riscontrò alcun reato, come del resto aveva fatto per altri ex ministri dell’Interno (Cossiga e Mancino).

    Ma cogliamo fior da fiore dalla “verità” pomicina: “Amato ha finalmente avuto il coraggio di definire ‘riprovevole’ l’uscita televisiva del pool Mani pulite contro la depenalizzazione del finanziamento illecito…”. Falso: non vi fu alcuna uscita televisiva del pool; solo un comunicato letto da Borrelli per smentire la bugia di Amato, cioè che il decreto Conso l’avesse chiesto il pool. “Amato inviò Francesca Contri da Borrelli per avere un suo placet sul provvedimento e lo ottenne”. Falso: a parte che la Contri si chiama Fernanda, sia lei sia Borrelli han sempre smentito. Con quel decreto, per Pomicino, “il pool non avrebbe potuto più arrestare per finanziamento illecito”. A parte il fatto che il pool non arrestava nessuno (era ed è compito del gip), nessuno fu mai arrestato per finanziamento illecito, perché la legge non lo consente: gli arresti erano per corruzione, concussione, falso in bilancio e così via.

    “La mattina di domenica 7 marzo ‘93 ci fu in diretta tv la minaccia ’democratica’ del pool delle proprie dimissioni dinanzi all’eventuale promulgazione del decreto”. Altra superballa: l’anziano ras andreottiano in preda ai vuoti di memoria, confonde quel che accadde il 7 marzo ’93 (decreto Conso, governo Amato) con quel che successe il 14 luglio ‘94 (decreto Biondi, governo Berlusconi I). Sul decreto Conso parla solo Borrelli (naturalmente non “in diretta tv”: legge un comunicato ai giornalisti) per dire che il Parlamento e il governo sono “sovrani”, i pm obbediranno alla legge “quale che sia”, ma non si dica che il decreto l’han chiesto loro perché è falso. Nessun accenno a dimissioni. Sul decreto Biondi parla Di Pietro circondato dai colleghi Davigo, Colombo e Greco. Borrelli non c’è: l’iniziativa è dei sostituti che gli chiedono di esonerarli dalle indagini su Tangentopoli, visto che per quei reati il decreto vieta il carcere preventivo (ma non per gli altri, creando imputati di serie A e serie B) e agevola le fughe e gli inquinamenti di prove (dopodichè Fini e Bossi costringono Berlusconi a ritirare la porcata).

    Ora la memoria può tradire, selettivamente, Pomicino. Ma non dovrebbe tradire un giornale degno di questo nome. Infatti Il Giornale ha preso per buone le balle pomicine sul decreto Conso del 1993, le ha intitolate ”tutta la verità” e le ha illustrate con una megafoto della conferenza stampa del Pool contro il decreto Biondi (1994) con questa didascalia: “Il documento: un’immagine della conferenza stampa in cui Di Pietro bocciò il decreto del governo Amato”. Ecco. Pomicino mente con pensieri, opere e omissioni. Il Giornale mente pure con le foto.
     
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  7. AdamClayton
     
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    Prove tecniche di fascismo



    "Buongiorno a tutti.
    Allora, sia nel blog di Beppe un certo Daniele mi chiede della legge sulle intercettazioni che è stata annunciata da Berlusconi al convegno dei giovani industriali a Santa Margherita Ligure – mi chiede e mi domanda se potrebbe essere incostituzionale o oggetto di un pronunciamento della Corte di Giustizia Europea – sia sul mio blog, voglioscendere.it, Cle e Carla C. mi chiedono anch’esse di parlare di questa legge. E allora parliamone perché è il tema del giorno e credo che rimarrà il tema della settimana e forse del mese. Siamo alla prima legge vergogna che riguarda i processi di Berlusconi e che ha qualche speranza di passare, dopo quella per ora tramontata sul patteggiamento allargato che avrebbe spostato in là i processi al Cavaliere. Intanto vediamo quello che vuole fare Berlusconi, secondo quanto lui ha annunciato di voler fare. Lui ha detto: “divieto assoluto di intercettazioni, salvo per i reati di mafia, di camorra, di ‘ndrangheta, di criminalità organizzata e di terrorismo”. Per chi le fa, cioè per i giudici che le dispongono al di fuori di questi reati – ammesso che ce ne siano ancora, ovviamente – e per gli agenti che poi le realizzano assieme ai gestori telefonici che prestano il loro supporto: cinque anni di galera. Questa la pena massima prevista. Per i giornalisti che le pubblicano, cinque anni di galera anche a loro. Si corona così il sogno del Cavaliere di arrestare tutti coloro che lo dovrebbero controllare e che lo controllano ancora, cioè magistrati e giornalisti. Invece di arrestare le persone che vengono intercettate e hanno commesso dei reati, si decide di arrestare coloro che le hanno scoperte e coloro che lo hanno fatto sapere. Che già non è male, devo dire. In più prevede, dice lui, “una forte penalizzazione economica per gli editori che pubblicano questi articoli contenenti intercettazioni”. Quindi, in teoria, dovrebbe essere condannata anche la sua famiglia, visto che i suoi giornali hanno abbondantemente pubblicato intercettazioni - sempre quelle degli altri di solito, mai le sue. L’annuncio era già scritto nel programma della Casa delle Libertà, era già stato detto in campagna elettorale. Il problema è che Berlusconi ha questa grande fortuna: viene sempre sottovalutato. Si dice: “sì, lui dice così. Poi in realtà non è vero…”. No, in realtà è vero. E infatti, ciò che sembrava impossibile, il divieto di intercettazioni per tutti i reati che non siano di mafia e terrorismo – stando a quello che lui dice, sempre che non sia stato frainteso o non parlasse a titolo personale – sarà oggetto della prossima legge in materia di giustizia. E così sono serviti tutti quegli allocchi, magistrati, associazione magistrati, partito democratico, che pensavano di poter dialogare con un soggetto del genere. Per fortuna che a mettersi di traverso contro il dialogo è sempre Berlusconi poi, alla fine. È interessante il fatto che lui annunci tutto questo proprio mentre a Napoli e dintorni lui va predicando che con lui ritorna lo Stato, arriva il pugno di ferro, arriva la tolleranza zero, arriva la certezza della pena. Arriva il castigamatti, insomma, e bisogna rigare diritto. E annuncia una legge che va esattamente in controtendenza. Non è una legge “ad personam”, nel senso che non serve solo a lui. È una legge “ad personas” nel senso che serve a tutta la classe dirigente. È un altro cunicolo enorme scavato sotto le carceri e sotto i tribunali per farci passare naturalmente le solite pantegane grandi così, ma da quello stesso cunicolo passeranno anche topolini medi e piccoli, che sono poi quelli che vanno ad accrescere l’emergenza sicurezza, la percezione di insicurezza. Ragion per cui poi bisogna ritornare indietro e fare altri pacchetti sicurezza. È un continuo. È il pendolo che una settimana dopo le norme per la sicurezza, torna indietro e si mette a salvare i colletti bianchi, ma anche, come vedremo fra un attimo, le principali categorie criminali che rendono rinomato nel mondo il nostro Paese. Facciamo degli esempi. Per l’omicidio, ad esempio, non è più possibile intercettare, se ha un senso quello che ha detto Berlusconi. Perché l’omicidio non è né mafia, né ‘ndrangheta, né camorra, o meglio, ci sono anche omicidi che non fanno parte di quelle organizzazioni. Per l’omicidio semplice - cioè io ammazzo un tizio non essendo un camorrista, un mafioso, un ‘ndranghetista e nemmeno un terrorista – non mi possono intercettare. Di solito, per scoprire chi è stato ad uccidere una persona si mettono sotto intercettazione tutti quelli che fanno parte della sua cerchia: parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro per cercare qualche attinenza tra la morte di quella persona e le conoscenze che ha. Non si potrà più fare. Quindi, molti più omicidi impuniti. Okay?
    Rapine in banca. Mettiamo che per fortuna una telecamera abbia ripreso di sguincio uno dei rapinatori e che gli inquirenti illuminando bene le immagini riescano a intuire chi potrebbe essere fra le loro vecchie conoscenze, spulciando tra le foto segnaletiche. Bene, per trovare la prova che è veramente lui gli mettono il telefono sotto controllo, vedono se parla di bottino. Se ne parla con altri complici, arrestano anche i complici e si riesce a sgominare la banda. Non si potrà più fare. La rapina, se non è fatta da mafiosi, camorristi o terroristi, sarà impossibile, o quasi, da punire...

    Mettiamo il classico caso del sequestro di persona a scopo di estorsione. Un gruppo di sbandati sempre più spesso capita, ormai non c’è più la grande “anonima sequestri”, ci sono gruppi di sbandati che si organizzano. Sequestri lampo. Prendiamo l’imprenditore. Ci facciamo dare il riscatto. Lo liberiamo. Di solito si mette sotto controllo il telefono della famiglia, i telefoni delle famiglie amiche, in modo che quando il sequestratore telefona per chiedere il riscatto si risale telefonicamente a lui e spesso lo si acciuffa. Con questo sistema sono stati sgominati moltissimi sequestri e restituiti alle famiglie tantissimi ostaggi. Perfetto. Non si potrà più fare. A meno che il sequestro non sia opera di mafia, camorra o ‘ndrangheta, però come sappiamo fanno i soldi in maniera diversa e molto più facile.
    Prendiamo il molestatore che telefona, con telefonate oscene, alla ragazza. Tipico caso: la ragazza fa denuncia, mettono il telefono sotto controllo, risalgono al molestatore e il molestatore viene preso. Non si può più fare. Perché? Perché, o il molestatore è un mafioso, un camorrista, un ‘ndranghetista o un terrorista, cosa che di solito non è, oppure niente da fare.
    Mettiamo una donna picchiata e violentata magari dall’ex marito o dall’ex fidanzato, o cose di questo genere. Trova il coraggio di denunciare. Mettono sotto intercettazione il presunto aggressore per vedere se è proprio vero ciò che dice la donna. Non lo si potrà più fare.
    Prendiamo la ricerca dei latitanti. Tutti quelli che sfuggono alla giustizia. Non lo so… dal mago di Vanna Marchi che scappa in Brasile, a quelli che fanno le rapina, a quelli che fanno gli omicidi, ecc. Ecco, se non sono mafiosi o terroristi, non si potrà più usare lo strumento delle intercettazioni per andare a vedere dove sono scappati e riacchiapparli.
    Finora non ho citato i reati finanziari naturalmente. Ci sono ancora le estorsioni. Pensate a quanta gente denuncia l’estorsore, quello che gli va a chiedere qualcosa, che li minaccia. Se non è un mafioso, non si potrà più controllare il telefono delle persone che ricevono queste richieste estorsive. Per non parlare delle truffe. Pensate a quante intercettazioni su Vanna Marchi ci hanno aiutato a scoprire le minacce che lei e la figlia facevano a quelle povere credulone che pagavano continuamente temendo chissà quali conseguenze negative, fino alla morte. Quelle telefonate non si potranno più, non dico utilizzare, non si potranno più intercettare e quindi ovviamente avremo molti più truffatori e molti più truffati perché poi alle vittime non ci pensa nessuno.
    Non ho parlato ancora dei reati finanziari che sono in realtà la vera ragione per cui non si vuole più che si utilizzi da parte della magistratura lo strumento delle intercettazioni. E questo è ovvio. Dato che i reati finanziari sono i più nascosti e i più difficili da vedere, non solo non si sa chi li ha commessi, ma non si sa nemmeno chi li abbia commessi. Mentre l’omicidio, la truffa, il furto, quelli si vedono perché c’è una vittima dichiarata che li va a denunciare. La corruzione, chi la viene a sapere? Se non parla quello che ha pagato e non parla quello che ha preso i soldi, la corruzione non si sa. E poi il falso il bilancio, chi lo può notare che un bilancio è falso? Quindi sono i reati che hanno più bisogno di intercettazioni. Bisogna scoprire anche che sono stati commessi, oltre a dover scoprire chi li ha commessi. Anche per questi, silenzio di tomba. Non sapremo mai nulla.
    Naturalmente, che cosa succede? Succede che tutti quelli che li commettono potranno commetterli liberamente. Quando passerà la legge, saranno molte di più le persone che li commetteranno perché a quel punto il rischio di essere scoperti e puniti è zero e quindi noi perderemo ancora più soldi con i reati finanziari di quelli che stiamo perdendo.
    Io vorrei fare solo alcuni esempi di processi dei quali non avremmo saputo nulla. Processi che non si sarebbero mai aperti, quindi tutti imputati che non sarebbero imputati se fosse passata questa legge.
    Il caso, per esempio, delle scalate bancarie. C’erano dei furbetti del quartierino che, contro la legge, cercavano di appropriarsi di due banche: Banca Nazionale del Lavoro, le cooperative rosse e l’Unipol di Consorte; Antonveneta, la Banca Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani; Rizzoli Corriere della Sera, cioè il più grosso gruppo editoriale indipendente non controllato dai partiti, che doveva finire nella mani di Ricucci il quale poi, secondo alcuni, l’avrebbe girato ai soliti amici di Berlusconi. Bene, queste tre scalate furono bloccate da Clementina Forleo e dalla procura di Milano, grazie a intercettazioni. Con questa nuova legge, niente intercettazioni, scalate a buon fine. Compreso il loro protettore massimo, cioè Antonio Fazio, che continuerebbe a essere governatore della Banca d’Italia non sospettato di niente. Sebbene, come abbiamo visto dalle telefonate, fosse colui che faceva il regista e il giocatore di queste partite, nelle quali avrebbe dovuto rimanere terzo distaccato e arbitro.
    Nessuno saprebbe le cose perché nella legge si prevede anche che nessuno le pubblichi. Quindi, dato che il processo non è ancora partito, noi non sapremmo ancora praticamente nulla di Fazio. E quindi Fazio sarebbe doppiamente al suo posto, sia perché non sarebbe stato scoperto, sia perché, anche se l’avessero scoperto, nessuno avrebbe poi potuto raccontarlo.
    Pensate ai riscontri che sono stati trovati sulle denunce di Stefania Ariosto sui giudici corrotti a Roma, con tutte le intercettazioni dell’enturage del giudice Squillante, dell’avvocato Pacifico, ecc.
    Niente. La truffa di Milano di Poggi Longostrevi che faceva le ricette facili a spese della Regione, con i rimborsi gonfiati ecc. 150 medici condannati grazie alle intercettazioni. Niente. Non avremo più nulla di tutto questo. A Torino, l’amministratore delle Molinette arrestato grazie alle intercettazioni perché pigliava le tangenti in ufficio su ogni fornitura, Luigi Odasso, anche lui sarebbe ancora al suo posto. Pensiamo al Lazio, grazie alle intercettazioni hanno trovato i riscontri alle denunce di Lady ASL, quella che ha raccontato il grande scandalo della sanità, che poi è responsabile del grande buco della sanità del Lazio, che per fortuna si è tamponato grazie all’intervento della magistratura, non avremmo saputo quasi niente.
    Pensate al caso di spionaggio. I casi di spionaggio illegale che abbiamo avuto in questi anni. Lo staff di Storace che fa spiare Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo alla vigilia delle elezioni regionali del 2005.
    Il SISMI di Pollari e Pompa, che fa i dossieraggi sui giornalisti, i magistrati, i politici ritenuti pericolosi per Berlusconi. Il SISMI che, secondo l’accusa della Procura di Milano, collabora al sequestro di un cittadino egiziano, Abu Omar, a cui noi avevamo dato ospitalità per motivi politici e poi l’abbiamo fatto rapire dalla CIA e mandare in Egitto a torturare.
    Nulla si saprebbe senza le intercettazioni, nemmeno ovviamente di quel caso patetico del giornalista Farina, alias Betulla, che lavorava a depistare le indagini sul sequestro.
    Pensate ai dossieraggi della Telecom. I dossieraggi della security della Telecom. Migliaia e migliaia di dossier accumulati illegalmente da Tavaroli e i suoi uomini, tutto grazie alle intercettazioni. Non sapremmo nulla.
    Pensate a ministri, sottosegretari. Abbiamo il ministro Fitto, che è stato preso grazie a intercettazioni in un processo per le tangenti della famiglia Angelucci per le cliniche nella Puglia.
    Abbiamo il sottosegretario Martinat che è sotto processo a Torino per gli appalti truccati del TAV e della Olimpiade Invernale del 2006.
    Pensate al ministro Matteoli che addirittura è sotto processo per le fughe di notizie per abusi edilizi all’Isola d’Elba.
    Tutte persone che non sarebbero ovviamente sotto processo. Come ovviamente non sapremmo niente del ruolo avuto, secondo la procura di Genova, dal capo della Polizia dell’epoca, Gianni de Gennaro, nei possibili depistaggi delle indagini sul G8. Come non sapremmo nulla della mega truffa sui farmaci appena scoperta da Guariniello a Torino. Come non sapremmo nulla della mega truffa sui rifiuti appena scoperta, coi 25 arresti dai magistrati di Napoli, per quanto riguarda la Campania.
    Non sapremmo nulla quello che ha fatto Mastella, la sua famiglia e il suo partito, smascherati dall’inchiesta di Santa Maria Capoa Vetere, poi passata a Milano. Non sapremmo nulla delle ruberie sui fondi pubblici in Calabria, che De Magistris ha scoperto e infatti gli sono costate una dura punizione dal Consiglio Superiore della Magistratura, mentre alcuni colleghi gli stanno smontando le indagini. Ecco, da questo punto di vista Clementina Forleo e De Magistris con una legge come questa già in vigore da qualche anno sarebbero a posto, in una botte di ferro. Perché se la legge avesse loro impedito di scoprire gli scandali di bancopoli e della Calabria, loro non avrebbero pagato le conseguenze quindi, almeno dal loro punto di vista, questa legge li avrebbe lasciati lavorare in pace, proprio perché avrebbe impedito loro di lavorare e di scoprire alcunché.
    Allora, quali sono i motivi con i quali ci viene indorata la pillola. Ci viene presentata questa legge come assolutamente urgente e necessaria. Oggi si sono mossi anche insigni tromboni per dare copertura questa legge vergognosa. La prima è che bisogna tutelare la privacy. Naturalmente la privacy è già tutelata da una legge, persino eccessiva, che è la Legge sulla Privacy che però ha una clausola assolutamente ovvia. Cioè che la privacy può essere tutelata, salvo esigenze di giustizia. Quando ci sono esigenze di scoprire reati e tutelare le vittime di quei reati, la privacy viene meno. Ciascuno di noi rinuncia a un pezzo della sua privatezza per consegnare allo Stato la possibilità di difenderci quando poi viene attaccata, non la nostra privatezza, ma la nostra vita, la nostra incolumità, il nostro patrimonio, i nostri interessi. La privacy non c’entra nulla. E del resto, quando si chiede: “ma quando mai è stata violata la privacy dalle intercettazioni o dalla pubblicazione delle intercettazioni?” rispondono sempre: “la povera Anna Falchi che si è ritrovata un sms sui giornali che diceva “ti amo”. A chi? A Ricucci. Che era che cosa? Suo marito. Pensate che violazione della privacy far sapere che c’è una moglie che dice “ti amo” a suo marito. Deve essere stato un danno irreversibile. Per il resto sono tutte balle.
    Dicono che ci sono troppe intercettazioni. E qui non si sa rispetto a cosa. C’è un numero ideale, un numero perfetto di intercettazioni? Quale sarebbe? Il numero delle intercettazioni dipende dal numero dei reati che si commettono. In Italia ci sono quattro regioni nelle mani della mafia? Perfetto, avremo un po’ più di intercettazioni rispetto alla Finlandia o alla Danimarca.
    E poi non è vero che abbiamo troppe intercettazioni rispetto agli altri paesi, perché negli altri paesi non si sa quante siano le intercettazioni. L’unico paese di cui con certezza si sa quante intercettazioni si facciano è l’Italia. Per quale motivo? Perché in Italia le può fare soltanto la magistratura e risultano tutte, dalla prima all’ultima, con tanto di autorizzazione di un giudice terzo. Mentre all’estero le fanno i servizi segreti, le forze di polizia, senza nessun controllo. Pensate, in Inghilterra le fa perfino il servizio ambulanze. Ci sono 156 enti, compresi gli enti locali, che possono fare le intercettazioni. In America le fa la SEC, che è l’equivalente della nostra CONSOB, solo che quella funziona e che controlla appunto le attività di borsa.
    Quindi in Italia non è vero che ce ne sono di più, le controlliamo tutte. Mentre all’estero ci sono, ma non incontrollate, quindi non si sa quante sono.
    L’argomento che fa più presa è che costano troppo. Costano troppo, ci dicono. E allora io vi do i dati. Due anni fa, l’ultimo anno dei quali abbiamo le statistiche, le procure italiane, che sono 165, hanno speso per intercettazioni 240 milioni di euro. Secondo altri calcoli il coso sarebbe pure inferiore. Ma prendiamo per buono il più grosso, cioè 240 milioni di euro. Che erano 40 in meno rispetto all’anno prima. Sono quattro euro per ogni cittadino. Quattro euro e qualcosa per ogni cittadino. La domanda è: “siete disposti da dare quattro euro all’anno, cioè quattro caffè all’anno, per sentirvi più sicuri e protetti contro reati di ogni genere?”. Penso che la risposta, se la domanda viene posta correttamente ai cittadini, sia sì. Potremmo risparmiare? Certo, potremmo averle gratis le intercettazioni. Sapete perché le paghiamo? Le paghiamo perché lo Stato, quando da la concessione alla Telecom, alla Vodafone e agli altri gestori telefonici potrebbero mettere una clausoletta nella quale c’è scritto: “voi siete concessionari pubblici dello Stato italiano. Perfetto. Avete un obbligo. Quando un magistrato vi chiede di tenere sotto controllo un telefono, voi lo fate gratis. Invece lo Stato italiano paga i gestori telefonici che sono suoi concessionari. Per cui li potrebbe tenere per le palle e fargli fare quello che vuole. Quando un magistrato chiede a una banca: “fammi quell’accertamento bancario”, la banca mica si fa pagare. Eppure la banca è un ente privato. Questi sono concessionari pubblici e lo Stato italiano paga loro ogni intercettazione. E in più, ad ogni indagine che deve fare, affitta un macchinario che non è proprio, da un’azienda privata. Basterebbe comprarli una volta, i macchinari per fare le intercettazioni e i costi verrebbero praticamente azzerati.
    Quindi, vi stanno raccontando balle anche quando vi dicono che questa legge è per risparmiare sui soldi. No, questa legge è per risparmiare sui processi. A chi? A Berlusconi e alla classe dirigente. C’è un piccolo problema. Berlusconi naturalmente ha un processo in corso a Napoli, d’udienza preliminare, insieme al suo amico Saccà, direttore di Rai Fiction sospeso, perché? Perché al telefono gli prometteva aiuti per una sua attività privata, a Saccà, in cambio dell’assunzione da parte di Saccà di alcune ragazzine, di alcune ragazzine che interessavano in parte a Berlusconi, e in parte a un misterioso senatore dell’Unione che un anno fa, in cambio del piazzamento della ragazzina a Rai Fiction, a spese nostre, avrebbe fatto cadere il governo Prodi. Pare, come ha scritto Repubblica ieri, che ci siano altre telefonate ancora più sfiziose su questo vero e proprio uso criminoso della televisione pagata con i soldi pubblici.
    E allora? Bisogna impedire che vengano fuori, con una legge che salverà migliaia di criminali, per salvare uno o due imputati.
    Passate parola."
     
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  8. AdamClayton
     
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    LA SCOMPARSA DEI REATI

    Ieri, prima di accusare un lieve malore, dunque ancora nel pieno possesso delle facoltà psicofisiche, il presidente del Consiglio ha annunciato che saranno vietate le intercettazioni, fuorché per «criminalità organizzata, mafia, camorra e terrorismo».

    E le poche che si potranno ancora disporre non potranno essere pubblicate. Per i trasgressori magistrati, agenti di polizia giudiziaria e giornalisti «saranno previsti 5 anni di carcere». Una pena più alta del falso in bilancio non ancora depenalizzato, per dire. E poi «una forte penalizzazione economica per gli editori che le pubblicano» (per esempio per suo fratello Paolo, il cui Giornale pubblicò una telefonata top secret e priva di rilevanza penale tra Fassino e Consorte). L’annuncio non deve stupire: è scritto nero su bianco nel programma elettorale del Popolo della Libertà provvisoria. Ma, come al solito, era stato sottovalutato dai più.

    Soprattutto dal Pd e dall’Anm, protagonisti di un curioso «dialogo» con l’uomo, anzi l’ometto che si propone di sfasciare definitivamente quel poco che resta del sistema giudiziario. Lo stesso ometto che contemporaneamente annuncia «il ritorno dello Stato», la «tolleranza zero» e la «certezza della pena», subito creduto ed elogiato come statista dai nove decimi della stampa italiana. Sempreché non sia stato frainteso o non abbia parlato a titolo personale, basta prendere alla lettera l’annuncio del premier per prevedere le conseguenze della nuova legge. Qualche esempio.

    Tizio viene ammazzato. Nessuna traccia dell’assassino. Il giudice ordina di controllare i telefoni di parenti, amici e colleghi di lavoro, alla ricerca di un indizio. Ma l’omicidio (salvo che a commetterlo sia un mafioso, un camorrista o un terrorista) non è compreso tra i reati per cui sarà ancora lecito intercettare: dunque resterà insoluto, salvo che l’assassino si presenti spontaneamente a confessare. Rapina in banca: una telecamera riprende uno dei rapinatori. Gl’inquirenti riconoscono dalle immagini sfuocate uno dei rapinatori e gl’intercettano il telefono per accertarsi che sia proprio lui e individuarne i complici. Questo, oggi. Domani, non essendo le rapine reati di criminalità organizzata, niente intercettazioni: impossibile scoprire i malviventi, che la faranno franca, né tantomeno recuperare il bottino. Un imprenditore viene sequestrato.

    Le forze dell’ordine, oggi, mettono sotto controllo il telefono di casa per risalire dalle chiamate per la richiesta di riscatto - alle utenze dei sequestratori, pedinarli, scoprire il covo e liberare l’ostaggio. Domani niente intercettazioni e niente colpevoli. Ai familiari non resterà che pagare e sperare che il congiunto venga restituito tutto intero. Un misterioso molestatore perseguita una ragazza con telefonate oscene, o minaccia e insulta un suo nemico: gl’investigatori controllano il telefono della vittima e risalgono al disturbatore. Oggi. In futuro anche questo sarà impossibile. Una donna, picchiata e violentata dall’ex compagno, trova la forza di sporgere denuncia. Ma mancano le prove. Per trovarle, serve intercettare l’uomo per verificarne gli spostamenti. Con la nuova legge, niente intercettazioni e niente prove.

    Circa il 90% delle intercettazioni, in Italia, riguardano traffici di droga, molto spesso a opera di bande di italiani o di immigrati non affiliati alla criminalità organizzata. Bene, anzi male: non saranno più intercettabili, così lo Stato rinuncia a sgominare centinaia di pericolose gang e a sequestrare enormi quantità di stupefacenti. Anche per rintracciare i latitanti, sfuggiti alla giustizia dopo condanne per omicidio, rapina, traffico d’armi o di droga ecc., si intercettano i telefoni di parenti, amici e conoscenti per verificare chi li ospiti o li aiuti: salvo che si tratti di mafiosi o terroristi, la nuova legge impedirà di acciuffarli. Poi, naturalmente, ci sono i reati finanziari, fiscali e contro la Pubblica amministrazione.

    Che poi sono quelli che Berlusconi, avendone commessi parecchi ed essendo tuttora imputato per tutte e tre le categorie penali, spera di rendere impossibili da scoprire e da punire (magari con una norma transitoria che renda inutilizzabili le intercettazioni sin qui realizzate, tipo quella tra lui e Saccà per cui è imputato a Napoli per corruzione). Siccome nessuno li confessa spontaneamente, l’unico modo per smascherarli è intercettare chi è sospettato di commetterli. D’ora in poi sarà proibito: non commetterli, ma scoprirli. Così i miliardi di euro che ora lo Stato recupera ogni anno dai processi per bancarotta, falso in bilancio, corruzione, concussione, frode fiscale, aggiotaggio (solo dalle intercettazioni dei furbetti del quartierino, la Procura di Milano e Clementina Forleo hanno recuperato quasi 1 miliardo di euro) resteranno nelle tasche dei criminali. Chissà che ne dice Robin Hood Tremonti.

    Marco Travaglio
    Fonte: www.unita.it
    8.06.08

    Al cittadino non far sapere
    l'Unità, 9 giugno 2008

    Il 25 aprile scorso i carabinieri di Verona arrestano Claudiu Stoleru, il romeno sospettato di aver assassinato due pensionati, Luigi Meche e Luciana Rambaldo, nella loro villetta a Lugagnano di Sona, dove li aiutava a tinteggiare una ringhiera. Il giovane era fuggito, ma grazie alle intercettazioni telefoniche gl’inquirenti l’hanno individuato e fermato a Civitavecchia. Stoleru ha subito confessato. Il sindaco leghista del piccolo comune, che aveva chiesto la pena di morte per l’assassino, ha annunciato il suo arresto in piazza alla popolazione inferocita. Ecco: se davvero, come ha annunciato due giorni fa il premier Silvio Berlusconi due giorni fa a S. Margherita Ligure,il governo vieterà di intercettare chicchessia, salvo che sia sospettato di mafia o terrorismo, con la nuova legge Stoleru non avrebbe mai potuto essere intercettato, dunque sarebbe ancora uccel di bosco. Se invece i giudici e i carabinieri l’avessero intercettato ugualmente, avrebbero dovuto scarcerarlo con tante scuse per inutilizzabilità delle intercettazioni, e in carcere sarebbero finiti loro, non lui. Le cronache sono piene di omicidi che vengono risolti grazie alle intercettazioni: da Cogne in giù.Ma ovviamente non è per salvare gli assassini che Berlusconi vuole vietare le intercettazioni. Anzi è probabile che presto diramerà la consueta rettifica, includendo i delitti “comuni” tra quelli per cui sarà ancora possibile intercettare. La sua ossessione sono i reati della casta: fiscali, finanziari e contro la Pubblica amministrazione. Meglio non scoprirli mai.

    Proviamo a immaginare quante cose non sapremmo, sulle nostre classi dirigenti, se la nuova legge vergogna fosse in vigore da 15 anni. Intanto Berlusconi si risparmierebbe l’ultimo processo piovutogli addosso: quello per corruzione, nato dalle sue telefonate con Saccà, il direttore di Raifiction che attendeva aiuti finanziari per una “cittadella della fiction” in cambio di ingaggi di ragazze “vicine” al Cavaliere e a un misterioso senatore dell’Unione, pronto a far cadere Prodi. Ma questa, più che ad personam, è una legge ad personas: nel senso che avrebbe salvato (e potrebbe ancora salvare, con una norma transitoria che ordini di cestinare tutte le telefonate già fatte al di fuori delle nuove regole) centinaia di amici, compari e membri della classe dirigente. L’indagine sulle scalate bancarie, nata dalle intercettazioni del 2005,non sarebbe mai partita: Fazio sarebbe ancora governatore di Bankitalia, Fiorani e Consorte avrebbero conquistato illegalmente Antonveneta e Bnl, Ricucci avrebbe portato in dote agli amici di Berlusconi il Corriere della sera. Nulla si saprebbe dei rapporti privilegiati tra i furbetti e gli “arbitri” che giocavano allegramente la partita (governatore, berluscones e ds). Buio fitto anche sui successivi maneggi di Ricucci e Coppola, arrestati mentre tentavano di mettere al sicuro i bottini superstiti. Moggi e la sua banda continuerebbero a regnare sul calcio,scegliendosi gli arbitri à la carte e chiudendo i fischietti sgraditi negli spogliatoi.

    Le enormi fortune recuperate dallo Stato grazie alle intercettazioni del pm Woodcock sugli scandali Inail e Monopoli di Stato sarebbero rimaste nelle tasche di chi se le era fregate.E sarebbe rimasto nell’ombra l’incredibile malcostume di sesso e favori alla Rai e alla Farnesina emerso da Vallettopoli. I riscontri telefonici e ambientali trovati dal pool di Milano alle rivelazioni di Stefania Ariosto sui rapporti fra gli avvocati Previti e Pacifico e il giudice Squillante, non sarebbero mai emersi. Nessuno saprebbe nulla delle truffe alla Regione Lombardia sulla sanità (Poggi Longostrevi e altri 150 medici) e sui fondi per la ricostruzione del dopo-alluvione in Valtellina. Né delle tangenti incassate da Luigi Odasso, ex amministratore dell’ospedale torinese Molinette. Idem per le prove telefoniche saltate fuori dalle intercettazioni su alcuni personaggi tirati in ballo dalla pentita delle mazzette sulla sanità laziale, la celebre “Lady Asl”. Nè sapremmo nulla dello spionaggio dello staff di Storace su Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo alle regionali 2005. Anche il ministro Fitto e i sottosegretari Martinat e Matteoli dormirebbero sonni tranquilli: senza intercettazioni, i loro processi - rispettivamente per le presunte tangenti sanitarie degli Angelucci, per fughe di notizie su un’inchiesta di abusi edilizi all’Elba e per gli appalti truccati del Tav e delle Olimpiadi invernali a Torino – non sarebbero nemmeno iniziati. Niente si saprebbe su certe frange eversive delle tifoserie di Lazio e Catania.

    Più recentemente, sapremmo poco o nulla dei dossieraggi della Security Telecom, degli spionaggi illegali al Sismi del duo Pollari-Pompa, del sequestro Abu Omar a opera di spioni americani e italiani favoreggiati da Betulle varie, dei depistaggi addebitati a Gianni de Gennaro sul G8 di Genova. Il pm Guariniello non avrebbe scoperto nulla della mega-truffa sui farmaci che ha portato alla recente ondata di arresti a Torino. La Procura di Napoli non avrebbe potuto scoprire nulla sugli smaltimenti illegali di rifiuti in Campania che han portato ai 25 arresti di qualche giorno fa. Mastella sarebbe tornato in Parlamento, visto che la moglie non sarebbe stata arrestata, e come lei gli altri venti amici dell’Udeur pizzicati a S. Maria Capua Vetere.Anche il pm De Magistris non avrebbe scoperto le ruberie di fondi pubblici sui depuratori e le società fittizie in Calabria. I ladri avrebbero continuato a rubare e lui non sarebbe stato punito dal Csm. Così come Clementina Forleo, unica a pagare per Bancopoli. Per loro, paradossalmente, la legge Berlusconi arriva tardi. Se i due magistrati non avessero potuto scoperchiare gli scandali, nessuno gliel’avrebbe fatta pagare.
     
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  9. Beach
     
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    grazie alle intercettazioni hanno beccato pure i medici milanesi che operavano solo per ottenere i rimborsi...

    è un'assurdità vietarle......


    ma gli elettori di berlusconi non se ne accorgono? sono davvero così imbecilli?
     
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  10. AdamClayton
     
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    La legge Arsenio Lupin
    l'Unità 10 giugno 2008


    Pierpaolo Brega Massone, nomen omen, capo della chirurgia toracica nella clinica Santa Rita convenzionata con la Regione Lombardia, l’uomo che in un sms si definiva “l’Arsenio Lupin della chirurgia”, è decisamente sfortunato. Se avesse atteso la legge Berlusconi sulle intercettazioni prima di architettare le truffe e gli scambi di fegati, polmoni, milze e cistifellee contestati dagl’inquirenti, sarebbe libero di proseguire i suoi maneggi con rimborso a pie’ di lista con i colleghi e/o complici. Invece è stato precipitoso. Uomo di poca fede, ha sottovalutato le potenzialità impunitarie del premier.

    Ora qualcuno parlerà di “arresti a orologeria” (nella solita Milano) per bloccare la mirabile riforma del Cainano: per non disturbare, gli inquirenti milanesi avrebbero dovuto aspettare qualche altra settimana e lasciar squartare qualche altra decina di pazienti. Perché quel che emerge dalle intercettazioni dell’inchiesta sulla clinica Santa Rita fa piazza pulita di tutte le balle e i luoghi comuni che la Casta, anzi la Cosca sta ritirando fuori per cancellare anche l’ultimo strumento investigativo che consente di scoprire i suoi reati. Le intercettazioni dei simpatici dottori sono contenute nelle ordinanze di arresto, dunque non sono più segrete, ergo i giornalisti le pubblicano.

    Qualcuno può sostenere che così si viola la privacy degli arrestati? O che, altra panzana a effetto, si viola la privacy dei non indagati? Sappiamo tutto delle malattie dei pazienti spolpati in sala operatoria per incrementare i rimborsi regionali: più violazione della privacy di questa, non si può. Eppure nemmeno la privacy dei pazienti innocenti, anzi vittime, può prevalere sul diritto dei cittadini (comprese le altre vittime reali o potenziali della truffa) di sapere tutto e subito. Sì, subito, con buona pace dei vari Uòlter, che ancora la menano sul divieto di pubblicare intercettazioni pubbliche fino al processo (che si celebrerà, se va bene, fra 3-4 anni).

    Restano da esaminare le altre superballe di marca berlusconiana (ma non solo).

    1) Le intercettazioni in Italia sarebbero “troppe”. Il Guardasigilli ad personam Alfano dice addirittura che “gran parte del Paese è sotto controllo”. Figuriamoci: 45 mila decreti di ascolto all’anno, su 3 milioni di processi, sono un’inezia. Le intercettazioni non sono né poche né troppe: sono quelle che i giudici autorizzano in base alle leggi vigenti, in rapporto all’unico parametro possibile: le notizie di reato. In Italia ci sono troppi reati e delinquenti, non troppe indagini e intercettazioni. L’alto numero di quelle italiane dipende dal fatto che da noi possono effettuarle solo i giudici, con tutte le garanzie dal caso, dunque la copertura statistica è del 100%. Negli altri paesi a intercettare sono soprattutto servizi segreti e polizie varie (in Inghilterra addirittura il servizio ambulanze e gli enti locali), senz’alcun controllo né statistica.

    2) Le intercettazioni andrebbero limitate in nome della privacy. Altra superballa: la privacy è tutelata dalla legge sulla privacy, che però si ferma là dove iniziano le esigenze della giustizia. Ciascuno rinuncia a una porzione della sua riservatezza per consentire allo Stato, con telecamere sparse in ogni dove e controlli svariati, di reprimere i reati e proteggere le vittime.

    3) Le intercettazioni “costano troppo”. Mavalà. A parte il fatto che costano molto meno di quanto fanno guadagnare allo Stato (due mesi di ascolti a Milano sulle scalate bancarie han fatto recuperare 1 miliardo di euro, quanto basta per finanziare 4 anni d’intercettazioni in tutt’Italia, che nel 2007 son costate 224 milioni), potrebbero costare zero euro se lo Stato, anziché pagare profumatamente i gestori telefonici, li obbligasse - sono pubblici concessionari - a farle gratis. Un po’ come si fa per le indagini bancarie, che gli istituti di credito - pur essendo soggetti privati - svolgono gratuitamente.

    4) I giudici - si dice - devono tornare ai “metodi tradizionali” e intercettare di meno. Baggianata sesquipedale: come dire che i medici devono abbandonare la Tac e tornare allo stetoscopio. Una conversazione carpita a sorpresa è un indizio molto più sicuro e genuino di tante dichiarazioni di testimoni o pentiti. E poi di quali “metodi tradizionali” si va cianciando? Se nessuno più parla perché i collaboratori di giustizia sono stati aboliti per legge (art. 513, “giusto processo”, legge sui pentiti) e l’omertà mafiosa viene pubblicamente elogiata (“Mangano fu un eroe perché in carcere non parlò”), come diavolo si pensa di scoprirli, i reati? Travestendosi da Sherlock Holmes e cercando le impronte con la lente d’ingrandimento? Inventatevene un’altra, per favore.
     
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  11. Beach
     
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    strano che non vogliano le intercettazioni:

     
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  12. AdamClayton
     
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    Tecnica di un colpo di mano
    l'Unità, 13 giugno 2008


    Ora che il cosiddetto “caso intercettazioni” si rivela per quello che è, cioè l’ennesimo “caso Berlusconi”, forse persino l’opposizione potrebbe dire come stanno le cose: e cioè che la privacy, le fughe di notizie e le spese di giustizia non c’entrano nulla. C’entra il solito Berlusconi che tenta di far saltare i suoi processi. Duro ammetterlo dopo aver accreditato la leggenda del Cavaliere che “ha risolto i suoi problemi”, dunque stavolta risolverà i nostri, anzi studia da Statista. Ma i fatti parlano da soli, anche per chi non li vuol vedere.

    Tre settimane fa, l’on. avv. Ghedini infila nel decreto sicurezza un codicillo che sospende i processi per 1-2 anni (poi ridotti a qualche mese) con la scusa di consentire agl’imputati di scegliere se patteggiare o no. Maroni lo blocca, ma i berluscones annunciano che ci riprovano con un ddl. Intanto il Cainano spara sulle intercettazioni e annuncia che non si faranno più per i reati sotto i 10 anni: quelli per cui è imputato lui. Basta una norma transitoria retroattiva e il processo di Napoli per la corruzione di Saccà si svuota per abolizione delle prove. Ieri Repubblica rivela che l’on. avv. Ghedini prepara un lodo Maccanico-Schifani bis per rendere invulnerabili le alte cariche, ma soprattutto quella bassa: è incostituzionale, la Consulta l’ha già detto una volta, ma intanto ci riprovano, sospendono i processi per 1-2 anni (quelli di Milano per Mills e Mediaset sono prossimi alla sentenza), poi se arriva un’altra bocciatura si inventeranno qualcos’altro. Il cerchio si chiude.

    E’ così difficile chiamare le cose col loro nome? Se il dialogo con l’opposizione non s’interrompe nemmeno stavolta, è l’ennesima replica di un copione collaudato da 15 anni. Funziona così. Lui ha un problema: uno o più processi da bloccare. Comincia a strillare che non siamo più una democrazia, che dai sondaggi risulta che il 102% degli italiani sta con lui, insomma il problema non è suo ma nostro. E chi non è d’accordo è comunista. Il centrosinistra prova a balbettare che i problemi veri sono altri: morti sul lavoro, salari, monnezza, crimini dei colletti e dei camici bianchi. Ma lui spara a zero a reti unificate, minaccia di scassare tutto, invoca la piazza, mentre le sue tv e i suoi giornali sparano balle e cifre false: in Italia si processa solo Berlusconi, in tutto il mondo non si processerebbe mai Berlusconi, processare Berlusconi ci costa mille miliardi al minuto. Giornali “indipendenti” e politici “riformisti”, per sembrare indipendenti e riformisti, sostengono che lui magari esagera un po’, “ma il problema esiste”. E poi non si può mica compromettere il “dialogo sulle riforme” (c’è sempre un “dialogo sulle riforme”, chissà poi quali) col “muro contro muro”.

    Dal Colle, dal Vaticano e dal Csm piovono fervorini contro l’ennesima “guerra tra politica e magistratura” (che ovviamente non esiste, ma i processi a Berlusconi per reati comuni vengono sempre chiamati così) e moniti per una “soluzione condivisa tra governo e opposizione” che contemperi le sacrosante esigenze del premier con la Privacy, l’Indipendenza della Magistratura, la Libertà di Stampa. Il Riformatorio esce con una dozzina di editoriali dal titolo “Moral suasion”, che nessuno legge e nessuno capisce, ma fanno fine e non impegnano. A questo punto salta su un pontiere di centrosinistra per avviare un bel negoziato bipartisan con Gianni Letta, che è berlusconiano ma è tanto buono, e poi - come diceva Saviane - somiglia tanto a sua sorella.

    Una volta è Boato, un’altra Maccanico, stavolta c’è l’imbarazzo della scelta. Berlusconi strepita: “Non tratto coi comunisti assassini lordi di sangue, voglio l’impiccagione dei giudici e il loro scioglimento nell’acido”. Però Letta comunica allo sherpa che lui esagera, ma si accontenta di molto meno: abrogare i suoi processi, una cosina da niente, povera creatura indifesa. Lo sherpa ulivista annuncia giulivo: “Abbiamo vinto, i giudici non saranno impiccati né sciolti nell’acido. Se si consegnano con le mani alzate a Villa Certosa, avranno salva la vita”. E partorisce una “bozza” (o “lodo”) che abolisce i processi a Berlusconi. “Tutto è bene quel che finisce bene”, titola Pigi Battista sul Corriere, mentre Ostellino, Panebianco e Galli della Loggia criticano l’eccessiva cedevolezza del Pdl al partito giustizialista. Il Cavaliere incassa complimenti trasversali per la moderazione dimostrata. I giudici dichiarano il non doversi procedere per intervenuta abrogazione dei processi. Lui dirama un video-monologo a reti unificate: “La mia ennesima assoluzione dimostra che ero innocente anche stavolta, ma le toghe rosse complottavano contro di me senza prove. Voglio le scuse e la medaglia d’oro”. Dall’altra sponda, autoapplausi compiaciuti: “Abbiamo fato bene a dialogare: il problema esisteva”.
     
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  13. AdamClayton
     
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    Necessità e urgenza
    l'Unità, 12 giugno 2008


    Ciò che stupisce non è che il Cainano tenti di trasformare in decreto la legge Arsenio Lupin contro le intercettazioni, salvo poi innestare la retromarcia e parlare del solito equivoco. Lui ci prova sempre, per vedere l’effetto che fa. Poi, alla peggio, dice che è stato frainteso. Intanto incassa la patente di moderato, di uomo del dialogo. Ha sempre fatto così: volendo ottenere 10, chiede 100, l’opposizione e il Colle trattano su 50, lui accetta, l’opposizione e il Colle fingono di aver vinto anche loro, mentre in realtà ha vinto solo lui, portando a casa il quintuplo di quel che gli serviva. E fa pure bella figura. Sabato, quando annunciò l’abrogazione delle intercettazioni per tutti i reati tranne mafia e terrorismo, si sapeva benissimo che alla fine –bontà sua- avrebbe incluso anche rapine, omicidi, stupri, estorsioni, traffici di droga e di armi. Tutti reati che lui, di solito, non commette. Infatti ieri ha annunciato che le intercettazioni saranno vietate per i delitti puniti con pene inferiori a 10 anni. Ci sarà anche la concussione (un contentino alla Lega: tanto nessuno gliel’ha mai contestata),ma non la corruzione, l’appropriazione indebita, la frode fiscale, l’aggiotaggio, l’insider trading, cioè i reati di competenza sua e dei suoi amici. Tutto secondo copione.

    Di stupefacente, in quest’ennesima puntata della saga “Lo chiamavano Impunità”, c’è solo lo stupore del grosso dell’ opposizione e del Quirinale, che ieri si domandavano allibiti: e dove sarebbero i requisiti di necessità e urgenza per un decreto? Ma non si era detto di dialogare per una soluzione bipartisan che tuteli la privacy di Anna Falchi e del piccolo Moggi, ma anche le esigenze dei giudici e della stampa, come tromboneggiano politici, istituzioni, commentatori e giuristi per caso? In effetti si era detto così. Il fatto è che lui del dialogo se ne frega, come della privacy di Anna Falchi e del piccolo Moggi, e soprattutto dei giudici e della stampa. Lui ha problemi più impellenti: i processi.Gliela spiega lui a questi fresconi la necessità e l’urgenza. Lui è imputato per corruzione a Napoli insieme a Saccà, l’udienza preliminare rinviata per le elezioni è partita venerdì scorso, quando gli avvocati dei due imputati, Niccolò Ghedini per il Cainano e Marcello Melandri per Saccà hanno ricevuto il cd-rom con dentro tutte le intercettazioni e le altre fonti di prova sul do ut des contestato dagli inquirenti: ragazze da sistemare a Raifiction (quelle che era proprio impossibile portare in Parlamento) in cambio di contropartite affaristiche.

    Noi non sappiamo cosa contenga il dischetto, ma i due avvocati e i rispettivi clienti sì. Il Cainano sapeva benissimo quel che aveva fatto e detto. Ora sa anche quel che è stato registrato. E, a giudicare dalla fretta disperata con cui vuole vietare le intercettazioni,dev’essere roba piuttosto compromettente persino per un uomo senza reputazione. Se si arriva al rinvio a giudizio con la legge attuale, sapremo presto tutto anche noi. Con la nuova legge, di cui si occupa attivamente l’on. avv. Ghedini, un vero esperto, non solo non sapremo più nulla. Ma basterà una norma transitoria retroattiva che dichiari inutilizzabili le intercettazioni fatte secondo la vecchia legge in base alla nuova, per distruggere tutto prima che la gente scopra chi faceva un “uso criminoso della televisione pagata con i soldi di tutti”: proprio colui che da Sofia lanciò quell’accusa a Biagi, Santoro e Luttazzi, in combutta con chi eseguì materialmente l’editto bulgaro.

    E’ la solita corsa contro il tempo: fare la legge prima che parta il processo. Venerdì, l’On. Avv. in veste di difensore ha chiesto al gip di Napoli di dichiararsi incompetente e di mandare tutto a Roma, così si perde qualche altro mese. Ma la speranza che gli diano retta è scarsina. Ergo, rientrato a Roma, l’On. Avv. ha indossato i panni del legislatore e s’è messo all’opera per la nuova legge. E’ dalla “discesa in campo” del ‘94 che si replica la stessa scena. Decreto Biondi per non far arrestare il fratello Paolo. Legge sulle rogatorie per cestinare le prove sulle tangenti ai giudici. Legge sul falso in bilancio per depenalizzare il reato. Legge Cirami per spostare i processi da Milano. Lodo Maccanico-Schifani per rendere invulnerabile il premier. Legge ex Cirielli per dimezzare la prescrizione e salvare Previti dalla galera. Legge Pecorella per abrogare il processo d’appello Sme-Ariosto. Indulto extralarge per salvare Previti anche dai domiciliari. Ogni volta lo stesso copione. Tutti si domandano perché lo fa e lui, mentre gli altri dialogano, lo fa.
     
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  14. AdamClayton
     
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    Arrestateci Tutti
    L'Unità, 15 giugno 2008


    L’altro giorno, fingendo di avanzare un’”ipotesi di dottrina”, Giovanni Sartori ha messo in guardia sulla Stampa dai ”dittatori democratici” e ha spiegato: “Con Berlusconi il nostro resta un assetto costituzionale in ordine, la Carta della Prima Repubblica non è stata abolita. Perché non c’è più bisogno di rifarla: la si può svuotare dall’interno. Si impacchetta la Corte costituzionale, si paralizza la magistratura… si può lasciare tutto intatto, tutto il meccanismo di pesi e contrappesi. E di fatto impossessarsene, occuparne ogni spazio. Alla fine rimane un potere ‘transitivo’ che traversa tutto il sistema politico e comanda da solo”. Non poteva ancora sapere quel che sarebbe accaduto l’indomani: il governo non solo paralizza la magistratura, ma imbavaglia anche l’informazione abolendo quella giudiziaria. E, per chi non avesse ancora capito che si sta instaurando un regime, sguinzaglia pure l’esercito per le strade.

    Nei giorni scorsi abbiamo illustrato i danni che il ddl Berlusconi-Ghedini-Alfano sulle intercettazioni provocherà sulle indagini e i processi. Ora è il caso di occuparci di noi giornalisti e di voi cittadini, cioè dell’informazione. Che ne esce a pezzi, fino a scomparire, per quanto riguarda le inchieste della magistratura. Il tutto nel silenzio spensierato e irresponsabile delle vestali del liberalismo e del garantismo un tanto al chilo. Che, anzi, non di rado plaudono alle nuove norme liberticide. Non si potrà più raccontare nulla, ma proprio nulla, fino all’inizio dei processi. Cioè per anni e anni. Nemmeno le notizie “non più coperte da segreto”, perché anche su quelle cala un tombale “divieto di pubblicazione” che riguarda non soltanto gli atti e le intercettazioni, ma anche il loro “contenuto”. Non si potrà più riportarli né testualmente né “per riassunto”. Nemmeno se non sono più segreti perché notificati agli indagati e ai loro avvocati. Niente di niente.

    L’inchiesta sulla premiata macelleria Santa Rita, con la nuova legge, non si sarebbe mai potuta fare. Ma, anche se per assurdo si fosse fatta lo stesso, i giornali avrebbero dovuto limitarsi a comunicare che erano stati arrestati dei manager e dei medici: senza poter spiegare il perché, con quali accuse, con quali prove. Anche l’Italia, come i regimi totalitari sudamericani, conoscerà il fenomeno dei desaparecidos: la gente finirà in galera, ma non si saprà il perché. Così, se le accuse sono vere, le vittime non ne sapranno nulla (i famigliari dei pazienti uccisi nella clinica milanese, che stanno preparando una class action contro i medici assassini, sarebbero ignari di tutto e lo resterebbero fino all’apertura del processo, campa cavallo). Se le accuse invece sono false (come nel caso di Rignano Flaminio, smontato dalla libera stampa), l’opinione pubblica non potrà più sapere che qualcuno è stato ingiustamente arrestato, né come si difende: insomma verrà meno il controllo democratico dei cittadini sulla Giustizia amministrata in nome del popolo italiano.

    Chi scrive qualcosa è punito con l’arresto da 1 a 3 anni e con l’ammenda fino a 1.032 euro per ogni articolo pubblicato. Le due pene - detentiva e pecuniaria - non sono alternative, ma congiunte. Il che significa che il carcere è sempre previsto e, anche in un paese dov’è difficilissimo finire dentro (condizionale fino a 2 anni, pene alternative fino a 3), il giornalista ha ottime probabilità di finirci: alla seconda o alla terza condanna per violazione del divieto di pubblicazione (non meno di 9 mesi per volta), si superano i 2 anni e si perde la condizionale; alla quarta o alla quinta si perde anche l’accesso ai servizi sociali e non resta che la cella. Checchè ne dica l’ignorantissimo ministro ad personam Angelino Alfano.

    E non basta, perché i giornalisti rischiano grosso anche sul fronte disciplinare: appena uno viene indagato per aver informato troppo i suoi lettori, la Procura deve avvertire l’Ordine dei giornalisti affinchè lo sospenda per 3 mesi dalla professione. Su due piedi, durante l’indagine, prim’ancora che venga eventualmente condannato. A ogni articolo che scrivi, smetti di lavorare per tre mesi. Se scrivi quattro articoli, non lavori per un anno, e così via. Così ti passa la voglia d’informare. Anche perché, oltre a pagare la multa, finire dentro e smettere di lavorare, rischi pure di essere licenziato.

    D’ora in poi le aziende editoriali dovranno premunirsi contro eventuali pubblicazioni di materiale vietato, con appositi modelli organizzativi, perché il “nuovo” reato vien fatto rientrare nella legge 231 sulla responsabilità giuridica delle società. Significa che l’editore, per non vedere condannata anche la sua impresa, deve dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni contro le violazioni della nuova legge. Come? Licenziando i cronisti che pubblicano troppo e i direttori che glielo consentono. Così usciranno solo le notizie che interessano agli editori: quelle che danneggiano i loro concorrenti o i loro nemici (nel qual caso l’editore si sobbarca volentieri la multa salatissima prevista dalla nuova legge, da 50 mila a 400 mila euro per ogni articolo, e accetta di buon grado il rischio di veder finire in tribunale la sua società). La libertà d’informazione dipenderà dalle guerre per bande politico-affaristiche tra grandi gruppi. E tutte le notizie non segrete non pubblicate? Andranno ad alimentare un sottobosco di ricatti incrociati e di estorsioni legalizzate: o paghi bene, o ti sputtano.

    Ultima chicca: il sacrosanto diritto alla rettifica di chi si sente danneggiato o diffamato, già previsto dalla legge attuale, viene modificato nel senso che la rettifica dovrà uscire senza la replica del giornalista. Se Tizio, dalla cella di San Vittore, scrive al giornale che non è vero che è stato arrestato, il giornalista non può nemmeno rispondere che invece è vero, infatti scrive da San Vittore. A notizia vera si potrà opporre notizia falsa, senza che il lettore possa più distinguere l’una dall’altra. Tutto ciò, s’intende, se i giornalisti si lasceranno imbavagliare senza batter ciglio.

    Personalmente, annuncio fin d’ora che continuerò a informare i lettori senza tacere nulla di quel che so. Continuerò a pubblicare, anche testualmente, per riassunto, nel contenuto o come mi gira, atti d’indagine e intercettazioni che riuscirò a procurarmi, come ritengo giusto e doveroso al servizio dei cittadini. Farò disobbedienza civile a questa legge illiberale e liberticida. A costo di finire in galera, di pagare multe, di essere licenziato. Al primo processo che subirò, chiederò al giudice di eccepire dinanzi alla Consulta e alla Corte europea la illegittimità della nuova legge rispetto all’articolo 21 della Costituzione e all’articolo 10 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (“Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche…”, con possibili restrizioni solo in caso di notizie “riservate” o dannose per la sicurezza e la reputazione). Mi auguro che altri colleghi si autodenuncino preventivamente insieme a me e che la Federazione della Stampa, l’Unione Cronisti, l’associazione Articolo21, oltre ai lettori, ci sostengano in questa battaglia di libertà. Disobbedienti per informare. Arrestateci tutti.
     
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  15. AdamClayton
     
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    Lettera a Vittorio Feltri, direttore di Libero

    Caro direttore,
    apprendo da Libero (pagina 13 di ieri, "Scrivevo sull'Espresso, ma il censore Travaglio...") che, tra i vari crimini da me commessi, ci sarebbe anche la fine della collaborazione di Gabriele Mastellarini con l'Espresso. Posto che non mi ero nemmeno accorto che fosse iniziata finchè costui non ha cominciato ad attaccarmi sul suo blog (subito ripreso da Il Giornale), vorrei solo precisare che non mi sono mai occupato della sua collaborazione con l'Espresso, non avendo alcun titolo per farlo e avendo fortunatamente di meglio da fare. Sono curioso di conoscere i nomi dei "padrini" che mi proteggerebbero e mi domando come si permetta questo noto maestro di giornalismo di pubblicare sms privati e di insinuare, citando un terzo ("non si può escludere..."), che io abbia posto all'Espresso l'aut aut "o io, o lui". Circostanza mai avvenuta. Il fatto poi che i miei legali abbiano ricordato, in una casa civile intentatami da Mediaset, che tengo una rubrica satirica sull'Unità, dipende dal fatto che tengo una rubrica satirica sull'Unità, intitolata prima "Bananas", poi "Uliwood Party", infine "Ora d'aria". Rubrica talmente satirica da avermi fatto vincere il premio Satira di Forte dei Marmi 2007.

    Cordiali saluti
    Marco Travaglio
     
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214 replies since 2/6/2008, 21:42   2138 views
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