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AdamClayton.
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"Il Nuovo Secolo Americano"
Il film che tutti conoscevate come “La Verità di Cristallo” è finalmente terminato. Uscirà però con il titolo “Il Nuovo Secolo Americano”, che risultava molto più appropriato rispetto ai contenuti.
“Il Nuovo Secolo Americano” ha esordito tre settimane fa al Festival di San Paulo, in Brasile. Pur trattandosi ancora di una copia lavoro, i risultati sono stati incoraggianti: alla fine del Festival gli organizzatori hanno dovuto programmare una proiezione supplementare, a richiesta del pubblico che non era riuscito a vederlo in quelle normali.
Il film è già in lista per una possibile selezione al prossimo Festival di Miami (febbraio).
In Italia sarà disponibile in libreria a partire dai primi di febbraio (Macroedizioni).
Questo è il trailer:
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AdamClayton.
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IL PAZZO DEL VILLAGGIO
Che Francesco Cossiga non creda nella versione ufficiale dell'11 settembre è un dato acclarato da tempo. Ma ieri 20 novembre 2007, lui ha fatto molto di più. Annuncia all'Ansa – che riporta fedelmente – che l'ultima esternazione di Osama bin Laden sarebbe un falso. E precisa che gli autori del falso sarebbero dentro Mediaset.
Più precisamente, dice Cossiga, si tratterebbe di un “videomontaggio realizzato negli studi di Mediaset a Milano e fatto giungere alla rete televisiva islamista Al Jazeera che lo ha ampiamente diffuso”.
Le prove devono ancora venire, ma Cossiga annuncia anche chi le ha e le dovrebbe mostrare “domani o dopodomani”. Trattasi nientepopodimeno che della “più potente catena quotidiani-periodici del nostro Paese”.
Sarà il Corriere della Sera? Cossiga comunica che qualcuno gli ha spifferato “lo scoop”. Non ci resta che aspettare, piuttosto divertiti, lo sviluppo della notizia. A qualcuno potrebbe perfino venire malignamente il sospetto che, anticipando lo scoop, il presidente emerito possa aver tentato l'operazione di bloccarlo. Ma è solo un sospetto, la cui fondatezza sarà verificata domani o dopodomani.
Certo che qualche interrogativo la mossa di Cossiga lo solleva. Intanto perché Mediaset non avrebbe avuto bisogno di alcun “videomontaggio”, essendo stata l'esternazione di Osama soltanto sonora.
Inoltre Al Jazeera ribadisce che quella è la voce originale di bin Laden, sebbene ammetta di averla ricevuta, questa volta, non attraverso il “tradizionale percorso delle comunicazioni del capo di al Qaeda (fatte recapitare alla redazione di Kabul)”, bensì attraverso “uno dei forum dove vengono scambiati i video e gli audio della propaganda jihadista” (Rak/AKI 30-NOV-07 18:18 ).
Ma c'è un altro passaggio criptico che Francesco Cossiga si è peritato di inviare, nel fiume di parole che ha speso: laddove dice, testualmente, che “da ambienti vicini a Palazzo Chigi, centro nevralgico di direzione dell' intelligence italiana, si fa notare che la non autenticità del video è testimoniata dal fatto che Osama bin Laden in esso confessà che Al Qaeda sarebbe stato l'autore dell'attentato dell'11 settembre alle due torri in New York, mentre tutti gli ambienti democratici d'America e d'Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato è stato pianificato e realizzato dalla Cia americana e dal Mossad con l'aiuto del mondo sionista per mettere sotto accusa i paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq sia in Afghanistan”.
Qui c'è più di una imprecisione, per parlare eufemisticamente. Perché quanto descrive Cossiga contraddice palesemente ciò che ufficialmente dichiarano di pensare “tutti gli ambienti democratici d'America e d'Europa” e più di tutti “il centro sinistra italiano”.
Viene da pensare che Cossiga, ancora una volta (certamente non la prima), si sia assunto il ruolo del pazzo del villaggio che può permettersi – appunto in quanto pazzo – di dire verità che nessuno oserebbe pronunciare. Con l'unica differenza, rispetto al pazzo della tradizione shaekspiriana, che questo ex presidente della Repubblica italiana, dice mezze verità, quando le dice, mescolate a mezze falsità. Le une e le altre avvinghiate da cordoni velenosi che è impossibile districare, perché solo chi li usa ne conosce tutti i segreti. Il pazzo del villaggio parlava al popolo del villaggio. Questo lancia messaggi che possono capire soltanto i cortigiani e, da lontano, anche l'Imperatore.
Giulietto Chiesa
Fonte: www.megachip.info
Link: http://www.megachip.info/modules.php?name=...icle&artid=5351
Petrolio e terrorismo
BEPPE GRILLO
11 settembre 2001. Da allora siamo una nazione a rischio attentati islamici. Sono passati più di sei anni e a memoria non si è avuto un solo morto o ferito a causa della Jihad in Italia. Quasi un record. Non si è visto un solo invasato con il turbante o un fanatico con la barba coinvolto in una rapina, in un fatto di sangue, in un assalto in villa.
Qualcuno crede che ciò sia possibile perchè l’Italia chiude un occhio, o forse tutti e due, e lascia fare. E permette che vengano costituite basi logistiche che possono servire per attentati in Europa. In questo ci può essere del vero, da noi si può fare quello che si vuole, siamo probabilmente il miglior crocevia dei servizi segreti del mondo. Abu Omar lo hanno rapito ventisei agenti della Cia a Milano. Ma un terrorista che vuol farsi esplodere a Londra o a Madrid può disporre facilmente di supporti locali. Non ha bisogno di Roma o di Milano. Dal 2001 ci sono stati circa 8000 persone assassinate sul lavoro, centinaia di morti per mano della criminalità organizzata, migliaia di stupri. Intere aree di Campania, Calabria e Sicilia sono extra territoriali, a lupara libera. Il risultato è che abbiamo inviato le nostre truppe in Iraq e in Afghanistan e tolti i fondi alla Polizia di Stato. Tutta colpa della Jihad.
A cosa serve la paura del musulmano? Delle moschee? Chi prega di solito non delinque. Per trovare qualche risposta ho letto il recente rapporto della International Energy Agency sul futuro dell’energia mondiale. Il suo contenuto è riassunto in una cartina riportata dal Financial Times dal titolo: “L’importanza crescente dl petrolio del Medio Oriente”.
Nel 1980 l’estrazione di petrolio era di 35,5 milioni di barili per giorno dagli Stati non Opec, ad esempio Stati Uniti e Russia, e di 28,1 mil/barili dalla zona Opec. La previsione per il 2030 è rovesciata, la produzione di petrolio sarà di 60,3 milioni di barili al giorno nella zona Opec e di 53,2 mil/barili nel resto del mondo. Chi controlla il Golfo Persico, dove sarà estratto il 30% dell’intero fabbisogno mondiale, controlla l’energia e chi controlla l’energia controlla il pianeta. La richiesta crescente di energia (la sola Cina passerà dagli attuali 7 milioni di barili al giorno a 16, 5 milioni nel 2030) coinciderà con la concentrazione dell'estrazione petrolio nel Golfo Persico, dove si affacciano Iran, Iraq, Arabia Saudita, Emirati. Tutti Stati musulmani. Più produci petrolio più sei terrorista.. -
AdamClayton.
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IL NUOVO SECOLO AMERICANO - Interamente visibile on line e scaricabile gratuitamente
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AdamClayton.
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Risvegling for dummies
In una recente discussione si parlava della difficoltà di far arrivare alla maggioranza delle persone le informazioni che noi conosciamo grazie a Internet, e che portano ad una lettura dell’undici settembre - e di tutto quello che ci sta intorno - molto diversa da quella ufficiale. A questo proposito un utente chiedeva: “Esiste un "risvegling for dummies" [Come risvegliare i tonti]? Un decalogo... le istruzioni...In realtà sono io che mi sento ottuso o più probabilmente lo sono, viste le sistematiche derisioni che mi procuro”.
Secondo me il problema fondamentale sta nel capire che le diverse conclusioni a cui giungono le persone non dipendono mai da un “errato” ragionamento, ma da un diverso punto di vista iniziale. Partono cioè da premesse diverse dalle nostre. Chi ha visto Rashomon sa bene quanto diversa possa essere la percezione dello stesso evento, visto da angolazioni diverse. (E chi non l’ha mai visto corra ad affittarlo, e si faccia un regalo prezioso).
E’ quindi inutile insistere nelle discussioni, se a un certo punto ci si accorge che l’altro non ci segue fino in fondo. Questo significa infatti che lui parte da premesse diverse dalle nostre, ed è prima a quelle che bisogna rivolgere l’attenzione.
Se uno parte dal presupposto, ad esempio, che i negri siano una razza inferiore, non potrai mai convincerlo che lo schiavismo è ingiusto. Lo schiavismo diventa “ingiusto” solo se parti dal presupposto che le razze siano tutte uguali.
Se uno parte dal presupposto che la medicina ufficiale cerca in ogni modo di alleviare le umane sofferenze, non potrai mai convincerlo che la cartilagine di squalo funziona, perchè quello subito ti risponderebbe: “Ma figurati, se funzionasse lo si saprebbe di sicuro!”
Solo se gli instilli prima il dubbio che non necessariamente la medicina moderna abbia come priorità la cura dell’uomo, ma magari il profitto economico – e che abbia quindi interesse a tacere le proprietà della cartilagine, e non di divulgarle - allora potrai sperare di essere preso seriamente. Ma finchè non rimuovi quel macigno rapprentato dalla premessa sbagliata, anche la conclusione sarà sempre sbagliata.
Per il 9/11 è la stessa cosa: finchè uno parte dal presupposto che quello che dice la TV è vero, tu puoi presentargli tutte le prove di questo mondo, ma non crederà mai che gli islamici con le Torri Gemelle non abbiano nulla a che fare. E ha pure ragione, poveraccio: sono sei anni che i mass-media ci martellano quotidianamente con il “terrorismo islamico”. “Ma non li leggi i giornali? - ti direbbe scandalizzato – Non hai visto cosa hanno fatto l’altro giorno in Algeria! Vuoi forse dirmi che quelli non erano islamici?”
Finchè non gli suggerisci che quelli erano certamente islamici, ma chi li aizza e li manda al martirio può benissimo essere di un’altra religione, non potrai mai sostenere che le Torri Gemelle non le hanno buttate giù loro.
In altre parole, l’elemento che porta a “litigare”– anche fra persone assolutamente civili e ben diposte – sta nel dare per scontato che l’altro parta dagli stessi presupposti dai quali parti tu. Siamo quindi noi stessi a cadere vittime di una premessa sbagliata.
E’ per quello che nelle discussioni “ci si incazza”: perchè dopo un pò, a furia di ripetere le stesse cose, ti sembra impossibile che l’altro non le veda come le vedi tu. E a quel punto ti ritrovi a chiederti se la persona che hai davanti sia in malafede, oppure se sia soltanto un emerito deficiente. (Da cui il famoso “ma ci fai o ci sei?”)
Nessuna delle due, in realtà, è la risposta giusta. La cosa paradossale, infatti, è che in quel momento lui si sta ponendo le stesse identiche domande su di te.
Ognuno, dal proprio punto di vista, ha sempre perfettamente ragione. Persino il serial killer, che deve essersi costruito una valida motivazione – conscia o inconscia, in quel caso - per poter continuare tranquillamente ad uccidere senza provare il minimo rimorso.
A loro volta quindi non esistono “dummies” in assoluto, ma soltanto dummies poco informati, che partono cioè da premesse errate.
Ma nessuno può permettersi di riposare sugli allori, e non basta “sapere” qualcosa di più dell’altro per pensare di avere ragione: noi stessi infatti rischiamo di non essere informati su strati ancora più sottili di quello che ci appare come palese e scontato.
Dobbiamo quindi accontentarci di “avere ragione “ in termini relativi, e questo lo si ottiene portando l’altro ad avere almeno il nostro stesso livello di conoscenza.
Ma da qui in poi si apre, per tutti, il baratro filosofico che porta a domandarsi se esista una verità oggettiva o meno. I cartesiani sostenevano di si, le nuove generazioni di noetici sostengono di no.
Ciascuno di loro, naturalmente, parte da una premessa differente.
Massimo Mazzucco. -
AdamClayton.
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Intervista a Roberto Quaglia
N.A.Di.R. informa: Roberto Quaglia, noto soprattutto per il saggio breve "Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sull'11 settembre 2001, ma non avete mai osato chiedere", quale contributo di apertura del bestseller 2003 "Tutto quello che sai è falso", autore di numerose opere di fantascienza satirica e surreale, ci presenta il suo nuovo lavoro: "Il mito dell'11 settembre. E l'opzione dottor stranamore" – Ed. PonSinMor – un'analisi attenta dei fatti che caratterizzaroo l'11 settembre 2001 e degli eventi che a questo giorno succedettero, come ciò che potrebbe essere tranquillamente il canovaccio di un romanzo fantascientifico abbia cambiato la faccia del mondo. Il giallo del nuovo Millennio: un mistero che immediatamente ne richiama un altro in una serie interminabile e fantasmagorica di implicazioni surreali sino a divenire paradossalmente "satiriche", se non determinassero la morte e la sofferenza di migliaia e migliaia di innocenti. Morti e sofferenze inserite in una rete di "giochi di potere" tanti efficaci al perseguimento dei loro scopi, quanto assurdi ed inumani.
Intervista a cura di Emanule Montagna
Produzione: Arcoiris Bologna
Visita il sito: www.mediconadir.it
Visita il sito: www.mito11settembre.it
Visita il sito: www.robertoquaglia.com
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Do...29&ext=_big.wmv. -
AdamClayton.
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L’Italia non vuole sapere
Dai primi indizi sembra di capire che non sarà facile diffondere “Il Nuovo Secolo Americano“ in Italia.
Il primo segnale in questo senso è arrivato lo scorso agosto, quando il film, presentato in forma ancora incompleta alla selezione del Festival di Venezia, è stato respinto con una motivazione, firmata dallo stesso Direttore Marco Mueller, dalla quale si capiva chiaramente che il film non era stato nemmeno visto.
Si è trattato chiaramente di una decisione presa a priori, che era peraltro comprensibile in quel caso: mai come quest’anno il Festival di Venezia si era trasformato in una specie di supermercato al servizio dei film americani, e “Il Nuovo Secolo Americano” non avrebbe certo fatto piacere accanto ai grossi titoli commerciali sostenuti dalle majors a suon di dollari.
Ancora peggio le cose sono andate con il Festival di Torino, in calendario lo scorso novembre, diretto da Nanni Moretti: in questo caso abbiamo ricevuto un lapidario “il film non interessa” quando, per un disguido postale, non eravamo nemmeno riusciti a far arrivare in tempo una copia per la visione della giuria. In altre parole, hanno visto il modulo di iscrizione, e hanno risposto “il film non interessa”, non sapendo che nel frattempo ci eravamo accorti del disguido, per cui abbiamo la certezza matematica che il film non l’abbiano nemmeno visto. L’Italia sa essere grande, anche nel fare figuracce come questa.
Veniamo ora ai giorni nostri: per giovedì 20 dicembre (domani) l’amico e collaboratore Federico Povoleri (in arte Musicband), insieme al direttore del Cineforum Blob-Giudecca, Giancarlo Ghigi, hanno organizzato una proiezione che ha avuto il sostegno completo e incondizionato della stessa municipalità di Venezia. A questo punto gli organizzatori hanno pensato bene di convocare prima una conferenza stampa (lunedì 17), in modo da dare la possibilità ai giornali locali di parlare del film, prima della presentazione al pubblico. Il sottoscritto era disponibile a rispondere allo loro domande in collegamento via skype. Sono stati mandati oltre cento inviti, anche da parte della stessa municipalità, che si è attivata in maniera particolare per questa proiezione.
Alla conferenza stampa di lunedì 17 non si è presentato un solo giornalista.
L’unico a confortare Povoleri e Ghigi, che hanno passato due ore a guardarsi in faccia esterrefatti, è stato Tom Bosco di Nexus, che era venuto appositamente da Padova, pur conoscendo già il film molto bene. (Speriamo che alla proiezione di domani venga comunque un numero di persone sufficiente, a ripagare almeno lo sforzo organizzativo fatto dai nostri amici).
Questa totale “assenza in correo” può significare soltanto due cose. O a Venezia hanno così tante cose importanti di cui parlare, oltre all’acqua alta e alla laguna bassa, per cui una notizia del genere “non ci stava“ proprio, oppure il film di Mazzucco suona chiaramente scomodo, e l’unico modo per evitare di parlarne e quello di non vederlo del tutto.
Per fortuna nel resto del mondo il film sta seguendo la sua normalissima trafila: ha esordito - con notevole successo, fra l’altro - al festival di San Paolo in Brasile, e nello stesso paese verrà presto programmato in un circuito di 150 sale digitali. E’ già in lizza per un altro paio di Festival internazionali, e negli stessi Stati Uniti qualcuno si è fatto avanti per una eventuale distribuzione cinematografica (sempre in circuito digitale, ovviamente).
Sembra quindi evidente che il fuoco di sbarramento scatenato in Italia dai benpensanti alla Teodori ha avuto gli effetti desiderati.
Starà nuovamente ai singoli individui, iscritti a luogocomune e non, di rimboccarsi le maniche per far circolare in qualche modo questo film anche in Italia, almeno finchè non avremo affrontato lo scoglio di una eventuale distribuzione nella sale. Le proiezioni sono libere, come per Inganno Globale, e il nostro totale supporto è garantito già in partenza.
Massimo Mazzucco. -
compactv.
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CITAZIONE (AdamClayton @ 13/12/2007, 03:19)IL NUOVO SECOLO AMERICANO - Interamente visibile on line e scaricabile gratuitamente
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Xvid&id=8711
visto ora tutto d'un fiato....parecchio raccapricciante...siamo quasi ad un neo-nazismo da parte dell'esercito americano e inglese...lavaggio del cervello che va avanti dagli anni 30...grazie di averlo postato. -
AdamClayton.
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Undici settembre: sempre più nodi vengono al pettine
di Paolo Jormi Bianchi - Megachip
Nel settore delle ricerche sui fatti dell'11-9, c'è chi dice di andare a caccia di bufale, e invece prende solo mosche, nonostante mantenga operative intere squadre di scrupolossissimi investigatori del dettaglio, buoni solo a giocare con le squallide armi della calunnia e dell'insinuazione disonesta. Ma è l'evolversi stesso della situazione, il corso della storia, a mettere in un angolo i cosiddetti “debunkers”. Continuano a susseguirsi notizie circa nodi pesanti dell'11 settembre che vengono via via al pettine: notizie riportate dai media statunitensi e che rimbalzano di qua dell'Atlantico.
Mentre c'è chi si affanna a trovare l'ultima virgola fuori posto nel lavoro di chi cerca la verità (con una malsana passione che senza voler pensar male, si fa comunque fatica a capire), continuano a giungere notizie che picconano pesantemente il rapporto ufficiale Kean-Hamilton del 2004, e lo sbriciolano, pezzo dopo pezzo, in uno stillicidio di rivelazioni e dubbi che alimentano lo scetticismo sempre crescente del popolo americano. Nella favoletta che gli è stata raccontata, credono in sempre meno americani.
Qui potete leggere il New York Times a proposito dell'insabbiamento Cia dei verbali di testimonianze chiave http://www.megachip.info/ciakean.pdf : l'accusa è quella di aver ostacolato la commissione d'inchiesta. L'articolo è del 22 dicembre scorso e in Europa lo ha ripubblicato l'Herald Tribune del 24 dicembre.
Qui potete rivedere un servizio della Cnn del 12 settembre scorso http://dailymotion.alice.it/video/x31la4_t...e-subs-ita_news , di cui già hanno trattato i ricercatori del sito Luogocomune.net (mettendo anche i sottotitoli), che mostra al pubblico americano come sopra alla casa bianca, a Washington, nella zona interessata dall'attacco al Pentagono, fosse in volo quella mattina un aereo militare Boeing 747 E-4B, color bianco latte, meglio noto come “l'aereo del giorno del giudizio” (the Doomsday plane), un velivolo che in tutto e per tutto costituisce un centro di comando aerospaziale autonomo. Si tratta di una sorta di Pentagono volante, perfettamente attrezzato per dirigere tutte le forze armate degli Stati Uniti. In caso di guerra atomica (venne ideato durante la guerra fredda) questo Doomsday plane e l'Air Force One del presidente garantiscono agli Stati Uniti la continuità nella catena di comando.
Chiariamo subito un punto: il motivo per cui abbiamo fatto “Zero”, film e libro, è lo stesso per cui abbiamo fatto firmare a (fino ad adesso) 4000 cittadini e intellettuali italiani il manifesto “Rompere il muro del silenzio”. Chiediamo cioè che il rapporto ufficiale su quanto accaduto sia definitivamente dichiarato insufficiente e che una riapertura delle indagini abbia luogo il più presto possibile.
Non ci interessa se qualche fissato passa il suo tempo davanti al computer per trovare il modo a tutti i costi di smentire quella o quell'altra nostra dichiarazione, quel brano del film, spesso in modo tiratissimo, tanto per tenere botta… Sono gli eventi, è la storia a fare il suo corso. Come dice nel nostro film Moni Ovadia: “I risultati della commissione d'inchiesta sono stati molto deludenti. Molte prove sono state ignorate. Molti testimoni non sono stati neppure chiamati a deporre. Il rapporto finale sorvola su, molte, moltissime questioni chiave”. Appunto. Fino ad oggi i parenti delle vittime, per esempio la vedova Casazza https://www.youtube.com/watch?v=rukxI_GLc3w....com/node/12406 , una delle cosiddette “Jersey girls” che hanno combattuto proprio per ottenere l'istituzione della commissione d'inchiesta, continuano ad accusare il governo di nascondere la verità e le sue pesanti responsabilità. Non sembra che le spiegazioni dei debunkers convincano quella vedova e gli altri parenti. Nel frattempo, oltre a tutte le pecche del rapporto ufficiale che abbiamo sollevato nel film e nel libro, continuano a saltarne fuori di nuove: adesso viene fuori che la Cia ha distrutto dei verbali di interrogatorio e nel 2004 non li ha dati alla commissione Kean, tenendoglieli nascosti. E viene fuori che mentre chissà cosa si schiantava sopra al Pentagono, e chissà cosa vi esplodeva all'interno, la mattina dell'11 settembre un centro di comando militare volante svolazzava sopra quella che a questo punto dovremmo chiamare “la zona delle operazioni”. Avete capito bene, e se andate a rivedere quel servizio Cnn cliccando sul link potrò dirvi che avete VISTO bene. Le cose scandalose sono almeno tre: non solo il fatto che lo staff della commissione, guidato da Philip D. Zelikow http://en.wikipedia.org/wiki/Philip_D._Zelikow , abbia agito usando il suo potere di selezione del materiale, mettendo al riparo il Dipartimento della Difesa dall'indagine, facendo sì che Kean, Hamilton e gli altri commissari non affrontassero il tema importantissimo della presenza di questo aereo; non solo il fatto che il Pentagono continui a negare al pubblico il motivo della presenza di quell'aereo nascondendosi dietro il segreto militare; ma soprattutto il fatto che le autorità americane continuino a volerci far credere che l'aviazione non sia riuscita a proteggere gli obiettivi colpiti quel giorno nonostante fosse in volo sopra Washington un centro di comando aerospaziale attrezzato per un conflitto nucleare, che operava in aggiunta al NMCC (National Military Command Center), al Norad (North American Aerospace Defence Command) e al Pentagono stesso. Fare ipotesi senza prove è sempre sbagliato, abbiamo evitato il più possibile di farlo in “Zero” e non lo facciamo nemmeno adesso. Ma ogni dubbio su una partecipazione attiva di strutture militari negli attentati dell'11 settembre deve essere sgomberato. Perché visto che secondo la versione ufficiale quel giorno 19 dirottatori hanno colpito quasi tutti i loro obiettivi armati di temperini, chiedersi se quell'aereo stesse lì per aiutarli piuttosto che per fermarli è assolutamente legittimo, e accusare chi lo fa di essere un complottista, deridere lui e la sua voglia di verità significa solo essere dei codardi che temono il giudizio della massa e la repressione di chi controlla l'informazione, e non ha il coraggio di accettare la verità anche quando fa male: ci hanno mentito.
New York Times: la Cia ha mentito sull'11 settembre
Giulietto Chiesa, europarlamentare e presidente dell'associazione Megachip, ha così commentato la notizia uscita il 24 dicembre in prima pagina sull'Herald Tribune e già apparsa sul New York Times il 22 dicembre scorso, riguardante le menzogne di cui la Central Intelligence Agency americana si sarebbe resa responsabile nei confronti della commissione d'inchiesta del Congresso sui fatti del 2001: « Apprendiamo che la Cia avrebbe nascosto alla commissione d'inchiesta, presieduta da Thomas Keam, materiale video concernente gli interrogatori di sospetti terroristi. I fatti risalirebbero al 2003/2004. Si tratta di una pesante e inequivocabile conferma di quanto io e il Gruppo “Zero”, con cui ho realizzato l'omonimo film documentario di recente proiettato alla Festa del Cinema di Roma, sosteniamo da anni, ovvero che gli Stati Uniti e tutto il mondo hanno bisogno di una nuova commissione d'inchiesta indipendente su quanto accaduto l'11 settembre del 2001 » .
Il documentario “Zero – Inchiesta sull'11 settembre” ( www.zerofilm.info ) ha visto la partecipazione di Moni Ovadia, Lella Costa e del premio Nobel Dario Fo, che si sono associati alla richiesta della riapertura delle indagini, già sottoscritta in Italia da più di 4000 cittadini e da diversi intellettuali che hanno firmato il manifesto “Rompere il muro del silenzio” presente sul sito dell'associazione Megachip ( www.megachip.info ). Il film ha visto anche la pubblicazione in parallelo di un libro, “Zero. Perché la versione ufficiale sull'11 settembre è un falso”, edito da Piemme, che ha raggiunto il 15° posto nella classifica Arianna dei saggi nell'ultima settimana di ottobre. « I sondaggi dicono che negli Stati Uniti oltre la metà della popolazione ritiene che il governo le nasconda la verità – dichiara Chiesa – e il successo che la nostra inchiesta qui in Italia riscuote presso il pubblico continua a confermare che c'è una grande sete di verità in tutto il mondo. Due guerre sono state scatenate nel nome della “lotta al terrore”, una terza è ancora possibile nei confronti dell'Iran, e noi abbiamo il diritto di fare piena luce sui fatti dell'11-9, perché è sulla base di questi che tutto ha avuto inizio: fino ad ci hanno raccontato decine e decine di menzogne, e quanto rivelato dal New York Times è solo l'ennesima conferma » .. -
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“IL MITO DELL’11 SETTEMBRE” – IL CONCETTO DI COMPLOTTO
A partire da oggi presenteremo una serie di articoli di R. Quaglia, prevalentemente tratti dal suo libro “Il Mito dell’11 Settembre”. Il primo, intitolato “Il Concetto di Complotto” lo potete trovare subito dopo questa breve presentazione.
Questa interessante opera, della quale è da poco uscita per la casa editrice PonSinMor la seconda edizione ampiamente aggiornata, è, purtroppo, uno dei libri italiani sull’argomento più ignorati dalla stampa e dall’informazione. Tanto dalla informazione ufficiale (e non ci meraviglia affatto) quanto da quella cosiddetta “alternativa” (fa eccezione una bella recensione di M. Blondet). E’ un autentico peccato, in primo luogo perché l’autore, uno scrittore di fantascienza molto noto all’estero, soprattutto nell’est europeo, ha avuto il merito di essere stato uno dei primi nel nostro paese, se non il primo in assoluto, a studiare e divulgare i tanti misteri inquietanti della Nuova Pearl Harbour. Molti lettori si ricorderanno il brillante articolo “Tutto Quello che Avresti Voluto Sapere sull’11 Settembre (e su tutto il resto) e Non Hai Mai Osato Chiedere” uscito nel libro di enorme successo della Nuovi Mondi Media “Tutto ciò che sai è falso” (e scritto originariamente per la rivista online Delos). A partire da quelle poche ma dense pagine sono nate la prima, e adesso la seconda edizione di “Il Mito dell’11 Settembre”.
Come egli dichiara da subito, il libro “non è tanto sui fatti dell’11 Settembre – dei quali per esperienza diretta non sappiamo nulla – quanto sulle rappresentazioni dei fatti dell’11 Settembre e sulle loro conseguenze”. I tanti ‘buchi’ della versione ufficiale vengano affrontati con una quantità enorme di informazioni e notizie, nella quasi totalità ricavate da internet (e gli appassionati potranno approfittare dei tantissimi link presentati nelle note ‘webografiche’ per approfondire ulteriormente). Tutto però viene onestamente visto in un ottica che riconosce quanto l’11 Settembre sia un autentico gioco di specchi e di miraggi in cui le menzogne della versione ufficiale vengono scalzate da una strabiliante quantità di ricostruzioni sorte sul web e formulate da quella comunità di utenti della rete, che “è una sorta di Poirot Collettivo, un meta-investigatore virtuale al quale nessuno al mondo ha (per ora) il potere di chiuedere la bocca”.
Quanto emerge sull’11 Settembre non è, come ben sappiamo, una verità lineare e univoca. Certo, sappiamo che gran parte della versione ufficiale è assolutamente falsa, a grandi linee conosciamo quanto è davvero accaduto e possiamo ben immaginare i moventi dietro a questa ennesima Strage di Stato. Ma il tentativo di ricostruzione istante per istante di quanto è successo ci porta dritti in una intricata giungla di informazione e controinformazione, di verità nascoste nelle menzogne e menzogne abilmente celate nelle verità.
L’11-9 si lega poi indissolubilmente a tutto quanto lo ha seguito e lo ha preceduto. Esso è un momento topico della storia in un contesto totalmente inedito, con una comunità umana globalizzata e sottoposta a mezzi di informazione di massa che creano letteralmente la realtà di miliardi di persone. E il tutto avviene all’apice del secolo dello sviluppo informatico e teconologico, in un momento in cui vi sono delle concentrazioni di potere (economico, tecnico e militare) mai viste prima nella storia del mondo, e per di più poste alla soglia di enormi sfide per l’umanità: sovrappopolazione, esaurimento delle risorse petrolifere, crisi ambientale.
Quaglia riconosce innanzitutto la dimensione mediatica e piscologica dell’11-9 e la affronta presentando le tante rappresentazioni dei fatti insieme a stimolanti riflessioni sulla psicologia delle masse e su quegli aspetti della personalità umana (bias di conferma, dissonanza cognitiva) abilmente sfruttati dai manipolatori. Per capire l’11 Settembre dobbiamo infatti interrogarci sul ruolo svolto dai media e dalla psiche di noi spettatori, autentici destinatari dello show America Under Attack .
Tenendo sempre presente questa dimensione simbolica e mediatica e senza abbandonare uno stile ironico e provocatorio, “Il Mito dell’11 Settembre” tocca anche i temi più scomodi e le ipotesi più (apparentemente) azzardate per affrontare poi la dimensione storica dei fatti. Vengono legati nella narrazione di questi ultimi tragici e surreali anni gli eventi che si sono scatenati accanto e dopo l’11-9: l’antrace, la guerra in Iraq, il picco petrolifero, le ‘nuove epidemie’ di SARS e Influenza Aviaria, le tecniche di “guerra climatica”. Ma nella scrittura di Quaglia si legge tutt’altro che l’atteggiamento di chi crede di avere scoperto il sacro Graal e vuole indottrinare i lettori. Tutto viene rappresentato per quello che è: una sorta di gigantesco show mediatico dove le inaffidabili verità ufficiali si mischiano alle più inquietanti ipotesi di chi si spinge alla ricerca della verità dietro ai fatti. Di fronte a questo enorme show, l’unica risorsa che abbiamo per non impazzire, e di conseguenza cedere alla pratica del bispensiero a causa della follia dissociativa di ciò a cui siamo sottoposti, è affrontare tutto con bruciante ironia.
“Se questo mondo vi sembra orribile dovreste vederne qualcuno degli altri” scrisse il geniale Philip K. Dick, e apparentemente seguendo alla lettera il suo consiglio la CIA ha riunito tempo fa degli scrittori di fantascienza che elaborassero con la loro allenata immaginazione possibili scenari terroristici. Con lo scopo di prevenire attentati è stato detto ufficialmente, ma possiamo ben immaginare le reali intenzioni. Come i suoi colleghi di oltreoceano Quaglia esplora possibili scenari futuri (catastrofici o meno), compresa quella “opzione dottor Stranamore” che dà il sottotitolo al libro.
Forse solo uno scrittore di fantascienza poteva scrivere un libro che guarda alla realtà attuale e al possibile, prossimo, futuro mescolando ad una ottima conoscenza dei fatti, ironia, visionarietà e interessanti intuizioni sul lato più oscuro della natura umana.
Sperando di avere parzialmente rimediato alla ingiustificata mancanza di visibilità per quest’opera, pubblichiamo il primo di una serie di articoli di Roberto Quaglia, prevalentemente tratti dal libro stesso.
www.comedonchisciotte.org
IL CONCETTO DI COMPLOTTO
DI ROBERTO QUAGLIA
Lo strumento base per la manipolazione
della realtà è la manipolazione delle parole.
Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole.
Philip K. Dick
Tutti crediamo di sapere cosa sia un complotto, o una cospirazione. Così come tutti crediamo di sapere cosa sia un cospiratore. In realtà, come vedremo tra poco, queste parole hanno lievemente mutato significato nelle nostre menti, rispetto al loro significato originario, e adesso vogliono dire qualcos’altro. La differenza è piccola, ma, come vedremo, sostanziale.
Il fenomeno diventa più facilmente visibile e comprensibile se alla parola complotto (o cospirazione) aggiungiamo il vocabolo «teoria». Tutti noi sappiamo anche cosa è una teoria. Eppure, l’espressione combinata «teoria del complotto» significa qualcosa di sostanzialmente differente da ciò che dovrebbe significare.
In inglese è anche più evidente. Provate a menzionare l’espressione Conspiracy theory ad un qualsiasi individuo anglofono appena appena erudito e vedrete nel 99% dei casi un sorrisino ironico dipingersi sul suo viso. Non lasciatevi disarmare. Insistete nel vostro esperimento e provate a pretendere di raccontargli di una cospirazione realmente avvenuta o addirittura in atto. Il sorrisino del vostro interlocutore con tutta probabilità si arricchirà di tutti gli altri semantemi espressivi della commiserazione: nel migliore dei casi verrete osservati con il compatimento che naturalmente si destina al solito tapino squilibrato che cerca di propinare al prossimo la strampalata farneticazione paranoide di turno.
Potete effettuare questo esperimento anche in lingua italiana con soggetti italiani. Dovrebbe funzionare anche in italiano, anche se probabilmente non tanto quanto in inglese. Poiché l’esperimento è ripetibile da chiunque ed i risultati ottenuti in linea di massima si equivarranno per tutti, questa può valere da dimostrazione scientifica del fatto che la parola «cospirazione» ha nel tempo smarrito il suo significato originario, soprattutto nella lingua inglese. Conspiracy ormai non è più un vocabolo serio che voglia dire ciò che il dizionario pretende che esso significhi. Conspiracy è ormai un vocabolo che contiene in sé anche l’accezione della propria falsità. Parlate ad un anglofono (ed in misura minore ad un italiano) di una cospirazione ed egli immediatamente comprenderà che vi state riferendo a qualcosa di falso, un teorema infondato, forse addirittura un delirio paranoico, prima ancora che abbiate iniziato ad esporre la vostra tesi. Se alla parola Conspiracy aggiungete anche il vocabolo Theory (teoria), la frittata è completa. Il concetto di teoria, associato a quello di cospirazione, suggella in modo pressoché definitivo la falsità di quanto venga ipotizzato. Si scrive Teoria della Cospirazione, si legge Teoria Falsa e Paranoide della Cospirazione.
Per inciso, l’uso stesso della parola «teoria», associata a cospirazione, è completamente fuori luogo. Le teorie attengono al campo della scienza, ne viene dimostrata l’autenticità o la falsità, ma rimangono teorie anche dopo essere state provate. Come il filosofo Popper insegna, per essere degna di tal nome un teoria deve essere falsificabile, poiché rappresenta solo uno dei possibili modi di interpretare un aspetto della realtà. Quindi, una teoria è per definizione associata ad un senso di provvisorietà. L’idea che in un dato caso criminale possa esserci stata una cospirazione a monte è invece una ipotesi. In casi come questo, la domanda dovrebbe quindi essere non tanto se la teoria della cospirazione è fondata (come potrebbe mai esserlo, dato che non è una teoria?), quanto se l’ipotesi che ci sia stata una cospirazione è vera. Ipotizziamo che ci sia stata una cospirazione, non teorizziamo che essa ci sia stata.
Invece, oggi si parla comunemente, e a sproposito, di Teoria della Cospirazione.
Tutto ciò è curioso. Per caso o per dolo, il semantema che per secoli o millenni ha significato il concetto di cospirazione adesso virtualmente significa cospirazione immaginaria. Scrivi cospirazione, leggi cospirazione immaginaria. Come è mai potuto accadere qualcosa del genere? E, soprattutto, se mai una cospirazione davvero venisse tramata o messa in atto da qualcuno da qualche parte, come potrebbe mai essere possibile discuterne con lucidità, se il fatto stesso di nominarla si tira dietro il significato della infondatezza di ciò di cui si sta parlando? È perfettamente possibile – e per inciso assai probabile – che tale trasmutazione semantica sia interamente casuale. Tuttavia... non è più affascinante pensare per un attimo – anche solo per gioco o per divertimento intellettuale – che dietro a questo curioso fenomeno possa celarsi un astuto progetto, un diabolico artifizio allo scopo di disarmare i tam tam verbali di coloro che di una importante cospirazione venissero a conoscenza, ovvero – anche se indubbiamente ciò suona fantascientifico – una raffinatissima impalpabile arma di guerra psichica?
Eliminare dal linguaggio i significati che potrebbero venire usati contro di te, sostituendoli con significati infettati con il germe della negazione di loro stessi... Qui siamo in pieno Orwell, ma al quadrato, al cubo... ed in più una vocina maliziosa ci tormenta ricordandoci che la realtà prima o poi supera sempre la fantasia! D’altra parte, non sarebbe questa la ripetizione del solito vecchio trucco? La manipolazione semantica ha già trasformato la parola «pace» in guerra («le missioni di pace»), la parola «libertà» in una informe creatura tentacolare che ormai non so più bene spiegare neanch’io, e potremmo continuare con gli esempi a lungo.
Inoltre, porto alla vostra attenzione il fatto che anche e soprattutto la versione dei fatti ufficiale è una «teoria del complotto», anche se quasi nessuno la chiama così. Non ha forse Osama Bin Laden, assieme alla sua rete terroristica di Al Qaeda e soprattutto diciannove terroristi armati di tagliacarte portato a compimento un complotto senza precedenti allo scopo di mettere gli Stati Uniti d’America in ginocchio, motivati dal loro sconfinato odio per la libertà?
In questo libro si parlerà di complotti e cospiratori. Impiegherò anch’io l’espressione «teoria del complotto», poiché è ormai entrata nell’uso comune, e non avrebbe senso lambiccarsi il cervello su formulazioni nuove. Alle vostre orecchie, tuttavia, la semplice menzione di tali vocaboli rivestirà i concetti espressi di una insidiosa patina di irrealtà e di falsità. Fateci caso. È un’esperienza interessante da notare. Dopotutto, è qualcosa che accade nel vostro cervello, quindi vi riguarda intimamente anche se magari vi piace pensare di no.
Prima di affrontare l’esame dei fatti ed iniziare districarci nel labirinto delle rappresentazioni vorrei invitarvi a tenere sempre conto di due regole che nella mia esperienza hanno dimostrato di essere quasi sempre valide, tanto che potremmo pure promuoverle al rango di vere e proprie «leggi».
1. La Legge delle Prime Ventiquattrore (Lex Primae Viginti Quattuor Horae).
Nell’epoca dei mass media informazioni reali e significative vengono occasionalmente riferite al pubblico da giornalisti in buona fede durante le prime ore che seguono un evento. Poi una invisibile catena di comando evidentemente si attiva e le notizie vere, ma scomode, scompaiono in fretta e per sempre dal proscenio dei media. Solo le notizie comode – non importa se vere o se false – rimangono in circolazione. Per capire il mondo diventa quindi particolarmente interessante soffermarsi proprio sulle notizie soppresse.
2. La Legge dello Scienziato Babbeo (Lex Scientiatorum Babbejus)
Succede sempre più spesso che si verifichino fenomeni e catastrofi più o meno «naturali» che gli scienziati «non sanno spiegarsi». Ad un’analisi appena più attenta scopriamo che in genere essi non ci hanno provato neppure. Il metodo seguito dallo Scienziato Babbeo è quello di partire da una tesi rivelata e trovare i dati che la confermino, anziché viceversa, come il metodo scientifico vorrebbe, ovvero partire dai dati e trovare la tesi che li spieghi in un modello di realtà coerente. E quando lo Scienziato Babbeo non trova argomenti a sostegno della tesi che è chiamato a spiegare, egli non prende in considerazione ipotesi alternative, come il metodo scientifico imporrebbe, ma si arrende subito e dichiara di «non saperselo spiegare». Questo piccolo mistero si svela in realtà molto facilmente. È sufficiente che il fatto di sapersi spiegare una certa cosa ti possa far perdere lavoro e carriera perché si compia la magia della trasformazione da Grande Genio a Emerito Babbeo.
Ogni volta in cui ci troveremo di fronte a notizie trapelate a caldo e poi subito rimosse dalla realtà, oppure a scienziati che hanno dimenticato come funzioni la scienza, capiremo di esserci imbattuti in qualcosa che scotta, qualcosa che non si vuole che noi si sappia, qualcosa di proibito, qualcosa che ci può forse condurre alla realtà che si cela dietro alle rappresentazioni illusorie confezionate per noi.
Nel corso di questo libro, la Legge delle Prime Ventiquattrore e la Legge dello Scienziato Babbeo ci saranno di grande utilità.
Detto questo, godetevi il paesaggio ed ogni tanto date retta a Caronte, la vostra simpatica guida attraverso i gironi di questo invisibile inferno terreno travestito da Matrix, che farà del suo meglio per scostare per qualche istante il perfido velo di irrealtà dalla vostra visuale. Un’occhiata alla Realtà al giorno di sicuro toglie la noia di torno.
Roberto Quaglia
http://www.mito11settembre.it
http://www.robertoquaglia.com
Per organizzare presentazioni pubbliche del libro con l’autore, scrivere a:
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corvonero.
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Scritto di Paolo Barnard, giornalista Rai (ex Report), dell'ottobre 2006.
A mio modestissimo parere la sua riflessione é indovinata: se tutti i sostenitori delle teorie complittistiche invece di spendere tempo ed energia per spiegare e dimostrare tali teorie impiegassero tale tempo per "fare il mazzo" a Bush e compagnia sulle loro reali responsabilità ...
Credo che le persone ancora capaci di buon senso fra coloro che si definiscono antagonisti dell’Impero debbano una volta per tutte prendere posizione su questa deriva febbricitante che ha sequestrato e stravolto oltre ogni immaginazione la giusta richiesta di riaprire le indagini sull’11 di Settembre 2001.
C’è una febbre che contagia molti, e che vuole trovare il Male assoluto alla Casa Bianca accusandola di aver pianificato gli attentati cosiddetti 9/11. Permettetemi solo due commenti, due chiamate a tornare alla ragione.
Primo: non c’è bisogno di scatenare scenari selvaggiamente fantasiosi per inchiodare Bush-Cheney alla croce dell’infamia politica. Basta, e avanza, quello che hanno già fatto. Ne basterebbe un decimo, a dir la verità: Crimini di Guerra (secondo la Quarta Convenzione di Ginevra e Protocolli Aggiunti), Crimine Supremo (secondo i Princìpi di Norimberga), Tortura, Terrorismo di Stato, Attentati alla Democrazia, e altro ancora. Secondo la stessa legge americana (War Crimes Act, 1996) sarebbero passibili della pena di morte per tutto ciò. Non vi basta? Il rincarare questa dose con illazioni sgangherate sul Complotto neoconservatore dell’11 di Settembre ci espone al rischio di perdere ogni credibilità presso quel poco di opinione pubblica che con tanta fatica stiamo cercando di informare sulle micidiali narrative storiche falsate degli ultimi decenni. Se siamo finora riusciti a convincere quelle poche persone della necessità di opporsi al disegno criminale delle oligarchie neoliberali nel mondo, lo dobbiamo al lavoro paziente e preciso, costante e dotto, pacato e realistico di tanti attivisti seri che sanno misurare le parole e leggere la realtà dei fatti. I roghi laici, veri e propri linciaggi emozionali a furor di popolo, dell’esercito dei teorici del Complotto 9/11 stanno distruggendo quel lavoro.
Secondo: se per un attimo ci alziamo al di sopra del polverone delle prove e contro-prove, perizie e contro-perizie, testimoni e contro-testimoni, e della immensa quantità di indizi e contro-indizi che furoreggiano gli uni contro gli altri in questa disputa su chi abbia veramente colpito l’America l’11 di Settembre, troviamo il terreno della ragione. E allora vi invito a ragionare.
Dovete chiedervi: e il rischio?Un presidente americano che seduto alla sua scrivania contemplasse l’impresa di sterminare migliaia di propri concittadini per un qualunque fine, si chiederebbe: cosa rischio? E in cambio di che cosa? Il rischio per Bush, se smascherato, sarebbe la sua sicura condanna a morte per alto tradimento, la sua iscrizione nel ruolo di americano più infame della Storia da oggi all’eternità, la fine totale del partito Repubblicano, la rovina nella vergogna più abietta della sua famiglia. E in cambio di che? Petrolio? Egemonia USA nel mondo? Il baratto dal suo punto di vosta non è sostenibile, semplicemente perché se il complotto riuscisse ci guadagnerebbero principlamente gli altri (un presidente miliardario in pensione cosa ci guadagna?), ma se fallisse pagherebbe soprattutto lui, e che prezzo! Vi rendete conto del prezzo per un presidente americano?
Basterebbe questo per chiudere la partita, ma prestiamoci ad andare oltre per un attimo.Un presidente che anche accettasse un simile insensato baratto dovrebbe essere certo, nel modo più incredibilmente blindato, che tutti i partecipanti al complotto rimarranno ermeticamente omertosi e per sempre. Nessun errore, nessun pentimento sul letto di morte, nessuna tentazione di ricattare per denaro, nessuna faida interna, nessun rimorso, nessuna fuga di notizie, e tutto questo mai mai e poi mai in nessuno dei complici. Significa avere un controllo orwellianamente orchestrato sull’intera vita diŠ quanti? Già, vi siete mai chiesti quanti individui sarebbero stati necessari per organizzare il complotto dell’11 di Settembre? Contiamoli: Bush e i suoi collaboratori neocons - Diversi agenti della CIA, NSA, DIA, del Pentagono, dell’FBI - L’esercito degli Stati Uniti in diversi sui addentellati, fra vertici dell’aeronautica, comandanti di basi militari, semplici soldati, genieri ecc. - I tecnici, ingegneri e specialisti in demolizioni controllate - Specialisti di informatica, di salvataggio, di sabotaggio aereo - Personale aeroportuale - Analisti della Difesa, specialisti in contraffazioni - ecc. In tutto diverse centinaia di persone che dovremmo immaginare coordinate come ubbidienti robot di stupefacente precisione agli ordini di un gran Master. Mentre sappiamo bene che nel mondo reale le cose non stanno così, né mai filano così lisce. Nel mondo reale la stupefacente efficienza che avrebbe permesso a questo esercito di individui di funzionare fino all’11 di Settembre senza destare il benché minimo sospetto in alcuno, senza fughe di notizie, sensa defezioni, senza cellule deviate pronte al ricatto per ottenere potere, non esiste. I Servizi americani sono notoriamente litigiosi, perennemente in guerra sia al proprio interno che gli uni contro gli altri. Nessun presidente americano nella Storia è mai riuscito ad unificarli o a zittirli, e le soffiate all’esterno sono state ben note e la regola. La reazione fulminea della Difesa americana sotto attacco è un mito dei film con cui ci hanno lavato il cervello, basta uno sguardo anche distratto alla storia catastrofica dei fiaschi militari americani per rendersene conto (es.: uno dei segreti più imbarazzanti della Guerra Fredda fu che il US Strategic Air Command dopo 20 anni di prove generali di contrattacco nucleare finiti nel 100% dei casi in fiaschi totali decise di dargliela su e abbandonò le esercitazioni). E di nuovo: come si può immaginare di far stare tutti questi cospiratori ermeticamente zitti da qui all’eternità? E ancora: chiedetevi chi, e come, ha potuto lavorare indisturbato per settimane piazzando montagne di esplosivo nei due più popolati grattacieli del mondo senza farsi mai scoprire da un membro della security, da un tecnico dei telefoni, da un manutentore, da un lavavetri? E se anche uno solo di questi cospiratori fosse accidentalmente stato scoperto con il suo fardello di dinamite e detonatori cosa cavolo avrebbe raccontato? Chi ha sequestrato e ucciso e sepolto/cremato i passeggeri dei due aerei scomparsi (quello che non avrebbe mai colpito il Pentagono e quello che non si sarebbe mai schiantato al suolo in Pennsylvania?). Per quale motivo era ok che due aerei fossero teleguidati contro le Torri Gemelle ma non ok che un terzo aereo colpisse il Pentagono? Chi è stato così idiota da rischiare il più grande scandalo della storia americana sostituendolo con un razzo o con un jet militare in pieno giorno? Perché i cospiratori hanno fatto fare agli aerei sotto il loro controllo delle rotte così assurdamente contorte e lente da auto-esporsi poi all’ovvia critica di chi si sarebbe chiesto perché i caccia militari non li hanno intercettati? Quale demenziale cospiratore fa volare due aerei di linea in pieno giorno a bassa quota sulla città più moderna del mondo con aggeggi strani attaccati alla pancia o alle ali e visibili da chiunque, e sapendo bene che le inevitabili immagini di quegli aerei ‘taroccati’ sarebbero poi state le più studiate della Storia? Quale demenziale cospiratore pensa che nessuno si chiederà dove sono finiti i rottami di ben due aerei di linea sfracellatisi davanti a migliaia di potenziali testimoni? Quale demenziale cospiratore immagina che nessuno nella città più tecnologica del mondo si accorgerà di, o udirà, centinaia di cariche che esplodono in pieno giorno all’esterno dei due grattacieli in quel preciso momento più guardati e filmati della Storia? Insomma, quale demenziale presidente cospiratore, rischiando la fucilazione e l’infamia eterna, organizza un complotto così pateticamente sgangherato? E così via per decine di altre domande.
Torniamo alla ragione. A chi agita di fronte a queste argomentazioni i misteriosi accadimenti dell’11 di Settembre, e cioè le incongruenze, le testimonianze, le immagini che sembrerebbero dimostrare chissà che, le illogicità di alcuni fatti, ricordo due cose. Primo, che in tutti gli eventi catastrofici sono sempre accadute cose inspiegabili all’uomo, dovute semplicemente a una legge di concatenazioni che ci sfugge, ma che se interpretate a posteriori si possono prestare a qualsiasi ricostruzione o speculazione mentale. Secondo che, come disse un noto ricercatore americano, “se uno tortura i dati a sufficienza essi alla fine confesseranno”, che significa che con i dati alla mano e con sufficiente abilità il tecnico moderno può sostanzialmente dimostrarci qualsiasi cosa, che è ciò che sta accadendo fra i circoli dei teorici del complotto 9/11. A questo proposito una delle più scioccanti dimostrazioni della possibilità di convincerci di cose inimmaginabili attraverso manipolazioni di dati è la letteratura revisionista sull’Olocausto nei suoi aspetti di analisi tecnica: ho letto lavori densi di centinaia di perizie apparentemente autorevoli, analisi complesse, calcoli matematici, testimonianze di esperti ecc. che volevano dimostrare come fosse impossibile negli anni ‘40 in Europa far funzionare i forni e le camere a gas con la micidiale efficienza che la Storia ci racconta; quelle pagine sembrerebbero provare con certezza che allora non c’era ancora la tecnologia necessaria per gasare e bruciare 6 milioni di corpi in quel dato lasso temporale, e che sulla base di dati demografici ufficiali sarebbe impossibile che altrettanti ebrei siano scomparsi dall’Europa. Vi garantisco che leggendo quelle decine di pagine fitte di perizie tecniche e di dati si finisce quasi per dubitare di una tragedia indiscutibilmente avvenuta.
Ed è triste vedere che spazi televisivi nati all’insegna del rigore investigativo come Report (che conosco bene) si prestano a questa assurdità sgangherata del complotto 9/11 mostrandoci proprio la più improponibile delle ricostruzioni che circolano. Io stesso ho prestato la mia firma agli amici di Megachip, ma solo con l’intenzione di chiedere la riapertura delle indagini, e mai per fiancheggiare i vaneggiamenti di cui sopra. L’11 di Settembre, come tutte le stragi, non è stato indagato a fondo e va riesaminato, ma con serietà.
Concludo: il danno che voi teorici del complotto ci state arrecando è enorme, ci state facendo un vero sfavore. Fermiamoci, torniamo ai veri crimini angloamericani, ai veri morti voluti a tavolino, alla vera infamia di chi ’sciupa’ milioni di vite e l’intero pianeta per un disegno veramente folle. Ce n’è a sufficienza, e se su quello lotteremo con vera serietà, con calma determinazione, saremo credibili e convinceremo sempre più persone che un mondo così impari non conviene a nessuno.
Paolo Barnard. -
AdamClayton.
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CITAZIONE (corvonero @ 3/1/2008, 11:27)Scritto di Paolo Barnard, giornalista Rai (ex Report), dell'ottobre 2006.
A mio modestissimo parere la sua riflessione é indovinata: se tutti i sostenitori delle teorie complittistiche invece di spendere tempo ed energia per spiegare e dimostrare tali teorie impiegassero tale tempo per "fare il mazzo" a Bush e compagnia sulle loro reali
Il Nuovo Secolo Americano si occupa proprio di questo.
Dice: ok, l'11 Settembre è tutto vero.
Vediamo un pò che bel regalo che vi hanno fatto sti islamici a voi dell'Amministrazione che commerciate petrolio e infrastrutture.. -
AdamClayton.
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PEZZO PER PEZZO, CROLLA IL CASTELLO DELLE MENZOGNE
(MA NON POSSIAMO ABBASSARE LA GUARDIA)
Sono francamente tentato di fare un piccolo bilancio di fine d’anno 2007 per quel che attiene ad alcuni problemi di politica estera e di rapporti tra noialtri europei e le forze che a quanto pare dominano oggi il mondo. Perchè mi sembra che, nonostante la protervia e/o l’ottusità dei mass media e l’apatico disinteresse della cosiddetta società civile tutto sommato qualcosa si muova: e che, alla faccia di tutti i sarti furbastri di cui parla la fiaba del vecchio Andersen e che tessono e cuciono sontuosi ma inesistenti abiti, sia sempre più chiaro che il Re è Nudo. Eccome. Ma andiamo per ordine cronologico.
Ombre sull’Undici Settembre.
Merita un solo cenno, ma è importante, quel ch’è accaduto a Roma il 23 ottobre: dopo l’uscita del libro Zero a cura di Giulietto Chiesa (Piemme Editrice), in quel giorno è stato presentato l’omonimo film. Entrambi hanno circostanziato nella sostanza molto bene, e con efficacia, il fatto che attorno al fatidico 11 settembre 2001 troppe siano ancora le lacune e le contraddizioni della versione ufficiale: e non è certo complottismo il denunziar lo stato di cose e chiedere una riapertura delle indagini, anzitutto nel nome e nell’interesse delle famiglie delle vittime degli attentati di quella giornata. C’è stata qualche reazione più o meno isterica e qualche risposta sedicente “documentata”: ma in realtà non si è andati oltre il consueto ricatto politico-morale: chi dice cose del genere è un “complottista”, un antiamericano, e quindi un antisionista, e pertanto (quest’ultima cosa non sempre la si dichiara apertis verbis, tuttavia la si sottintende) un antisemita. Su quanto logica sia questa catena di consequenzialità, è inutile spender parole.
Chi se ne serve, confida sul carattere intimidatorio di certe accuse: ma sembra proprio che esso non sia più poi così efficace. Ormai i complottisti che vedono sempre al-Qaeda e i “terroristi musulmani” (nonchè magari “i comunisti”) dappertutto, ormai dovranno rassegnarsi a mettere insieme nelle loro performances propagandistiche anche qualcosa che abbia la parvenza di un argomento: è passato il tempo in cui potevano vivere di rendita baloccandosi con l’ironia, i ricatti e le minacce. Tantopiu che, nonostante l’occhiuta sorveglianza esercitata dai custodi del politically correct, ogni tanto passano attraverso le barriere massmediali (pensate per disinformare anzichè informare) anche divertenti cosucce: come l’”esternazione” dell’ex Presidente della repubblica e senatore a vita Francesco Cossiga apparsa fugacemente sul “Corriere della sera” del 30 novembre e quindi passata a un “lancio d’agenzia” Ansa prima di venir completamente oscurata. Parlando dell’ultima audiocassetta attribuita a Usama bin Laden, quella diffusa il 22 ottobre scorso in cui si formulavano minacce anche a Silvio Berlusconi, Cossiga affermava che si tratterebbe nientemeno che di “un videomontaggio realizzato negli studi di Mediaset a Milano e fatto giungere alla rete televisiva islamista Al Jazira che lo ha ampiamente diffuso”: il tutto per “sollevare un’ondata di solidarieta verso Berlusconi, nel momento nel quale si trova in difficolta”. Nella medesima audiocassetta, il sedicente Bin Laden si assumeva di nuovo, direttamente, la responsabilita per gli attentati dell’11 settembre 2001. In realta, si tratta di un copione vecchio. Una videocassetta che avrebbe dovuto fugare ogni residuo dubbio sulla colpevolezza di Bin Laden e soci nel Nine Eleventh era gia stata scoperta fin troppo fortunosamente da alcuni marines a Jalalabad nel dicembre del 2002, e Bush era comparso piu volte alle TV americane per difenderne l’autenticita e diffidare chi avanzava al riguardo dei dubbi e delle riserve. Bene: era un volgarissimo falso, come fu di li a poco inoppugnabilmente dimostrato. (La faccenda è ricostruita in F. Cardini, Astrea e i Titani, Laterza 2003, p. 29). Ora Cossiga, il 30 novembre 2007, affermava tranquillamente e pubblicamente: “...tutti gli ambienti democratici d’america e d’Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato è stato pianificato e realizzato dalla CIA americana e dal Mossad con l’aiuto del mondo sionista per mettere sotto accusa i paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq, sia in Afghanistan”. E’ ovvio che dichiarazioni di questa gravita suscitino sorpresa, apprensione, magari scandalo. E’ logico che debbano essere accolte non senza alcune riflessioni sull’eta e sullo stato di lucidita mentale di chi le proferisce. Ma, dato il loro carattere e l’autorevole fonte dalla quale provengono, non possono venir precipitosamente “oscurate” e occultate. Chi lo fa, si rende responsabile di una grave colpa nei confronti dell’opinione pubblica e complice del dilagare dei sospetti: poichè è ovvio che ci si domandi chi verrebbe avvantaggiato se queste voci, anzichè passare al vaglio attento della critica, venissero semplicemente silenziate.
Un paese in fallimento.
Ma ora, dicevamo, tutti i nodi stanno rapidamente venendo al pettine. Gia al tempo delle due successive aggressioni degli Stati Uniti e dei paesi loro complici (tra cui purtroppo il nostro), all’Afghanistan nell’ottobre del 2001 e all’Iraq nel marzo del 2003, era chiaro che dietro i pretesti sostenuti da scandalose bugie – l’asserita necessita di smantellare la rete di al-Qaeda nel primo caso (cosa che, stando agli stessi che avevano l’intenzione di farlo, non è avvenuta), di distruggere le pericolose armi di distruzione di Saddam (che non esistevano) nel secondo – si stava gia stagliando la fallimentare situazione socioeconomica statunitense: il governo Bush sperava, con la guerra, di distogliere da essa l’attenzione dell’opinione pubblica, e intanto di rilanciare un po’ l’economia grazie alla produzione e alla mobilitazione bellica. Per alcuni mesi, il trucco è sembrato funzionare, sia pure con molta fatica. Ma ormai siamo alla frutta, come dimostrano i dati relativi alla faccenda dei mutui variabili (con decine di migliaia di famiglie statunitensi costrette a rinunziare alla casa) e all’ormai gia avanzato processo di rallentamento dell’economia degli Stati Uniti (si prevede che nel 2008 il ritmo di crescita sara negli States inferiore all’1,4%, crollando rispetto al 2007 quando aveva raggiunto il 3% e scendendo sotto i livelli della vecchia Europa che peraltro pare non raggiungera il 2%, almeno stando al parere di Almunia). Il 2008 sara dunque e comunque l’anno del decoupling, dello scollamento: l’economia statunitense sara sganciata da quella del resto del mondo, che ha ormai trovato altri “motori”, in particolare l’Asia e l’Europa orientale. Si veda su questo il puntuale articolo di Giuseppe Turani, La casalinga USA non compra piu, “La Repubblica”, 9 dicembre 2007. Gli ambienti che dirigono economia, finanza e politica europee continuano a fingere di non aver capito che il vero problema per noi, adesso, è riuscir a costituire un polo d’attrazione per i nuovi “motori” mondiali: restiamo collegati al “potente alleato” statunitense in economia e nella finanza esattamente come in politica estera, in diplomazia e sulle questioni militari.
Fine di un ostinato bugiardo.
Mentre il paese gli crolla addosso, e a pochi mesi dall’abbandono della casa Bianca nella quale è purtroppo soggiornato per quasi otto lunghi anni, George W. Bush jr. reagisce al fallimento con una scelta tipicamente maniacale: l’ostinato indurirsi della sua politica di errori e di menzogne. All’indomani del preteso messaggio di Usama bin Laden del 22 ottobre del 2007, il Presidente reagiva sottolineando come il capo della cosiddetta al-Qaeda fosse in difficolta, preoccupato per il diffondersi della fitna, la guerra civile tra musulmani, che in effetti è tanto in Iraq quanto in Afghanistan la migliore alleata degli occupanti (e difatti la politica del comandante militare in Iraq, generale Petraeus, è di assecondarla e sfruttarla); e chiedendo al Congresso altri 190 miliardi di dollari (dopo i 600 gia sprecati) per proseguire l’occupazione tanto in Iraq quanto in Afghanistan, in attesa magari d’aggredire lo stesso Iran. In questa strategia è obiettivamente rientrata anche la conferenza di Annapolis, candidata fin dall’inizio a un “fallimento programmato” dal momento che dal trattare le questioni vicino-orientali sono stati esclusi d’ufficio, sulla base del dogma degli “stati (o movimenti)-canaglia”) alcuni che, si voglia o no, di esse sono protagonisti, come Hamas, Hezbollah e Iran. Quel che resta da capire e se Bush stia semplicemente seminando alcune mine internazionali sul percorso del suo successore, che dovra in qualche modo disinnescarle o ci cadra sopra, o sia davvero vittima di una specie di delirio di fallimento-onnipotenza che lo spinge a obbligare il suo paese a percorrere la strada suicida sulla quale egli lo ha spinto anche all’indomani della sua auspicabile uscita di scena. Intanto, pero, gli eventi si stanno incaricando di farlo uscire di scena il piu ingloriosamente possibile. All’inizio del dicembre 2007 i ben 16 organi che compongono la costellazione dei “servizi statunitensi, CIA in testa, hanno rovesciato la situazione sulla quale si erano fondati un paio di anni fa, allorchè avevano manifestato high confidence nel fatto che l’Iran stesse allestendo un programma di armamento nucleare. Oggi, i “servizi” statunitensi informano invece che tale programma è stato con certezza sospeso ben quattro anni fa, quindi che attualmente lo sforzo iraniano è con certezza teso unicamente al conseguimento di un potenziale nucleare civile, senza tralignare dal “patto di non proliferazione” (a sua volta scandaloso sotto il profilo morale e politico, perchè si fonda sul diritto di alcuni governi a disporre di armi nucleari e sul divieto imposto ad altri, sulla base di evidenti presupposti politici). Vero è che al riguardo gli ispettori dell’AIEA (“Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica”) non hanno ancora sciolto i loro dubbi, mentre anche da Russia e da Cina giunge ad Ahmedinejad l’invito a una piu aperta collaborazione con gli organi internazionali di controllo. Ma Bush non demorde: e si rifugia dietro al pretesto delle colpe pregresse, argomentando che gli iraniani debbano comunque rispondere dell’aver avuto un programma nucleare militare fino al 2003, pur negandolo. Insomma, dietro il voltafaccia della CIA e soci parrebbe esserci la volonta di fornire al governo Bush, e soprattutto a quello del suo successore, la scappatoia per tirarsi “onorevolmente” (?!) fuori dal pasticcio in cui tanto il Presidente quanto – e soprattutto – il suo vice, l’inqualificabile Dick Cheney, si erano infilati negli ultimi mesi, minacciando in toni sempre piu pesanti un’aggressione militare contro l’Iran.
La vergogna e il disonore: vittime nostre in guerre altrui.
Intanto, comunque, la compagine degli aggressori tanto in Iraq quanto in Afghanistan sta perdendo pezzi ogni giorno: ai ritiri effettivi si sommano quelli annunziati, anche da parte di paesi fedelissimi alla superpotenza.
In questa saggia e doverosa politica l’Italia brilla per scomposta semiassenza. Il governo Berlusconi si è reso complice, sia pur in modi differenti, di entrambi le aggressioni. Molti hanno votato “a sinistra” proprio per romperla con quella politica di acquiescenza, che il centrodestra gabellava per “esportazione della democrazia”, “rispetto degli impegni internazionali” e “interesse nazionale”. Gli avversari di Berlusconi avevano chiesto voti anche al centro e alla destra proprio contro questa inqualificabile politica: al riguardo c’era un preciso impegno elettorale.
Il governo Berlusconi ci ha cacciato in due disastrose e vergognose avventure militari, contro la lettera e lo spirito della Costituzione repubblicana. Il governo prodi non ha nè saputo, nè voluto tirarcene fuori, mentre nuove nubi minacciose si addensano sul Kosovo: e nessuno dimentica che fu un altro centrosinistra a farci partecipare all’altra vergognosa aggressione militare, quella che condusse al bombardamento di Belgrado.
Intanto, anche noi contiamo i nostri morti: che non sono piu cosi pochi; e che soprattutto sono caduti da soldati italiani, certo, ma in una guerra non nostra. La patria si serve, è stato detto, anche facendo la guardia a un bidone di benzina: non pero a un bidone altrui.
Sabato 24 novembre 2007, presso Kabul, uno di quelli che ormai è divenuta pessima consuetudine indicare come "kamikaze" si è fatto saltare in aria accanto a un ponte in costruzione presso Kabul, uccidendo nove civili afghani, tra i quali sei bambini, e un militare italiano, il maresciallo capo Daniele Paladini. Ferite anche dodici altre persone, compresi altri tre militari italiani. Particolare che rende tutto ancor piu penoso: i bambini vittime dell'esplosione stavano uscendo da una scuola situata nei pressi.
L'attentato è avvenuto nella Valle di Pagman, una localita ad una ventina di chilometri a nord-ovest da Kabul, mentre era in corso l'inaugurazione di un ponte da parte dei militari del contingente italiano. Recentissimi dati indicano che il territorio dell'Afghanistan, a sei anni dall'inizio dell'occupazione, è oggi in mano per il 54% alle varie realta che lottano contro gli occupanti: talebane, ma non solo. In questo contesto le truppe italiane di stanza ad Herat e a Kabul sono costrette sempre di piu ad esporsi nel conflitto.
All'inizio di novembre nell'area di Farah e a Gulistan, forze speciali italiane, elicotteri da combattimento Mangusta mezzi corazzati Dardo dei bersaglieri sono stati impiegati intensamente contro gli insorti. Decine le vittime afgane in questi combattimenti. Su tutto cio, i mass media italiani hanno taciuto e il governo non ha dato segno di accorgersi. A tali eventi hanno fatto seguito due tentativi di attacco diretto contro gli italiani, il primo con una bomba stradale, il secondo con lancio di razzi nell'aeroporto controllato dalle "nostre" truppe. Dal momento che le notizie relative al contesto e in particolare alla precedente offensiva italiana, erano state omesse, gli attacchi successivi sono stati presentati come condotti "a freddo", verso truppe impegnate solo nella "costruzione della pace". Ora, l’aumento dell'11% di spesa per il comparto militare nella Legge Finanziaria 2008 chiarisce ancora di piu le intenzioni di questo esecutivo per il futuro. Continuare a usare il danaro dei contribuenti italiani, e a mettere a rischio la vita dei soldati italiani, per una guerra che non è nostra, che non ci appartiene, che è condotta contro un popolo che non ci ha mai nuociuto e che risponde a interessi estranei a quello nazionale (anche se non estranei a molte imprese e a troppi speculatori italiani che ne traggono profitto). Va doverosamente rilevata un’ulteriore questione. Questa.
L'attentato costato la vita al maresciallo capo Daniele Paladini è il terzo contro gli italiani in pochissimi giorni, e segue un massacro simile costato la vita ad oltre 40 bambini, avvenuto pochi giorni prima del 24 novembre durante l'inaugurazione di uno zuccherificio, alla presenza delle autorita del governo-fantoccio Karzai (definirlo “collaborazionista” pare un onore eccessivo) e delle truppe NATO d’occupazione. Perchè mai, in questa situazione di guerra aperta, le truppe italiane/NATO promuovono iniziative propagandistiche ad esclusivo uso e consumo della stampa occidentale, mettendo cosi a rischio la vita dei civili afghani, soprattutto bambini? Ma poichè alle cattive notizia non v’è mai fondo, ecco qua. Dal 6 dicembre 2007 Kabul è formalmente “sotto comando” italiano. Per otto mesi il nostro paese assumera la guida del Regional Capital Command dell’ ISAF, tale la sigla della missione NATO multinazionale in Afghanistan ai sostanziali ordini di Washington. Di recente un portavoce dell’ISAF, il generale portoghese Carlos Branco, ha addirittura tentato di minimizzare i successi degli insorti, sottolineando che i talibani non controllerebbero piu di cinque dei cinquantanove distretti del sud dell’Afghanistan e tacendo quattro insignificanti particolari come i seguenti: primo, la resistenza patriottica afghana non e fatta per nulla dai soli talibani; secondo, tra gli armati afghani non ci sono soltanto i resistenti patriottici, ma anche gruppi tribali ed eserciti privati dei “Signori della guerra”; terzo, che il governo-fantoccio Karzai e i suoi alleati-complici-custodi della NATO, italiani compresi (e ora a Kabul in primo piano), in conseguenza dei due punti suddetti, non controllano quasi per nulla il paese; quarto, che il precipitare della situazione afghana ha ormai compromesso anche la situazione del confinante Pakistan, contribuendovi ad introdurre altri elementi di destabilizazzione (e il fatto che di recente gli americani si siano accorti che il loro alleato Musharraf non era un modello di liberta costituzionale e di correttezza politica non contribuisce granchè a risolvere la questione: anche Kissinger e Mohammad reza Palhevi, alla fine degli Anni Settanta, si erano accorti che qualcosa d’ingovernabile stava crescendo in Iran: ma cio non arresto il corso delle cose). In America, forse non troppo diversamente da quanto era accaduto per il Vietnam, qualcosa comincia a muoversi a livello d’opinione pubblica e di mass media: e, come sovente accade in quel paese, Hollywood è tra i primi a rendersene conto. Robert Redford ha diretto il film Leoni per agnelli, uno straordinario, scarno, puntuale appello alla coscienza civile americana che, sull’onda dello shock dell’11 settembre, aveva dimenticato di esser guidata da un Presidente entrato alla Casa Bianca in seguito a un broglio elettorale e che ora si sta rendendo conto che il petroliere ex alcoolista e poi born again in Jesus Christ l’ha trascinata a colpi di menzogne in due guerre e l’ha infangata con le vergogne di Guantanamo e di Abu Ghraib.
Ma qui, nel Bel Paese, notte e nebbia. I nostri soldati sono in Iraq e in Afghanistan “in missione di pace”. Tutta la nostra classe politica è coinvolta in questa disonorante avventura: il centrodestra che l’ha voluta, il centrosinistra che l’ha accettata e fatta propria. A questo punto, siamo tutti colpevoli: l’unica cosa dignitosa e onorevole che ci resterebbe da fare sarebbe riconoscere che abbiamo sbagliato e andarcene subito, senza tante storie. Debbo dirlo chiaro: onoro e rispetto i nostri soldati perchè sono tali, tutti, i caduti e gli altri; credo che ad essi vada comunque la gratitudine della societa civile italiana, perchè hanno fatto il loro dovere di soldati e no e su di loro che gravano le responsabilita delle guerre ingiuste e cattive nelle quali sono stati coinvolti. Vero è d’altronde che anch’essi hanno coscienza e quindi responsabilita: nè in Iraq, nè in Afghanistan, abbiamo soldati di leva. Il nostro personale militare li presente guadagna bene e lucra meriti per la sua carriera. La nostra solidarieta per i caduti e pertanto chiara e sincera: ma deve tener conto di queste condizioni, di questi limiti. Come cittadino, come pubblico dipendente e come ufficiale delle nostre forze armate in congedo, lo dico chiaro e tondo: mi sento personalmente umiliato e disonorato dalla partecipazione dei soldati del mio paese a due guerre d’aggressione condotte sulla base di scelte e d’interessi stranieri; cosi come mi sento personalmente umiliato e disonorato dal fatto che il mio paese sia presidiato da decine di basi militari straniere, sia pur “alleate”.
Ma in molti cominciano ad aprire gli occhi: se n’è accorto Giuliano Ferrara.
Quindi, facciamo un bilancio.
Primo. L’audiocassetta di Usama bin Laden dell’ottobre 2007 e probabilmente falsa, al pari di tutte o quasi quelle che l’avevano preceduta: e delle quali comunque nessuna e con certezza autentica.
Secondo. Sull’11 settembre 2007 non ce l’hanno raccontata giusta. Nessuno è in grado di ricostruire le cose come sono sul serio accadute, ma certo la ricostruzione ufficiale e piena di bugie, di reticenze, di contraddizioni. Se ne sono accorti ormai in molti, in America come in Europa; e le famiglie delle vittime reclamano la verita, in attesa di reclamare anche la giustizia.
Terzo. In Iraq e in Afghanistan la guerra di Bush va male, gli italiani vi sono coinvolti e direttamente e non ci sono ne forze di pace ne impegni internazionali che tengano. Bisogna uscirne, punto e basta.
Quarto. Ne israeliani, ne palestinesi possono risolvere da soli un’intricata questione come quella israelo-palestinese, che si trascina da ormai piu o meno ottant’anni e che sta inquinando l’intero Vicino oriente e non solo esso. Il problema, ormai, non e piu soltanto israeliano e palestinese. Ne sufficiente si dimostra la “mediazione” statunitense”, unilaterale e screditata. La conferenza di Annapolis, nata sulla base di un diktat che ne escludeva alcuni degli obiettivi protagonisti, non poteva non risolversi in una bolla di sapone. E’ la comunita internazionale che deve imporre la propria mediazione, se si vuole che il contagio della violenza abbia fine.
Quinto. Sull’Iran e il suo preteso programma nucleare militare il Presidente Bush, secondo il suo costume di bugiardo cronico, aveva mentito. Ora, ache al questione-Iran va riproposta su basi nuove, differenti da quelle imposte da Bush e da Cheney.
Sesto. Se gli USA rischiano di venir emarginati sotto il profilo economico e produttivo nei prossimi decenni, che sara anche della loro superpotenza militare? E come si atteggera l’Europa, che ha finora contato fin troppo sul loro appoggio? In Asia si sente il bisogno d’una presenza politica e diplomatica europea: ma l’Unione Europea e in crisi e le istanze centrifughe sembrano avere la meglio. Una parola nuova avrebbe potuto venire da Sarkozy: ma per il momento egli sembra non riuscir a disbrigarsi nei suoi problemi interni mentre, in politica estera, da segno di aver rispolverato un atlantismo dal quale la Francia si era liberata, beata lei, da un buon quarantennio. nel nodo c’e sempre piu bisogna d’Europa, ma l’Europa tace e latita. Intanto la cina sviluppa il suo programma coerente nei confronti ad esempio dell’Africa: avete notato, o europei, quanto ci stia vicino il continente africano?
Tutti questi problemi sono semignoti in Italia, dove l’opinione pubblica, tra le partite di calcio e le varie “Isole dei Famosi”, sembra in altre faccende affaccendate mentre la classe politica ha del tutto rinunziato sia a una politica estera, sia a una politica europeistica. Tra i principali responsabili di tutto cio spiccano i mass media, grandi anestesisti della morale e della consapevolezza politica nazionale al servizio dei politici a loro volta al servizio degli interessi di quella che ancora per alcuni anni restera la superpotenza.
Ma qualcosa sta cambiando anche in questo campo. Lo si vede dalle reazioni alla “lettera aperta” spedita nell’ottobre del 2007 da 138 studiosi musulmani al papa, e al quale Benedetto XVI ha risposto alla fine del novembre invitandoli in Vaticano. Tra le reazioni piu equilibrate e intelligenti a questa, che si annunzia come una vera e propria svolta nei rapporti cristiano-musulmani, con ripercussioni che potrebbero essere incalcolabili, e molto positive, sulla situazione internazionale – dal terrorismo alla questione israelo-palestinese alla lotta contro la fame, la malattia, lo sfruttamento e l’ingiustizia nel mondo, che resta il problema centrale – va annoverata quella del Direttaore de “Il Foglio”, Giuliano Ferrara: “Ci piace quest’idea pragmatica secondo cui musulmani e cristiani formano oltre meta della popolazione mondiale e la “sopravvivenza” dipende da un accordo tra di loro"; "I 138 riaprono la strada al razionalismo arabo dei mutaziliti che produsse Farabi, Avicenna e Averroe. (...) Dopo Ratisbona c’era bisogno di una mano islamica tesa verso la nostra umma. Questo e un buon inizio".
Il rispetto e il mantenimento del proprio ruolo, in un opinion maker, e sempre comprensibile: anche quando comporta qualche forzatura. Il che non toglie che Magdi Allam abbia esagerato, reagendo in questi termini: "Rincresce... che in Italia sia stato proprio ‘Il Foglio’ di Giuliano Ferrara, da sempre in prima fila nella difesa di Israele e contro il terrorismo islamico, a cadere nel tranello teso da maestri nell'arte della dissimulazione. Accreditando come ‘Fatwa della riconciliazione’ una lunga dissertazione teologica sull'unicita di Dio e sull'amore del prossimo, in cui non compare mai la parola Israele e il suo diritto alla vita, cosi come non si fa alcuna esplicita menzione del terrorismo islamico e della sua condanna".
Legittima, e prevedibile, la reazione di Ferrara: "Stavolta ci e sembrato piu serio esaminare in modo aperto, senza ripetere concetti come litanie, un testo la cui ambiguita aperturista e dialogante, sia per il suo tenore teologico sia per il suo senso politico sia per i suoi firmatari, farebbe scandalo o introdurrebbe contraddizione nelle moschee e nelle madrasse in cui si predica il jihad".
Non meno prevedibile, ma quanto meno inopportuna, la reazione di carlo panella, contenente un giudizio tanto gratuito quanto pesante nei contronti del documento dei 138 musulmani, "venato di antisemitismo, pieno di ipocrisia, che fa finta che la pace dipenda da tensioni tra cristiani e musulmani, mentre invece e messa in pericolo dalla fitna, da una lacerazione tutta interna al mondo musulmano".
Un parere che ha fatto perdere le staffe a Giuliano Ferrara: "Caro Carlo, se fossi supponente come te in questa letterina, e decidessi di ritorcere contro il mittente il suo metodo polemico, liquiderei la faccenda nel modo seguente: ‘Eccitato islamista dilettante sfoga il proprio senso di colpa per il suo passato khomeinista trasformandosi in professionista dell’anti-islam; prende autolesionisticamente a bersaglio il giornale a cui collabora e che pubblica da anni le sue idee e ricerche (e purtroppo un certo numero di non-notizie da lui proposte, non sempre classiche); gli imputa di essere fuori linea, con cedimenti creduloni all’antisemitismo, per aver pubblicato la lettera dialogante dei 138 saggi musulmani ed averla commentata, oltre che con un pregevole scritto dell’islamista dilettante in questione, anche con qualche opinione di filosofi professionali, gesuiti professionisti di un’islamistica a prova di bomba e altra gente a conoscenza della lingua coranica, cardinali e patriarchi la cui voce era interessante ascoltare almeno quanto quella di C. Panella’ ".
Il tutto e molto divertente e varrebbe la pena seguire l’intera, intricata faccenda, ricca di sottintesi, diverticoli e ramificazioni che vanno ben al di la dell’usuale costume giornalistico. Ma a un osservatore esterno, che conosce un po’ – sia pure in modo differente – questi tre personaggi del nostro universo massmediale e che si e talvolta trovato a dover dialogare o polemizzare con loro, e comunque interessante il fatto che ormai quelle che parevano un’alleanza e un’identita di vedute ricche certo di sfumature e articolazioni, ma nel complesso ferree e coerenti, si vadano invece in apparenza, e salvo resipiscenze e ritrattazioni, sfaldando se non lacerando. la tesi del “conflitto di civilta” e del necessario scontro frontale, del the West and the Rest, dlel’Occidente contro l’Eterno nemico e il Male Assoluto, non regge piu: e i piu intelligenti (e magari anche i piu furbi) tra i suoi sostenitori corrono ai ripari, correggono il tiro, magari mettono i remi in barca perche gia si profila all’orizzonte il nuovo vascello vincitore sul ponte del quale bisognera ben salire: non solo per mettersi in salvo, ma anche per guadagnarsi rapidamente, anche li, almeno i galloni di commodoro se non i gradi da ammiraglio.
Ma non c’e da abbassare la guardia.
Pero, non c’e alcun motivo di gioire oltre i limiti d’una modesta e ben contenuta soddisfazione. la strada da fare e lunga e il vantaggio e sempre dell’avversario. Non si deve ne abbandonare il posto di vedetta, ne abbassare la guardia. Una notizia del 7 giugno 2007 riferita da RaiNews24 riferiva che due giorni prima, il 5, alcuni appartenenti a non meglio specificate “forze dell’ordine” statunitensi (?), in abito civile, avevano tentato di far passare da un posto di blocco presso Heiligendamm in un’auto una valigia contenete un certo quantitativo di esplosivo plastico del tipo C4; scoperti, avevano asserito che si trattava di una misura volta a verificare l’efficienza dell’organizzazione antiterroristica tedesca. La polizia tedesca non ha mai confermato la notizia. Ma a meta novembre del 2007, come riferisce in data 22.11. una notizia raccolta in www.ariannaeditrice.it, due militari statunitensi sono stati ricoverati in gravi condizioni per essersi fatti esplodere tra le mani un ordigno artigianale all’interno della base statunitense di Aviano. Anche questa notizia e stata abbuiata. Sta correndo un po’ troppo esplosivo d’origine sospetta, in Europa: si dovrebbe pur tenerne conto, in caso di prossimi, auguriamoci sventati, “attentati terroristici di matrice islamica”.
Infine, in data 22.11.2007 RaiNews24 ha annunziato la prossima installazione, nella base aerea statunitense di Sigonella, di un nuovo sistema radar integrato della marina americana, il MUOS (“Mobile User Objective System”): la societa Maxim, cui la Marina aveva affidato uno studio sui rischi della nuova attrezzatura, ha rilevato che le microonde del radar potrebbero addirittura causare l’esplosione di eventuali ordigni presenti nella base. Non sappiamo se possa trattarsi di ordigni nucleari. Al di la di cio, c’e da chiedersi quale sara il ruolo futuro della base di Sigonella sotto il profilo tattico e strategico, e se, e come, e in che misura, e fino a che punto esso si conciliera con gli accordi internazionali e con le norme costituzionali in materia di partecipazione italiana ai conflitti. Infine, nulla e dato sapere sulle conseguenze dell’installazione di nuovi sistemi in quanto concerne la sicurezza e la salute della popolazione residente attorno alla base.
Che cosa pensano di cio i politici e i parlamentari che, a proposito di moschee gestite da comunita marocchine o da campi rom, si dimostrano cosi coscienziosi nella difesa della dignita e dell’identita nazionale? Un esercito straniero che spadroneggia sul nostro territorio a nostra insaputa e davvero cosa meno grave di uno scippatore extracomunitario? Sara interessante ascoltare l’illuminato parere di lorsignori: fino ad oggi, su tali argomenti, hanno rigorosamente taciuto. Distrazione? Timidezza? Conflitto d’interessi? Timore di disturbare qualche superiore?
Franco Cardini
Fonte: www.francocardini.net/
9.12.07. -
Face Pollution.
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che voi sappiate, zero (il film di giulietto chiesa) è stato pubblicato in qualche modo? oppure si può vedere solo alle diverse proiezioni che ci sono? . -
AdamClayton.
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CITAZIONE (Face Pollution @ 6/1/2008, 16:30)che voi sappiate, zero (il film di giulietto chiesa) è stato pubblicato in qualche modo? oppure si può vedere solo alle diverse proiezioni che ci sono?
Puoi sapere un pò tutto qua: http://www.zerofilm.info/. -
AdamClayton.
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11 SETTEMBRE: CHI CI HA GUADAGNATO?
Cui prodest scelus, is fecit. ["Colui al quale il crimine porta vantaggi, egli l'ha compiuto"]
L.A. Seneca
Le promozioni dell’11 Settembre
La storia ufficiale dell'11-9 è un racconto di incredibile incompetenza. Ci portano a credere che al Qaeda abbia con successo ingannato un apparato difensivo da molti miliardi di dollari, le difese aeree del NORAD, le procedure di intercettazione standard della FAA, basi dell'aviazione Usa, [1] l’ FBI, la CIA, la NSA, le agenzie internazionali di intelligence eccetera senza incontrare resistenza. Mentre qualunque indagine seria degli attacchi dell'11-9 è stata bloccata dal presidente Bush e da Dick Cheney per più di un anno [2], è emersa una teoria di sistematica e incredibile incompetenza: al Qaeda è stata “fortunata”. Mindy Kleinberg del 9/11 Family Steering Committee, in un discorso pubblico alla Commissione sull'11-9 ha criticato questa idea:
“E’ stato detto che le agenzie di intelligence devono avere ragione il 100% delle volte. I terroristi devono essere fortunati solo una volta. Questa spiegazione per i devastanti attacchi dell'11 settembre, è palesemente sbagliata, perché i terroristi dell'11-9 non sono stati fortunati solo una volta. Sono stati fortunati più e più volte. Quando si vede questo ripetuto schema di protocolli infranti, leggi infrante, comunicazioni saltate, non la si può continuare a chiamare fortuna. Se ad un certo punto non cerchiamo di far assumere alle persone la responsabilità per non aver fatto accuratamente il loro lavoro, allora come ci potremo mai aspettare che i terroristi non siano nuovamente fortunati?” [3]
Cosa è accaduto a coloro che hanno “sbagliato”, e quali sono stati esattamente i loro “errori”?
L'ex senatore Gary Hart osserva che, “in termini di responsabilità credo che questo sia uno dei più grandi misteri degli ultimi tre o quattro anni. 3000 americani sono morti tre anni fa e nessuno ha perso il suo lavoro per questo. Un presidente che dice di essere un presidente forte, e coloro che gli stanno attorno dicono che lo è, non ha licenziato nessuno. O egli è stato ingannato, nel qual caso qualcuno sarebbe dovuto essere licenziato. Oppure è lui che sta ingannando noi, nel qual caso dovremmo licenziarlo”[4]. Il senatore Charles Grassley ha similmente fatto notare che “ non mi viene in mente una sola persona da qualche parte nel governo, che sia stata ritenuta responsabile per ciò che è successo e ciò che è stato sbagliato prima dell'11 settembre, sembra che nessuno al governo faccia più sbagli”[5]. Secondo le testimonianze fornite al Congresso queste affermazioni sono accurate; non una sola persona all'interno della C.I.A., FBI, e NSA è stata rimproverata, punita o licenziata per gli eventi dell'11-9.[6]
Come è stato possibile? La Commissione sull'11-9 ha ammesso che il suo scopo non era “ assegnare colpe individuali”[7]. Perché no? Paul Craig Roberts fa notare che “lo scopo di una Commissione d'inchiesta governativa è dare la colpa dove fa meno danno politicamente”[8]. “Dando… a tutti un pochino di colpa, la Commissione non dà la colpa a nessuno”, ha osservato Harpers’ Magazine[9]. Non solo nessuno è stato ritenuto responsabile o rimproverato per gli attacchi dell'11-9, ma come osserva 911truth.org, “gli ufficiali che hanno sbagliato (come Myers e Eberhard, come Frasca, Maltbie e Bowman dell’ FBI) sono stati promossi” [10]. Un funzionario del Dipartimento di Giustizia ha commentato che l'FBI “ha, in pratica, promosso le stesse esatte persone che hanno diretto il... fallimento”[11]. Chi è stato responsabile di questi errori e chi è stato promosso?
Secondo Laura Brown della FAA: “ entro pochi minuti da quando il primo aereo colpì il World Trade Center, la FAA stabilì immediatamente diversi ponti telefonici che includevano i mezzi di campo della FAA, il centro di comando della FAA, i quartieri generali della FAA, il Dipartimento della difesa [cioè il NMCC del dipartimento della difesa], il Secret Service... L'uomo di collegamento dell'aviazione con la FAA si unì immediatamente al ponte telefonico con i quartieri generali della FAA e stabilì in contatto con il NORAD... La FAA, tramite i ponti telefonici, condivise informazioni in tempo reale sugli eventi in corso, comprese le informazioni sulla perdita di comunicazione con l'aereo, la perdita dei segnali dei transponder, cambi di rotta non autorizzati e altre azioni intraprese da tutti voli di interesse”[12] Questo era il protocollo standard:
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