11 SETTEMBRE

Versione ufficiale vs 9/11 Truth Movement

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  1. AdamClayton
     
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    DIROTTATORE AVEVA PRENOTATO VOLI PER I GIORNI SUCCESSIVI

    Sbalorditivi documenti dell’FBI contraddicono il rapporto della commissione sull’11-9 mentre il veterano della CIA Robert Bear chiede che l’indagine sia riaperta

    Sbalorditivi documenti dell’FBI recentemente rilasciati ed ottenuti grazie al “freedom of information act” mostrano che il presunto dirottatore Hamza Al-Ghamdi aveva prenotato altri voli per San Francisco e Riyadh, cosa che fa pensare che fosse all'oscuro del suo destino a bordo del volo United Airlines 175, l’aereo che colpì la torre sud del World Trade Center.

    Gli incartamenti sono costituiti da una cronologia di 300 pagine dell'FBI che fu usata dalla Commissione sull’11/9 ma resa pubblica solo ora.

    La Commissione sull’11/9 non ha menzionato nel rapporto finale che Al-Ghamdi aveva prenotato diversi altri voli previsti dopo l'11/9, incluso un altro volo nel giorno degli attacchi.

    Il fatto che Al-Ghamdi avesse prenotazioni su voli successivi all'11/9 ovviamente solleva dubbi sul fatto che il presunto dirottatore sapesse che l’attentato dell'11/9 fosse una missione suicida e fa anche dubitare sul fatto che fosse realmente su quell’aereo.

    Citando “informazioni sui passeggeri della United Airlines" a pagina 228 sotto una annotazione riguardante “H. Al Ghamdi”, a quanto la cronologia dice: "Volo futuro. Partenza prevista dall’aeroporto internazionale di Los Angeles diretto all’aeroporto internazionale di San Francisco, volo UA 7950" (vedi figura qui sotto tratta da Raw Story)

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    Al-Ghamdi aveva prenotato anche il volo del 20 settembre 2001 da Casablanca (Marocco )a Riyadh (Arabia saudita) e quello del 29/9 da Riyadh a Damman (Arabia Saudita).

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    I documenti con la cronologia dell’FBI non coincidono con altri dettagli del rapporto della commissione sull’11/9, specialmente in relazione ai movimenti di Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, presunti dirottatori del volo 77.

    Il ricercatore Paul Thompson crede che la Commissione abbia selezionato i dati relativi ai movimenti dei presunti dirottatori al fine di occultare i loro legami con alti funzionari dell’Arabia Saudita.

    Egli indica l'omissis sul nome di una persona che è risaputa essere alle dipendenze della difesa saudita, Omar al-Bayoumi, e che viveva nello stesso posto indicato a quanto dice Raw story.

    “Sappiamo che si tratta di Bayoumi” dice Thompson ”perché dopo l'11/9 il governo Finlandese per sbaglio rilasciò una lista di sospetti dell’FBI che diceva che Bayoumi viveva nel numero152 dei Prakwood Apartments". Tale informazione si può trovare qui.

    “Ma è altrettanto importante ed evidente che i dirottatori avevano già una rete di supporto nel sud della California prima che arrivassero” continua Thompson.

    “Nella versione ufficiale della storia ora, i dirottatori andavano in giro inutilmente per L.A. per 2 settimane prima di incontrare per caso Bayoumi in un ristorante (secondo il suo racconto)”, Thompson aggiunge: “Al che egli si dimostra un incredibile buon Samaritano e li porta a San Diego, paga loro l’affitto, ecc”.

    “Ma dai documenti dell’FBI, ora sappiamo che i dirottatori cominciarono ad alloggiare presso l’appartamento di Bayoumi il 15 gennaio – lo stesso giorno che arrivarono” dice Thompson. “Quindi di sicuro devono essersi incontrati all’aeroporto ed egli si è preso cura di loro appena arrivati negli USA. Questo è importantissimo perché l’FBI sostiene ancora oggi che i dirottatori non hanno mai avuto complici negli USA”.

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    [Il presunto Hamza al Ghamdi compare nel suo "video del martirio" che, cosa abbastanza interessante, è stato diffuso nel settembre 2006, dopo l'11/9, così come i suoi itinerari di volo]

    L’ex ufficiale incaricato della CIA, veterano di 20 anni, Robert Bear, che ha precedentemente affermato che l'11/9 sembra essere organizzato dall’interno, ha dichiarato a Raw Story che i nuovi risvolti richiedono un immediata riapertura delle indagini.

    “Ci sono tante discrepanze e domande senza risposta nel rapporto della Commissione sull’11/9, tanto che sotto una amministrazione meno intransigente l’indagine dovrebbe essere riaperta” ha scritto Bear.

    “Considerando che le principali prove vengono fuori da confessioni estorte sotto tortura, non mi è ancora chiaro che cosa accadde l'11/9” conclude.

    Raw story fornisce altri dettagli su come i documenti fanno luce sul ruolo delle autorità saudite e la loro complicità nell’attacco.

    Queste nuove rivelazioni segnano i più sconcertanti risvolti in diversi mesi sull'11/9 e di sicuro daranno inizio ad una nuova ondata di dubbi sulla poco solida versione ufficiale del governo.

    Titolo originale: " Alleged Hijacker Booked On Post-9/11 Flights"

    Fonte: http://www.prisonplanet.com
     
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  2. AdamClayton
     
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    Zero - Inchiesta sull'11 Settembre continua l'autodistribuzione e arriva a Roma


    Il film Zero continua la marcia e fa il suo debutto nella sale romane.

    Grazie all'impegno di tutti, dopo mesi di lavoro e di proiezioni in tutta Italia, il GruppoZero Distribuzione porta finalmente il film in sala a Roma.

    L' Azzuro Scipioni, il Detour e il Politecnico Fandango (cinema d'essai, luoghi storici di proiezioni di qualità) gli unici per il momento ad aver accolto Zero: un film scomodo, catalogato dai più come film politico, negato al grande pubblico.

    In realtà Zero è un film sulla verità, l'unico film italiano che analizzi e affronti in maniera critica la versione ufficiale sui fatti dell'11 Settembre 2001 fornita dal governo americano.

    Partendo da un'inchiesta di Giulietto Chiesa tre narratori d'eccezione, Dario Fo , Lella Costa e Moni Ovadia accompagnano lo spettatore nella ricostruzione dell'evento che ha sconvolto il mondo intero e che a distanza di sette anni continua a lasciare dubbi su quanto sia realmente accaduto quel giorno.

    Zero è un'inchiesta giornalistica rigorosa, costruita con interviste girate in tutto il mondo a testimoni oculari, sopravvissuti, responsabili delle indagini, fisici, esperti, tecnici, scienziati, familiari delle vittime, giornalisti.

    GruppoZero Distribuzione

    Per organizzare una proiezione potete rivolgervi a:
    393.955.71.54
    [email protected]

    Prodotto da: Thomas Torelli per la TPF Telemaco
    Regia: Franco Fracassi e Francesco Trento
    Autori: Giulietto Chiesa , Franco Fracassi , Francesco Trento,
    Thomas Torelli , Paolo Jormi Bianchi
    Fotografia: Christin Di Prinzio, Marco Ricchello
    Montaggio: Annalisa Schillaci
    Musiche originali: Alessandro Molinari
    Voce narrante: Francesco Pannofino

    DATA


    CINEMA


    ORARI

    Giovedì 10 aprile


    AZZURRO SCIPIONI


    22.00
    (incontro con gli autori)

    Giovedì 17 aprile


    AZZURRO SCIPIONI


    22.00

    Mercoledì 23 aprile


    DETOUR


    20.45
    (incontro con gli autori)

    Giovedì 24 aprile


    AZZURRO SCIPIONI


    22.00




    DETOUR


    20.45; 22.30




    POLITECNICO FANDANGO


    18.30;
    21.00 (Incontro con gli autori)

    Venerdi 25 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30; 22.30




    DETOUR


    20.45 22.30

    Sabato 26 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30, 22.30




    DETOUR


    20.45; 22.30

    Domenica 27 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30; 22.30




    DETOUR


    20.45 ; 22.30

    Lunedì 28 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30, 22.30

    Martedi 29 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30, 22.30

    Mercoledi 30 aprile


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30; 22.30

    Giovedì 1 maggio


    POLITECNICO FANDANGO


    18.30; 20.30, 22.30




    AZZURRO SCIPIONI


    22.00

    POLITECNICO FANDANGO
    via G. Tiepolo 13/a - Roma

    AZZURRO SCIPIONI
    via degli Scipioni 82 - Roma

    DETOUR
    via Urbana 47/a - Roma
     
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  3. AdamClayton
     
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    11 settembre: funzionario ONU chiede inchiesta ufficiale

    «Occorre un’inchiesta ufficiale» sui fatti dell’11 settembre 2001, per appurare la parte che vi hanno avuto i «neoconservatori»: a dirlo non è un complottista marginale, ma un relatore dell’ONU per i diritti umani, nonchè un giurista di fama internazional (1). Si tratta del professor Richard Falk, docente emerito a Princeton e, dal 28 marzo, eletto all’unanimità relatore speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori occupati.

    Intervistato da una radio americana del Wisconsin, Falk ha detto a proposito del mega-attentato del 2001: «E’ possibile che, specialmente i neoconservatori abbiano pensato che la situazione nel paese e nel mondo era tale, che qualcosa doveva accadere per svegliare il popolo americano. ...Tutto ciò che possiamo dire è che c’è ampio spazio per il sospetto. Dovrebbe esserci un’inchiesta ufficiale, del genere che la Commissione (senatoriale) sull’11 settembre non si è impegnata a fare; non averlo fatto ha sottratto al popolo americano, e in qualche modo al mondo, la fiducia su ciò che veramente è successo».

    Bisogna dire che il professor Falk conosce bene l’argomento 11 settembre, perchè ha letto il volume di David Ray Griffin, «The New Pearl Harbor», dove Griffin (teologo protestante di professione) ha elencato le incorenze e le sospette omissioni nella versione ufficiale; e non solo lo ha letto, ma ne ha anche scritto e firmato la prefazione.

    Il titolo del saggio di Griffin evoca la frase scritta nel documento «Rebuilding the American Defense», diffuso nel 2000 dal PNAC (Project for a New American Century, fondato dai due ebrei neocon Robert Kagan e William Kristol), dove per convincere gli americani della necessità del riarmo si auspicava «un evento traumatico, come una nuova Pearl Harbor». Evidentemente, il professor Falk ha ben presente questo dettaglio.

    Il suo giudizio sulla guerra dell’Iraq del resto l’ha espresso a tutte lettere: «Un osservatore obbiettivo conclude inevitabilmente che questa guerra in Irak è una guerra di aggressione, e come tale è un crimine contro la pace del tipo di quelli per cui i capi tedeschi furono accusati, processati e puniti a Norimberga».

    Come relatore speciale ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi, Falk ha rimpiazzato il giurista australiano John Dugard, che nel suo rapporto del Febbraio 2007 ha definito le politiche israeliane «simili a quelle dell’apartheid»: «Si può seriamente negare che lo scopo (...) è di instaurare e mantenere il dominio di un gruppo razziale (gli ebrei) su un altro gruppo razziale (i palestinesi) e di opprimerli sistematicamente? Israele lo nega (...) ma tale intenzione può dedursi dalle azioni descritte in questo rapporto».

    Falk è stato anche più duro. Ha paragonato il trattamento subìto dai palestinesi alle atrocità commesse dal regime nazista, in riferimento alla «punizione collettiva» inferta da Israele alla intera popolazione di Gaza.

    Subito attaccato dall’ADL come «antisemita», il giurista ha tenuto la sua posizione: se si usa questo paragone riguardo al modo in cui la Cina tratta i tibetani e i sudanesi si comportano in Darfur, ha detto alla BBC (2), «non vedo perchè si debba esitare a fare la stessa comparazione» nei riguardi di Israele. Questa «riluttanza», ha aggiunto, è dovuta alla «speciale storica sensitività del popolo ebraico e alla abilità di Israele di evitare le critiche che merita in quanto «non ritiene di dover adeguare le sue politiche al diritto internazionale e alla morale».

    Immediatamente Daniel Carmon, l’ambasciatore israeliano all’ONU, ha messo in causa la capacità di Falk di condurre la sua missione di investigatore della Nazioni Unite, ed ha fatto sapere che Israele gli negherà l’entrata nel suo territorio.

    «Ecco perchè noi americani abbiamo votato contro la creazione del Consiglio sui Diritti Umani», ha commentato John Bolton, l’uomo che Bush ha cercato di nominare ambasciatore USA all’Onu con un colpo di mano nel 2005, e che ha dovuto dimettersi nel 2006 per l’opposizione del Congresso.

    Bolton è ebreo, neocon, membro del Jewish Institute for National Security Affairs, dell’American Enterprise, nonchè del PNAC, il think tank che auspicò «la nuova Pearl Harboor» un anno prima dell’11 settembre. Inoltre, è l’uomo che ha segretamente fornito di armi Fatah palestinese perchè scatenasse la guerra civile contro Hamas.

    E’ comprensibile che sia preoccupato: nel Consiglio per i Diritti Umani sono presenti giuristi di fama indiscutibile, come Dougard e Falk, che sanno riconoscere un crimine di massa quando ne vedono uno. E capacissimi di condurre un’inchiesta sull’11 settembre.

    Maurizio Blondet

    1) Eli Lake, «UN official calls for study on Neocon’s role on 9/11», New York Sun, 10 aprile 2008.
    2) Tim Franks, «UN expert stand by nazi comments», BBC, 8 aprile 2008.
     
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  4. AdamClayton
     
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  5. AdamClayton
     
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    LE ARMI DI BANALIZZAZIONE DI MASSA

    Dopo i due brani "Il concetto di Complotto" e "Bias di Conferma" pubblichiamo un altro brano tratto dal libro "Il Mito dell’11 Settembre e l’Opzione Dottor Stranamore" di Roberto Quaglia. Come nei brani precedenti l'oggetto dell'analisi è l'11 Settembre osservato nei suoi risvolti mediatici, psicologici e sociologici. Nei due brani precedentemente pubblicati l'autore indagava le trappole linguistiche e mentali dietro all'accettazione da parte di molta gente della incredibile versione ufficiale dell'11 Settembre (e della ridicolizzazione di indagini più approfondite) . E' giunto il momento di chiedersi qual'è il ruolo sociale dei media (le "armi di banalizzazione di massa") nel propagandare una visione del mondo semplificata e pesantemente manipolata che porta all'impossibilità per molte persone di vedere la realtà dietro allo schermo di fumo che copre tragici eventi come l'11 Settembre.

    Segnaliamo che nei prossimi giorni Roberto Quaglia sarà presente in diverse città italiane per presentare il suo libro “Il Mito dell’11 Settembre e l’Opzione dottor Stranamore”

    Martedì 22 aprile 2008 – ore 21 a Torino, Centro Culturale Italo-Arabo DAR AL HIKMA, Via Fiochetto, 15 , – interverranno anche Gianni Vattimo, filosofo, e Mimmo Càndito, presidente italiano di Reporters Sans Frontières

    Mercoledì 23 aprile 2008 dalle 19.00, a Bologna, Faremondo al Locomotiv, nel parco Dopolavoro Ferroviario di Bologna, entrate da via Serlio 25/2 e da via Stalingrado 12, serata a cura di Emanuele Montagna

    Giovedì 24 aprile 2008 - ore 21 a Bra, Sala Conferenze Licei "Giolitti-Gandino", via F.lli Carando 43




    Nessuno è più schiavo
    di colui che si ritiene libero senza esserlo.
    Johann W. Goethe

    Trovo molto educativa la televisione.
    Ogni volta che qualcuno la accende,
    vado nell’altra stanza a leggere un libro.
    Groucho Marx



    Benvenuti a Hollywood. Hollywood non esiste, ecco la tua prima illusione. Tu non sei mai stato a Hollywood. Sei sempre e solo stato davanti alla tua televisione. Ed anche se e quando non sei stato davanti alla televisione, sei stato in mezzo a persone che erano appena state davanti alla loro televisione. Non hai modo di sfuggire a quel flusso di informazioni omogeneizzate. Buttare via la televisione non serve. Ti fanno gli altri il riassunto di quello che ti sei perso. Allora tanto vale guardarla.

    La realtà è infinitamente complessa e di questa gigantesca torta il nostro cervello riesce a gustarne meno di una minuscola fetta – qualche briciola nel migliore dei casi. Tuttavia, anche queste briciole di lucida comprensione possono generare confusione ed instabilità. La società umana è un meccanismo troppo complesso per continuare a funzionare se tutti gli ingranaggi che ne fanno parte un bel giorno iniziano a porsi dubbi filosofici sul significato del proprio ruolo. Un idraulico che, riparando il tuo cesso, s’interrogasse sul reale significato dell’esistenza delle onde gravitazionali anziché sull’occlusione delle onde del tuo sciacquone, difficilmente giungerebbe a risolvere il tuo problema in tempo utile per il tuo prossimo bisogno corporale.

    Affinché la società funzioni, tutti devono occuparsi esclusivamente delle attività inerenti al proprio ruolo specifico e specialistico e, per tutto ciò che riguarda i grandi problemi, condividere a somme linee una stessa visione del mondo. Sui piccoli dettagli trascurabili è bene litigare – la mia squadra di calcio è più forte della tua, la mia squadra politica è più buona della tua, la mia musica è più figa della tua –, dato che queste pantomime servono a fornire agli individui l’illusione di un’identità di appartenenza ad un gruppo piuttosto che ad un altro, necessità evidentemente codificata nel nostro DNA e che in qualche modo deve trovare una propria realizzazione all’interno di ciascuno di noi. Ma per quello che riguarda le cose davvero importanti, tutti, per evitare che la comunità smetta di funzionare, devono più o meno condividere le stesse nozioni essenziali, se necessario predigerite, preconfezionate, presemplificate, prebanalizzate, in modo da renderle assimilabili da parte di chiunque.

    Vi piaccia o no, questo è il mondo nel quale viviamo. Probabilmente, il migliore dei mondi possibile. Ciò non toglie che per molti aspetti faccia parecchio schifo, tuttavia se un mondo migliore fosse possibile, probabilmente esso già esisterebbe. Ciò non vuol dire che non si possa lottare per un mondo migliore, ma questa è un’altra faccenda nella quale adesso non entriamo perché ci porterebbe fuori tema.

    Tutto sommato questo libro non ha la presunzione di nutrire la nobile – ma, ahinoi, probabilmente irrealistica nonché folle – ambizione di rendere il mondo un luogo sensibilmente migliore, ma si limita a perseguire il ben più umile e modesto traguardo di fornire ai pochi che hanno un po’ di tempo da perdere qualche elegante utensile in più per godersi in piena coscienza e sino in fondo i nuovi curiosi orrori del mondo. Accontentiamoci ancora una volta di quel che passa il convento!

    In uno splendido libro, Elogio dell’imbecille, che in Spagna è meritatamente divenuto un bestseller, lo scrittore e giornalista italiano Pino Aprile dimostra quanto la stupidità sia importante per preservare a tutti i livelli il buon funzionamento della nostra società. La stupidità non sarebbe affatto una carenza di qualcosa – l’intelligenza –, bensì una funzione vera e propria, indispensabile a garantire che uno faccia ciò che deve fare senza porsi tanti perché.

    Tuttavia, tanta sana stupidità da sola potrebbe anche non bastare, a volte, per impedire al Grande Giocattolo di rompersi. Bisogna venirle in soccorso, prenderla per mano e condurla con pazienza nella direzione voluta. Perché, se tutte le pecorelle si muovono a casaccio, capirete bene che non si giunge mai da nessuna parte e tanta preziosa stupidità va inutilmente sprecata, il sistema crolla e tanti saluti a tutti.

    Fino a cent’anni fa i mass media non esistevano e quelli che iniziavano ad esistere su carta stampata non erano poi tanto di massa, dato che gran parte della gente non sapeva leggere. Soprattutto negli ultimi decenni, però, l’esplosiva diffusione dei sistemi di comunicazione di massa ha interconnesso miliardi di persone in una rete capillare di comunicazioni pressoché istantanee. Per quasi tutta la storia dell’umanità, l’informazione è andata a passo di lumaca, quando circolava. In genere, l’informazione girava assai poco, rimanendo comunque circoscritta a ristrette aree geografiche, ed è proprio in virtù di questi isolamenti che nei millenni si sono differenziate le lingue. I vari popoli, tra loro, non si parlavano proprio, altro che cellulari satellitari e teleselezione! I popoli si frequentavano così poco, in passato, che anche le informazioni genetiche non circolavano tra un popolo e l’altro (a parte occasionali stupri qua e là ad opera dei vincitori delle guerre).

    Oggi la musica è diversa. Nel campo delle comunicazioni la differenza rispetto al passato è incommensurabile e questa novità , ovviamente, è gravida di conseguenza importanti. I fenomeni di retroazione, diventati rapidissimi, rendono il sistema infinitamente più instabile. Come il noto «effetto farfalla» dei sistemi caotici (il battito d’ali di una farfalla in Giappone potrebbe innescare un concatenamento di eventi in grado di scatenare un uragano in America), una frase pronunciata a Pinerolo potrebbe innescare una reazione a catena che darà il via alla terza guerra mondiale. Lo so, sembra improbabile, ma molto dipenderebbe anche da chi pronunciasse la frase: mettiamo, ad esempio, che Bush vada una sera a cena a Pinerolo...

    In effetti, c’è chi prevede che tra pochi anni questa crescente instabilità renderà il futuro completamente imprevedibile, ma di questo parleremo più avanti.

    Per mantenere stabile un sistema caotico come quello dell’umanità attuale è necessario che la visione della realtà sia il più possibile omogenea. I mass media contribuiscono a questo risultato, e di ciò è stato già scritto di tutto, dai quasi dimenticati (o, piuttosto, rimossi) Gustave Le Bon (alla sua Psicologia delle folle non negavano di ispirarsi sia Hitler che Mussolini) ed Edward L. Bernays («padre della persuasione», nonché nipote di Freud) in poi.

    I mass media vengono utilizzati moltissimo anche per vendere dentifrici, automobili, assorbenti e merendine, ma ciò che interessa qui è quando essi veicolano quelle che ho definito armi di banalizzazione di massa.

    Avrete già sentito parlare delle armi di distrazione di massa. Si tratta di un’espressione di cui si è fatto molto uso, e con buona ragione. Tuttavia, le armi di distrazione di massa sono armi tattiche, finalizzate a distrarre l’attenzione collettiva nella contingenza del loro esercizio. Idealmente, il giorno in cui le armi di distrazione di massa smettessero di ruggire, i milioni di persone distratte potrebbero immediatamente tornare ad accorgersi degli eventi significativi che accadono intorno a loro. Le armi di banalizzazione di massa, diversamente, sono armi di tipo strategico e, una volta entrate efficacemente in azione, hanno un effetto duraturo e difficilmente reversibile. Esse provvedono ad installare nelle menti delle persone versioni ipersemplificate e banalizzate di qualsiasi cosa accada o possa accadere.

    L’uomo oggi vive in perfetta simbiosi con i media. I concetti che egli pensa sono in linea di massima tutti stati preventivamente filtrati, selezionati, predigeriti, banalizzati e confezionati dal suo Grande Fratello di fiducia (ce n’è più di uno, ma sotto sotto sono tutti in combutta).

    I media veicolano un panorama teatrale del mondo e degli eventi che in esso si succedono. Si tratta di illusioni stilizzate, alle quali gli stessi giornalisti finiscono per credere, almeno in parte. L’uomo accetta più o meno acriticamente questa frittata stilizzata di pseudorealtà, nello stesso modo in cui un bambino accetta ciò che gli raccontano i suoi genitori, credendolo vero.

    Qualsiasi elemento di complessità della situazione viene semplificato dalle armi di banalizzazione sino al punto che non ha più alcuna relazione rilevante con il significato originario, al di fuori di una sottile assonanza, ovvero di una etichetta comune per significati ormai lontani anni luce.

    Lo so cosa starà pensando il lettore a questo punto, e cioè che, tanto per cambiare, anche in questo libro si sta menando il can per l’aia con discorsi che non stanno né in cielo né in terra, ma che intendono solo portare acqua al mulino dell’autore. Io voglio bene al mio lettore e mi dispiace perderlo, tuttavia è molto tempo che scrivo roba astratta e stravagante ed è inevitabile che qualcosa (o più di qualcosa) mi scappi pure in questo libro. Cercherò di non eccedere.

    Il primo obiettivo delle armi di banalizzazione di massa è la semplificazione estrema del processo con cui la gente distingue il bene dal male. Al di là del bene e del male, queste armi si curano di semplificare tutto, ma proprio tutto, ciò che ci viene comunicato per via televisiva.
    Il risultato è una specie di disneyzzazione della realtà percepita. I Buoni sono sempre buoni ed i Cattivi sono sempre cattivi con riconoscibilità analoga a quella che i Buoni ed i Cattivi hanno in un cartone animato. Questo destino non tocca solo al Bene ed al Male, ma anche a personaggi ed eventi di qualsiasi genere, i quali, spogliati nelle rappresentazioni massmediatiche di qualsiasi complessità, finiscono inevitabilmente per assomigliarsi al punto da essere intercambiabili. In effetti, vengono tutti ridotti ad una manciata di personaggi stereotipati che compiono azioni comuni, anche quando superficialmente appaiano bizzarre.

    Fateci caso, socchiudete metaforicamente gli occhi quando vi guardate in giro e parlate con gli altri o siete davanti alla televisione, e vedrete come la nebbia delle illusioni si diraderà per brevi istanti, permettendovi di scorgere l’autentica natura degli stereotipi che sostituiscono la realtà; il mondo apparirà allora come una sorta di pacchiano cartone animato senza uscita, reso folle dal fatto che a tutti sembra qualcosa di autentico e naturale. Pensate che le mie parole siano state troppo astratte? Aspettate a leggere le prossime!

    Qualsiasi cosa oggi avvenga, noi non possiamo evitare di paragonarla istantaneamente con la «mappa» di un avvenimento analogo che già abbiamo nel nostro cervello – un’esperienza fittizia di quell’avvenimento che risiede dentro alla nostra materia grigia anche se non l’abbiamo mai fatta. Quella pseudo-esperienza è entrata nel nostro cervello attraverso il Cavallo di Troia di un film, due film, mille film e diecimila telegiornali che abbiamo visto ed assorbito dalla televisione. Qualsiasi cosa avvenga nel mondo, noi siamo quindi in grado di «comprenderlo» perché lo riconosciamo. Il problema è che in realtà non riconosciamo l’avvenimento in sé, dato che in genere non l’abbiamo vissuto, bensì la rappresentazione stilizzata e semplificata che di esso c’è nel nostro cervello. Quest’ultimo, allenato a semplificare tutto da migliaia e migliaia di ore di devota osservazione televisiva, non si prende la briga di decodificare davvero le informazioni in entrata. A che scopo tanta fatica? Gli basta riconoscere la classe di informazioni in ingresso per balzare immediatamente allo stereotipo mentale, cioè il «pacchetto» di consapevolezza ipersemplificata, corrispondente a quell’argomento.

    Anziché la nostra vita, ci ritroviamo quindi grottescamente a vivere una sorta di metafora di essa, dove gran parte di ciò che ci succede lo comprendiamo e rappresentiamo nel nostro teatro mentale sostituendolo con il corrispondente surrogato cliché televisivo.

    Un esempio eclatante di questo processo si è avuto proprio con gli attentati dell’11 settembre, vissuti da tutti – addirittura anche dalle stesse persone che si trovavano nelle Torri Gemelle e sono riuscite a scappare – come se si trattasse di un film. Il grande tarlo che cova invisibile nei nostri cervelli è brevemente apparso in tutta la sua potenza proprio quel giorno. Immagina: tu sei in una delle torri colpite, c’è un incendio e devi scappare per salvarti la vita, e il tuo cervello non trova di meglio che credere che stiano girando un remake de L’inferno di cristallo. Per fortuna zone più profonde ed animali del cervello, forgiate da milioni di anni di evoluzione e selezione naturale, non cascano nell’inganno e ti portano in salvo ugualmente, nonostante quell’altro pezzo di cervello malato insista contro ogni evidenza sul fatto che si tratti di un film. Intrappolati senza scampo nelle metafore hollywoodiane che hanno occupato le nostre menti, ecco la nostra condizione psichica di oggi. Ecco la vittoria finale conseguita dalle armi di banalizzazione di massa. Nessuno è immune. Tranne che in rari momenti di lucidità, non ci accorgiamo di nulla. Il Mostro è dentro di noi e si scatena solo quando serve a lui o agli ingegneri che lo hanno programmato.

    Un’esemplare rappresentazione cinematografica di questo stato delle cose la troviamo nel film Natural Born Killers, di Oliver Stone. Mickey e Mallory, gli sballati protagonisti della storia, altro non sono che l’esasperazione dei malati di mente che siamo tutti diventati dopo migliaia di ore di esposizione alle armi di banalizzazione di massa. Per questo film Oliver Stone avrebbe meritato un Nobel – un Oscar non sarebbe stato abbastanza – ed invece gli sono giunte critiche su critiche perché migliaia di normalissimi malati di mente si sarebbero coerentemente riconosciuti nei personaggi del film, mettendosi a scimmiottarne le gesta in giro per gli Stati Uniti.

    L’effetto utile del costante uso delle armi di banalizzazione è la stabilizzazione delle grandi masse, le quali, perdute in un mondo fittizio, oppure ancorate ad esso (è una questione di interpretazione), un mondo fatto di illusioni televisive, si comportano in modo abbastanza prevedibile perché il sistema si mantenga stabile.

    Poiché le armi di banalizzazione di massa dispensano anche grandi quantità di rappresentazioni del Male, esse inevitabilmente finiscono anche per generare un Male stilizzato, esemplificato, stereotipato e quindi meglio gestibile di un Male esercitato da criminali realmente fantasiosi.

    Se queste armi consentono ad una società di essere più stabile, la stessa cosa non si può sempre dire degli individui che di tale società fanno parte.

    L’effetto secondario e negativo di questo processo, nel quale le nostre esperienze non riescono più ad essere realmente nostre poiché in effetti si associano dentro le nostre teste a stereotipi, è che al giorno d’oggi gran parte della gente si ritrova ad affrontare grossi problemi di identità.

    Qualche neurone intelligente rimane, nel profondo del cervello di tutti noi, ed esso urla la propria disperazione per la carenza di distinzione che le nostre vite palesano. Alla convenienza sociale di conformarci gli uni agli altri si contrappone intimamente un bisogno di affermazione e distinzione individuale. Ciò è alla base delle profonde crisi di identità delle nuove generazioni nella società occidentale e del conseguente emergere di nuove forme di tribalismo metropolitano, argomenti sui quali da anni i sociologi discutono e si guadagnano il pane.

    Tutti questi paroloni per dire in sintesi estrema che ci hanno fritto il cervello fin dal primo momento in cui un televisore si è acceso nelle nostre case ed ormai che la frittura è completa, globale ed irreversibile, l’unica forma di parziale e residua sanità mentale perseguibile da un povero cristo è la scelta di una forma di follia alternativa, più personale (o tribale), rispetto alla noiosissima follia in voga nella maggioranza indistinta dei membri della società. In parole povere, l’unico modo per non essere completamente pazzi è – paradossalmente – proprio quello di uscire fuori di testa. Naturalmente anche ciò ha i propri inconvenienti. Talvolta questi prendono la forma di 42 piercing facciali ed un paio di corna subcutanee sul cranio, altre volte le manifestazioni sono meno palesi, ma non meno distintive.

    Tornando al nostro tema principale, è perfettamente credibile che il condizionamento alla sospensione dell’incredulità operato sulla popolazione americana da anni ed anni di film catastrofisti hollywoodiani sia alla base della sconcertante attitudine della maggior parte degli americani a non interrogarsi in merito alle stranezze ed inverosimiglianze di cui trabocca la storia ufficiale dell’11 settembre. Essi crederebbero alla consistenza di una realtà inverosimile così come farebbero se stessero guardando il solito film pieno di banalità ed inverosimiglianze. In parte, non credo all’esistenza di un complotto per conseguire questo genere di effetti. Il meccanismo è troppo geniale perché essere umano abbia potuto concepirlo a tavolino. Ritengo piuttosto che il sistema si sia autoorganizzato così.

    Tuttavia, anche se gran parte del risultato è spontaneamente conseguito dall’autoorganizzazione della società, un’altra parte è indubbiamente pianificata a tavolino.

    Roberto Quaglia

    http://www.mito11settembre.it
    http://www.robertoquaglia.com

    Per organizzare presentazioni pubbliche del libro con l’autore, scrivere a:
    [email protected]
     
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  6. AdamClayton
     
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  7. AdamClayton
     
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    ZERO PROLUNGA LA PRESENZA NELLE SALE A ROMA

    Dopo il successo di pubblico delle prime proiezioni, aumentano gli spettacoli e le sale in cui vedere Zero.
    Per rompere il muro del silenzio e continuare a chiedere, con forza, la riapertura della commissione d'inchiesta sull'11 settembre.
    Gruppo Zero

    Di seguito le sale delle proieioni:

    POLITECNICO FANDANGO dal 1 maggio all'8 maggio (18.30 - 20.30 - 22.30)
    CINEMA DON BOSCO 4 maggio (20.45)
    CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE 7 - 14 - 21 - 28 maggio (20.30)

    Politecnico Fandango: Via G.Tiepolo 13/a
    Cinema Don Bosco: Via Publio Valerio 63
    CIDD: Via della Lungara 19

    www.zerofilm.info
    www.gruppozerodistribuzione.it/
     
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  8. Beach
     
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    CITAZIONE (AdamClayton @ 2/5/2008, 18:05)
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    questa è bellissima :D
     
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  9. SmallTown
     
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    CITAZIONE (Beach @ 2/5/2008, 18:40)
    CITAZIONE (AdamClayton @ 2/5/2008, 18:05)
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    questa è bellissima :D

    potrebbe essere una puntata di south park
     
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  10. AdamClayton
     
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    Quattordici punti, e un paio di virgole

    Gli scienziati e gli ingegneri del 9/11 Truth Movement non demordono. Dopo aver ampiamente dimostrato l’impossibilità dei crolli passivi per le Torri Gemelle e il WTC7, hanno deciso di “punzecchiare” i loro colleghi del NIST con un documento sottilmente ironico - ma altamente efficace - riguardo ai crolli stessi.

    Invece di litigare sui punti di disaccordo, suggeriscono i firmatari del documento, attestiamoci sui punti su cui concordiamo, e partiamo da quelli per una discussione costruttiva, “che renda gli edifici più sicuri nel futuro” .

    Il risultato è sottilmente feroce, in quanto gli stessi scienziati dimostrano che con le sole affermazioni fatte dal NIST, e senza stare a scomodare nessuna “teoria complottistica”, la versione ufficiale crolla miseramente su se stessa.

    Il documento si intitola “Quattordici Punti di accordo con i rapporti ufficiali governativi sulla distruzione del World Trade Center”. Oggi pubblichiamo la traduzione dei primi 5 punti.

    Quattordici Punti di accordo con i rapporti ufficiali governativi sulla distruzione del World Trade Center

    di Steven E. Jones, Frank M. Legge, Kevin R. Ryan, Anthony F. Szamboti, James R. Gourley


    ABSTRACT

    I rapporti di FEMA e NIST contengono la versione ufficiale sulla distruzione del World Trade Center, avvenuta l'11 settembre 2001. In questa lettera vogliamo porre le basi per una discussione costruttiva e chiarificatrice, focalizzandoci sui punti di comune accordo con FEMA e NIST, e refutando nel contempo diverse credenze errate sui crolli del WTC.

    L’undici settembre 2001 le Torri Gemelle del World Trade Center (WTC) furono colpite da aerei. Nell’arco di due ore ne conseguì la distruzione totale di questi due grattacieli, ad una velocità vicina a quella di un corpo in caduta libera, mentre un altro grattacielo (WTC7), che non era stato colpito da aerei, è crollato dopo circa sette ore, alle 5.20 del pomeriggio.

    Il parlamento nazionale ha specificatamente incaricato il National Institute of Standards and Technology (NIST) di “determinare come e perchè il WTC 1 e 2 siano crollati in seguito agli impatti iniziali degli aerei, e come e perchè sia crollato il WTC 7.” [1]

    La Federal Emergency Management Agency (FEMA) [Protezione Civile, ndt] aveva perseguito in precedenza gli stessi obiettivi.

    A FEMA e NIST non è stato chiesto in maniera specifica di determinare in che modo sia stato il fuoco a causare i crolli, ma ambedue hanno chiaramente scelto quella soluzione, lasciando nel contempo molte domande senza risposta.

    Il nostro scopo in questo caso è di gettare le basi per una discussione scientifica, elencando gli argomenti sui quali ci troviamo d’accordo con NIST e FEMA.

    Compredere i meccanismi che hanno portato alla distruzione del World Trade Center permetterà a scienziati e ingegneri di fornire un ambiente più sicuro a chi farà uso in futuro di edifici di questo tipo, e andrà a beneficio dei pompieri che rischiano la loro vita nel tentativo di salvare quelle altrui.


    1) WTC7 - LA QUESTIONE DEL CROLLO

    FEMA: "I particolari sugli incendi del WTC7 e sul modo in cui questi abbiano causato il crollo del palazzo rimangono ad oggi sconosciuti. Per quanto il carburante diesel presente nell’edificio contenesse una notevole energia potenziale, l’ipotesi più accreditata ha solo una bassa probabilità di essersi verificata. Ulteriori ricerche, investigazioni, ed analisi sono necessarie per risolvere la questione.” <2>

    FEMA ha analizzato lo straordinario crollo del WTC7, il grattacielo di 47 piani che, pur non essendo stato colpito da un aereo, è crollato circa sette ore dopo la seconda torre.

    Siamo certamente d'accordo che l’ipotesi più accreditata di FEMA, basata sugli incendi, "ha solo una bassa probabilità di essersi verificata".

    Il rapporto conclusivo del NIST sul WTC7 ha subito notevoli ritardi, ed è atteso con ansia. Risulta infatti difficile spiegare in modo soddisfacente il crollo completo e rapido del WTC7 con la sola ipotesi basata sugli incendi.


    2) RESISTENZA ALL'IMPATTO DEGLI AEREI

    FEMA: "Le torri del WTC erano state progettate per resistere all'eventuale impatto di un Boeing 707 che stesse cercando di atterrare in un vicino aereoporto..." <2>

    NIST: "Sia il WTC1 che il WTC2 si erano stabilizzati dopo l'impatto dei velivoli, rimanendo in piedi per 102 e 56 minuti rispettivamente. L'analisi complessiva dei danni strutturali ha mostrato che entrambe le Torri avevano considerevoli margini di riserva". <4>

    Sì, siamo d'accordo, così come lo sono altri lavori già pubblicati ufficialmente: "Le Torri di 110 piani del World Trade Center erano state progettate per resistere nel loro insieme alle forze causate dall'impatto orizzontale di un velivolo commerciale di grande dimensioni.” Perché allora si è verificato un crollo totale? <5>

    John Skilling, uno dei principali ingegneri strutturali per le Torri del World Trade Center, è stato intervistato nel 1993, dopo che un’auto-bomba è esplosa nella Torre Nord: "Abbiamo considerato ogni possibile evento immaginabile riguardo agli edifici, persino un aereo che lo colpisse su un fianco," ha detto John Skilling, capo ingegnere strutturale...

    Preoccupati sin da quando un aereo colpì l'Empire State Building [che non crollò], il gruppo di Skilling ha eseguito un’analisi che ha mostrato che le Torri avrebbero sopportato l'impatto di un Boeing 707.

    "La nostra analisi ha indicato che il problema più grande sarebbe il fatto che tutto il combustibile (dall'aereo) finirebbe nell'edificio. Ci sarebbe un terribile incendio, con moltissimi morti", ha detto. "Ma la struttura resterebbe in piedi."

    Skilling, un noto esperto in grattacieli, non pensa che una sola auto-bomba da 90 Kg. possa abbattere o arrecare seri danni strutturali ad una torre del Trade Center.

    Le colonne di sostegno sono intervallate a breve distanza, e anche se molte finissero fuori uso, le altre reggerebbero il carico.

    Anche se Skilling non è un esperto di esplosivi, dice che ci sono persone che hanno conoscenze sufficienti sulla demolizione di edifici per far crollare una struttura come il Trade Center.

    "Immagino che se si prendesse il migliore esperto in questo tipo di lavori e lo si incaricasse di demolire questi edifici con esplosivi, scommetto che ci riuscirebbe." <6>

    Quindi, il team di Skilling ha mostrato che un aereo commerciale non avrebbe potuto far crollare una Torre del WTC, così come l'Empire State Building non crollò quando fu colpito da un aereo, e ha spiegato che un esperto in demolizioni con esplosivi potrebbe demolire gli edifici. Noi su questo siamo d'accordo.


    3. LA “TEORIA PANCAKE” (“SPIATTELLAMENTO”) NON HA BASI VALIDE

    NIST: "Le conclusioni del NIST non supportano la teoria 'Pancake' del crollo, che si basa su un progressivo cedimento dei piani nelle torri WTC... Quindi i pavimenti non sono crollati progressivamente, causando il fenomeno di spiattellamento" <3>.

    Siamo d’accordo: la teoria del crollo 'Pancake' è errata e deve essere respinta.

    La “Teoria Pancake” era stata proposta nel primo rapporto FEMA, e fu poi sostenuta dal documentario “Perché sono crollate le torri" prodotto da NOVA. <7>

    La “Teoria Pancake” sui crolli è fortemente appoggiata da un articolo di Popular Mechanics, insieme a un certo numero di altre idee senza credibilità. <8>, <9>

    Noi peraltro concordiamo con il NIST sul fatto che la “Teoria Pancake” non abbia fondatezza scientifica, e debba essere accantonata in serie discussioni sulla distruzione delle Torri WTC e del WTC7.



    4. LE ROBUSTE COLONNE CENTRALI

    NIST: "Come indicato più sopra, le colonne centrali erano progettate per reggere circa il 50% dei carichi gravitazionali". <4>

    "La 'struttura a cappello' [sulla sommità delle Torri, ndt] collegava le colonne centrali alle pareti perimetrali, permettendo agli edifici di reggere gli effetti dell'impatto dei velvoli e dei conseguenti incendi per un tempo molto più lungo - consentendo così ad un ampio numero di occupanti di evacuare in sicurezza ". <10>

    “La Pacific Car and Foundry di Seattle, Washington ha costruito i pannelli di colonne esteriori strettamente distanziate che davano agli edifici il loro aspetto particolare. La Stanray Pacific di Los Angeles, Cal, ha costruito l'enorme contenitore e le colonne a flangia larga che costituivano il sostegno centrale. Il corpo centrale dell'edificio, che sosteneva i principali carichi gravitazionali, è stato realizzato da un misto di robuste colonne scatolari, fatte con lastre alte tre piani, e da colonne in pesante laminato a flangia larga."

    "Le colonne centrali erano progettate per reggere il carico gravitazionale dell'edificio, ed erano caricate a circa il 50% della loro capacità prima dell' impatto dei velivoli... Le colonne esterne erano caricate al solo 20% circa della loro capacità prima dell'impatto del velivolo". <11>

    Siamo totalmente d'accordo sul fatto che le torri WTC includessero "massiccie" colonne in acciaio interconnesse nel corpo centrale degli edifici, in aggiunta alle colonne della pareti esterne. Le colonne del nucleo centrale (core) supportavano molto del carico gravitazionale, quindi le torri chiaramente NON erano vuote all'interno.

    Tuttavia la falsa idea che le torri fossero dei “tubi vuoti", con i pavimenti sorretti solo dalle colonne perimetrali, è ampiamente diffusa. Ad esempio, un noto professore di ingegneria strutturale ha affermato che "il progetto strutturale delle Torri era unico nel fatto che la struttura di supporto in acciaio era costituita da colonne strettamente spaziate nei muri di tutti e quattro i lati. La struttura risultante era a un tubo... ". <12>

    In realtà le Torri erano state costruite con una struttura centrale capace di reggere carichi considerevoli, così come lo erano le colonne perimetrali, e su questo punto siamo d'accordo con il NIST nello smentire le errate credenze popolari.


    5. PRATICAMENTE IN CADUTA LIBERA

    NIST: [Domanda:] "Come hanno potuto crollare le torri WTC in soli 11 secondi (WTC 1) e 9 secondi (WTC 2), velocità approssimabili a quella di una sfera lasciata cadere da una simile altezza nel vuoto (senza nessuna resistenza dell'aria)?“

    [Risposta:] ...Come documentato nella sezione 6.14.4 del NIST NCSTAR 1, questi tempi di caduta dimostrano che "... la struttura al di sotto del livello di inizio del crollo ha offerto una resistenza minima alla massa dell’edificio che si trovava sia al livello dell'impatto che sopra di esso. L'energia potenziale liberata dal movimento discendente della grande massa di edificio ha di gran lunga superato la capacità della struttura intatta al di sotto di assorbire quell'energia attraverso energia di deformazione. Dal momento che i piani al di sotto del livello di inizio del crollo hanno offerto così poca resistenza alla enorme energia liberata dalla massa in caduta, la sezione dell'edificio superiore è scesa sostanzialmente in caduta libera, come si è visto nei video". <3>

    Siamo in parte d'accordo con questo, sul fatto che l'edificio "è sceso sostanzialmente in caduta libera, come si è visto nei video."

    Questo è un importante punto di partenza.

    (A causa delle nubi di polvere che impedivano la vista, è difficile determinare l'esatto tempo di caduta, ma l’affermazione che gli edifici "sono crollati sostanzialmente in caduta libera" sembra corretta se si analizzano le accelerazioni, per le Torri WTC ed anche per il WTC 7.) <13> , <14>

    Inoltre, siamo d'accordo con il NIST che "i piani al di sotto del livello di inizio del crollo hanno offerto poca resistenza" al crollo. Noi però ci domandiamo: come può essere successo?

    Il NIST parla di "energia di deformazione", che per le grandi colonne centrali delle Torri sarebbe stata notevole, e avrebbe dovuto descriverla quantitativamente (cosa che non ha fatto), prima di sostenere che la "struttura intatta" sottostante non avrebbe rallentato il moto in maniera significativa.

    Oltre a questo, evidentemente il NIST dimentica una legge fondamentale della fisica, nel trattare con tale disinvoltura gli stupefacenti crolli “in caduta libera" di ciascuna Torre, ovvero la Legge di Conservazione della Quantità di Moto.

    Questa legge della fisica dice che le centinaia di migliaia di tonnellate di materiale incontrate sul percorso devono rallentare la [caduta della] parte superiore dell’edificio, indipendentemente dalla deformazione, che può solo rallentare la caduta ancora di più. (Energia e Quantità di Moto devono restare inalterati.)

    Diverse ricerche apparse su pubblicazioni ufficiali hanno sostenuto che questa negligenza del NIST (che non ha spiegato la caduta a velocità prossima alla caduta libera) è una grave lacuna nella loro analisi. <13>, <14>

    Il NIST ignora l’ipotesi di una demolizione controllata, che ottiene il crollo completo degli edifici a velocità prossima a quella di caduta libera, togliendo di mezzo il materiale [che oppone resistenza] grazie all’uso di esplosivi. Esiste quindi una spiegazione alternativa, che concorda con i dati disponibili senza violare le fondamentali leggi della fisica.

    Dovremmo poter concordare, dall’osservazione di un crollo a velocità vicine a quelle della cauda libera, che le demolizioni controllate sono un modo per ottenere un completo crollo a velocità prossime a quelle di caduta libera. Mentre ci piacerebbe vedere i calcoli del NIST che spiegano i crolli a velocità prossima alla caduta libera senza l’uso di esplosivi.

    Ci aspettiamo dal NIST una spiegazione che soddisfi la [Legge di] Conservazione della Quantità di Moto e di Energia per la rapida e completa distruzione di tutti e tre i grattacieli WTC l’undici di settembre, oppure un ragionamento o ipotesi alternativa che rispettino la Conservazione della Quantità di Moto e di Energia in questi crolli a velocità prossime alla caduta libera.

    - Fine 1a parte

    Traduzione per luogocomune.net di Riccardo Pizzirani (SERTES)
     
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  11. AdamClayton
     
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    LE NUOVE DATE DI ZERO IN TUTTA ITALIA

    Dopo il successo di pubblico delle proiezioni romane, si moltiplicano le città in cui è possibile vedere Zero.
    Per rompere il muro del silenzio e continuare a chiedere, con forza, la riapertura della commissione d'inchiesta sull'11 settembre.
    Gruppo Zero

    Di seguito città e date delle proiezioni:

    ROMA
    Detour: 8 - 9 - 23 - 24 -25 Maggio
    Politecnico Fandango: 6 - 7 - 8 Maggio
    Casa Internazionale delle Donne: 7- 14 - 21 -28 Maggio
    Azzurro Scipioni: ogni primo del mese

    BARLETTA 6 - 7 Maggio Multisala Paolillo
    COMO 11 Maggio Cinema Gloria
    BOLOGNA 12-13 Maggio Cinema Lumiere
    ASPARETTO DI CEREA (VR) 13 Maggio Teatro Comunale
    L’AQUILA 13 Maggio Cinema Massimo
    LUCCA 15 Maggio Circolo del Cinema
    CAGLIARI 17 Maggio Cinema Odissea
    FIRENZE 23 - 24 - 25 - 26 - 27 Maggio Cinema Stensen
    RICCIONE 3 Giugno Premio Ilaria Alpi
    SASSARI 3 Giugno Teatro Verdi
    ALGHERO 4 Giugno Mediateca

    Indirizzi:
    Politecnico Fandango: via G. B. Tiepolo 13/a - Roma
    Detour: via Urbana 47/a - Roma
    Azzurro Scipioni: via degli Scipioni 82 - Roma
    Casa Internazionale delle Donne: via della Lungara, 19 - Roma
    Cinema Stensen: viale Don Minzoni 25C - Firenze
    Cinema Paolillo: Corso Garibaldi, 25/29 - Barletta
    Cinema Massimo: Corso Federico II, 63 - L’Aquila
    Mediateca di Alghero: via Petrarca, 24 - Alghero
    Cinema Lumière: Via Azzo Gardino, 65 - Bologna
    Teatro Comunale: piazza A. Manzoni, 1 - Asparetto di Cerea (VR)
    Circolo del Cinema: Piazza Cittadella - Lucca
    Cinema Odissea: Viale Trieste, 84 - Cagliari
    Teatro Verdi: Via Politeama - Sassari

    www.zerofilm.info
    www.gruppozerodistribuzione.it/
     
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  12. AdamClayton
     
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    6. TEST DI RESISTENZA AGLI INCENDI, NESSUN CEDIMENTO

    NIST: "Il NIST ha dato mandato ad Underwriters Laboratories, Inc. di effettuare dei test per ottenere informazioni sulla resistenza agli incendi di strutture come quelle nelle torri WTC... Tutti e quattro i campioni di prova hanno sostenuto il carico per cui erano progettati per circa 2 ore senza crollare... Il Team Investigativo è stato cauto nell’utilizzare questi risultati direttamente nella formulazione di ipotesi di crollo. Oltre alle questioni di scala sollevate dai risultati di prova, gli incendi nelle torri l'11 settembre e la conseguente esposizione cui sono stati sottoposti i piani, sono state sostanzialmente diverse dalle condizioni nei forni di prova. Tuttavia, i risultati [della prova empirica] hanno stabilito che questo tipo di costruzione era in grado di sostenere un grande carico gravitazionale senza crollare, per un considerevole periodo di tempo rispetto alla durata degli incendi l'11 di settembre". <4>

    Siamo d'accordo che il NIST abbia realizzato effettivi test di incendio e che tutte e quattro le "strutture come quelle delle torri WTC" hanno superato i test di resistenza al fuoco "senza crollare."

    Siamo anche d'accordo sul fatto che "gli incendi nelle torri l'11 settembre ... sono stati sostanzialmente diversi dalle condizioni nei forni di test": i forni di test erano più caldi e hanno bruciato più a lungo.

    Il NIST potrebbe voler eseguire una serie di prove diverse nel tentativo di verificare alcune altre ipotesi sulle origini dei crolli.

    Nella sua forma attuale, tuttavia, non abbiamo alcun elemento di prova fisico a sostegno di un cedimento totale a causa di incendio dai reali test di resistenza al fuoco. Al contrario, questi test reali indicano che gli edifici non avrebbero dovuto crollare completamente.

    Inoltre, abbiamo centinaia di casi di incendi in grattacieli a struttura di acciaio, e crolli completi non sono mai avvenuti.

    Ma gli esperti hanno detto che nessun edificio simile [al WTC7], un moderno grattacielo rinforzato in acciaio, è mai crollato a causa di un incendio fuori controllo, e gli ingegneri hanno cercato di capire esattamente cosa è successo, e se debbano essere preoccupati per altri edifici simili in tutto il paese...

    Anche se la protezione anti-incendio era destinata a sopportare incendi ordinari per almeno due ore, gli esperti hanno detto che edifici della dimensione del World Trade Center 7, che sono trattati con tali rivestimenti, non sono mai crollati in un incendio di qualsiasi durata.

    La maggior parte di altri tre edifici del complesso, i World Trade 4, 5 e 6 sono rimasti in piedi nonostante abbiano subito danni di tutti i tipi, incluso gli incendi. <15>

    L'esperto di ingegneria anti-incendio Norman Glover concorda: Quasi tutti i grandi edifici subiranno un incendio durante il periodo del loro utilizzo. Nessun importante grattacielo è mai crollato a causa di un incendio... Il WTC [stesso] è stato teatro di un simile incendio nel 1975; tuttavia, l'edificio è sopravvissuto con un danno di lieve entità ed è stato riparato ed è tornato in servizio. <16>

    Ciò nonostante tre di questi grattacieli (WTC 1, 2 e 7) sono crollati completamente in un solo giorno, 9/11/2001, e non sono potuti tornare in servizio. C'è ancora molto da capire, in questo caso.


    7. INCENDI DI BREVE DURATA

    NIST: "Il primo incendio causato dal carburante del jet è durato al massimo pochi minuti." <4> "In qualsiasi punto, il perdurare di temperature vicine a 1000°C [nell'aria, non nell'acciaio] è stato di circa 15/20 minuti. Per il resto del tempo, le temperature sono state calcolate vicino a 500° C, o inferiori". <4>

    Siamo d'accordo. Ma allora, dato che gli incendi sono stati brevi e frammentari, come hanno fatto entrambe le torri a subire un improvviso cedimento della struttura in acciaio lungo una vasta area di ogni torre, e come può essere stato così simmetrico e completo il crollo di tutti e tre i grattacieli? <13>, <14>, <17>

    Noi vorremmo un confronto su questi punti.



    8. GLI INCENDI DEL WTC NON FONDONO L'ACCIAIO

    NIST: "Il NIST non ha mai sostenuto che l'acciaio nelle torri WTC si sia fuso a causa di incendi. Il punto di fusione di acciaio è di circa 1500 gradi Celsius (2800 gradi Fahrenheit). I comuni incendi nei palazzi e degli idrocarburi (ad esempio, carburante d'aereo) generano temperature fino a circa 1100 gradi Celsius (2000 gradi Fahrenheit). Il NIST ha riferito che la tempreratura massima degli strati superiori di aria fosse di circa 1000 gradi Celsius (1800 gradi Fahrenheit) nelle torri WTC (ad esempio, vedere NCSTAR 1, figura 6-36) ". <3>

    Concordiamo. Ci troviamo anche d'accordo con il Prof. Thomas Eagar su questo punto: gli incendi sono la parte più fraintesa dei crolli WTC. Ancora oggi, i media ci dicono (e molti scienziati credono) che l'acciaio si sia fuso.

    Si sostiene che il carburante d'aereo bruci raggiungendo temperature molto alte, soprattutto con così tanto carburante presente. Questo non è vero... La temperatura degli incendi presso il WTC non era insolita, e non sicuramente in grado di fondere l'acciaio. <18>

    Ci troviamo in notevole accordo, quindi: gli incendi al WTC non erano in grado di fondere l'acciaio.

    Naturalmente, al NIST può risultare difficile spiegare il materiale fuso che fuoriusciva dalla Torre Sud subito prima del crollo, come le prove di temperature ben oltre i 1100 °C riportati dal NIST. <13>

    Siamo disponibili a discutere le ragioni per le alte temperature osservate.


    9. DISTRUZIONE DEGLI ELEMENTI DI PROVA DI ACCIAIO DEL WTC

    NIST: "Il NIST è in possesso di 236 elementi strutturali in acciaio dagli edifici del World Trade Center (WTC). Questi pezzi rappresentano una piccola frazione dell'enorme quantità di acciaio esaminata nei vari cantieri di recupero in cui i detriti sono stati inviati man mano che il sito del WTC veniva sgomberato. Si stima che tra il 0,25% e il 0,5% delle 200.000 tonnellate di acciaio utilizzati per la costruzione delle due torri sia stato recuperato." "La mancanza di acciaio WTC 7 preclude qualsiasi test sui materiali di quella struttura... ". <1>

    Quindi, solo una piccola frazione di acciaio dalle torri WTC, e nessun pezzo d'acciaio dal WTC 7, è stato analizzato dal NIST. Che cosa è successo al resto dell 'acciaio presente sul luogo del crimine?

    Per più di tre mesi, l’acciaio delle strutture del World Trade Center è stato, e continua ad essere, tagliato e venduto per rottamazione.
    Elementi di prova cruciali che potrebbero rispondere a molte domande su come reagiscono i grattacieli durante un incendio, si trovano su una lenta nave diretta verso la Cina, e forse non saranno mai più visti in America fino a quando non acquisterete la vostra prossima auto.

    Questa distruzione degli elementi di prova dimostra l'incredibile ignoranza dei funzionari di governo rispetto all’importanza di un approfondita investigazione scientifica sui più grandi crolli causati da incendi nella storia del mondo.

    Ho setacciato i nostri standard nazionali per le indagini sugli incendi, NFPA 921, ma da nessuna parte si trova una deroga che consente la distruzione degli elementi di prova per gli edifici di oltre 10 piani di altezza. <19>

    E anche se solo una piccola frazione dell 'acciaio è stato salvato per il test, è chiaro che una "enorme quantità" dell'acciaio del WTC è stato esaminato sia per o dal NIST, e che i campioni selezionati sono stati scelti per la loro importanza per l'investigazione del NIST. <20>

    La distruzione di circa il 99% dell'acciaio, elemento di prova della scena del crimine, è stata sospetta ed è probabilmente illegale. Speriamo che su questo si possa essere d'accordo.


    10. UN INSOLITA FIAMMA LUMINOSA E UN LIQUIDO CHIARO E LUMINOSO. (WTC 2)

    NIST: "Una insolita fiamma è visibile all'interno di questo incendio. Nell'alto della fotografia {Fig 9-44} spicca una fiamma molto luminosa, al contrario del tipico colore giallo o arancione delle fiamme circostanti, che genera un pennacchio di fumo bianco." <4>

    "Il NIST riferisce (NCSTAR 1-5A) che poco prima delle 9:52 del mattino, un bagliore è apparso nella parte superiore di una finestra dell'80° piano del WTC 2, quattro finestre dal bordo est sulla facciata nord, seguito dal fuoriuscire di un liquido incandescente. Questo flusso di liquido è durato approssimativamente quattro secondi prima di cessare. Molti di questi flussi di liquidi sono stati osservati vicino a questa posizione nei sette minuti che portano al crollo di questa torre "3.

    Siamo d'accordo e ci congratuliamo con il NIST per l'inclusione di queste osservazioni di un "insolita fiamma ... che sta generando un pennacchio di fumo bianco" <4> "seguita dal flusso di un liquido incandescente" che ha "un bagliore arancione" <3>.

    Per quanto riguarda la "fiamma molto luminosa... che sta generando un pennacchio di fumo bianco", il NIST di fatto esclude la combustione di alluminio, in quanto "l'alluminio non è in grado di incendiarsi alle normali temperature di incendio..." <3>.

    Ancora una volta, siamo d'accordo.

    Le origini di questa fiamma molto luminosa e dei relativi flussi di un liquido incandescente color arancio rimangono questioni aperte nella relazione del NIST.

    Il NIST ha aperto una linea di indagine molto appropriata attraverso la pubblicazione di questi indizi significativi, <3>, <4> fornendo un importante punto di partenza per ulteriori discussioni che noi auspichiamo.


    11. ATTACCO AD ALTA TEMPERATURA SULL'ACCIAIO, E SULFIDAZIONE

    FEMA (basandosi sul lavoro di un team investigativo del Worchester Polytechnic Institute): "Campione n. 1 (dal WTC 7)... le prove di un attacco corrosivo dell'acciaio a temperature estreme, incluse l'ossidazione e la sulfidazione con successiva fusione intergranulare, sono state immediatamente visibili nella microstruttura prossima alla superficie.”

    Siamo d'accordo che le prove fisiche per "attacchi corrosivi a temperature estreme" che comportano zolfo sono interessanti. Qui abbiamo motivi per un interessante discussione: Come sono state raggiunte queste "temperature estreme" negli edifici WTC? Qual è la fonte dello zolfo che ha attaccato l'acciaio in questi edifici? Le risposte a queste domande ci possono aiutare a trovare la spiegazione per il "crollo totale" delle Twin Towers e del WTC 7 che stiamo tutti cercando.

    I ricercatori WPI hanno pubblicato i loro risultati <2>, <21> e hanno richiesto "uno studio approfondito" di questo fenomeno di "ossidazione e sulfidazione" "ad alta temperatura". Tuttavia questi risultati sono stati ignorati dal NIST nelle loro successive relazioni sulle distruzioni delle Torri. <3>, <4> La loro incapacità di rispondere a questa anomalia documentata è una sorprendente fenomeno in sé stesso.

    E' auspicabile che il NIST vorrà spiegare e correggere questa svista considerando i dati di sulfidazione ad alta temperatura nella loro relazione sul crollo del WTC7 da lungo attesa. L'esistenza di temperature estreme durante la distruzione del WTC è ormai stabilita chiaramente. <22> Sembra che il NIST abbia inavvertitamente trascurato questa prova, e ci offriamo di esaminare la questione con loro, alla ricerca di conoscenza e sicurezza.


    12. MODELLAZIONE E VISUALIZZAZIONE AL COMPUTER

    NIST: "Il caso più grave (che divenne Caso B per il WTC 1 e Caso D per il WTC 2) è stato utilizzato per l'analisi globale di ogni torre. Serie complete di simulazioni sono state quindi effettuate per i casi di B e D. Quando queste simulazioni hanno deviato dalle prove fotografiche o dalle testimonianze dei testimoni oculari [ad esempio, il completo crollo avvenuto], i ricercatori hanno corretto l'input, ma solo entro la gamma della realtà fisica. Così, ad esempio... le forze di trazione sulle colonne perimetrali dovuta dai piani che si sono abbassati sono stati adeguati... <4> "Il ruolo primario dei pavimenti nel crollo delle torri è stato quello di fornire le forze di trazione verso l'interno che hanno indotto l'incurvamento verso l'interno delle colonne perimetrali. <4> "I risultati sono stati una simulazione del deterioramento strutturale di ogni torre dal momento dell'impatto dei velivoli fino al momento in cui l'edificio è diventato instabile, vale a dire, è stato pronto per il crollo... “<4>

    Siamo d'accordo che NIST abbia ricorso a complesse simulazioni al computer e senza dubbio abbia "corretto l'input" per tenere conto della distruzione delle Torri, dopo che le prove fisiche di resistenza anti-incendio non hanno supportato la loro teoria di crollo preordinata.

    Ma il risultato finale di tali modelli di computer manipolati, che sono stati forniti senza visualizzazioni e senza sufficienti dettagli per poter essere validati, è certamente interessante. Un articolo della rivista New Civil Engineer dice: “Gli investigatori del disastro del World Trade Center [al NIST] si rifiutano di mostrare le visualizzazioni al computer del crollo delle Twin Towers nonostante le richieste provenienti da ingegneri strutturali e anti-incendio, riporta la NCE”.

    Le visualizzazioni dei meccanismi di crollo sono abitualmente utilizzate per convalidare il modello di analisi degli elementi finiti utilizzato dagli investigatori [del NIST]... Un celebre ingegnere strutturale statunitense ha detto che il NIST ha ovviamente dedicato enormi risorse allo sviluppo dei modelli di impatto e di incendio. "In confronto il modello strutturale globale non è così sofisticato", ha detto. "Il software utilizzato [dal NIST], è stato spinto a nuovi limiti, e ci sono state numerose semplificazioni, estrapolazioni e scelte soggettive." <23>

    Ulteriori commenti dettagliati sulle simulazioni al computer del NIST sono forniti da Eric Douglas. <24>

    Vorremmo discutere il modello al computer e le estrapolazioni effettuate dal NIST e la necessità di utilizzare visualizzazioni numeriche e strumenti grafici per controllare e convalidare le analisi di elementi-finiti.


    13. MANCANZA DI UNA SPIEGAZIONE PER I CROLLI COMPLETI

    NIST: "Questa lettera è in risposta alla vostra richiesta di correzione del 12 aprile 2007... non siamo in grado di fornire una spiegazione esauriente dei crolli completi" <25>

    Questa ammissione del NIST dopo la pubblicazione di circa 10.000 pagine sul crollo delle Torri mostra ammirevole candore, ma può giungere come un leggero shock alle parti interessate, tra cui il Congresso, che ha incaricato il NIST di trovare una spiegazione esauriente.

    Siamo d'accordo che il NIST finora non ha fornito una spiegazione esauriente per i crolli completi.

    Infatti essi si preoccupano di chiarire che la loro relazione si ferma prima del crollo, portando l'inchiesta solo fino al punto in cui ogni torre "è stata pronta per crollare". <4>

    Offriamo aiuto per trovare la sfuggente "piena spiegazione dei crolli completi" delle torri World Trade Center che hanno ucciso così tante persone innocenti, nella speranza che ciò non accada di nuovo. Abbiamo alcune idee e possiamo supportarle con dati sperimentali. <13>, <22> Il nostro interesse è nelle prove fisiche e di analisi che portano ad una piena comprensione della distruzione del WTC.


    14. RICERCA DI RESIDUI DI ESPLOSIVI O DI THERMITE

    Da una FAQ del NIST: [Domanda:] "L'investigazione del NIST ha cercato elementi di prova che le torri WTC siano state abbattute con delle demolizioni controllate? L'acciaio è stato testato per trovare residui di esplosivi o thermite? La combinazione di thermite e zolfo [chiamato thermate] "taglia l'acciaio come un coltello caldo attraversa il burro." [Risposta:] Il NIST non ha eseguito test per cercare tracce di questi composti nell'acciaio ".3

    Siamo d'accordo; non vi è alcuna prova che il NIST abbia cercato tracce di thermite o esplosivi. Questa è un altra notevole ammissione. Cercare tracce di materiali pirotecnici, incluso la thermite in particolare, è specificato nel codice NFPA 921 che riguarda le indagini su incendi ed esplosioni.

    Residui insoliti possono rimanere dal combustibile iniziale. Questi residui potrebbero derivare dalla thermite, dal magnesio, o da altri materiali pirotecnici. <26>

    Tracce di thermite in residui (scorie solidificate, polveri, ecc.) ci direbbero molto sul crimine e sulla causa di migliaia di feriti e di morti. Si tratta di una procedura standard per le indagini di incendi ed esplosioni. Forse il NIST saprà spiegare perché non hanno cercato questi residui? Il codice precisa che gli investigatori della scena dell'incendio devono essere pronti a giustificare una tale esclusione. <26>

    Al NIST sono stati chiesti chiarimenti su questo importante problema di recente, da parte del reporter investigativo Jennifer Abel:

    Abel: ".. che dire di questa lettera in cui NIST ha detto di non aver cercato le prove di esplosivi?"

    Neuman [portavoce a NIST, citato nella relazione WTC]: "Vero, perché non vi era alcuna prova di ciò."

    Abel: "Ma come sapete non c'è alcuna prova se non la cercate?"

    Neuman: "Se stai cercando qualcosa che non c'è, stai sprecando il tuo tempo... e il denaro dei contribuenti". <27>

    L'evidente evasività di questa risposta potrebbe essere divertente, non fosse per il fatto che l'approccio del NIST qui riguarda la vita di tante persone innocenti.

    Noi non riteniamo che cercare residui di thermite o altri residui specificati nel codice NFPA 921 sia "sprecare il proprio tempo."

    Noi possiamo essere in grado di aiutare anche in questo caso, perchè abbiamo cercato tali residui nei resti del WTC utilizzando metodi analitici d'avanguardia, in particolare nella voluminosa nube di polveri tossiche che si è prodotta quando sono crollati gli edifici e sono stati uccise migliaia di persone, e gli elementi di prova sull'uso di thermite sono numerosi. <13>, <22>


    CONCLUSIONI

    Abbiamo elencato quattordici punti in cui siamo d'accordo con FEMA e NIST nelle loro indagini della tragica e sconvolgente distruzione del World Trade Center.

    Siamo d'accordo che le Torri siano crollate a velocità prossime a quelle di caduta libera, e questo è un importante punto di partenza.

    Siamo d'accordo che molte credenze popolari abbiano dimostrato di essere infondate, come ad esempio l'idea che l'acciaio negli edifici si sia sciolto a causa di incendi, o che le torri fossero dei tubi vuoti, o che siccome vi è stato un crollo completo i piani avvrebbero dovuto subire un effetto "pancake".

    Siamo d'accordo che il crollo del WTC7 di 47 piani (che non è stato colpito da alcun aereo) è difficile da spiegare dal punto di vista di un meccanismo indotto da un incendio, e che il NIST ha rifiutato (finora) di cercare residui di esplosivi. <3>, <22>, <27>

    La nostra squadra investigativa vorrebbe iniziare una corrispondenza con il team investigativo del NIST su queste basi, tanto più che essi hanno candidamente ammesso (in una risposta ad alcuni di noi nel mese di settembre 2007): "Non siamo in grado di fornire una spiegazione esauriente sui crolli completi". <25>

    Ci stiamo offrendo di discutere di questi temi in modo civile, come una questione di cortesia scientifica e di ingegneria e come dovere civile. La vita di migliaia di persone può facilmente dipendere da questo.


    RICONOSCIMENTI

    Grazie per le utili discussioni a: Jim Hoffman, Dr. Gregory Jenkins, Dr.Jeffrey Farrer, Prof. Kenneth Kuttler, Prof. David R. Griffin, Gregg Roberts, Brad Larsen, Gordon Ross, Prof. David Griscom, Prof. Graeme MacQueen, i ricercatori di AE911Truth.org e STJ911.org.


    Traduzione per luogocomune.net di Riccardo Pizzirani (Sertes)

    FONTI

    1 S. W. Banovic, “Federal building and fire safety investigation of the World Trade Center disaster: Steel inventory and identification, NIST NCSTAR1-3B”. Gaithersburg, MD: National Institute of Standards and Technology, September 2005.

    2 Federal Emergency Management Agency (FEMA), World Trade Center building performance study: Preliminary observations, and recommendations, Report FEMA 403. Washington, D.C.: Federal Emergency Management Agency, May 2002.

    3 S. Sunder, W. Grosshandler, H. S. Lew, et al. “National Institute of Standards and Technology (NIST) federal building and fire safety investigation of the World Trade Center disaster, answers to frequently asked questions”, Gaithersburg, MD: National Institute of Standards and Technology, August 30, 2006. [Online]. Available: NIST, http://wtc.nist.gov. [Accessed March 17, 2008].

    4 S. Sunder, W. Grosshandler, H. S. Lew, et al. “Final report on the collapse of the World Trade Center towers, NIST NCSTAR. Gaithersburg”, MD: National Institute of Standards and Technology, September 2005.

    5 Z. P. Bazant and Y. Zhou, “Why did the World Trade Center collapse? Simple analysis”, J. Eng. Mech., vol. 128, pp. 2-6, January 2002.

    6 E. Nalder, “Twin towers engineered to withstand jet collision”, Seattle Times, February 27, 1993. [Online]. Available: http://archives.seattletimes.nwsource.com/...8&date=19930227
    [Accessed April 5, 2008].

    7 Public Broadcasting System, “Why the Towers fell”, Public Broadcasting System, 2002. [Online]. Available: http://www.pbs.org/wgbh/nova/transcripts/2907_wtc.html [Accessed March 17, 2008].

    8 J. B. Meigs, D. Dunbar, B. Reagan, et al. “Debunking the 9/11 myths, special report”, Popular Mechanics, vol. 182, pp. 70-81, March 2005.

    9 D. R. Griffin, Debunking 9/11 debunking: “An answer to Popular Mechanics and other defenders of the official conspiracy theory”, Northampton, MA: Interlink Books, 2007.

    10 S. Sundar, Opening remarks of Dr. S. Shyam Sunder (NIST), May 2006. [Online]. Available: NIST, http://wtc.nist.gov/media/Sunder_Progressi...arks_050106.pdf [Accessed March 27, 2008].

    11 S. W. Banovic, T. Foecke, W.E. Luecke, et al. “The role of metallurgy in the NIST investigation of the World Trade Center towers collapse”,JOM, vol. 59, no. 11, pp. 22-29, November 2007.

    12 D. A. Firmage. (April 10, 2006). “Refuting 9/11 conspiracy theory”, The College Times, p. A6.

    13 S. E. Jones, “Why indeed did the WTC buildings completely collapse?”, Journal of 9/11 Studies, vol. 3, pp. 1-47, September 2006. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    14 F. Legge and T. Szamboti, “9/11 and the twin towers: Sudden collapse initiation was impossible”, Journal of 9/11 Studies, vol. 18, pp. 1-3, December 2007. [Online]. Available: www. journalof 911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    15 J. Glanz, “A nation challenged; the site: Engineers have a culprit in the strange collapse of 7 World Trade Center: Diesel fuel”, New York Times, November 29, 2001, p. B9.

    16 J. Glanz, “A nation challenged; the site: Engineers have a culprit in the strange collapse of 7 World Trade Center: Diesel fuel”, New York Times, November 29, 2001, p. B9.

    17 D. L. Griscom, “Hand-waving the physics of 9/11”, Journal of 9/11 Studies, Letters, February 8, 2007. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    18 T. W. Eagar and C. Musso, “Why did the World Trade Center collapse? Science, engineering, and speculation”, JOM, vol. 53, no. 12, pp. 8-11, December 2001.

    19 W. Manning, “Selling out the investigation”, Fire Engineering, January 2002, p. 4.

    20 J. Gourley, R. McIlvaine, W. Doyle, S. E. Jones, K. Ryan and R. Gage, “Appeal filed with NIST pursuant to earlier request for correction”, Journal of 9/11 Studies, 17 pp. 1-16. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    21 J. R. Barnett, R. R. Biederman and R. D. Sisson, Jr., “An initial microstructural analysis of A36 steel from WTC building 7”, JOM, vol. 53, no. 12, p. 18, December 2001.

    22 S. E. Jones, J. Farrer, G. S. Jenkins, et al. “Extremely high temperatures during the World Trade Center destruction”, Journal of 9/11 Studies, vol. 19, pp.1-11, January 2008. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    23 D. Parker, “WTC investigators resist call for collapse visualisation”, New Civil Engineer, November 1, 2005. [Online]. Available: http://www.nce.co.uk/news/2005/11/wtc_inve...sualisation.htm [Accessed April 8, 2008].

    24 E. Douglas, “The NIST WTC investigation-- how real was the simulation? A review of NIST NCSTAR 1”, Journal of 9/11 Studies, vol. 6, pp. 1-28, December 2006. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    25 C. S. Fletcher (NIST), “Response to request for correction”, Journal of 9/11 Studies, vol. 17, pp. 17-23, November 2007. [Online]. Available: www.journalof911studies.com [Accessed March 17, 2008].

    26 National Fire Protection Association, “Guide for fire and explosion investigations”, NFPA 921. [Online]. Available: http://www.nfpa.org/aboutthecodes/AboutThe....asp?DocNum=921 [Accessed March 17, 2008].

    27 J. Abel, “Theories of 9/11”, Hartford Advocate, Hartford, Connecticut, January 29, 2008. [Online]. Available: http://www.hartfordadvocate.com/article.cfm?aid=5546 with reply: http://www.hartfordadvocate.com/article.cfm?aid=5674 [Accessed March 17, 2008].
     
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  13. AdamClayton
     
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    Pentagono: l’aereo c’è ma i rottami (non) ci sono!

    Apparsa qualche giorno fa la notizia del “Gruppo Undicisettembre” riguardanti i presunti rottami di AA77: pare infatti che, non-si-sa-dove, non-si-sa-quando e non-si-sa-perché siano saltate fuori delle foto che “metterebbero a tacere quello che ormai sta diventando il mistero del XXI secolo”.

    Pare infatti (secondo il sito “11-SETTEMBRE”) che al Pentagono, un uomo addetto ai lavori per lo sgombero delle macerie dell’aereo piombato, secondo la Commissione Indipendente per l’11 Settembre nel ministero della difesa a stelle e strisce, abbia fotografato… si signori: i resti di American Airlines 77!!

    Ma vediamo prima di analizzare le fotografie così come ci vengono presentate dalla redazione del sito 11-settembre:
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    Questa è la prima immagine che notiamo. Ci viene detto essere stata scattata ne “A-E Drive” ossia il “corridoio” interno che separa i due anelli più esterni a quelli più interni. La prova “schiacciante” a dimostrare l’autenticità della foto è il fatto che l'autore del’articolo ha ricevuto delle e-mail che ne confermino l’autenticità, specificando di essere in possesso del nome e del cognome dell’autore.

    Quindi per questa teoria basta che un testimone dica “si ho visto Mario Rossi scattare quella foto” immediatamente la foto scattata da Mario Rossi è autentica, non fa niente se magari mostra una mucca che vola, ma stiamo scherzando? Abbiamo il nome di chi ha scattato la foto! E’ quindi obbligatoriamente autentica.

    Nella parte evidenziata con il numero 1 vi sono quelli che, paiono essere i copertoni delle ruote del carrello e l’armatura interna.

    E fino a questo punto oserei anche dare ragione all’autore dell’articolo. Ma attenzione il fatto che ci siano i resti di un carrello non significa necessariamente che ci sia di mezzo anche l’aereo. Anche in Pennsylvania dentro “la buca” c’è qualche “pezzo di ferro”.

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    Quello che nella “foto panoramica” dei “rottami di AA77” è indicato con il numero 2 sono, secondo il Gruppo Undicisettembre, un pezzo dei motori Rolls-Royce del 757.
    A parte che, sfido chiunque a risalire da quei pezzi all’immagine postata sotto la foto, e gia questo da solo basterebbe a mettere in dubbio la veridicità di tale affermazione. Qui sotto vediamo la foto di un motore Rolls Royce di un boeing 757.

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    Riguardiamo per qualche istante la foto che mostra tutti i rottami, l’immagine e la foto qui a lato. Anche un cieco penso ammetterebbe che è effettivamente troppo piccolo per far parte della copertura di un motore Rolls Royce, di quelli montati sui 757.

    Ma la verità, ricordiamocelo, molto spesso è un opinione, e la si distorce fino a giungere al risultato sperato.
    La prova “inconfutabile” invece che ci troviamo al Pentagono è data dal fatto che nella prima fotografia si può infatti intravedere uno di quei mezzi meccanici utilizzati per sgomberare la parte colpita dalle macerie dell’aereo. Solo al Pentagono, è risaputo, si usano tali mezzi.

    Avremo quindi una mucca che vola nella fotografia di Mario Rossi e i resti di un boeing 757 nella fotografia postata su 11-settembre.

    Chiediamoci poi perché, se queste foto sono realmente così tanto autentiche e schiaccianti, non sono mai emerse fin’ora, nemmeno nel rapporto della Commissione, ma vengono pubblicate da un blog italiano.

    AndreaP

    (link articolo originale http://11-settembre.blogspot.com/2008/04/r...ntagono-11.html)
     
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  14. AdamClayton
     
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    POSTFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE DI "ZERO-INCHIESTA SULL'11 SETTEMBRE

    Vorrei utilizzare questa postfazione, per la seconda edizione di questo volume, per esporre i risultati di quello che – appunto con questo libro, e con il film suo gemello che porta quasi lo stesso nome – è stato un “esperimento sul campo” di una battaglia politica per un'informazione-comunicazione democratica. Lo scopo non ultimo di questo mio lavoro e impegno, infatti, è quello di aprire un fronte di battaglia politica, di massa, in un ambito che è stato fino ad ora considerato come esclusivamente culturale, mai divenendo politico in senso proprio.

    In realtà io penso da tempo – in particolare sotto l'ispirazione di Neil Postman (“Divertirsi da morire”) , di Noam Chomsky, di Gore Vidal – che i media, e in particolare la televisione, abbiano mutato alla radice la politica, le sue forme, la sua sostanza, i suoi contenuti. Cioè hanno demolito la democrazia e l'hanno sostituita con uno spettacolo, spesso indecente, spesso mostruoso, sempre vuoto di ogni significato. Tutto deriva dalla intuizione fantasticamente illuminante di Mc Luhan: il mezzo è diventato il messaggio.

    Mc Luhan esaminò tuttavia solo questo aspetto del problema. Si trattò di una preziosa acquisizione teorica che, per altro, la sinistra non è stata in grado di percepire e, tanto meno, di approfondire. Ma le sue implicazioni , soprattutto, non sono state scandagliate. Ed esse furono, sono e saranno immense e molteplici. La più importante è che questo cambiamento radicale dei sistemi di informazione-comunicazione ha coinvolto e travolto masse sterminate di persone inconsapevoli.

    Ne è derivato che il “messaggio” originario, tutti i messaggi, quelli politici, e quelli culturali, ma anche quelli che in passato erano inoffensivi e neutrali, per non parlare del fiume pubblicitario, divenuto nel corso di pochi anni un gigantesco flusso permeante ogni aspetto della nostra vita, tutto ciò ha mutato segno e significato. Nel momento in cui il mezzo è diventato il messaggio e, simultaneamente, è diventato il protagonista di tutta la serie delle innovazioni tecnologiche, produttive, organizzative, proliferando in altri “mezzi” interconnessi, a loro volta moltiplicatori potentissimi di messaggi, ecco che noi ci siamo trovati all'improvviso in un'altra società, sempre più diversa da quella dell'epoca pre-televisiva, cioè pre-rivoluzionaria.

    Detto in altri termini, il messaggio originario è risultato “altro” rispetto alla sua funzione. E, per esempio, tutti coloro che prima della tv trasmettevano messaggi politici (non importa se buoni o cattivi) hanno fatto fatica a capire che, da un certo punto in avanti (da quando la tv è diventata dominante), tutti i loro messaggi sono stati soverchiati dal “mezzo” che avrebbe dovuto semplicemente trasportarli e che invece ne è diventato il padrone assoluto, annullandoli, stravolgendoli, negandoli, ridicolizzandoli.

    Qualcuno lo ha capito, invece, fin dall'inizio. Questo qualcuno sono stati i primi padroni dei media. All'inizio intuitivamente, e poi, con il passare del tempo e l'ingrossarsi a dismisura dei portafogli pubblicitari, in termini così massici da poter concentrare in sé un immenso potere di condizionamento nei confronti delle grandi masse ignare e dell'altrettanto ignara politica. Controllo, manipolazione, menzogna, silenzio. Questi sono divenuti i canoni della comunicazione di quello che, con singolare sprezzo del ridicolo, molti continuano a chiamare "villaggio globale", o società dell'informazione. Quando l'informazione vera è diventato un privilegio di ristrettissime conventicole , mentre il villaggio è divenuto sempre più simile a quello dei progenitori selvaggi, cacciatori-raccoglitori primigeni .

    Si aggiunga infine la straordinaria velocità con cui questo processo si è sviluppato: in pratica meno di un quarto di secolo. Troppo poco per una qualsiasi metabolizzazione socio-culturale. Ma torniamo al punto di partenza.

    In che è consistito, dunque l'esperimento? Nel verificare se, e fino a che punto, sarebbe stato possibile rompere il muro del silenzio contro cui – nelle condizioni della “grande fabbrica dei sogni e della menzogna” (GFSM) – si infrange ogni verità.

    Di queste verità frantumate dal silenzio la più grande, immensa, tremenda, è stata quella dell'11 settembre. Che mi apparve subito, fin dai primi momenti successivi alla tragedia, come il frutto di una sapiente “organizzazione mediatica”. E che nei mesi e negli anni successivi, con il silenzio e la censura esercitata dai media e sui media, si è confermato come il paradigma dei tempi moderni proprio in quanto momento di massimo dispiegamento della potenza di fuoco del controllo mediatico.

    Quel giorno, letteralmente “sotto i nostri occhi”, perché così “doveva” essere, la storia del pianeta è stata deviata da un micidiale “clinamen”, e la deviazione è stata resa possibile dal controllo mediatico integrale. Non fosse esistita la televisione non sarebbe esistito l'11 settembre. Dunque si trattava di prendere il toro per le corna, di cominciare proprio dall'11 settembre per verificare se il macigno che ostruisce l'uscita dell'Uomo dalla grotta platonica, verso la verità che produce le ombre, è ancora possibile.

    Il risultato di questo esperimento è stato, a mio avviso, importante. La risposta è che la GFSM non solo non è invincibile ma è, al contrario, assai vulnerabile. Per essere più precisi: la sua invulnerabilità apparente è stata fino ad ora l'effetto della assenza totale di ogni contrasto al suo dominio. Gli oggetti - gl'individui consumatori compulsivi - di quel dominio erano e sono senza strumenti di difesa, atomizzati, soli. I soggetti operativi del dominio, convinti, complici, comprati, coatti, a loro volta incapaci di comprendere il meccanismo, vi lavorano dentro espletando funzioni di servizio e creative che conducono quasi tutte (le eccezioni sono presenti ma quasi invisibili) a una censura, a una menzogna, alla deformazione, al silenzio attorno alle cose essenziali . Lasciati “liberi” di agire senza alcuna pressione proveniente dagli oggetti del dominio, dai consumatori del messaggio, gli stessi ufficiali del dominio (in prima fila i giornalisti, i pubblicitari, i conduttori di spettacoli, gli ideatori dei format e così via) hanno finito per credere alla propria invulnerabilità, impermeabilità, impunità e a quella del sistema che servono e da cui sono protetti e stipendiati.

    E' accaduto così che, trovandosi improvvisamente esposti a una pressione dal basso, essi abbiano cominciato a reagire scompostamente, convulsamente, irosamente. Hanno perduto il controllo, hanno inveito, mostrando paura e sconcerto. Soprattutto non hanno potuto nascondere la loro incompetenza, la loro incapacità a verificare le loro fonti, mentre appariva sempre più evidente che le loro fonti erano tutte inquinate.

    Ma così sono già arrivato alle conclusioni, mentre la cosa più interessante mi pare lo svolgersi dell'esperimento. Nei sei anni trascorsi, praticamente da quando avevo scritto il mio primo libro sull'argomento, “La Guerra Infinita” (Feltrinelli, 2002), non avevo cessato di seguire con una certa e continua attenzione gli sviluppi politici, militari, mediatici, di quella premessa. Anno dopo anno è apparso sempre più chiaro che l'11 settembre era diventato un tabù appena pochi istanti dopo essersi tragicamente concluso, appunto “sotto gli occhi” sbarrati del pianeta. Il silenzio dominava sovrano l'intero mainstream . In Italia le decine di migliaia di copie del mio libro furono vendute senza la minima pubblicità, senza una sola recensione. Segno evidente che esisteva una domanda sotterranea, internettistica, che il mainstream ignorava totalmente. Sul web si moltiplicavano le inchieste, le indagini, i film sull'11 settembre, milioni di pagine web erano prodotte e scandagliate da milioni di lettori, in ogni paese del mondo. Specialmente negli Stati Uniti. Ma proprio negli Stati Uniti il silenzio dei media che possiamo definire ufficiali era il più assoluto. E all'incirca la stessa cosa avveniva nel resto del mondo. Il grande pubblico continuava a ignorare letteralmente tutto. Non qualcosa: tutto. La versione ufficiale, condensata (in italiano) in sole cinque, striminzite parole era il Verbo: “E' stato Osama bin Laden”. Nessuna domanda, nessuna indagine. Due anni dopo l'11 settembre una commissione ufficiale del Congresso degli Stati Uniti aveva prodotto un rapporto, "The 9/11 Commission Report", che aveva rappresentato la definitiva pietra tombale, l'archiviazione del caso. Diciannove dirottatori, guidati da Osama bin Laden, armati di temperini, avevano fatto tutto da soli. E nessuno si era messo a ridere.

    Decisi allora di fare un esperimento preliminare. Le premessa furono due e semplici: l'11 settembre è stato raccontato con le immagini. Demolirlo si può solo con le immagini. Secondo: non si può combattere la versione ufficiale, (palesemente falsa fin dal primo sguardo per chiunque, giornalista o meno, fosse intenzionato a guardarla con attenzione) standosene chiusi (l'espressione è intenzionale e tornerò più avanti su questo concetto) nella Rete e sulla Rete. Bisognava tentare di uscirne, cioè provocare una serie di situazioni in cui il mainstream fosse costretto a vederci e “moltiplicarci”.

    Ma prima di tutto bisognava verificare un sospetto che mi si era venuto formando dopo aver tentato invano di aprire un discorso sull'11 settembre con numerosi colleghi giornalisti di cui avevo ed ho grande stima, e con numerosi esponenti della politica, della cultura, di cui avevo eguale stima. Ricordo, ad esempio, uno di questi esperimenti: una cena in cui eravamo ospiti e commensali, tra gli altri, io e Enzo Siciliano. Al solo accennare all'ipotesi che l'11 settembre non fosse esattamente quello che ci avevano raccontato incontrai la sua reazione indignata. Non solo discorde, o critica: esattamente indignata. Non mi rivolse più la parola per tutta la serata, né ci incontrammo mai più in seguito. Non fu l'unico esempio. Ad una presentazione di un interessante libro di Loretta Napoleoni sui finanziatori del terrorismo, il giornalista Mario Pirani - conferenziere come me assieme all'autrice - non appena l'argomento venne timidamente affacciato tanto da me quanto dall'autrice (tutt'altro che sostenitrice delle mie tesi ma appena appena scettica) prese, come si suol dire, cappello e cappotto e se ne andò sdegnato lasciando il folto pubblico nella più grande costernazione.

    Reazioni, l'una e l'altra, tipiche del bigottismo che non sopporta lo “scandalo”. Me ne feci ben presto una ragione. Ma restava il dubbio sull'estensione dell'area del bigottismo, sulle sue caratteristiche. Perché ciò che mi incuriosiva non era tanto il fatto che molti potessero ritenere l'argomento sbagliato, o inutile, o temerario – cosa del tutto normale in qualunque dibattito di idee – quanto che lo ritenessero scandaloso, appunto, qualcosa di simile a una bestemmia, peggio, a un insulto diretto nei loro confronti, a qualcosa di paragonabile a un atto di aggressione ideologica. E, infatti, la prima cosa che faceva seguito alla sorpresa e indignazione preliminare di questi interlocutori era l'accusa – quasi un riflesso automatico – di “antiamericanismo” e subito dopo (una curiosità che non sono ancora riuscito a decifrare neppure dopo sei anni di dibattiti) di “antisemitismo”.

    Così, assieme al gruppo dei miei più vicini compagni di lavoro (il nucleo di Megachip che sarebbe poi diventato una delle parti fondanti del "Gruppo Zero”), decidemmo di preparare un materiale visivo, a scopi didattico-sperimentali, da sottoporre a gruppi differenziati di persone diverse per professione, livello culturale, interessi, collocazione politica. Il tutto per farci un'idea più precisa di come stessero le cose in realtà. Selezionammo sul web i materiali più sostanziosi e quelli che ci parvero i meno opinabili, e costruimmo un documentario di circa 40 minuti intitolato “Sette domande sull'11 settembre”. Per evitare che reazioni scandalizzate (alla Pirani, per intenderci) potessero creare situazioni spiacevoli tra gl'invitati decidemmo di fare inviti differenziati per piccoli gruppi di una ventina di persone per volta, abbastanza omogenei. Facemmo una decina di incontri romani, e una ventina di proiezioni in giro per l'Italia, queste ultime rivolte a pubblici indifferenziati. Una di queste proiezioni si svolse addirittura nel salone del Grand'Hotel a Roma, per i membri di una delle sezioni del Rotary Club dove, sbalorditivamente, fui invitato come oratore a parlare proprio dell'11 settembre. La voce si era sparsa e in una trasmissione televisiva, mi pare fosse una puntata di "Omnibus, sulla "7", pur consapevole del rischio di trovarmi assalito da ogni parte, avevo gettato sul tappeto il tema. Il rischio si rivelò una certezza, ma molti spettatori, evidentemente, avevano, in qualche angolo del loro cervello, gli stessi interrogativi che io stesso avevo avuto all'inizio della storia. E, a differenza di me, non avevano potuto o saputo soddisfarli. Verificai , più avanti, che questo era lo stato delle cose per centinaia, migliaia, decine di migliaia di persone. Non potrei più tenere il conto della quantità di persone, giovani e vecchi che, dopo avermi sentito esporre le mie analisi sull'11/9 dicevano, e dicono: "Anch'io lo avevo pensato fin dall'inizio". Ma, per tutti, aveva poi funzionato perfettamente l'archiviazione mediatica velocemente intervenuta a chiudere ogni varco. La paura aveva fatto il suo effetto, sfondando le porte dell'inconscio collettivo, e subito dopo le porte erano state chiuse per evitare che il sopraggiungere della coscienza giungesse a turbare il risultato.

    In sostanza, tirando le somme, il risultato di quella piccola indagine statistica sui generis fu in un certo senso una conferma dell'idea iniziale, ma una conferma piena di risvolti praticamente rilevanti. Il dato generale, davvero stupefacente era, in tutti gl'incontri, ma specialmente in quelli il cui pubblico era costituito in parte da giornalisti e da persone di elevato grado d'istruzione, che nessuno all'inizio della serata sapeva nulla di ciò che quella sera gli sarebbe stato mostrato. Nessuno - nemmeno persone abitualmente frequentatrici del web - era andato sui siti dove quelle questioni venivano mostrate e analizzate. Molti ne avevano sentito parlare, qualcuno c'era capitato per caso e aveva dato un'occhiata. Ma senza soffermarvisi: non c'è tempo per queste cose. Tutti, salvo rarissime eccezioni (specie nei pubblici indifferenziati riuniti per discussioni politiche generali), riteneva scontata la versione ufficiale. E si noti che si trattava in generale di pubblici “di sinistra”. Quasi tutti, dunque, avevano, per così dire, introiettato la spiegazione che era stata loro fornita. E ciò valeva anche per gli specialisti della informazione-comunicazione, per gl'intellettuali, per i professori universitari. Il pubblico colto e progressista reagiva nello stesso modo del pubblico generico e di sinistra e perfino del pubblico di destra.

    Il tutto confermava l'ipotesi di partenza: che l'operazione 11 settembre era stata il più fantastico successo manipolatorio di tutti i tempi. Chiunque fosse stato il suo ideatore, di lui poteva dirsi con certezza che era un raffinato conoscitore del funzionamento della macchina mediatica, della GFSM. Non solo: si poteva dire che, avendo ideato l'operazione terroristica, aveva tenuto conto anche delle reazioni della macchina mediatica, anticipandole, calcolandole. Ne veniva fuori l'identikit di persone assai diverse da un gruppo di fanatici ripetitori a memoria dei versetti del Corano. Come minimo, dietro ai fanatici doveva nascondersi una serie di individui dotati di una modernissima consapevolezza della psicologia delle grandi masse, e delle novità radicali prodotte dalla information-communication technology. Lettori di Elias Canetti piuttosto che di Maometto.

    E ne concludemmo tre cose:

    a) per quanti sforzi si facciano per aumentare la quantità di analisi e di prove su internet, se si resta chiusi dentro internet non si otterrà nessun movimento politico per ricostruire la verità e, con esso, per contribuire a fermare la guerra. Non è sufficiente che milioni di persone, in giro per il mondo, guardino su un computer lo stesso filmato rivelatore. Il risultato è una miriade di processi liberatori individuali che non si traduce in azione politica e in consapevolezza collettiva.

    b) Ne consegue che bisogna agire per uscire dalla rete e coinvolgere il mainstream informativo. Che ovviamente vi si oppone, ma che può essere influenzato dalle tecniche spettacolari di cui è essenzialmente infarcito. Con quali tattiche e mezzi è questione da sviluppare, E bisogna “raccontare” la verità (cioè che la versione ufficiale è un falso) con gli stessi modi con cui è stata fatta passare la bugia: con le immagini, e facendo scorrere le immagini nelle televisioni generaliste, dovunque possibile. Nacque in quel momento l'idea di farne un film, ma non (solo) destinato alla Rete (dove già ne circolavano più d'uno), bensì destinato a essere diffuso nelle sale cinematografiche, nei circoli culturali, nelle scuole, dovunque il pubblico s'incontra fisicamente con il messaggio e con gli altri uomini e donne in persona che lo compongono. E, ovviamente, nelle televisioni del mainstream, quelle che il grande pubblico, che non conosce la Rete, vede tutte le sere.

    c) La terza scelta, fondamentale, fu di non cadere nell'errore in cui erano già caduti molti di coloro che, sul web, avevano ingaggiato la battaglia per la verità. E cioè di evitare di tentare una “dimostrazione” completa, definitiva e inequivocabile dell'andamento degli eventi reali. Appariva infatti evidente, fin da subito, che l'impresa di una ricostruzione meticolosa dei fatti, delle loro premesse, sarebbe stata al di fuori della nostra portata, così come delle possibilità di una qualunque équipe di ricercatori privati e volontari, per quanto esperti, qualificati e decisi ad andare fino in fondo, come era quella che noi potevamo mettere in campo. La maestosa imponenza dell'evento che ci apprestavamo a scandagliare non lasciava dubbi sulla complessità dello scandaglio. Ogni singolo componente, ogni istante di quella giornata memorabile e tragica, non appena si cercasse di guardarvi dentro, mostrava una voragine di interrogativi, per rispondere ai quali si sarebbe dovuto disporre di poteri d'indagine simili a quelli di uno stato e dei suoi organi inquirenti. Si sarebbe dovuto disporre di più mezzi, inclusi quelli finanziari, di quanti non fossero stati a disposizione della stessa Commissione ufficiale d'inchiesta. Insomma non era in quella direzione che si poteva andare. Del resto era bastato leggere le parole di un esperto con un passato professionale e politico di tutto rispetto per capire che sarebbe stato impossibile arrivare a conclusioni certe e inequivocabili sulla sequenza dei fatti e dei protagonisti, con i mezzi a nostra disposizione. E che il rischio di imboccare quella strada sarebbe stato di finire dentro qualcuna delle trappole che gli organizzatori del terrorismo di stato lasciano dietro di sé mentre cancellano le tracce del loro operato. L'ex ministro tedesco Andreas Von Bulow aveva già tracciato la sentenza finale su questo punto, quando aveva scritto :«(…) Posso affermare questo: la progettazione dell'attacco è stato un capolavoro dal punto di vista tecnico e organizzativo. Dirottare quattro grossi aerei di linea in pochi minuti e lanciarli sui bersagli entro un'ora con complicate manovre di pilotaggio! Questo è impensabile, senza l'appoggio, e per anni, di apparati segreti dello Stato e dell'industria ». (1)

    Pensare di giocare ad armi pari una partita di queste dimensioni e con tali avversari era impresa suicida. Bisognava evitarla con la massima cura. Tanto più - ci dicemmo dopo avere soppesato tutte le varianti - che non era necessario farlo per ottenere il risultato che ci proponevamo: quello di verificare il livello di consistenza della versione ufficiale. In realtà non partivamo da zero. Prima di noi, insieme a noi, in parallelo con noi, centinaia di persone, in gran parte di nazionalità americana, avevano già fatto molta ricerca, avevano raccolto materiali, avevano tratto conclusioni parziali. Non tutto era oro colato, ma molte cose preziose erano già state scoperte. I dubbi che ciascuno di noi nutriva sulla versione ufficiale erano già stati dilatati dalle numerose ricostruzioni e dai dettagli che erano emersi . Il web era, sotto questo profilo, una riserva pressochè inesauribile di pezzi del mosaico che avremmo dovuto comporre. Si trattava dunque di selezionare con cura i materiali, di andare alla ricerca dei testimoni (di quelli ascoltati e di quelli mai ascoltati) per verificare direttamente e senza intermediazioni le loro deposizioni, di cercarne di nuovi. Si trattava di effettuare una serie di verifiche delle versioni note, alternative a quella ufficiale, e di scartare tutto quello che poteva essere considerato dubbio. Si trattava di consultare esperti e specialisti, integrando, completando e correggendo l'opera di chi ci aveva preceduto. L'oggetto della ricerca sarebbe stato, molto più semplicemente, quello di verificare se, dove, come i responsabili avevano mentito. Sospettavamo, fortemente, che avessero mentito. Se fossimo giunti alla conclusione, dimostrabile, che era effettivamente così, avremmo raggiunto l'obiettivo. Fatto questo primo passo, fondamentale, di dimostrare che la versione ufficiale era un falso, avremmo aperto la strada alla seconda domanda: “perché ci hanno raccontato il falso?”. Una domanda inesorabile, che tutti si sarebbero posta, che non sarebbe stato possibile eludere. E, ad essa, avremmo aggiunto una richiesta: riaprire l'inchiesta. Negli Stati Uniti in primo luogo, associandoci alle richieste di decine di comitati e organizzazioni americane. E, se negli Stati Unti fosse stato impossibile ottenerlo, avremmo chiesto la costituzione di una commissione internazionale indipendente, composta di personalità autorevoli della cultura, della politica e della scienza, per riesaminare l'intera questione da un punto di vista che non potesse essere preventivamente irriso, svalutato, sepolto nel silenzio.

    Così decidemmo di muoverci. Su queste basi si costituì il “Gruppo Zero” che avrebbe poi costruito non solo il film che gli ha dato il nome, ma avrebbe elaborato una originale strategia produttiva, coinvolgendo il pubblico, desideroso di sapere, nel finanziamento dell'intera operazione. Restava il punto b) da affrontare. E qui venne in aiuto la Rete, sotto le sembianze di Beppe Grillo. Sapevamo che il Beppe nazionale aveva, girando l'Italia con i suoi spettacoli, qualche volta alzato il libro di Thierry Meyssan sulla Grande Impostura, indicandolo al pubblico come uno degli esempi dell'inganno dei media. Il suo potente blog – pensammo – avrebbe potuto servire da amplificatore. Lo chiamai, chiedendogli di sottoscrivere il nostro manifesto d'intenti (2). La risposta sebbene tiepida, fu utile: “Ho qualche dubbio sulle vostre conclusioni – mi disse al telefono – ma se mi scrivete una lettera in cui illustrate la vostra proposta ve la pubblico volentieri”. Così fu fatto e il 22 maggio la lettera venne pubblicata sul blog di Grillo. Il giorno dopo il sito www.megachip.info, che era stato indicato come il punto di riferimento dell'appello, contò 108 904 accessi individuali. Nell'ora tra le 8 e le 9 del mattino si toccò il record orario di 14.413 accessi. In tre giorni, fino al lunedì successivo, il totale delle persone che erano andate a leggere, per capire meglio, la documentazione del dossier sull'11 settembre, superò le 245 mila persone.

    Fu un clamoroso successo, che confermava molte delle nostre supposizioni: esisteva cioè un grande pubblico desideroso di informazioni proprio sulla questione 11 settembre. L'appello per la riapertura di un'inchiesta indipendente superò in fretta le quattromila firme. Ma sospetto anche che la performance di Megachip, trainata dal blog di Grillo, sia stata all'origine della successiva chiamata che ricevetti poche ore dopo da Enrico Mentana, conduttore del talk show "Matrix", sulla rete 5 berlusconiana. Un invito sorprendente a partecipare a un talk show dedicato interamente all'11 settembre. Era l'occasione che cercavamo. Come era prevedibile la trasmissione fu organizzata sapientemente, per produrre uno scontro, suscettibile di trasformarsi in rissa, tra i sostenitori di una "teoria del complotto" e i non meno accaniti difensori della versione ufficiale. Ma non ci fu verso: i secondi avevano più insulti da distribuire che argomenti da esporre, e poterono soltanto ostacolare, non impedire, l'esposizione di alcuni aspetti del problema.

    Ma i dati di ascolto confermarono che, sebbene la trasmissione fosse andata in onda a serata molto tarda, ben oltre la mezzanotte, più di un milione di spettatori era rimasto incollato davanti allo schermo televisivo per seguire quel dibattito. All'uscita dallo spettacolo (perchè di questo si tratta, di regola, quando si parla di un talk show , non certo di una discussione reale tra persone che vogliono capire qualche cosa di un qualche problema) Enrico Mentana, uscendo soddisfatto dallo studio mi disse, con un chiaro sorriso di soddisfazione: "Caro Giulietto, questa sera abbiamo fatto una grande operazione". Io gli risposi: "Caro Enrico, io ho fatto una grande operazione!" E lui, di rimando: "No, no, sono io che ho fatto una grande operazione. Perchè sarò io il primo giornalista che ha portato in televisione l'11 settembre".

    Non replicai perchè mi resi conto che stavo assistendo alla dimostrazione pratica di una parte del mio esperimento. Mentana, uomo assolutamente interno al mainstream , sua creatura integrale, aveva scoperto che il tema dell'11/9 era diventato una "notizia" per il mainstream. Una notizia che bisognava stravolgere, naturalmente, come tutte le altre, ma una notizia che faceva audience , che attirava gli spettatori, e che quindi doveva essere cavalcata. Seguirono altre tre o quattro trasmissioni di "Matrix", con altri ospiti del nostro gruppo, con altri rivali disparati, e con uguale successo. Tutte realizzate con un contraddittorio squilibrato dal trucco consistente nel fatto che il conduttore stava dalla parte degli "anticomplottisti" (trucco elevato al quadrato, verbale in questo caso, consistente nello screditare una tesi affibbiandogli una qualifica sgradevole prima ancora che essa venga esposta.). Ma il conto finale del dare e dell'avere stava sempre dalla parte nostra, perchè per quanti sforzi mistificanti, per quanto gli ospiti avversari fossero aggressivi e offensivi, sarcastici o ironici, per quanto il confronto fosse sempre dispari, le immagini che venivano pescate dalla Rete, cioè dalla nicchia, si riversavano sugli schermi e raggiungevano milioni di spettatori per volta, e la gran parte degli spettatori reagiva positivamente agli stimoli. Bastava andare a vedere i blog delle trasmissioni per rendersi conto da che parte pesava la bilancia del consenso. E così l'11 settembre cominciò a dilagare anche su altre reti, con altri conduttori. La seconda rete di stato, con Milena Gabanelli, con maggiore serietà professionale e anche, s'intende, maggiore coraggio e maggiore lealtà verso il materiale informativo, decise di mandare in onda integralmente uno dei primi lungometraggi che già da tempo si poteva scaricare dalla Rete, il pionieristico "Confronting the Evidence", realizzato dal milionario americano Jimmy Walter, accompagnato da alcuni frammenti già pronti del nostro film "Zero", allora in fase di realizzazione.

    Seguirono proteste dei politici di destra e silenzio di quelli di sinistra, che, salvo eccezioni rarissime, hanno mantenuto la stessa linea di totale mutismo fino al momento in cui scrivo queste righe. La prima rete della tv di stato, che inavvertitamente aveva - mesi prima - mandato in onda un talk show condotto da Roberto Olla, intitolato "Il mistero del Pentagono", nel quale lo stesso conduttore aveva cercato di porre domande sensate a ospiti in studio troppo impauriti per poter dire qualche cosa di interessante, ma impossibilitati a negare tutto, decideva allora di tornare sui propri passi, affidando allo stesso conduttore una trasmissione di segno opposto, completamente sdraiata sulle tesi ufficiali.

    Ma Mentana, ormai sempre più convinto della utilità dell'11/9 a fini di spettacolo, rincarava la dose, questa volta mandando in onda, senza contraddittorio, un altro brano del film "Zero", ormai in dirittura d'arrivo. E la svolta avvenne infine con la presentazione (e l'accettazione) del film al Festival Internazionale del cinema di Roma, nell'ottobre 2007. Il successo del film, le recensioni dei critici, tutte favorevoli, producono alcune reazioni rabbiose degli editorialisti politici. La Repubblica scomoda Carlo Bonini per un articolo che, in sostanza, non ha niente da dire, nel merito, salvo la ben nota capriola concettuale in base alla quale il complotto non esisterebbe in quanto non esisterebbe la "gola profonda". E una gola profonda non potrebbe non esistere, in base all'assunto che all'operazione avrebbero partecipato svariate centinaia di persone.

    Stessa tesi, del resto, sostenuta da Umberto Eco in una delle sue "Bustine della Minerva" dell'Espresso. Alle quali obiezioni è facile rispondere, come feci, ricordando che per l'incidente del Golfo del Tonchino, da cui prese avvio la guerra del Vietnam, non ci fu nessuna gola profonda. Semplicemente gli archivi vennero aperti qualche decennio dopo e da essi emerse che l'incidente non era mai esistito e che i capi del Pentagono dell'epoca lo avevano inventato per trascinare l'America in una guerra in cui morirono oltre 50 mila soldati americani, oltre agli svariati milioni di vietnamiti. Il più invelenito di tutti, come era già accaduto a più riprese, fu Pier Luigi Battista, del Corriere della Sera. E si capisce.

    Riassumendo anche qui, la cosa più evidente era che tutti erano costretti a parlarne. Anche a parlarne male, ma a parlarne. La tattica che avevamo adottato si rivelava efficace sotto ogni profilo. Il tema dell'11/9 diventava parte del dibattito pubblicistico, se non di quello politico in senso stretto. E, nel contempo, milioni di persone che non ne avrebbero saputo nulla, venivano messe a conoscenza dal mainstream di cose che il mainstream aveva taciuto fino a quel momento. E la rottura degli argini del silenzio è continuata e continua ancora oggi, mentre ci apprestiamo a proiettare "Zero" all'interno del Parlamento Europeo con un'iniziativa che, una settimana prima dall'evento, ha già mobilitato decine di giornalisti europei di altri paesi, e che sarà seguita da decine di parlamentari europei che non hanno mai visto nulla del genere, che non ne sanno nulla nemmeno loro, come l'uomo della strada.

    Il film "Zero" non ha trovato un distributore italiano. Questo non è un dettaglio e va ricordato. Nonostante la critica positivamente unanime, nonostante i nomi prestigiosi degli attori che vi hanno lavorato: Dario Fo, Moni Ovadia, Lella Costa, Gore Vidal. Ma, anche senza distribuzione, il film gira per l'Italia, e girerà per il mondo. Decine di proiezioni sono già state fatte nei centri grandi e piccoli. Centinaia sono già programmate. Nel momento in cui scrivo il film è già stato visto da almeno diecimila spettatori. Non ho dubbi che, nelle sale cinematografiche nei circoli culturali, nelle scuole, supereremo i centomila. Questo libro esce insieme al DVD del film. E il DVD sarà poi venduto nelle edicole d'Italia. E sarà (anzi è già) venduto, alle televisioni straniere, che moltiplicheranno inesorabilmente il numero degli spettatori sotto diverse latitudini e longitudini. Tra il dicembre 2007 e il febbraio 2008 altre uscite televisive della squadra di "Zero" si sono verificate con il "Costanzo Show", con numerose televisioni regionali. La rete 2 di stato ha ospitato chi scrive in uno spettacolo molto simile a una corrida, denominato "Dodicesimo round", dove certo giornalismo italiano è stato messo al tappeto ripetutamente. Corrado Augias, che già aveva toccato il tema parlando del libro senza ostilità preconcetta in una sua trasmissione, "Le Storie" , ritenta la sorte invitandomi una seconda volta per parlare del film e del libro, come è lo stile della trasmissione. Ma viene investito da una pressione organizzata perchè trasformi la seconda occasione in una corrida con contraddittorio. E, forse per parare il colpo, si trasforma lui stesso da conduttore in contradditore. Un florilegio di situazioni una più curiosa dell'altra, una più istruttiva dell'altra. Anche e soprattutto per i telespettatori che - stando alle mail che ricevo dopo ogni incontro. - ringraziano. L'elenco è più lungo e articolato di quanto qui sia necessario descrivere. E credo si allungherà non di poco nei mesi a venire. Il nostro scopo era quello di giungere a una Commissione Internazionale d'inchiesta. Tutto questo lavoro servirà a far crescere il movimento mondiale per la verità. Che, come ho scritto nella prefazione del libro, non è un esercizio estetico. Senza trovare il bandolo della matassa che ha prodotto la tragedia dell'11/9 noi non potremo vivere in pace e, anzi, dovremo vivere in guerra. Perchè quell'evento è stato disegnato perchè non potessimo più liberarci della guerra; perchè affrontassimo in guerra, e non in pace, il tornante drammatico della storia del mondo che ci aspetta nei prossimi anni.

    L'esperimento che stiamo tentando è anche un tentativo di capire come e se sarà possibile sconfiggere la Grande Fabbrica dei Sogni e della Menzogna, e di ricondurre i suoi macchinari ad una dimensione umana. Le due cose sono, a ben vedere, la stessa cosa. La verità della realtà può tornare a emergere dal mezzo? Il mezzo può essere sconfitto dal messaggio? Difficile rispondere in astratto. Uomini e donne di questo pianeta, i destinatari del messaggio, possono decidere questo dilemma. Noi abbiamo cominciato distillando una piccola goccia. La cosa più affascinante di questo risultato è che ciò che doveva rimanere fuori dalla politica, relegato nelle nicchie degli esperti, degli emarginati, fuoriesce dai contorni obbligati delle nicchie dei poveri e dei senza potere per erompere nel tempio della grande politica, dove ancora non è accettabile, né accettato.

    Ma io credo che sia soltanto questione di tempo.

    Giulietto Chiesa
    Fonte: www.megachip.info/
    Link: http://www.megachip.info/modules.php?name=...icle&artid=6840
    20.05.08

    Note:

    (1) Der Tagesspiegel, 13 Gennaio 2002
    (2) www.megachip.info
     
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  15. AdamClayton
     
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    User deleted


    Guantanamo: recita su copione


    Per intuire che cosa sta succedendo a Guantanamo, nel processo militare contro cinque terroristi di Al Qaeda, basta riportare una frase pronunciata dal principale imputato Khalid Shaikh Mohammed (d’ora in poi KSM) e riferita dall’Herald Tribune:
    L’imputato «dice al giudice che lui capisce che ci sono argomenti che non deve sollevare in aula, ma aggiunge che il Corano dovrebbe essere “dentro la linea verde”, ossia permesso. Non posso parlare della tortura», Mohammed aggiunge in un inglese stentato, «So che questa è la linea rossa» (1).

    Probabilmente Massimo Introvigne, che sa di legge, ci spiegherà che tutto questo è normale diritto penale, gloria dell’Occidente. Così potra disperdere lo sgradevole sospsetto che nutriamo: che l’imputato - che è stato sottoposto a waterboarding (tortura del soffocamento), per ammissione della stessa amministrazione USA - è stato imbeccato e istruito. Attendiamo l’autorevole smentita.

    Introvigne ci vorrà sicuramente far notare che KSM si è auto-accusato ed ha confessato non solo di essere stato lui «la mente» dietro gli attentati dell’11 settembre, ma di un’altra trentina di progetti criminosi, fra i quali: la decapitazione del giornalista Daniel Pearl eseguita con le sue proprie mani, il tentato assassinio di Giovanni Paolo II, la distruzione del canale di Panama, del Big Ben e dell’aeroporto Heathrow a Londra, l’omicidio di Jimmy Carter e di Bill Clinton, un piano per l’abbattimento della Sears Tower a Chicago e della Borsa di Wall Street, l’affondamento di numerose petroliere e navi da guerra USA a Singapore, a Gibilterra e nel Golfo Persico, l’abbattimento di un aereo israeliano a Mombasa (fallito), vari attentati esplosivi a decine di ambasciate USA e d'Israele ed altri (2).

    Perchè uno confessa tante cose orribili, sapendo che ciascuna gli frutta la pena di morte? Già, perchè?

    Glielo ha ricordato anche il giudice, colonnello Kolman, che se riconosciuto colpevole degli attentati dell’11 settembre, lo aspetta il boia. Ma KSM - dopo cinque anni di isolamento – ha voluto approfittare del momento. «Sì, è quello che voglio da tanto, essere un martire». Poi ha recitato cantando versi del Corano e li ha tradotti lui stesso ai giudici, ha ricusato i difensori (militari) perchè non poteva accettare avvocati che non conoscono la legge islamica, ed ha dichiarato di volersi difendere da solo; ha detto: «Dopo la tortura, ci hanno trasferito a Inquisitionland in Guantanamo». Inoltre ha azzittito i suoi complici e coimputati, con i quali ha parlato in arabo e con cui si è scambiato appunti – cosa non proprio coerente coi cinque anni di isolamento reciproco in cui sono stati tenuti; e i cinque hanno perfino guardato dietro le loro spalle facendo sorrisetti ai giornalisti dietro il vetro.

    Perchè c’erano 35 giornalisti. Nessuno dica che l’udienza era a porte chiuse. I giornalisti stavano dietro il vetro. Anche se di quel che succedeva in aula sanno e sentono ciò che viene da videocamere a circuito chiuso; e quel che sentono arriva loro con un ritardo - di 20 secondi, assicurano i vertici militari. Venti secondi necessari per eliminare, dicono, il rischio che in aula si rivelino cose coperte da segreto. In pratica, certe parti del processo, ad arbitrio dei comandi, vengono silenziate.
    I giornalisti non le sentono. Se solo per venti secondi o per venti minuti, non sappiamo: dobbiamo fidarci dei vertici militari. Registi della diretta e della differita.

    Ma anche così, il giornalista del New York Times William Glaberson ha riportato una netta impressione: «Khalid Shaikh Mohammed era palesemente conscio di avere un pubblico – e non si è sottratto alla luce dei riflettori». La luce della ribalta: è un’attrazione tentatrice per tutti, figurarsi per uno che è stato isolato cinque anni. MA KSM era attratto anche prima.

    Lo ha scritto Yosri Fouda, un giornalista di Al Jazeera che intervistò il personaggio nel 2002. Anche allora, «Quando la telecamera fu accesa, KSM cambiò aspetto. Cercava di apparire come un leader religioso o un capo politico. Ma la sua superficiale conoscenza sia di religione sia di politica saltava agli occhi: mentre si atteggiava ad autorità, inciampò nel disperato tentativo di mettere insieme due frasi decenti in arabo classico» (3).

    Massimo Introvigne ci spiegherà che Al Jazeera non è una fonte cui l’Occidente cristiano può credere. Vediamo allora alcune fonti dalle immacolate credenziali occidentali.

    Il procuratore militare - cioè l’accusatore, mica un difensore – colonnello Morris Davis ha formalmente elevato un’accusa precisa, che per lui ha segnato anche la fine della carriera: un anno fa, ha accusato i vertici del Pentagono di avergli fatto pressione per portare gli imputati a processo «prima delle elezioni presidenziali 2008». I giudici militari gli hanno dato ragione, ammettendo che la indebita pressione c’era stata. Il colonnello Davis non è più colonnello, ed ora difende uno degli imputati (4), Hamdan.

    Ora il nuovo procuratore militare ha richiesto la ripresa del processo su questi cinque terroristi dell’11 settembre per... il 15 settembre 2008, solo qualche settimana prima delle elezioni USA. Il colonnello Steve David, del consiglio di difesa, ha dichiarato ai giornalisti che il processo è «fondamentalmente scorretto» (fundamentally flawed) ed ha aggiunto: «Faremo puntigliosamente notare e spiegheremo (ai giornalisti) ogni e ciascuna scorrettezza».

    Massimo Introvigne ci spiegherà presto che un simile atteggiamento è inqualificabile, da parte di avvocati con le stellette. Allora, sarà bene ricordare che già nel 2006 la Corte Suprema USA dichiarò incostituzionali processi militari con queste caratteristiche; il Congresso ha modificato un pochino il regolamento e li ha fatti risorgere: a settimane è attesa la nuova pronuncia della Corte Suprema sui diritti dei prigionieri di Guantanamo: ciò potrebbe bloccare le udienze, per cui ci si può forse domandare come mai si sia voluto cominque iniziarle, senza attendere il parere della Corte. Introvigne ci spiegherà, perchè è un grande giurista. E sicuramente risponderà anche ai dubbi rispettosamente avanzati non da un sito islamista, ma da Le Monde (5).

    Eccone alcuni:
    «Primo. Gli accusati vengono giudicati da un tribunale militare speciale come "nemici combattenti illegali": questa fattispecie, inesistente nel diritto internazionale prima dell’11 settembre, è stata creata precisamente dal ministero della Giustizia americano per sottrarvisi (al diritto internazionale)». Secondo «i difensori, è contraria alla convenzione di Ginevra sottoscritta dagli Stati Uniti».

    «Secondo... A Guantanamo, l’accusa ha il potere di far deporre testimoni anonimi, non identificati; il giudice può impedire la divulgazione di frasi dei sospetti; infine, l’accusa si fonda su confessioni che l’accusa stessa riconosce di aver ottenuto, almeno parzialmente, sotto tortura».

    Infine Le Monde fa notare che è «l’esistenza di Guantanamo a fare questione». E perchè? Perchè, ricorda il giornale francese con ciò rivelando la sua sotterranea complicità con Al Qaeda, «sui 775 sospetti che vi sono stati rinchiusi, i due terzi sono stati rilasciati: e tranne qualche rara eccezione, tornati nel loro Paese, sono stati lasciati in libertà. Sui 275 che sono ancora prigionieri, l’amministrazione americana ammette che un’ottantina appena meritano di essere deferiti davanti ai giudici».

    Nemmeno il Pakistan, l’Egitto e l’Arabia Saudita, una volta riavuti in loro dominio i reduci da Guantanamo, li trattano come sospetti di qualche cosa: eppure i loro tribunali non sono famosi per garantismo nè buonismo, dato che la regola vigente là è: meglio dieci innocenti decapitati che un colpevole libero. Oggi circolano 500 rilasciati che possono spifferare quei segreti militari, che i vertici militari americani si danno tanta pena di nascondere ai 35 giornalisti ammessi – tanto da ritardare
    (ma di soli 20 secondi) la «diretta» delle udienze.

    Tutti questi segreti non sembrano poi tanto scottanti nè strategici. Ciò conferma quel che stanno dicendo persino alcuni giornali USA: conveniva all’Amministrazione trascinare questi imputati dell’11 settembre, a cominciare dall’organizzatore supremo di tutti i crimini di Al-Qaeda KSM, davanti a un tribunale regolare. La loro colpa sarebbe apparsa più limpidamente dimostrata e più credibile. Questa è una messinscena. A Guantanamo si recita una sceneggiata su un copione scritto prima, ma mal riuscito perchè alcuni avvocati militari lo dichiarano scorretto. Insomma decidano: non era meglio far recitare tutti
    «a soggetto»?

    «La democrazia non può combattere la barbarie rinunciando al diritto», conclude Le Monde moralisticamente. In questa frase notiamo concetti che richiedono chiarimenti: suppone che a giudicare KSM e gli altri quattro sia «la democrazia», e che «la barbarie» in generale sia identificabile con ogni musulmano, e che le due cose – democrazia e barbarie – siano ben distinte e su due fronti apposti.

    La nostra impressione in questo caso è che la barbarie sia «la democrazia» stessa, e che KSM, più che un esponente della «barbarie», sia solo un poveraccio che recita la parte che gli è stata assegnata, forse sperando di salvarsi la pelle.

    Ma attendiamo da Introvigne – che ha già smentito da par suo i «complottisti» convinti che l’11 settembre sia stato un «lavoro interno» dell’amministrazione Bush (6) - gli immancabili chiarimenti.

    Maurizio Blondet



    1) «An author of Sept.11 seeks death», Herald Tribune, 6 giugno 2008.
    2) La lista complete dei delitti di KSM l’ha pubblicata la BBC il 15 marzo 2007. http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/6452789.stm.
    3) Mark Mazzetti, «In Tribunal Statement, Confessed 9/11 Plotter Burnishes His Image as a Soldier», New York Times, 16 marzo 2007. «Yosri Fouda, an Al Jazeera reporter, interviewed Mr. Mohammed over two days in 2002, he recounted in a book, «Masterminds of Terror,» written with Nick Fielding. «When the camera was switched on, Khalid Shaikh Mohammed’s appearance changed» the book says. «He tried to look like a religious leader or the leader of a political party. «But his shallow knowledge of both religion and politics caught up with him» the book says. «He tried to sound authoritative, but he stumbled in his desperate attempts to compose a couple of decent sentences in classical Arabic»
    4) «Colonel: anti-tribunal stance cost me a medal», Air Force Times, 5 giugno 2008. «The former chief prosecutor for the Pentagon’s Office of Military Commissions says the Defense Department denied him a medal as punishment for speaking out against the war tribunals system, The Washington Post reported May 29. Col. Morris Davis, who will retire effective Nov. 1, served as chief prosecutor for the military commissions before resigning in protest in October over what he saw as a process that had become unfair. In early May, he testified at Guantanamo Bay, Cuba, for the defense of Salim Ahmed Hamdan - Osama bin Laden’s driver and bodyguard - arguing that Hamdan could not get a fair trial because of command influence». Davis told the Post that Pentagon officials notified him that he did «not serve honorably» and would be denied a medal for his time as chief prosecutor. Davis also said he fears further retribution before his retirement, the Post reported.
    5) «Guantanamo, hélas!», Le Monde, 6 giugno 2008. E’ l’editoriale non firmato.
    6) Massimo Introvigne: «La malattia dell’Occidente: l’11 setrtembre e le teorie del complotto», Cristianità, gennaio-febbraio 2007.
     
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