11 SETTEMBRE

Versione ufficiale vs 9/11 Truth Movement

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  1. AdamClayton
     
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    Voli della morte – parte seconda

    Nella prima parte dell’articolo, scritta alcuni mesi or sono, è stato esaminato uno dei ‘punti poco chiari’ relativi ai dirottamenti aerei avvenuti nella giornata dell’11 settembre 2001, punti che la ‘verità ufficiale’ non approfondisce dando certi ‘ovvi particolari’ per scontati. Esaminando con un poco di cura si è visto che non è poi così ‘scontata’ la possibilità da parte di un ‘terrorista’ di sostituirsi ai piloti e di guidare l’aeromobile verso una certa destinazione privo di qualsiasi supporto da terra. Questa seconda parte vuol approfondire il discorso della ‘guida’ e inizia con una specie di ‘indovinello’ per il lettore…

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    L’immagine sopra è una foto aerea di New York antecedente all’11 settembre 2001. Essa mostra Manhattan vista approssimativamente da nord-est, ossia la direzione dalla quale è arrivato il Flight 11. Questa deve essere stata uno delle ultime cose viste dal 'terrorista islamico' alla guida dell'aereo la mattina dell'11 settembre. Supponete di essere voi alla guida, di volare a circa 700 km l'ora e di dover puntare alla 'Torre Nord' del World Trade Center dove tra pochi secondi vi schianterete. Siete certi di essere in grado di identificare con sicurezza il vostro bersaglio?... Prima di rispondere però a seconda di quello che il subconscio suggerisce, il lettore tenga conto del fatto che mai prima d’ora ha guidato un Boeing 767 e neppure ha avuto una sola volta la possibilità di ‘addestrarsi’ su un simulatore di volo a compiere la ‘suprema prova’ che lo attende…

    Il ‘quiz’ poi si farebbe ancora più arduo se dovessimo chiedere come ha fatto il ‘terrorista’ a scorgere la ‘Torre nord’ in mezzo alla ‘giungla di edifici’ costituita da Manhattan quando ancora si trovava assai più lontano in modo da poter dirigere l’aereo con assoluta sicurezza nella giusta direzione e senza alcuno ‘zig-zag’, cosa che risulta invece dai tabulati radar del controllo del traffico aereo. Per cercare una spiegazione plausibile a questo e altri interrogativi proviamo a fare qualche ‘riflessione’ sulla rotta tenuta da due dei velivoli [Flight 11 e Flight 175…] che secondo la ‘relazione ufficiale’ si sono schiantati contro le Twin Towers…

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    Proviamo inoltre [anche se la cosa forse a qualcuno non piacerà…] ad ‘indovinare’ quello che deve essere passato nella mente del ‘Gran Mullah’ che ha ideato tutto questo. E’ evidente anche a chi di ‘strategia’ non capisce un fico secco che per massimizzare la probabilità di riuscita dell’impresa [vale a dire colpire con due aerei di linea entrambe le Towers…] è necessario ridurre al minimo i tempi a disposizione della difesa per neutralizzare l’attacco o quanto meno limitarne i danni. Nel caso specifico una scelta ‘ovvia’ volta a questo fine sembrerebbe quella di fare in modo che gli aerei arrivino sui rispettivi bersagli in tempi il più possibile ravvicinati tra loro. Alla luce di ciò pertanto all’aereo che partiva per primo [cioè il Flight 11…] avrebbe dovuto essere assegnato il bersaglio che comportava la rotta più lunga [cioè la ‘Torre sud’…] e viceversa. Di fatto è stata fatta però la scelta opposta e questa non è che la prima di tante ‘anomalie’ che in qualche modo devono essere spiegate. Altra evidente ‘stranezza’ è data dal fatto che, a partire dagli istanti dei rispettivi dirottamenti, nessuno dei due aerei, né il Flight 11 né il Flight 175, ha seguito il percorso più breve e diretto per raggiungere il proprio obiettivo, concedendo così [in teoria…] tempo prezioso all’organizzazione di difesa di intervenire. Esaminiamo da prima la rotta del Flight 11. Nel preciso istante del presunto ‘dirottamento’ [ore 8.13…] l’aereo vira in direzione nord-ovest, allontanandosi quindi dall’obiettivo e mantiene questa rotta fino alle ore 8.20, allorché compie una brusca virata verso sud, in pratica ‘tornando indietro’. Anche nei minuti successivi il velivolo non segue la via più breve verso la meta, ma compie un giro piuttosto lungo in modo da arrivare sopra Manhattan provenendo da nord-est. La cosa è tanto più rimarchevole in quanto se avesse seguito la rotta più breve e fosse arrivato su Manhattan provenendo da nord-ovest il ‘pilota terrorista’ avrebbe potuto identificare in modo agevole ‘a vista’ il suo obiettivo, come si può desumere dalla bella foto che qui vedete…

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    Anche i movimenti del Flight 175 sono alquanto ‘misteriosi’. Dopo il presunto ‘dirottamento’ [ore 8.42…] anziché puntare subito sull’obiettivo [si tenga presente che la difesa aerea si trovava già ‘in allarme’ in conseguenza di quanto era accaduto a bordo del Flight 11…] e raggiungerlo provenendo da nord-ovest [stesse considerazioni fatte prima…] il Flight 175 imbocca una rotta in direzione sud ovest e la mantiene per un buon centinaio di miglia prima di ‘ravvedersi’, compiere una completa inversione di rotta e dirigersi verso New York in modo da arrivare questa volta da sud-ovest. A questo punto non solo non abbiamo risposto alla domanda iniziale, ma abbiamo sollevato un nuovo interrogativo: perché entrambi gli aerei hanno fatto ‘tutto quel giro’ allungando di molto la strada?… Ad una osservazione neppure troppo attenta delle rotte tenute dai due aerei qualche utile ‘indizio’ salta fuori. Se si osservano le traiettorie finali di entrambi gli aerei, si nota che esse sono esattamente una il prolungamento dell’altra, vale a dire i due aerei hanno percorso la medesima rotta ma in direzione opposta. In altre parole il primo ha impattato contro la ‘Torre nord’ provenendo da nord-est, il secondo contro la ‘Torre sud’ provenendo da sud-ovest, cioè proprio dalla direzione opposta, quasi che avessero seguito le procedure per atterrare su una stessa ipotetica ‘pista’ provenendo però da opposte direzioni. Anche l’esame dettagliato delle traiettorie seguite dai due aerei nella fase finale, ossia poco prima dell’impatto contro i rispettivi ’bersagli’, riserva non poche sorprese…

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    Se si osservano infatti le rotte finali dei due aerei secondo la ‘ricostruzione’ fatta sulla base delle immagini e filmati disponibili si nota che i secondo aereo [il Flight 175…] non ha ‘puntato dritto’ contro la ‘Torre sud’ bensì, cosa davvero ‘singolare’ se si pensa che il pilota doveva necessariamente ‘guidare a vista’ l’aeromobile, ha percorso una lunga virata e solo all’ultimo momento ha potuto ‘vedere’ il ‘bersaglio’…

    Per completare il quadro a questo punto vale la pena di esaminare quella che per lungo tempo la versione ufficiale ha spacciato come 'verità' riguardo l’aereo che avrebbe impattato contro il Pentagono, il Flight 77. In questo caso vi sono dettagli veramente ‘al limite dell’incredibile’…

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    Stando alla ‘ricostruzione ufficiale’ la ‘traiettoria finale’ eseguita dall’aereo sarebbe quella riportata nell’immagine sopra. Inoltre l’ultimo tratto della ‘spirale’ sarebbe stato percorso alla velocità di circa 900 km/h… non male come impresa per un pivello giudicato ‘inetto assoluto’ dai suoi istruttori di volo… E’ da notare che il ‘terrorista’ non ha fatto la cosa più ‘ovvia’, quella che a chiunque verrebbe in mente, ossia lanciarsi in picchiata contro l’enorme bersaglio di forma pentagonale con la pratica certezza di non mancarlo. Egli ha invece preferito una traiettoria rasoterra [meno di 40 m, tanto era la verticale dell’edificio…] a velocità folle percorrendo la quale ha dovuto evitare il tratto sopraelevato dell’autostrada e si è trovato a dover abbattere numerosi lampioni. Vale la pena di riportare a questo proposito una testimonianza assai ‘significativa’…

    Steve Patterson: …l’aereo era lontano circa 150 yards, proveniva da ovest e volava a circa 20 piedi da terra…. emetteva un sibilo acuto e volava sopra il Cimitero di Arlington così basso da sembrare volesse posarsi sulla tangenziale I-395… è passato troppo veloce perché potessi leggere le scritte sulla fusoliera… volava come se dovesse atterrare su una pista inesistente…


    Esaminando con cura i voli dei tre aerei che hanno raggiunto quel giorno il loro obiettivi si scopre un particolare che sembrano avere in comune: i tre ‘piloti’ con ogni probabilità non hanno identificato a vista i loro obiettivi. In realtà in tutte le ordinarie operazioni aeree, le quali debbono svolgersi anche di notte o col cattivo tempo, di norma non è richiesto che il pilota veda materialmente dove sta andando l’aereo. Questo è tanto più vero nella fase certamente più delicata del volo, vale a dire l’atterraggio. Dal momento che occorre saper atterrare sia di giorno sia di notte, sia col bel tempo sia con pioggia oppure nebbia e che per divenire pilota di un aereo di linea non sono richieste doti da Superman come la vista a raggi X, è evidente che l’atterraggio richiede una qualche forma di ‘assistenza’ da terra. Questa ‘assistenza’ è costituita dall’ Instrument Landing System…

    L’Instrument Landing System è il sistema di radioguida più diffuso nel mondo per gli avvicinamenti strumentali di precisione. In particolare esso consente ad un aeromobile l’avvicinamento alla pista e l’atterraggio in condizioni di assoluta sicurezza anche in condizioni di visibilità nulla. I principi di funzionamento dell’ILS possono essere facilmente compresi da chiunque con l’aiuto della figura di pagina seguente. Come ogni altro sistema radio, anche l’ILS è composto dalle due parti fondamentali: il dispositivo di trasmissione e il dispositivo di ricezione. Il dispositivo di trasmissione è denominato localizer ed è normalmente installato circa 300 metri oltre il termine della pista. Esso opera nella banda di frequenza VHF da 108.10 MHz a 111.95 MHz con intervalli di 50 KHz ed ha così a disposizione 40 canali. Il localizer trasmette due segnali radio fortemente direttivi ottenuti modulando in ampiezza la portante alle frequenze 150 Hz e 90 Hz, il primo sulla sinistra e il secondo sulla destra rispetto all’asse della pista. Il dispositivo di ricezione è collocato a bordo dell’aeromobile e rivelerà un segnale più intenso rispetto all’altro a seconda se si trova spostato a destra o a sinistra rispetto all’asse della pista. Nel caso l’aeromobile si trovi ‘perfettamente allineato’ con l’asse della pista, al ricevitore i due segnali giungeranno con la stessa intensità. L’informazione di ‘disallineamento’ ricavata dalla ricezione dei due segnali è visualizzata da un apposito indicatore posto sul quadro strumenti dell’aeromobile….

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    La corretta ricezione del segnale trasmesso dal localizer è assicurata entro un settore di 70° a una distanza minima di 10 miglia ed entro un settore di 20° fino a distanza minima di 18 miglia. Quando l’aereo di trova fuori del sentiero ma entro il settore di copertura, la lancetta dell’indicatore di bordo si trova a fondo scala, a destra o a sinistra a seconda dei casi. E’ possibile che il localizer trasmetta anche lungo il prolungamento opposto, creando così un sentiero ‘inverso’ [cioè ‘in allontanamento’ rispetto al localizer… ], comunemente denominato back corse per distinguerlo da quello ‘normale’ chiamato front corse. Poiché la modulazione della portante con i segnali a 150 Hz e 90 Hz ha luogo lungo lo stesso lato della pista sia lungo il front corse sia lungo il back corse, nei due casi le indicazioni dello strumento risultano invertite. Lungo il front corse le indicazioni sono ‘istintive’ per gli aeromobili in avvicinamento e ‘antiistintive’ per gli aeromobili in allontanamento. Lungo il back corse è il contrario. Per consentire la radioguida dell’aeromobile anche in fasi di discesa il dispositivo di trasmissione comprende il glide slope [‘trasmettitore del piano di planata’…]. Installato ad una distanza tra i 300 e i 400 metri dalla soglia di avvicinamento e disassato rispetto all’asse della pista, il glide slope trasmette nella gamma di frequenze UHF tra i 329.15 MHz e i 335 MHz con intervalli di 150 KHz, così che anche in questo caso i canali utilizzabili sono 40. Il principio di funzionamento del glide slope è lo stesso del localizer purchè le indicazioni ‘a destra’ o ‘a sinistra’ siano sostituite con ‘in alto’ o ‘in basso’. Quando l’aeromobile si trova al di sotto del limite inferiore del glide slope, la lancetta dell’indicatore è posizionata sul fondo scala superiore e quando si trova al di sopra del limite superiore del glide slope essa è posizionata sul fondo scala in basso. Il ricevitore dei segnali del glide slope , situato anch’esso a bordo dell’aeromobile, garantisce una copertura entro un angolo di 160° a cavallo dell’asse della pista fino ad una distanza minima di dieci miglia. I segnali del trasmettitore glide slope sono diretti solo verso il front corse. Per dotare anche il back corse di guida verticale è possibile installare un secondo trasmettitore UHF all’altra estremità della pista. In sostanza, nel corso di un atterraggio con radioguida, gli indicatori di segnali del localizer e del glide slope consentono al pilota di mantenere l’aeromobile entro una sorta di ‘tunnel a restringere’ al termine del quale esso potrà atterrare in assoluta sicurezza, come evidenziato in fig.3, fig.4 e fig.5. E’ da rimarcare il fatto che il ricevitore del segnale di glide slope può essere all’occorrenza disattivato, limitando il controllo radio alla sola direzione mantenendo la quota costante. I non molto esperti del settore potrebbero ritenere il sistema di radioguida ora descritto una realizzazione tecnologica di avanguardia relativamente recente. Viceversa esso non è che la riedizione di una invenzione tedesca degli anni ’30 conosciuto come ‘Sistema Lorentz’. Entrato in servizio nella Lufthansa nel lontano 1934, era stato poi adottato in diversi altri paesi. Esso funzionava a frequenza di circa 30 MHz e al posto dei due toni a 150 Hz e 90 Hz dell’ILS trasmetteva due segnali modulati semplicemente con ‘punti’ e ‘linee’ come nel codice Morse. Se l’aereo si trovava spostato rispetto al suo sentiero da una parte si udiva una nota modulata con dei ‘punti’ [peep,peep,peep…] , se era spostato dall’altra parte si udiva una nota modulata con delle ‘linee’ [peeeep,peeeep,peeeep…], se era perfettamente allineato si udiva una nota continua [peeeeeeeeeeeeeeee…]. Il pilota altro non doveva fare che agire sulla cloche in modo da sentire sempre nell’auricolare una nota continua. Nei primi mesi della seconda guerra mondiale i tedeschi avevano apportato al sistema Lorentz alcune significative modifiche, tanto al trasmettitore quanto al ricevitore, che ne estendevano di molto la portata e la precisione [ben al di là di quanto richiesto per le operazioni di atterraggio…] e lo trasformavano il un sofisticato sistema di radioguida per bombardieri che sarà impiegato dalla Luftwaffe nella prima fase della ‘Battaglia d’Inghilterra’. A questo era dato il nome di Knickebein [‘gamba spezzata’…] ed esso consentiva di guidare gli aerei da bombardamento per centinaia di chilometri con la precisione di pochi metri lungo un ‘sentiero elettronico’ fino all’obiettivo anche in condizioni di assenza assoluta di visibilità. L’obiettivo era poi ‘illuminato’ da un secondo fascio radio che intersecava quello di Knickebein [da qui l’origine del nome…] di modo che il pilota tedesco altro non aveva da fare che seguire il sentiero fino a che la ricezione del secondo il secondo segnale radio non gli segnalava il momento giusto per mollare il suo carico di bombe. Il sistema funzionerà egregiamente per un po’ di tempo, fino a quando cioè gli inglesi, insospettiti dal ritrovamento di ricevitori Lorentz dalle prestazioni stranamente ‘spinte’ a bordo di alcuni aerei tedeschi catturati e dalla comparsa della parola ‘knickebein’ in alcuni messaggi Enigma che erano riusciti a decodificare, finiranno per scoprire il trucco e prenderanno adeguate contromisure...

    Questa ‘rievocazione’ di uno dei più significativi episodi di guerra elettronica avvenuti nel corso della seconda guerra mondiale, ancorché certo interessante, ha uno scopo assai semplice, quello di chiarire come da settant’anni a questa parte praticamente tutti gli aerei sono equipaggiati con sistemi di radioguida per la fase di atterraggio. Facendo riferimento alla stessa figura, immaginiamo per un momento che al termine di quella specie di ’imbuto’ non ci sia l’inizio della pista di atterraggio bensì, tanto per fare un esempio, una delle finestre del sessantesimo piano della ‘Torre nord’ del World Trade Center. E’ del tutto evidente che, manovrando un aereo come se ci si trovasse in fase di atterraggio strumentale, l’aereo centrerà inesorabilmente il grattacielo. A questo punto il lettore avrà sicuramente compreso che non solo guidare un Boeing in modo da ‘centrare’ un edificio è possibile, ma anche assai facile. L’unica cosa che serve fare è piazzare un trasmettitore localizer in maniera opportuna e tutto il resto, per del personale esperto si capisce, sarà niente altro che normale routine. Le modalità con cui un aeromobile può eseguire un atterraggio radioassistito sono due: front corse e back corse. Nel primo caso [quello solitamente usato…] il localizer è situato all’estremità della pista opposta rispetto alla direzione di provenienza dell’aereo e le indicazioni che giungono al pilota sono dette ‘istintive’. Nel secondo caso [usato solamente in circostanze ‘particolari’…] il localizer è situato all’estremità della pista corrispondente alla direzione di provenienza dell’aereo [il quale in pratica sorvola il localizer…] e le indicazioni che giungono al pilota sono dette ‘antiistintive’. In entrambi i casi l’aereo per ‘atterrare’ non deve far altro che ‘tenersi allineato’ [in modo ‘istintivo’ o no a seconda dei casi…] in direzione con il segnale del localizer e in angolo di discesa col segnale del glide slope…

    Avanzare a questo punto l’ipotesi che un trasmettitore ILS, purchè opportunamente collocato, sia stato usato per guidare gli aerei che si sono schiantati sulle Twin Towers e sul Pentagono l’11 settembre 2001 è una tesi che comincia ad acquistare ‘consistenza’… Va bene, dirà qualcuno… collocato opportunamente sì… ma dove?… Nel caso del Pentagono non è difficile supporre che il trasmettitore ILS si trovasse in uno degli anelli interni dell’edificio e che l’aereo sia stato guidato in modalità front corse. Più complicato invece ‘indovinare’ dove era collocato il trasmettitore ILS che ha guidato gli aerei che hanno ‘centrato’ le Towers. Di tutte le foto dell’11 settembre che si trovano in rete, quella che segue mi pare possa aiutare più di altre a trovare la soluzione di questo ’enigma’…

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    L’immagine è stata scattata nel preciso istante in cui il Flight 175 si è schiantato sulla ‘Torre sud’ da un operatore che si trovava a nord est rispetto alle Towers. Sulla facciata della ‘Torre nord’ [che sta bruciando…] è ben visibile il ‘buco’ prodotto dall’impatto del Flight 11 e da esso si deduce che al momento dell’impatto l’aereo stava scendendo e virando verso sinistra. Bene… Immaginiamo ora che il nostro dispositivo ILS abbia guidato la traiettoria del primo aereo in modalità back corse e poi il secondo aereo in modalità front corse. Un dettaglio importante e significativo che già abbiamo visto è poi il seguente: entrambi gli aerei hanno impattato con i rispettivi bersagli non procedendo in modo rettilineo, bensì virando a sinistra. E allora proviamo ad osservare quest’altra foto, che riporta la traiettoria finale percorsa dal primo aereo, la traiettoria che del secondo aereo e [in rosso] la traiettoria che il secondo aereo avrebbe percorso… se la ‘Torre sud’ non fosse stata dove invece stava…

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    Le due traiettorie, quella reale del Flight 11 e quella ‘virtuale’ del Flight 175 si incrociano in un ben definito punto, localizzato in corrispondenza di un edificio che sulla mappa è indicato con il numero ‘7’. Si tratta del Building seven, un grattacielo di 47 piani posto a un centinaio di metri dalle Twin Towers che nel pomeriggio dell’11 settembre è ‘collassato’ per ‘motivi sconosciuti’. E’ infatti questione ancora aperta e mai chiarita il perché il Building sevenè crollato tra le ore alle ore 5.10 e le 5.20 p.m. [ancora oggi non è nota l’ora esatta…] senza che alcun aereo lo abbia investito. Ora se la ‘tesi’ avanzata in questo articolo dovesse avere qualche ‘elemento di verità’, è evidente che della ‘attrezzatura’ utilizzata per la guida degli aerei nell’ultima parte della loro traiettoria e che si trovava all’interno dell’edificio, non doveva assolutamente restare traccia. La ‘tesi’ avanzata in questo articolo può quindi costituire una spiegazione ‘convincente’ riguardo al ‘crollo misterioso’ del Building seven…

    Carlo Sabatini
     
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  2. AdamClayton
     
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    IPOTESI SUL CROLLO DELLA TORRE NORD

    Nell'articolo si analizzano sulla base di una analisi ingegneristica le fasi iniziali del crollo evidenziando alcuni fatti non spiegabili sulla base della ricostruzione ufficiale eseguita dal NIST (National Institute of Standards and Technology) ed anche alcune incongruenza rilevate nella stessa.
    Viene proposta quindi una spiegazione compatibile con il reale svolgimento dell'evento.

    Le certezze del NIST e i luoghi comuni della memoria collettiva.


    Ricordiamo come è crollata la torre 1 quando l'antenna ha cominciato a sprofondare maestosamente dritta, verticale per diversi piani mentre le pareti la seguivano inchinandosi sotto il peso resistendo fino al momento dello scoppio polveroso, al 97° piano dopo due secondi. E poi ancora la discesa inesorabile del nucleo centrale fino al 92° con una grande fiammata e i piani che si accatastavano venti metri più in alto, cedendo uno alla volta. E infine la massa che scende e divora uno ad uno tutti i piani sottostanti ancora fermi, in attesa, al ritmo di dieci ogni secondo.
    Il tutto si è svolto in una nuvola di povere e in un tempo breve e difficilmente stimabile con la precisione necessaria per la chiara comprensione degli eventi i cui primi istanti, i più importanti, possiamo riassumere come la caduta verticale dell'antenna per quasi due secondi con la discesa del nucleo fino al 92° piano mentre i piani superiori si insaccano uno dopo l'altro.

    E cosa dicono le fonti ufficiali, il NIST ad esempio, riguardo la dinamica del crollo? Nulla!
    Sembra strano ma lo studio si limita ad analizzare esclusivamente le sole cause iniziali perché si cercavano, giustamente, eventuali difetti di costruzione, delle indicazioni per migliorare la sicurezza e nient'altro.

    Il NIST ha cioè studiato il modello di una porzione limitata della torre, una decina di piani su 110, ipotizzando diverse possibili dinamiche dell'impatto, ciascuna con le proprie conseguenze; sono state quindi esaminate due differenti possibilità di danni per ciascuna torre e solamente per quelle più severe si è ottenuto, dal calcolo, il collasso della struttura, accettando quindi l'ipotesi come causa del crollo.

    Il NIST non ha fornito alcuna dinamica riguardo l'evento complessivo dicendo semplicemente: poiché il collasso è realmente avvenuto, i danni iniziali erano quelli ipotizzati e i calcoli eseguiti corretti! Ma al di là del fatto che questa procedura a ritroso pone qualche problema di logica, vedremo come la effettiva dinamica del crollo sia incompatibile con questo pregiudizio mai comprovato, e molto simile invece a tutt'altro.

    Come si è detto sono state analizzate dal NIST le sole cause che hanno dato inizio ai cedimenti e ne sono state individuate tre:

    1- danni alle colonne causati dall'impatto;
    2- incendi (non quello del carburante durato pochi minuti, ma quelli innescati come conseguenza);
    3 - asportazione del rivestimento antincendio.

    E' stato poi puntualmente precisato che queste cause non sarebbero state sufficienti a provocare il dissesto strutturale se prese singolarmente ma solo nella combinazione complessiva assunta come ipotesi.

    Per allontanare alcuni luoghi comuni presenti spesso nelle discussioni è bene chiarire che per il crollo non hanno influito:

    - nè il peso dell'aereo, una frazione trascurabile rispetto a quello che già gravava sulla colonne (1) e comunque sarebbe inspiegabile perché la rottura è cominciata due o tre piani più in alto (2)

    - nè l'energia dovuta alla velocità, assorbita in pochi minuti con qualche oscillazione e paragonabile comunque a quella di un vento non certo eccezionale (3)

    - nè la ridotta percentuale di colonne danneggiate (la struttura poteva reggere indefinitamente, dice testualmente il NIST);

    - nè ancora il fuoco perché sarebbero occorse almeno tre ore data la resistenza dell'isolamento (4)

    Però la torre è comunque crollata.

    Le due stranezze che nessuno ha spiegato.

    Innanzitutto si può calcolare il tempo complessivo del crollo stesso sulla base della Fisica. Se si prescinde dalla resistenza dell'aria e delle colonne in ferro si ricavano circa 13 secondi, che possono diventare anche 20 tenendo in considerazione l'energia presumibilmente assorbita dalla struttura.
    I rilevamenti sismografici sembrano indicare una decina di secondi ma dai filmati pare che il tempo sia stato maggiore, anche 18 secondi (5), compatibile quindi con una certa resistenza.
    Lasciamo quindi da parte il cronometro e Galileo per concentrarci sulle palesi stranezze che si possono riscontrare . E quando dico palesi tengo in conto sia dello studio del NIST che della Scienza delle Costruzioni.

    Analizziamo quindi i primi istanti del crollo un fotogramma per volta senza affidarci questa volta alla sola memoria, ma visionando il filmato: Link (6) https://www.youtube.com/watch?v=5fH7c8H6SNw
    Risulta chiaramente visibile (7) che all'inizio sprofonda la parte centrale, il “core” formato da 47 colonne in acciaio che reggevano oltre la metà del peso, a causa della rottura di tutte le colonne insieme, così come testimoniato dalla verticalità dell'antenna altrimenti inspiegabile (8). Al momento in cui avviene la fiammata al 92° piano l'antenna è già sprofondata per circa 5 piani e questo indica che la rottura del core e la conseguente discesa del blocco centrale è avvenuta a partire da 5 piani più in alto e cioè al 97°.
    Questo fatto è importante e merita un chiarimento: a seguito della rottura del core al 97° tutta la parte centrale soprastante continua la discesa schiacciando di seguito il 96°, il 95°... mentre l'antenna scende di 1 piano, 2 ... ecc.; quindi lo schiacciamento del 92°, denunciato dall'espulsione di fumo e fiamme uniforme su tutte le pareti, avviene proprio quando l'antenna si abbassa di 5 piani come si evince dai filmati.
    In altri termini non può essersi rotto per primo ad esempio il 94° perchè in tal caso al momento dello schiacciamento del 92° l'antenna sarebbe scesa di soli 2 piani e non di 5.
    Anche considerando una certa imprecisione nelle misure si ha comunque la conferma che la rottura è iniziata certamente tra il 96° ed il 98° piano.

    Ma quì nasce il primo problema: al 96° erano state danneggiate solo una decina di colonne (9) per cui le altre 37 potevano reggere tranquillamente il carico anche dopo un'ora e mezza. Il NIST dice infatti che la temperatura dell'acciaio con il rivestimento ancora intatto non superava i 300° e perciò le colonne erano ancora in ottimo stato (10) e non potevano collassare (11). Ed invece il collasso è avvenuto dopo 102 minuti e il crollo verticale presuppone la rottura di tutte le colonne e non solo qualche decina.
    Se invece si ipotizza che le colonne danneggiate (la solita decina abbattute dall'aereo) abbiano trascinato di seguito le altre, data la posizione asimmetrica di queste non è ancora spiegabile la discesa verticale dell'antenna. E l'antenna è caduta verticalmente, e il fuoco non ha atteso le famose tre ore per danneggiare le colonne ancora in ottimo stato.

    La rottura al 97° è ancora più inspiegabile per i minori danni a quel piano.

    Riguardo al 98° risultano incongruenti alcune affermazioni del NIST che dice: nessuna colonna isolata ha raggiunto i 300°, le colonne al 98° piano erano integre ed isolate, [ed ancora] il primo segno di movimento si è avuto al 98° piano! (12).
    Il NIST conferma la zona della rottura (non si può contrastare troppo l'evidenza) e contemporaneamente mostra le contraddizione della sua analisi.

    Si osservi ora la sequenza dei cedimenti delle facciate che invece segue un andamento diverso da quello del core. Dapprima collassano le colonne del 97° piano allorquando la parte centrale è già sprofondata e stranamente le pareti perimetrali continuano a rompersi in sequenza inversa, insaccandosi: 98°; 99°; 100; ecc. mentre i piani sottostanti - quelli danneggiati dall'aereo - restano in paziente attesa.

    Le macerie scendono come in un imbuto guidate in verticale dalla struttura tubolare delle pareti; i solai si distaccano certamente dal core perché i travetti, semplicemente appoggiati, erano fissati con due bulloni da 15 mm.

    In questo caso la stranezza consiste nel fatto che al momento in cui un piano urta sull'altro, tra quello in caduta e quello sottostante (quello fermo) si sviluppa una mutua forza uguale sopra e sotto, ma mentre la parte superiore è ancora sana e non soggetta ad altre forze trovandosi in caduta libera quella sottostante è invece danneggiata e compressa dal peso dei solai appesi o tirati dal core che si trova già più in basso. Perciò si sarebbe dovuta verificare la rottura del piano inferiore mentre nella prima fase è avvenuto l'esatto contrario (come si vede chiaramente nel filmato) per riprendere solo in un secondo momento la progressione verso il basso.

    Alcuni hanno ipotizzato allora una diversa dinamica, consistente nel crollo completo dei solai uno sull'altro, il cosidetto effetto pancake, ma in tal caso la struttura esterna delle facciate, liberata dai pesi, sarebbe rimasta intera come un esoscheletro svuotato del contenuto.(13)
    Il NIST afferma che il ruolo dei solai è stato quello di far piegare, a seguito delle grandi deformazioni e rotture, le colonne perimetrali e spiega così il collasso delle strutture di facciata.(14)

    La figura, anche se grossolana e limitata a mezzo fabbricato, può aiutare a visualizzare la sequenza dei primi 2-3 secondi.

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    Per comprendere l'esatta dinamica dell'evento dall'istante iniziale alla sua conclusione e dire una parola definitiva sarebbe necessario uno studio completo, è tuttavia possibile trovare una spiegazione coerente con l'effettivo svolgimento dei fatti e che risolve le stranezze relative al crollo che ricordiamo essere:
    1 – crollo iniziale del core verticale nonostante la capacità di resistenza e la asimmetria dei danni ad alcune colonne, in palese contraddizione con la dinamica indicata dal NIST. (v.nota 11)
    2 – inversa dinamica del collasso nelle due fasi.



    La pistola quasi fumante.

    Se si fosse voluto demolire la torre 1 senza provocare danni agli altri fabbricati vicini come si sarebbe operato?

    Innanzitutto si sarebbe utilizzata la resistenza tipica della struttura dotata di una maglia perimetrale di tipo tubolare al fine di guidare con sicurezza la discesa, come in una sorta di implosione senza rischio di ribaltamenti, procedendo dall'alto verso il basso.

    Sarebbe bastato perciò che il core si rompesse per primo così che gli eventuali spostamenti orizzontali dovuti alla diversa resistenza delle colonne risultassero contrastati dalla maglia esterna che, attraverso i solai ancora integri al piano di rottura, sarebbe in grado di mantenere il nucleo sempre centrato all'interno del perimetro.

    Per ottenere l'energia cinetica sufficiente ad innescare il processo di rottura dall'alto in basso basterebbe rompere con l'esplosivo le colonne centrali tutte insieme al 97° (o 98°) piano e poi in sequenza in alcuni altri piani al di sopra di questo in modo da avere la necessaria massa in movimento, operando inizialmente come nelle consuete demolizioni (si veda a proposito il WTC7).
    In pratica a causa della massa in caduta dal 97° cedono dapprima le colonne del core danneggiate (quelle dal 96° al 92° in circa 2,5 secondi) mentre quelle perimetrali si sovraccaricano, si deformano ed inizia la rottura delle pareti a partire dal 97° piano e di seguito si rompono i piani superiori mano a mano che scendono, e questo grazie al taglio programmato del core al rispettivo piano.
    br> Da questo istante la regolare prosecuzione verso il basso viene aiutata mediante il taglio sincronizzato di alcuni dei piani inferiori (15). Non tutti i piani però, ma solo quelli di maggiore resistenza. Quelli cioè dove aumenta lo spessore delle colonne (in molti filmati si vedono i cosidetti squib che precedono di una decina di piani la discesa delle macerie).

    Così facendo non occorre neppure minare il nucleo in tutti i piani; i telecomandi di azionamento delle cariche possono essere azionati a distanza da un computer che esegue, tra i vari programmi studiati in precedenza, quello con partenza dal particolare piano da cui si vuole cominciare.
    Questo deve trovarsi ovviamente nell'intorno di quelli colpiti dall'aereo, abbastanza in alto per minimizzare il rischio di sbandamenti iniziali (come quello avvenuto nel WTC2) e dotato di una sufficiente massa al di sopra. Il range di possibilità è abbastanza ampio anche per fare fronte alle iniziali incertezze in relazione all'altezza di impatto del velivolo, ma questo non costituisce un problema dovendo semplicemente mandare in esecuzione un programma scelto tra quelli, come si è detto, già preparati in precedenza.

    L'effetto finale sarebbe compatibile, per non dire sovrapponibile, con quanto si osserva nel crollo della torre 1: core che sprofonda in verticale, insaccamento in ascesa dei piani, assenza della struttura esoscheletrica, caduta ad imbuto delle macerie, distacco dei solai e tempo di caduta di quasi 20 secondi.

    Un indizio su dove cercare

    Non si puo' affermare di avere riportato la prova incontrovertibile della demolizione premeditata ma certamente se ne è evidenziata la compatibilità con l'evento insieme all'inconsistenza dell'ipotesi di un crollo strutturale; forse non si è ritrovata la classica “pistola fumante”, a meno che non si voglia ragionare in base al principio del terzo escluso, comunque si è indicato un luogo dove poterla recuperare.

    Note e approfondimenti:

    (1) il peso di un solaio è almeno 1.500 tonnellate (pari a circa 15 aerei) per cui le colonne che reggevano più di 15 piani oltre al peso della struttura dell'antenna erano già caricate con un peso superiore a quello di 200 aerei ed erano progettate per sopportarne un altro centinaio.

    (2) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.87 tab. 6-2.

    (3) http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Brie...40505_final.pdf a pag.25/132 è riportato il grafico delle oscillazioni limitate a circa 1/3 di quelle previste in progetto a causa del vento.

    (4) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.55;56 la classe di resistenza al fuoco indicata (1B) prevede una resistenza di 3 ore per le colonne e 2 ore per travi e solai.

    (5) http://911research.wtc7.net/wtc/evidence/videos/index.html

    (6) il crollo ha inizio al tempo 6'10'',5

    (7) il grafico mostra gli abbassamenti (riferiti al tempo indicato nel contatore) dell'antenna e delle pareti sulla base delle struttura bianca visibile in alto a destra sulla copertura; a parte le incertezze sulle misure l'andamento è abbastanza ben delineato

    image


    (8) Alcuni sostengono che vi sia stata una inclinazione dell'antenna verso Sud, e su questo si basa la ricostruzione del NIST, ma come mostrano chiaramente alcuni video ripresi da altre angolazioni disponibili sul sito di cui alla nota 5 l'antenna si inclina solo al momento della grande esplosione avvenuta dopo circa 2 secondi dall'inizio del crollo (al tempo 6'13'' del video https://www.youtube.com/watch?v=5fH7c8H6SNw mentre il crollo inizia al tempo 6'10'',50 circa); si può vedere anche https://www.youtube.com/watch?v=qyNKZyONh24 e ancora meglio su https://www.youtube.com/watch?v=MItLEIBOzYU le misure confermano che colonne del core si sono rotte tutte insieme e PRIMA delle pareti.

    (9) http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Brie...40505_final.pdf pag.19/132 (si rileva peraltro una certa confusione nei disegni e differenze con quello di pag 23 del rapporto di cui alla nota seguente)

    (10) http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.30 e pag. 184, ove si afferma che nella simulazione effettuata nessuna colonna isolata ha mai superato la temperatura di 300° e che la temperatura non è stata incrementata fino al punto di avere una significativa perdita di forza o rigidezza. Il NIST indica una resistenza ridotta al 80%, ma questa è ancora sufficiente considerato il coefficiente di sicurezza e comunque, anche se può apparire strano, l'acciaio fino a 300°C non perde resistenza ma la acquista (S. Timoshenko “Scienza delle costruzioni - volume secondo” - Ed. Viglongo 1970 - paragrafo 82 - proprietà meccaniche dei metalli alle alte temperature): si deve considerare infatti il carico di rottura e non quello di snervamento che tra l'altro a 300°C non si riscontra più.

    (11) L'incremento del carico sulle colonne ancora isolate in caso di rottura delle 10 danneggiate corrisponderebbe al 30% circa, inferiore alla resistenza a rottura della struttura.

    Alle pagg.144 e 185 del succitato rapporto viene fornita la seguente dinamica:

    - le colonne della facciata Sud si sono piegate e indebolite e la parte soprastante ha incominciato ad inclinarsi rapidamente a Sud;

    - i carichi non potevano più essere ridistribuiti alle colonne danneggiate del core;

    - una volta che la sezione di edificio superiore ha cominciato a muoversi in giù la struttura indebolita non è stata capace di assorbire l'energia tremenda della sezione di edificio cadente e il crollo globale è conseguito.

    La dinamica fornita dal NIST contrasta con l'evidenza dei fatti perchè il core è disceso per primo (come spiegato nella precedente nota 8) tirando verso il basso le pareti che si sono accorciate e solo dopo si è rotta la parete Sud: sono stati quindi invertiti causa ed effetto.

    Alla luce di queste considerazioni non è spiegabile la rottura del core dal momento che la struttura poteva restare in piedi se non fosse stato per i fuochi che sono conseguiti (NIST), ma le colonne sane avrebbero potuto resistere come si è detto per almeno 3 ore.

    (12)cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag.184

    cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/pubs/Media_Public_Brie...40505_final.pdf pag.19/132

    cfr. nota 2 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag. 87 tab.6-2

    (13) una piccola porzione di struttura esterna in piedi si vede verso la fine del filmato proposto (6'42”)

    (14) cfr. nota 11 http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1CollapseofTowers.pdf pag. 185;

    (15) seri dubbi in relazione al fatto che il crollo avrebbe potuto o dovuto fermarsi ad un certo punto sono stati posti da un gruppo di ricercatori e scienziati con una richiesta ufficiale di chiarimento in merito alle energie e resistenze in gioco, cui il NIST ha risposto (http://www.911proof.com/NIST.pdf pag.4/6) semplicemente di non avere analizzato il fatto ma che era evidente la insufficiente resistenza dal momento che il crollo completo si è comunque verificato!

    Guido Salvador
    17.06.08 "
     
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  3. AdamClayton
     
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    11 settembre - La stretta finale

    Il professor David Ray Griffin ha tenuto di recente una conferenza a Los Angeles, nella quale ha riassunto gli ultimi sviluppi delle indagini sull’11 settembre, e ha esortato tutti coloro che hanno partecipato fino ad oggi al movimento per la verità a non desistere dall’impegno, ma anzi ad unirsi in uno sforzo finale che porti alla creazione di una commissione davvero indipendente, per stabilire una volta per tutte la verità sui fatti di quel giorno.

    Griffin ha esordito riassumendo gli ultimi sviluppi di una ricerca collettiva che ormai non ha più bisogno di elementi probanti per costituire una solida critica alla versione ufficiale dei fatti.

    Tali elementi probanti sono talmente tanti - ha detto Griffin - che una nuova commissione che riesamini l’intera versione ufficiale si rende ormai indispensabile.

    Anche noi, in Italia – e di riflesso, qui sul nostro sito - abbiamo seguito lo stesso tipo di percorso che hanno fatto i ricercatori di tutto il mondo. Dopo una timida fase iniziale, il corpus delle prove contro la versione ufficiale è diventato talmente solido da poterlo presentare, nel 2006, a livello nazionale. Ma dopo aver raggiunto quel risultato, tanto insperato quanto soddisfacente, c’ è stato un naturale rilascio delle energie, ed in qualche modo l’argomento 11 settembre sembra essere diventato cosa del passato.

    Io stesso, sul finire del 2006, avevo suggerito che fosse venuta l’ora di passare dal “che cosa“ (non è successo), al “chi è stato“. Del primo argomento si erano occupati in maniera esaustiva diversi film, ...

    ... come Loose Change (il più noto al mondo), “In Plane Site”, “Confronting the Evidence”, o altri. Da noi c’era stato “Inganno Globale“, che gli iscritti di LC avevano ampiamente diffuso nella cerchia di amici, familiari e colleghi di lavoro, preparando il terreno per la sua messa in onda, da parte di Matrix, avvenuta nell’estate 2006.

    Nonostante questo, la questione 11 settembre sembra in qualche modo rimasta in sospeso, e la mancanza di un documento conclusivo, che riassuma e sintetizzi tutti i punti più validi che sono stati appurati contro la versione ufficiale, permette in qualche modo a chi la difende di sostenere che “in fondo non ci sono prove definitive“ che dimostrino l’auto-attentato.

    In realtà le prove esistono eccome. Bisogna volerle vedere, naturalmente, invece di fare finta di nulla e volgere lo sguardo altrove: quando pompieri e polizia liberano la zona attorno al WTC-7, dicendo chiaramente “sgomberate, perché l’edificio sta per saltare in aria“, rimane ben poco spazio per chi vuole sostenere che sia caduto spontaneamente.

    Quando si trovano delle pozze di metallo fuso, sotto le macerie delle tre torri, a sei settimane dai crolli, rimane ben poco spazio per sostenere che sia stato il kerosene degli aerei a provocarle.

    Quando Rudy Giuliani dice di essere stato avvisato in anticipo del crollo della Torre Nord, rimane ben poco spazio per sostenere che l’edificio sia caduto spontaneamente. (Di propria natura gli edifici in acciaio non crollano per il fuoco, e nel WTC non vi erano stati “tremori”, collassi parziali o cedimenti di alcun tipo, che potessero far sospettare il crollo imminente).

    È proprio per l’abbondanza di queste prove - sostiene Griffin - che una nuova commissione, se davvero onesta e aperta ad ogni risultato, raggiungerebbe un verdetto praticamente certo.

    Per questo motivo Griffin ha confermato la necessità di uno sforzo finale, nel propagare a tutti i livelli possibili – in America come in Europa - la necessità di una nuova inchiesta che porti alla verità.

    Dobbiamo sforzarci tutti di non dimenticare l’importanza fondamentale che sta avendo l’11 settembre, ancora oggi, su tutto quello che ci riguarda da vicino. Come dice giustamente Griffin, la lotta per la verità sul caso Kennedy, quella per la verità sull’attacco di Pearl Harbor, o quest’ultima sull’11 settembre sono fondamentali non tanto per “punire” i responsabili (nei casi precedenti, sono già tutti morti, in quello più recente i responsabili riuscirebbero probabilmente a caversela in ogni caso), ma per evitare che in futuro casi del genere possano ripetersi. *

    Se questo dovesse realmente essere il risultato finale ottenuto dal Movimento per la Verità sull’undici settembre, non sarebbe davvero poco.

    Massimo Mazzucco

     
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  4. AdamClayton
     
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    Il Morbo di Ashcroft arriva in parlamento

    Finchè si tratta di complottisti “smandrappati” come noi, nessuno si preoccupa più di tanto di dare il giusto peso alle nostre proteste, ma quando a lamentare le bugie dell’undici settembre è una senatrice americana – e pure repubblicana – la cosa si fa davvero grave.

    Non capita tutti i giorni di sentire un personaggio del genere parlare – addirittura – di “prove inconfutabili” sulle demolizioni delle Torri gemelle, e quello che è accaduto al senato dell’Arizona lo scorso 10 giugno può significare soltanto due cose: o il morbo di Ashcroft sta dilagando in maniera ormai incontrollabile, andando a colpire anche le anziane signore perbene, oppure qualcosa di decisamente serio sta per accadere sul palcoscenico politico americano.





    Segue la traduzione dell’intervento completo.

    “Chiedo che i miei commenti di oltre 200 parole siano messi a verbale.

    Colleghi, vorrei presentarvi un ospite molto particolare, che oggi è accompagnato da molti dei suoi migliori amici. Lassù in galleria, abbiamo un numero consistente di membri del Movimento per la verità sull'11 settembre, persone che chiedono una nuova indagine indipendente sugli attacchi dell'11 settembre 2001. In particolare, vorrei presentarvi una persona molto, molto coraggiosa, di nome Blair Gadsby. Chiedo ai ragazzi che sono venuti con Blair di aiutarlo ad alzarsi, mentre vi parlo brevemente di Lui. Blair è molto debole, perchè digiuna da più di 2 settimane, per richiamare l'attenzione sulla causa del Movimento per la verità sull'11 settembre.

    Oggi è il sedicesimo giorno di digiuno per Blair, che ha trascorso questi giorni davanti all'ufficio del Senatore John McCain, pregandolo di prendere visione di nuove prove relative ai crimini dell'11 settembre.

    Abbiamo una persona che sta sacrificando i propri bisogni e desideri personali per chiedere con coraggio al mondo intero di prendere atto, di porre domande, di informarsi invece di mettere la loro vita in mano a qualche spezzone del telegiornale, di pensare con la propria testa, in modo critico e consapevole.

    Blair è un educatore, e questo è, secondo me, ciò che fanno i grandi educatori. Migliaia di persone in tutto il paese, ed in realtà di tutto il mondo, stanno seguendo in Internet gli sviluppi di questo sciopero della fame, qui a Phoenix. Voglio che Blair sappia che io sono la sua più grande ammiratrice, e che le brave persone di tutto il mondo ammirano il suo coraggio e la sua determinazione. Vi prego di dare un caloroso benvenuto a Blair Gadsby e alla sezione di Phoenix del Movimento per la verità sull’11 settembre.

    Il mese scorso ho iniziato ad esporre pubblicamente i miei dubbi sull'attentato dell’11 settembre 2001, che ha causato il crollo delle Torri Gemelle del World Trade Center, e dell'edificio numero 7. Se avete seguito la copertura mediatica da quando ho iniziato a parlare apertamente, avrete notato come sia stata feroce ed irrazionale nei miei confronti. I mezzi di informazione hanno lavorato sodo per cercare di far sembrare sciocco anche solo dubitare del Rapporto della Commissione sull’11 settembre, nonostante lo abbiano fatto alcuni degli stessi autori, inclusi i due co-presidenti della Commissione, i signori Hamilton e Kean.

    In realtà, il Rapporto della Commissione sull’11 settembre rappresenta una semplice teoria: la teoria che il fuoco e il danno causato dall'impatto di 2 aerei abbia fatto crollare i 3 edifici. Questa teoria non spiega però nessuna delle caratteristiche delle demolizioni a cui abbiamo assistito quel giorno, e che possiamo osservare anche oggi, grazie a centinaia di video. Non spiega come, in quattro casi su quattro, nessun codice di dirottamento sia stato trasmesso dagli aerei di linea sequestrati, nè come, in quattro casi su quattro, nessun caccia sia riuscito ad affiancare uno qualsiasi degli aerei di linea dirottati.

    Gli ufficiali militari che hanno mentito al Congresso sulla loro incapacità di proteggere l'America sarebbero stati mandati a giudizio da alcuni dei Commissari, ma a questi Commissari fu detto che non avevano l’autorità per farlo.

    Gli eventi di quel giorno sono stati un crimine atroce contro la nostra nazione e contro i nostri cittadini, e il senso di giustizia che esiste in ciascuno di noi impone di sapere che cosa sia realmente accaduto, e come i responsabili verranno trovati e puniti. Le teorie e le ipotesi non finiranno mai, fino a quando non vi sarà un'indagine approfondita e trasparente, libera da conflitti di interessi.

    Tra le molte teorie che si possono trovare in Internet ce n'è una che spicca su tutte le altre. E' inattaccabile, supportata da prove inconfutabili, e sostenuta da centinaia di studiosi, architetti, ingegneri e altri professionisti che hanno l'istruzione, la formazione e l'esperienza per sapere di che cosa stiano parlando. Questa teoria sostiene che siano state delle demolizioni con esplosivi a far crollare le Torri Gemelle e l'edificio 7.

    Ho messo un foglio su ciascuna delle vostre scrivanie, in una cartelletta gialla, con la foto di una delle torri che comincia a crollare. Vorrei che deste un'occhiata alla foto, perfavore. Notate le travi d'acciaio che vengono sparate fuori della costruzione, e le enormi nuvole di polvere, che sono in realtà cemento polverizzato. Un edificio che crolla non si polverizza nella caduta.

    Immaginate di far cadere un blocco di cemento da un'altezza di circa 10 metri, o anche di più. Secondo voi si polverizza? No. Tuttavia, il cemento delle tre torri è esploso in una polvere che ha ricoperto tutta Manhattan. Potete vedere la polvere che comincia a formarsi molto prima che il blocco superiore sia crollato di pochi piani. Guardate la foto, e chiedetevi "è questo un edificio che crolla, o un edificio che esplode?"

    image

    Un edificio che crolla può lanciare lateralmente le proprie travi in acciaio fino a 200 metri? Un edificio che è appena all'inizio del crollo può veramente sparare il proprio contenuto verso l'esterno in una massiccia nuvola di polvere? Che cosa vedete in quella foto? Io vedo un'esplosione. E lo stesso fanno milioni di altre persone che esigono una vera e propria inchiesta.

    Più importante della semplice osservazione di una foto, è il fatto che ingegneri, architetti e scienziati abbiano analizzato le macerie di Ground Zero ed altri aspetti degli edifici, riscontrando la presenza di almeno 15 diverse caratteristiche tipiche delle esplosioni. Queste 15 caratteristiche sono anch'esse elencate sul foglio che vi ho consegnato.

    Nonostante gli attacchi vergognosi dei media sulla mia sanità mentale, sulla mia intelligenza e sul mio patriottismo, il 95% delle telefonate e delle e-mail giunte al mio ufficio sono state di sostegno alla mia richiesta di una nuova inchiesta. Sono rimasta stupita, veramente, nel vedere come la stragrande maggioranza del pubblico rifiuti la versione ufficiale dei fatti, non solo quella della Commissione sull’11 settembre, ma anche quelle di FEMA e NIST (il nostro Istituto Nazionale della Scienza e della Tecnologia).

    Io credevo che esprimere scetticismo sulla versione ufficiale dell’11 settembre sarebbe stato dannoso per un parlamentare, ma devo constatare che invece è esattamente il contrario. La gente vuole che i propri leader si alzino in piedi e si uniscano di fronte a qualcosa che non sembra giusto. "La verità vi renderà liberi". Blair Gadsby ed i miei ospiti di oggi vogliono la verità su quanto accaduto l'11 settembre. Gli americani vogliono la verità sull'11 settembre, vogliono una nuova inchiesta indipendente, e la voglio anch’io.

    Ho fornito a ciascuno di voi un DVD dal titolo "Collasso Improbabile". Sono fiduciosa che lo guarderete con una mente aperta e che anche voi studierete alcuni dei meravigliosi e ben documentati articoli su Internet. Nel foglio ho incluso un elenco dei siti web più credibili.

    Non dovete sposare ogni singola teoria sull'11 settembre. Ve ne sono alcune che dovrebbero anzi essere respinte con decisione.

    Ma se vi convincerete - come ne sono convinti questi scienziati, architetti e ingegneri - che gli edifici siano stati demoliti con degli esplosivi, dovrete anche concordare sul fatto che sia necessaria una nuova inchiesta.

    Non ho preconcetti su chi possa essere stato, e non punto il dito contro nessuno. Ma credo che il peggior attacco nella storia americana, avvenuto sul suolo degli Stati Uniti, meriti la migliore inchiesta possibile, e questo non accadrà fino a quando persone come noi non cominceranno a farsi sentire.

    Le famiglie delle quasi tremila persone che morirono l'11 settembre, e le famiglie di coloro che sono stati avvelenati e sono morti a causa dei residui tossici dispersi nell'aria nelle settimane successive, durante le operazioni di rimozione, meritano di sapere come siano morti i loro cari.

    Se qualcun altro è stato coinvolto nella pianificazione e nell'attuazione dell'attentato, deve essere portato davanti a un tribunale.

    Vi chiedo di studiare il materiale che vi ho fornito e poi di unirvi a me nella richiesta per una nuova inchiesta indipendente."

    (Traduzione di fabster64 per luogocomune.net)
     
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  5. AdamClayton
     
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    TESTIMONE OCULARE: L'11 SETTEMBRE HO VISTO ESPLOSIONI E CADAVERI NEL WTC7

    In un video esclusivo, Barry Jennings parla delle esplosioni nell’edificio numero 7 prima del crollo delle torri gemelle

    E' stato diffuso per la prima volta un video esclusivo dell’addetto di pronto intervento Barry Jennings, che parla di esplosioni nel WTC 7 prima del collasso delle due torri e di come dovesse scavalcare i corpi di cadaveri mentre cercava di lasciare l’edificio.

    Il videoclip, che doveva comparire in Loose Change ma che fu tagliato d’accordo con i desideri di Jennings dopo che fu minacciato, è stato ora reso pubblico nell’anticipazione di un documentario della BBC sull’edificio numero 7 che è atteso come un tentativo di screditare la versione di Jennings in un tentativo di rafforzare la versione ufficiale.

    In realtà, quello che Jennings testimonia contraddice completamente la versione ufficiale su quanto avvenuto nell’edificio numero 7.

    La mattina dell’11 settembre in veste di vicedirettore del dipartimento di servizi d’emergenza, ente civile di New York, Jennings e Michael Hess, che è uno dei soci fondatori e amministratore delegato della Giuliani Partners LLC, visitarono l’ufficio della gestione dell’emergenza nell’edifico numero 7 solo per scoprire che era stato abbandonato.

    "Una volta arrivati nel OEM EOC (Office of Emergency Management and Emergency Operation Center), siamo stati informati che se ne erano andati tutti” dice Jennings. "Ho visto caffé ancora fumanti nelle scrivanie e sandwich lasciati a metà”, continua aggiungendo che gli era stato anche comunicato di lasciare l’edificio il prima possibile.

    Jennings e Hess trovarono una scala e la discesero.

    "Quando raggiungemmo il sesto piano il suolo dove stavamo cedette, ci fu un’esplosione e il pavimento crollò, io rimasi aggrappato e dovetti arrampicarmi e ritornare all’ottavo piano” racconta.

    "Le esplosioni erano ai piani inferiori….quando avvenivano eravamo ricacciati indietro….entrambe le torri gemelle erano ancora in piedi”.

    "Rimasi intrappolato li' dentro per varie ore, rimasi li' dentro mentre le due torri venivano giù – in tutto questo tempo sentii tutti i tipi di esplosioni, esplosioni in ogni momento” dice Jennings, aggiungendo che quando i pompieri li portarono fino all’entrata essa era “completamente distrutta”.

    "Per me vedere quello che ho visto è stato incredibile” dice Jennings.

    image
    [Barry Jennings]

    I pompieri continuavano a dire a Jennings di non guardare in basso perchè, secondo Jennings, “stavamo camminando sopra delle persone, e lo sai con certezza quando stai comminando sopra delle persone.”

    Poi un ufficiale di polizia disse a Jennings, “dovete correre perché abbiamo notizie di altre esplosioni.”

    “Sono solo confuso su una cosa…..perchè il World Trade Center 7 crollò? Sono molto confuso su questo, so solo quello che ho ascoltato ed ho ascoltato esplosioni.” Dice Jennings, aggiungendo che la spiegazione secondo la quale le esplosioni sarebbero state provocate dai serbatoi di oli combustibili all’interno dell’edificio non ha senso.

    "Non sono nato ieri, se fossero stati i serbatoi sarebbe stato coinvolto solo un lato dell’edificio.” dichiara.

    L’entrata dell’edificio Millennium Hilton, che è più vicino alle Twin Towers che il WTC7, riporta danni minimi dopo la caduta delle torri se relazionati con quelli riportati da Jennings nell’entrata dell’edificio 7 prima che la prima torre crollasse.

    La testimonianza di Jennings che era sul luogo quella mattina e che riporta esplosioni all’interno del WTC7 così come riporta la presenza di cadaveri all’interno dell’edificio contraddice completamente la versione ufficiale che continua ad affermare che non ci furono vittime in quell’edificio.

    Se il WTC7 collassò a causa dei danni riportati dalla caduta delle due torri gemelle, come riporta la versione ufficiale, perchè c’erano esplosioni all’interno dell’edificio prima che la prima torre crollasse?

    Il documentario di punta della BBC, che verrà messo in onda il 6 Luglio, presenterà un’intervista con Jennings ma secondo il produttore di Loose Change Jason Bermas, il programma distorcerà i commenti di Jennings nel tentativo di allineare la natura shoccante delle testimonianza e il modo palese con cui la sua esperienza contraddice la versione ufficiale.

    Secondo Bermas, durante l’intervista con membri di Loose Change, la BBC negò che Jennings camminò sopra dei cadaveri mentre lasciava l’edificio, affermazione facilmente smentita dallo stesso Jennings nel video sottostante.



    Titolo originale: "Emergency Official Witnessed Dead Bodies In WTC 7"

    Fonte: http://www.prisonplanet.com
     
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  6. >mazza<
     
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    dopo essere stato a ground zero mi sto rivedendo il filmato.
    merda.
    ora a ground zero stanno ricostruendo tutto
    quello che rimane sono pezzi di marmo neri con incisi i nomi di morti e/o dispersi
     
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  7. AdamClayton
     
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    LA PISTA SPAGNOLA: "ATTA INCAPAZ DE PILOTAR UN BOEING 767"

    Un Boeing 767 non era alla sua portata.
    Lo ha detto l’istruttore di volo di Mohamed Atta, uno spagnolo che lo conobbe e seguì per mesi e mesi.

    C’è tutta una pista spagnola per le inchieste dell’11 settembre, quasi sconosciuta fuori dal suolo iberico, ma ricca di dettagli meritevoli di riflessioni.

    Sappiamo che la biografia di Mohamed Atta, il presunto dirottatore e pilota suicida di al-Qā’ida, ha avuto ramificazioni e ubiquità incongruenti, prodigiose “bilocazioni” in stile Padre Pio, che però era un santo, mentre Atta è il demonio per eccellenza. Dopo Osāma bin Lāden, sia chiaro. Una di queste vite parallele ha portato Atta in Spagna.

    La giornalista Pilar Urbano, editorialista di «El Mundo», vicina politicamente a José Maria Aznar, nonché biografa ufficiale dei reali spagnoli e membro dell’Opus Dei, racconta il vissuto spagnolo di Atta in un libro, Jefe Atta, el secreto de la Casa Blanca (Janet & Plaza, 2003).


    La figura di Pilar Urbano, come si vede, è già una sorpresa. È quella di una personalità saldamente conservatrice. Ma è altresì il profilo di un’abile giornalista d’inchiesta, alla quale decenni di mestiere hanno insegnato un certo rispetto nei confronti della durezza dei fatti. E i fatti, nel corso dell’indagine, la portano fino alle domande più scomode, così che si trova a criticare le contraddizioni della versione ufficiale dell’11 settembre, tanto da investire con un radicale scetticismo i resoconti governativi sull’attentato al Pentagono. A ulteriore dimostrazione che i fatti dell’11 settembre non sono materia per contrapposizioni novecentesche destra-sinistra, bensì materia per analisi coraggiose in cui conta l’indipendenza di giudizio. E Pilar Urbano è una che tiene davvero la schiena dritta: quando nel 1981 gli spari dei militari golpisti risuonarono nell'aula del parlamento di Madrid, lei - allora giornalista parlamentare - fu una delle pochissime persone a rimanere coraggiosamente in piedi sfidando gli uomini di Tejero.

    La sua interpretazione delle prove è che l'aereo di Washington sia stato abbattuto dall'aeronautica militare sopra il fiume Potomac e sia caduto poco lontano, mentre quel che si vede nel famoso video del Pentagono non sarebbe altro che l'esplosione di uno dei missili terra-aria dell'obsoleto sistema di difesa del dipartimento della Difesa. In sostanza una grave disfunzione del sistema di difesa militare ereditato dai tempi della guerra fredda e mai attivato per davvero sino ad allora. Sebbene questa ipotesi tenda a distogliere i sospetti sull'intenzionalità dei fallimenti del sistema della difesa, nondimeno fa della versione ufficiale un ferrovecchio. Non va dimenticato che chi ha fatto menzione alla 'necessaria' esistenza di questi sistemi posti a presidio delle zone aeree proibite di Washington è stato attaccato duramente dai mitografi della versione ufficiale.

    Un altro giornalista spagnolo ha scritto una voluminosa inchiesta sull’11 settembre. Anche lui è fuori dagli schemi. Si chiama Bruno Cardeñosa. È un noto ufologo, e questo farebbe già strillare come polli spennati i sedicenti anti-bufala nostrani, che nella foga delle loro tecniche di discredito, dimenticano sempre di vedere se per caso il loro bersaglio di turno abbia da dire qualcosa e magari se porta prove o testimonianze.

    Non ho idea di dove vada a parare Cardeñosa quando segue la sua passione investigativa per gli “objetos volantes no identificados”. Non ho letto i suoi libri che ne parlano. Posso solo immaginare che sia un tipo che non si accontenta dei sentieri già battuti.
    La testardaggine di ricercatori e giornalisti eccentrici, fuori dagli schemi in voga, spesso ostracizzati e talvolta molto discussi, ha portato a trovare comunque notizie rare e preziose, in grado di resistere a controlli incrociati. Notizie che un bravo giornalista ‘responsabile’ – ma anche troppo omologato e troppo attento a non apparire inaffidabile – di solito cerca di non affrontare di petto. Troppi rischi, troppa distanza dall’asse della sua carriera e troppa stonatura rispetto alle scelte dei direttori.
    Il giornalista investigativo spagnolo mostra tutti i suoi pregi in due suoi libri in tema di mega-attentati: un grosso volume sull’11 settembre 2001 statunitense (11-S. Historia de una infamia, Corona Borealis, 2003) e un’indagine sull’11 marzo 2004 spagnolo (11-M. Claves de una conspiración, Espejo de tinta, 2004). Sono inchieste vere. Il cronista non intervista alieni. Fa domande e ottiene risposte da uomini e donne in carne e ossa che hanno molte cose da dire, e da una posizione adeguata.

    In 11-M, ad esempio, affronta i misteri dei grandi attentati alle stazioni dei treni di Madrid, che sono tanti e inquietanti anche lì, per collocarli lungo un filo che li riporta allo scenario dell’11 settembre.

    Uno degli aspetti più clamorosi del libro di Bruno Cardeñosa riguarda le sue rivelazioni su Iván Chirivella, che fu l’istruttore di volo di Mohamed Atta e Marwan al-Shehhi, i due presunti piloti terroristi che si sarebbero suicidati scagliando i Boeing sulle Torri Gemelle. Le dichiarazioni di Chirivella sui due arabi risultano assai rivelatrici. Fra i cinquanta allievi che ebbe nel corso di pilotaggio per piccoli aerei, Chirivella posizionava entrambi ai posti 49 e 50. Nessun dubbio nel considerare semplicemente impossibile che Atta e al-Shehhi potessero «sequestrare, dirottare, farsi beffe dei sistemi informatici dei propri apparecchi, discendere, centrare il proprio obiettivo e manovrare con perizia per colpire le Torri...» (pag. 179).

    Stando alla testimonianza di Chirivella, Atta avrebbe potuto fare una simile impresa soltanto se avesse iniziato a far volare l’aereo un paio di secondi prima dell’impatto.
    Chirivella ha rivelato anche che appena due ore dopo gli attentati ricevette la solertissima visita degli agenti dell’FBI, i quali volevano parlare un po’ con lui di Mohamed Atta. C’è da chiedersi come facesse l’FBI a conoscere il coinvolgimento di Atta in così poco tempo e a sapere che Chirivella era il suo istruttore. Come minimo, questo dimostrerebbe che Atta era già monitorato dall’intelligence statunitense.

    Oggi Chirivella è un pilota della compagnia aerea Iberia. Pur avendo vissuto per molti anni a Miami senza commettere alcun reato, le autorità statunitensi non gli hanno più concesso un permesso di soggiorno negli Stati Uniti . Chirivella era un testimone chiave che forse era meglio tener lontano dalla ‘versione ufficiale’. Lo stesso Iván Chirivella - assieme alla giornalista Alicia Mederos - ha scritto un libro sulla sua vicenda, intitolato Cómplice Inocente, (Martínez Roca, 2003).

    Il saggio di Cardeñosa rivela anche che una trentina di piloti commerciali e militari si riunirono a metà 2002 per 72 ore a porte chiuse in un hotel di Lisbona per analizzare la questione dell’11 settembre. La conclusione degli esperti fu unanime: «i dirottatori della “versione ufficiale” non erano assolutamente capaci di eseguire le traiettorie descritte da quegli aerei» (pag. 186). Altri esperti citati con nome e cognome in questo e nel libro precedente di Cardeñosa sono giunti alle stesse conclusioni.

    Bruno Cardeñosa menziona anche i problemi avuti dai proprietari delle scuole di volo statunitensi presso cui si sono addestrati Atta e soci. Si tratta di due olandesi, Rudi Dekkers e Arne Kruithof. Quando Dekkers fu accusato, nel dicembre 2002, di alcune frodi gestionali relative alla sua scuola di volo, la Huffman Aviation, sibilò una minaccia: «Aprirò il vaso di Pandora, se sarà necessario». Pochi giorni dopo, il 23 gennaio 2003, il suo elicottero ebbe un misterioso incidente. Nonostante prima del decollo lo avesse rifornito con oltre cento litri di carburante, il serbatoio fu subito disperatamente vuoto e l’apparecchio precipitò sul fiume Caloosahatchae, in Florida. Dekkers salvò miracolosamente la sua vita e un mese dopo chiuse la scuola di aviazione (pag. 219). Il vaso di Pandora sarebbe rimasto chiuso, al momento.

    Capitò qualcosa di molto simile ad Arne Kruithof, proprietario della Flight Training di Venice, dove a suo tempo aveva preso lezioni Ziad al Jarrah, l’uomo cui fu ufficialmente attribuito il pilotaggio del volo che si concluse in Pennsylvania. Kruithof ebbe un altro “incidente” a bordo del suo piccolo aereo. Il combustibile si incendiò trasformando il velivolo in una palla di fuoco. Malgrado ciò, anche lui salvò la pelle. Casualmente l’incidente ebbe luogo pochi giorni prima che Kruithof fosse chiamato a testimoniare davanti alla Commissione d’inchiesta sull’11 settembre. Le sue dichiarazioni non riservarono sorprese. Nel frattempo, «i resti dell’apparecchio vennero rimossi con straordinaria celerità dopo l’incidente. Nel giro di poche ore, venne compattato all’interno di una discarica, vanificando qualsiasi tentativo di conoscere le cause dell’incidente».

    Il libro continua sulle tracce dei viaggi di Atta tra Spagna e Stati Uniti. Va sottolineato che, nonostante esistesse un mandato di cattura a suo carico, Atta poté uscire dagli USA in tutta tranquillità senza che nessuno lo arrestasse e poté perfino tornare da Madrid sul suolo americano senza un visto in regola, cosa che di norma è impossibile per chiunque e a maggior ragione per qualcuno su cui penda un mandato di cattura (pag. 215).

    Sono tracce confuse ma tipiche di chi si muove in un certo mondo dei servizi segreti. Non va dimenticato che Mahmud Ahmed, capo dell’ISI pakistano, aveva autorizzato un pagamento di centomila dollari a favore di Mohamed Atta qualche giorno prima degli attentati. Lo stesso Ahmed si era incontrato con alti funzionari di Washington nella settimana in cui cadeva l’11 settembre 2001.


    Pino Cabras
    Fonte: http://pino-cabras.blogspot.com/
    Link: http://pino-cabras.blogspot.com/2008/07/la...incapaz-de.html
    11.07.08
     
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  8. AdamClayton
     
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    Addio Torre di Pisa

    Dopo quasi mille anni di vita (1173–2008), molti dei quali passati “in bilico” fra la vita e la morte, la Torre di Pisa ha finalmente ceduto alle leggi di gravità, ed è rovinosamente crollata al suolo.

    Fortunatamente non vi sono state vittime. La Torre infatti era chiusa per riparazioni, e non vi erano turisti nelle vicinanze.

    Anche le abitazioni circostanti hanno subito solo danni lievi: invece di inclinarsi su un lato - come si poteva immaginare - la Torre si è sbriciolata sulla propria pianta, in perfetta verticale, trasformandosi in una densa nuvola di polvere finissima che ha ricoperto buona parte della città.

    I testimoni che la osservavano da lontano hanno raccontato di aver visto la Torre “scomparire” di colpo verso il basso, come una specie di cannocchiale che si ritira su se stesso.

    “Ad averlo saputo - ha commentato il direttore della Pro-Loco – non avremmo fatto tutta quella fatica, nel corso degli anni, per cercare di tenerla dritta”.

    Le autorità inquirenti non sono ancora riuscite a dare una spiegazione per questo strano comportamento, che presume il cedimento contemporaneo di un’intera sezione della Torre.

    Il sindaco di Pisa, Giuliano Rodolfi, si è invece detto certo che il crollo sia da attribuire agli incendi causati da una fuga del gasolio usato per illuminare le scale della Torre. Per quanto sia noto che gli edifici in muratura non crollano a causa degli incendi, “bisogna tenere presente – ha detto il sindaco – che la Torre era stata costruita su una serie di catacombe, e poggiava quindi praticamente sul vuoto”.

    L’anno scorso inoltre la Torre era stata colpita da una furibonda sassaiola da parte di un gruppo di tifosi livornesi, avvelenati per l’ennesima sconfitta contro il Pisa, e la sua stabilità era quindi già compromessa.

    “E poi – ha aggiunto Rodolfi – anche se nessun edificio in muratura è mai crollato per un incendio, c’è sempre una prima volta”.

    Ma la spiegazione non ha convinto tutti, e qualche ora dopo il crollo iniziavano già a circolare voci di un presunto complotto governativo, per abbattere la Torre di Pisa con una demolizione controllata.

    A favore di questa tesi i “complottisti” portano i seguenti argomenti:

    1 - La Torre era costata, al tempo della costruzione, circa 3.000 fiorini, che al cambio odierno fanno più o meno 15 Euro, mentre l’assicurazione prevede un rimborso pari ad almeno 800 milioni di Euro. C’è quindi chi ha voluto vedere nell’operazione un certo vantaggio economico.

    In verità sappiamo che il proprietario della Torre – un commerciante libanese dedito alle opere di beneficienza – riuscirà a malapena a recuperare i suoi soldi.

    2 – La Torre è crollata nell’arco di pochissimi secondi, con una velocità molto simile a quella di un corpo in caduta libera. Se Galileo si fosse lanciato nel vuoto da uno degli ultimi piani, nel momento stesso in cui la Torre ha iniziato a crollare, avrebbe raggiunto il suolo insieme a quei piani. Questo contraddice – dicono i complottisti – le più fondamentali leggi della Fisica, secondo le quali il crollo doveva invece avvenire in tempi relativamente più lunghi.

    Anche questa accusa appare infondata, poichè nessuno sa dire con esattezza in quanti secondi sia crollata la Torre. Nell’unica ripresa disponibile, fatta da lontano, si vede la Torre che scompare dietro ai caseggiati come se si fosse aperto un baratro sotto di lei, ma poi non sappiamo se per caso abbia rallentato la caduta, una volta scomparsa alla vista dell’operatore. Non essendoci precedenti, non possiamo affermare nulla di sicuro.

    3 – Alla base della Torre – dicono i complottisti – sono state trovate delle pozze di metallo incandescente, che denunciano la presenza di esplosivi ad alto potenziale. Vi sono molteplici testimonianze in questo senso, da parte degli stessi pompieri.

    In realtà non sappiamo bene chi siano questi pompieri, nè quanto possano essere attendibili le loro testimonianze. I pompieri sono abituati a combattere il fuoco, ma non sono persone qualificate per riconoscere il metallo fuso, e nell’agitazione possono benissimo essersi confusi con qualcos’altro. (Il fatto che il loro stivali si fondessero, letteralmente, nel camminare sulle macerie, è facilmente spiegabile con la calura estiva, e con il fatto che i pompieri portino sempre le calze di lana).

    4 – La polverizzazione finissima – sempre secondo i complottisti – è la chiara conseguenza di esplosioni ad alto potenziale, mentre la sola forza di gravità, che agisce nei cedimenti strutturali, non è sufficiente per disintegrare il cemento il quel modo.

    Anche qui, “finissimo” è un termine soggettivo, che non significa nulla. E’ inoltre possibile che la polvere sia quella delle catacombe sottostanti, resa finissima dai lunghi secoli di continua frizione, dovuta al dondolìo impercettibile ma costante della Torre.

    5 – A riprova della loro tesi, i complottisti citano una ripresa televisiva, realizzata da una TV locale poco prima del crollo, in cui si vedono dei pompieri che si rivolgono ad un gruppo di persone, dicendo “Allontanatevi, che l’intera Torre sta per esplodere”. Questo secondo i complottisti dimostrerebbe che il crollo fosse programmato, e che le autorità locali ne fossero a conoscenza.

    E’ invece evidente l’esatto contrario: la frase dimostra chiaramente che l’edificio fosse talmente danneggiato (dai devastanti incendi delle lampade a petrolio, e dalla furibonda sassaiola dei tifosi livornesi), che si potesse prevedere facilmente il suo crollo, anche se nessun edificio in muratura era mai crollato prima a causa del fuoco. Non sarebbe la prima volta che i pompieri, pur non essendo qualificati per riconoscere il metallo fuso, riescono ad azzeccare con qualità profetiche degli eventi assolutamente improbabili come questo. (Rimane ancora da chiarire perchè i pompieri abbiano usato il termine “esplodere”, ma quella frase in realtà può avere mille interpretazioni: quando ad esempio uno dice “mi esplode la testa”, non significa necessariamente che gli abbiano messo della dinamite fra le orecchie. E poi, come già detto, sotto stress capita a tutti di sbagliarsi).

    Anche il benefattore libanese ha confermato, in una intervista alla PBS (Pisa Broadcasting Systems), di aver capito subito che il destino della Torre fosse segnato: “Abbiamo già perso così tante vite – ha detto – nella battaglia di Lepanto, che non valeva più la pena di rischiare. Tiratela giù, ho detto a quel punto. Dopidichè ci siamo affacciati alla finestra, e abbiamo visto il contingente dei pompieri che rientrava a casa”.

    A chi gli faceva notare che già da molte ore non c’erano più pompieri nella zona, il benefattore ha risposto: “Appunto. Vede che non dico bugie?”

    In ogni caso, per cercare di fugare gli ultimi sospetti, il Ministero degli Interni ha affidato allo IASC (Istituto Accademico della Scienza delle Costruzioni) una dettagliata analisi, che spieghi per filo e per segno come sia avvenuto il crollo della Torre di Pisa. Lo IASC si è impegnato a consegnare un rapporto completo entro e non oltre il maggio del 2015.

    Massimo Mazzucco
     
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  9. compactv
     
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    ma che è sta notizia?...un pesce d'aprile a luglio?
     
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  10. AdamClayton
     
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    Intervista a Pino Cabras

    E' "solo" una TV della Sardegna, ma Videolina da tempo si distingue per mostare ai suoi colleghi "in continente" come andrebbero affrontati certi argomenti, che loro invece scelgono sistematicamente di ignorare (ha fatto spesso la stessa cosa con le scie chimiche).



     
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  11. compactv
     
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    io ho una personalissima teoria

    siamo in troppi a sto mondo...una terza guerra mondiale è necessaria...ovviamente a me non me ne fotte, tanto io di campare per sopravvievere per altri 60-70anni non è che ho grande voglia...siamo in 7 miliardi credo...il terzo mondo esiste perchè (ho letto da qualche parte) se tutti i 7 miliardi di persone nel mondo producessero e consumassero come l'europa o le americhe o l'asia..saremo già estinti da un bel pezzo

    è finita...tocca alla nostra generazione...non capisco perchè ci voglia così tanto per ammetterlo...negli anni '10 o negli anni '30-'40 mica erano preparati come lo siamo noi...dobbiamo solo prenderne atto ed adoperarci per sopravvivere

    invece noi che facciamo?...andiamo a comprare l'i-phone da 400euro...sto seriamente pensando ad iniziare a preparare un kit di sopravivvemza...o comunque ad informarmi su come sopravvivere nel caso scampassi all'apocalisse
     
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  12. AdamClayton
     
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    Perfettamente d'accordo sul discorso "tipo iphone"......... in Italia andiamo anche a comprare i SUV, quando in America, la General Motors sta cercando di regalare la Hummer che nessuna casa automobilistica le vuole comprare, perchè, per quanto rispetto a noi i loro prezzi benzina sono bassissimi, per loro sono raddoppiati.

    Il problema è se il mondo intero vivesse come gli Stati Uniti, e cioè gente che in estate accende il camino perchè tiene acceso il condizionatore al minimo.... tanto per dirne una.

    Ti faccio un esempio,..... il petrolio.
    Invece di dire la verità, e cioè che le banche ci fanno speculazione in quanto gl americani ci hanno messo le manine sopra a giacimenti immensi come Iraq e Adfghanistan (dimenticando sempre quella fatidica data nella quale, senza saperlo, sono stati attaccati e ops...... c'erano già le portaerei in Aghanistan.......... sempre casualmente), preferiamo dire che il petrolio costa molto perchè Cina e India ne consumano di più.

    Se vuoi ti linko i dati ufficiali, cmq sappi che a grandi linee è vero che quei due paesi ne consumano di più: sono passati da 3milioni e mezzo di barili al giorno a circa 5 milioni.

    Ma il problema non sono loro. Il problema è che chi continua a bruciarne fra i 20 ed i 21 milioni al giorno.... indovina chi è questo Paese?
    La bandiera ha le stelle e le strisce.
     
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  13. AdamClayton
     
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    I "piegacucchiai" e la guerra mentale
    di Pino Cabras



    La parola agli esperti. Un documentario statunitense sull’11/9, One Nation Under Siege, per valutare l’attacco al Pentagono dà spazio ai dubbi di un vecchio ufficiale, il generale a due stelle Albert Stubblebine III, il quale dichiara che non può essere stato un Boeing 757 a colpire il Dipartimento della Difesa.

    La dichiarazione proviene da una fonte di un certo peso. In piena guerra fredda, in anni di massima tensione USA-URSS, Stubblebine comandava una delle più delicate articolazioni dell’intelligence militare americana. L’organizzazione da lui comandata si chiamava (e si chiama tuttora) United States Army Intelligence and Security Command (INSCOM). Vi sono inquadrate decine di migliaia di unità con elevata specializzazione.

    Per non perderci nel ginepraio delle sigle, ci basti sapere che l’INSCOM è l’anello di collegamento fra US Army e National Security Agency (NSA), ossia fra l’esercito statunitense e il cuore dello spionaggio elettronico: congiunge la struttura che dispone i piani militari operativi sul terreno con la megastruttura d'intelligence che fornisce - in estremo dettaglio - le immagini e i suoni del territorio e di chi lo percorre, ovunque nel mondo. La sede dell'INSCOM è nella base di Fort Belvoir. L'11 settembre 2001 vi si svolgeva un’esercitazione che supponeva di «testare la sicurezza della base in caso d’attacco terroristico». Una delle tante esercitazioni in corso, proprio quel giorno, lungo tutto il paese, con decine di basi militari e ogni sorta d’agenzia governativa già mobilitate per delle simulazioni.

    I dubbi del vecchio Stubblebine – qui ancora incollati a un mondo materiale di misurazioni tangibili che gli americani definirebbero “no-nonsense” - vengono ripresi anche in altri documentari, come Inganno Globale e Zero:

    «Calcolavo le dimensioni di parti delle installazioni sovietiche partendo dalle fotografie. Era il mio lavoro» spiega Stubblebine, che aggiunge: «guardo al buco nel Pentagono e guardo alle dimensioni dell’aeroplano che si suppone abbia colpito il Pentagono. L’aereo non ci sta in quel buco. Dunque che cosa ha colpito il Pentagono? Cosa lo colpì? Che cosa succede?»

    Riepiloghiamo. Un militare al quale la massima superpotenza ha affidato negli anni più tesi della sua storia la valutazione delle immagini del nemico, oggi dice che le immagini dell’11 settembre non gli quadrano per nulla.
    È interessante o no, come attestazione?

    Parla una figura qualificata oppure no?

    A me sembra di sì. Converrete che si tratta di una faccenda degna di approfondimento, come minimo.

    A loro modo hanno voluto “approfondire” anche i mitografi della versione ufficiale. Dal cesto che contiene i frutti della biografia di Stubblebine hanno scelto un frutto storto e strano: il generale curava vasti programmi che studiavano i poteri paranormali come arma da addomesticare e utilizzare per le guerre future.

    I mitografi usano questa informazione per presentare Stubblebine come un mentecatto isolato, dedito a esperimenti folli e solitari. Fanno solo un vago cenno ad “altri” personaggi che sostennero questi programmi, ma lasciano la pazzia tutta a Stubblebine.

    Assai comodo, tutto ciò, e anche molto selettivo, oltremodo manipolatorio direi.

    Chi sono gli “altri”? Fra questi “altri” viene dimenticato nientemeno che il generale Peter Schoomaker, un personaggio che ha toccato l’apice della sua carriera addirittura dopo l’11 settembre, come Capo di Stato Maggiore dell’esercito USA (2003-2007) quando fu richiamato – fatto senza precedenti – dalla pensione, dopo una vita nelle forze speciali. Proprio il libro citato selettivamente per screditare Stubblebine (Jon Ronson, The Men Who Stare At Goats, Simon & Schuster, New York 2004), racconta che il generale Schoomaker ha costituito un think tank presso l’ufficio di Capo di stato maggiore della US Army volto a diffondere tecniche paranormali nell’esercito USA. Il libro descrive la propagazione di obiettivi estremi – fino alle frontiere più lunatiche della New Age – una diffusione che si è fatta strada nelle alte sfere militari statunitensi: si tratta di un sistema di idee inteso a forgiare le armi più impensabili, rivolte ai teatri di guerra più inimmaginabili, per le volontà di dominio più esagerate.

    Qualcuno definisce il mondo di militari descritto da Ronson come “the spoonbenders”, cioè “i piegacucchiai”. Come tutte le “volontà di potenza” incorporate nella burocrazia militare, anche le evocazioni dei “piegacucchiai” sono molto comiche. Il comico è il tragico visto di spalle. La guerra è molto tragica. Perciò è molto comica. Non esisterebbero capolavori come Il Dottor Stranamore o Il buon soldato Švejk, altrimenti.

    A un certo punto però possiamo anche smettere di ridere. E possiamo provare a capire perché enormi rivoli di denaro, grandi organizzazioni e interi pezzi delle nuove scienze militari siano inghiottiti da smisurati capitoli del budget della Difesa. Stanziamenti occulti (perché impenetrabili anche alle commissioni parlamentari). Stanziamenti occultisti (per il repertorio di forze parapsicologiche evocate).
    Il punto è che la “guerra totale”, oggi, vuol essere totale in tutti i sensi. La nuova corsa al riarmo ha obiettivi massimi: il controllo militare totale dello spazio , il controllo assoluto del clima come arma entro il 2025, il controllo delle menti e dell’opinione pubblica.

    Altro che Stubblebine, ancorato alla fisica e frustrato dal paranormale...
    Sono interi spezzoni della macchina bellica americana – fra i più accaniti difensori della verità ufficiale dell’11/9 – a voler spingere con preoccupante esaltazione la “Guerra al terrorismo” verso confini inauditi.

    Pensate ad esempio a uno di questi “piegacucchiai”, il generale Paul E. Vallely. È uno di quegli ufficiali a riposo beccato dal «New York Times» a fare in TV propaganda sfegatata e bugiarda per le guerre di Bush e Rumsfeld mentre nascondeva i suoi corposi interessi privati. Vallely scrisse assieme a Michael Aquino un inquietante saggio, From PSYOP to MindWar: The Psychology of Victory (ovvero “dalla guerra psicologica alla guerra mentale: la psicologia della vittoria”). Il saggio partiva da idee già spregiudicate:

    «La guerra mentale è soprattutto strategica ... Nel suo contesto strategico deve estendersi in ugual modo ad amici, nemici e neutrali in tutto il globo - non attraverso i primitivi volantini gettati sui campi di battaglia o gli altoparlanti della guerra psicologica, né attraverso gli sforzi deboli, imprecisi e limitati della psicotronica - ma attraverso i mezzi d'informazione posseduti dagli Stati Uniti che hanno la capacità di raggiungere virtualmente ogni popolo sulla faccia della terra. Questi mezzi d'informazione ovviamente sono quelli elettronici, radio e televisione.»

    Fin qui sembrano le parole di un Goebbels che abbia letto McLuhan. Ma Vallely – per anni colonna editoriale di Fox TV - si abbeverava a queste parole:

    «Gli sviluppi più avanzati delle trasmissioni permettono una penetrazione delle menti ovunque nel mondo in una maniera che sarebbe stata inconcepibile appena pochi anni fa. Come la spada di Excalibur, noi dobbiamo arrivare a prendere possesso di questo strumento e tutto ciò può trasformare il mondo per noi, se avremo il coraggio e l'onestà di promuovere con esso la civiltà.»
    Va bene, siamo ancora in zona Harry Potter. Ma è ora che arriva il bello, per i profeti della MindWar:

    «Ci sono delle condizioni puramente naturali in cui le menti posso diventare più o meno ricettive e la guerra mentale deve servirsi pienamente di fenomeni quali l'attività elettromagnetica dell'atmosfera, la ionizzazione dell'aria e le onde dalle frequenze estremamente basse».

    Capito dove arrivano i “piegacucchiai” con le stellette?

    Il co-autore era il maggiore Michael A. Aquino, uno specialista di guerra psicologica che nel 1975 aveva fondato una setta satanica denominata "Il tempio di Set", aspirante alla leadership della “Via della mano sinistra”. Si tratta di ambientini che incrociano facilmente le cose peggiori, dalla pedofilia ad Abu Grahib. E che infatti hanno incrociato le stanze dell’Amministrazione Bush.

    Quel che possiamo notare è che il vecchio Stubblebine sembra un tizio ormai fuori dai giochi, mentre buona parte dell’ambiente psichico di riferimento della MindWar continua ad agire concretamente nel dispositivo della propaganda che sta modellando la parte occulta della nuova guerra. Ad uso del pubblico vengono rilasciate formule eufemistiche, vagamente orwelliane. Si parla di sviluppare "armi non letali", di curare la "ciber-organizzazione della guerra", di attuare una "intelligence in tempo reale". Dietro le formule si celano categorie meno inoffensive. Proprio Peter Schoomaker, proteso a contaminare metodi d’azione, ha parlato esplicitamente di "fusione tra guerra e criminalità".

    Altri militari puntano a creare "soldati cibernetici": truppe con un microchip impiantato nel cervello da interfacciare con i comandi di "intelligence in tempo reale".

    È però un lavoro di lunga lena, che non riesce dall’oggi al domani. C’è chi anticipa il nuovo scenario: «ora i figli vanno ribellicizzati», sebbene «in discontinuità generazionale», sottraendoli alle vecchie agenzie educative. In attesa di mezzi paranormali, qualcosa c’è già. «I veicoli d'istruzione migliori saranno i nuovi videogiochi e i film». Ecco dove spacciare sin dall’infanzia i videogiochi più spietati e violenti che affrontano le sfide «di gestione e superamento di difficoltà estreme». Chi usa parole tanto esaltate? Un tal Carlo Pelanda, in un articolo apparso sull’organo tartarinesco italiano della cultura neocon (Il progetto di rieducare i diciottenni di oggi alla possibilità reale della guerra, «Il Foglio», 28 giugno 2006).

    John Maynard Keynes, che collezionò molti degli scritti di Isaac Newton sull'alchimia, disse che «Newton non fu il primo dell'età della ragione: fu l'ultimo dei maghi.» Parafrasandolo – si parva licet componere magnis – potremmo dire che in questo mondo di Stranamore dissennati «Stubblebine non fu il primo dei nuovi maghi: fu l'ultimo dell’età della ragione.»

    Stubblebine sembra ancora potersi permettere incursioni nel mondo della vecchia fisica al momento di valutare un incidente aereo.

    Gli altri "piegacucchiai" sono invece in giro a colonizzare i cervelli intanto che anelano alla prossima grande guerra. Le loro incursioni nel mondo della fisica le riservano alle stanze in cui si spartiscono gli appalti della Difesa.

    Cosa diranno in quei momenti? Qualcosa come: «Odio la realtà, ma è l’unico posto dove mangiare una buona bistecca» (Woody Allen)
    Pino Cabras
     
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  14. >mazza<
     
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    giusto per curiosità, se volete dare un'occhiata
    lavori a ground zero in webcam
    http://www.earthcam.com/usa/newyork/groundzero/
     
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  15. AdamClayton
     
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    PUNTI IN COMUNE TRA L'OMICIDIO DI JFK E L'11 SETTEMBRE

    La prima persona che morì in quella fatidica mattina di Settembre del 2001 fu Daniel Lewin. Stava seduto in prima classe con Mohammad Atta e i suoi ragazzi nel volo 11. Quando cominciò il dirottamento, Satam Al Suqami si also e presumibilmente gli sparò, benché non sia chiaro se gli hanno sparato o sia stato accoltellato con un taglierino. Era l’alba di un nuovo secolo e nonostante tutte le intenzioni e I propositi cominciava lì con la morte di un uomo.

    Danny Lewin era un imprenditore, famoso per essere il cofondatore della società di servizi Internet Akamai Technologies. Tuttavia, Lewin fece parte di un commando israeliano di stanza a Saveret Matkal, un’unità segreta antiterrorismo specializzata nel neutralizzare dirottamenti in volo. Interessante. Quali sono le probabilità che un’agente esperto in antiterrorismo, un uomo che nella sua carriera avrà ucciso la sua buona parte di terroristi durante il servizio per il suo Paese, si ritrovi seduto davanti ai suoi avversari? Il nostro Governo ci ha detto che non erano a conoscenza degli attacchi. Giusto. Forse era lì in veste di osservatore giusto che le cose fossero andate fuori controllo? O fu un’operazione segreta che Lewin avrebbe dovuto dirigere, ma fu ingannato e ucciso dai suoi stessi comandi. Trovo difficile credere che sia stata semplicemente il caso a metterlo lì, sul quel volo, con quelle persone.

    Il vero punto in comune tra gli attacchi dell’11 settembre e l’assassinio di Kennedy si trova nelle connessioni con i servizi segreti. Peter Dale Scott ha coniato l’espressione ”deep events” (eventi profondi) per meglio descrivere quello che è successo. Egli documenta come questi eventi profondi – tutte queste azioni pilotate da manovratori occulti – sono collegati agli assassinii degli anni ’60 e alle varie guerre che si sono combattute lungo gli anni. Eventi profondi possono aiutare a spiegare le anomalie, i sospetti di cospirazione, le operazioni segrete, le finte indagini, le strane teorie, eccetera. La verità non potrà essere completamente svelata perchè porterebbe a scoprire troppi scheletri nell'armadio.

    L’ex ufficiale della CIA Joan Roman ammise a dei ricercatori nel 1995 che la CIA aveva un “interesse operazionale” nei riguardi di Oswald (ufficilamente continuano a negare qualsiasi interesse). La CIA fece la stessa cosa con i dirottatori, Khalid al-Mihdar e Nawaz al Hazmi. Anche se ufficialmente sotto segreto, è risaputo che la CIA aveva contatti con entrambi e che volesse usarli in un’operazione e probabilmente lo fece. Nel frattempo l’FBI cercò di reclutare entrambi. La CIA non comunicò all’FBI cosa stessero facendo con i due soggetti perché non vogliono nessuno tra i piedi nei loro affari. La vecchia questione basilare della “necessità della conoscenza” entrò in gioco e divenne una grossa minaccia alla sicurezza del nostro Paese e alle vite dei cittadini.

    Proprio come gli ufficiali della CIA mentirono alla Commissione Warren e poi alla Commissione scelta della Camera dei Deputati sui Casi di Assassinio [House Select Committee on Assassinations] a proposito di quanto sapessero su Oswald prima dell’omicidio di Kennedy, mentirono a proposito di quanto sapessero circa i dirottamenti. Gorge Tenet disse all’inchiesta congiunta del Congresso sull’11/9 che le informazioni che relazionavano al-Mihdar e Tewfiq bin Attash (che aveva ideato l’attacco alla USS Cole) erano state fornite all’FBI. Poi la Commissione sull’11/9 riflettè sulla questione e decise che non era vero. Tenet non sarebbe stato rimproverato per i propri errori. E’ come se, in qualunque epoca, lo stesso spirito possedesse tutti loro.

    Il rapporto della Commissione sull’11 Settembre fa sembrare il rapporto della Commissione Warren un’esercitazione di inizio mandato del Governo. Perché almeno con il loro rapporto le prove raccolte furono pubblicate in 26 volumi cosicché per lo meno ricercatori indipendenti potessero investigare i fatti (che, difatti, contraddicono il rapporto ufficiale). Allen Dulles non si preoccupò che questo causasse delle difficoltà, infatti prevedeva che nessuno sarebbe stato interessato ad andare fino in fondo. E la storia gli diede ragione. Lor Signori ancora una volta hanno pensato che siamo privi di qualsiasi intelligenza. Con la Commissione sull’11 Settembre non c’è nessun volume di prove da investigare. C’è soltanto la loro parola. Forse tra 30 anni ne sapremo qualcosa di più.

    Anche questa volta sono riusciti ad concordare il tutto con il Presidente Bush che si assicurò un suo uomo, Philip Zelikow, come direttore esecutivo a controllo delle indagine che decide quali prove e testimonianze vengono prese in considerazione per completare la narrazione. Non affronta le questioni principali ma fa riferimento ad inutili dettagli, ci sono precise amnesie che non riportano i ritardi del Presidente e le ostruzioni alla Commissione, non è menzionato il fatto che Al Qaeda è una creatura della CIA e dell’MI5 e non compaiono le contraddizioni nelle testimonianze come nel caso di Mineta che contraddice Cheney nella cronologia della giornata. Si dovrebbe chiamare “11 Settembre, la Commissione delle Omissioni”. Mettetegli questo. Se non bastasse, i principali mezzi di comunicazione hanno accettato il rapporto con qualche innocua voce di dissenso esattamente come fecero con il rapporto della Commissione Warren.

    La copertura dell’assassinio Kennedy è sistematica nel nostro governo e in quella che si può meglio definire come Sicurezza Nazionale. La copertura dell’11 Settembre continua nel tempo la tradizione ma forse è ancora più insidiosa. E’ più profonda, oscura e segreta. E’ la causa dell’applicazione del Patriot Act, che dà, praticamente, al governo il diritto di spiare qualunque cittadino. Il Military Commission Act ed altri gli hanno dato ancora più forza, garantendo al Presidente poteri dittatoriali. La nostra paura non dovrebbe essere diretta al prossimo attacco terrorista, ma a come il nostro governo reagirà ad esso.

    Il risultato finale dell’uccisione di Kennedy fu un cambio radicale delle linee guida della politica che provocarono un attacco ad un Paese sovrano, basato su un inventato incidente nel golfo del Tonchino. Il risultato finale dell’11 settembre è l’attacco a un altro Paese sovrano, basato su false informazioni. E i Signori della Guerra vincono ancora.

    Forza gente. Quando ve ne accorgerete?

    Titolo originale: "Parallels Between the JFK Assassination and 9-11"

    Fonte: http://oswaldsmother.blogspot.com
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    13.07.2008
     
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